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Diritto Fallimentare

Notifica istanza di fallimento: le regole speciali
La Corte di Cassazione ha confermato che la notifica dell'istanza di fallimento a una società cancellata dal Registro delle Imprese e irreperibile presso la sede legale si perfeziona con il deposito dell'atto presso la casa comunale. Questa procedura speciale prevale sulle norme ordinarie, rendendo non necessaria la ricerca del legale rappresentante. La Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso, ribadendo la validità di una disciplina semplificata volta a bilanciare il diritto di difesa con l'esigenza di celerità dei procedimenti concorsuali.
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Accertamento stato di insolvenza: i poteri del giudice
La Corte di Cassazione conferma la decisione di revocare un fallimento, chiarendo che nell'accertamento dello stato di insolvenza il giudice può valutare autonomamente un credito contestato, anche se confermato da una sentenza non esecutiva. La Corte ha ritenuto legittima la valutazione del giudice di merito che, di fronte a numerosi indizi sulla possibile gratuità di una prestazione professionale, ha escluso la solidità del credito e, analizzando i bilanci, ha negato la sussistenza dello stato di insolvenza della società.
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Ammissione al passivo: domanda errata non sanabile
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile una domanda di ammissione al passivo presentata con errori fondamentali, quali l'indicazione di un debitore e di una procedura fallimentare errati. La Corte ha stabilito che la rigidità della procedura di verifica del passivo non consente modifiche sostanziali (mutatio libelli) della domanda originaria, ma solo precisazioni. L'errore del creditore è stato ritenuto inescusabile, escludendo la possibilità di una rimessione in termini.
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Notifica via PEC: la prova con stampa PDF è valida?
Una banca impugnava il rigetto della sua domanda tardiva in un fallimento, sostenendo la nullità della notifica via PEC dell'avviso, provata solo con stampe PDF. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando che il giudice di merito può ritenere idonea tale prova documentale e che la contestazione sulla sua efficacia probatoria non costituisce motivo di ricorso per violazione di legge, ma una richiesta di riesame dei fatti, preclusa in sede di legittimità. Il ricorso confuso e la non violazione del 'minimo costituzionale' nella motivazione hanno contribuito alla decisione.
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Notifica istanza di fallimento: la Cassazione chiarisce
La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso del socio di una società fallita, il quale lamentava la nullità della dichiarazione di fallimento per un presunto vizio di notifica. L'ordinanza chiarisce che la notifica dell'istanza di fallimento segue una procedura speciale e semplificata dettata dall'art. 15 della Legge Fallimentare. Se la notifica via PEC fallisce e la società risulta irreperibile presso la sede legale, il perfezionamento avviene con il deposito dell'atto presso la casa comunale, senza necessità di ulteriori ricerche del legale rappresentante, escludendo l'applicazione delle norme ordinarie del codice di procedura civile.
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Rimessione in termini: no se c’è negligenza grave
La Corte di Cassazione ha negato la rimessione in termini a un creditore che aveva inizialmente depositato una domanda di ammissione al passivo fallimentare completamente errata, indirizzandola a un tribunale e a un soggetto sbagliati. La successiva domanda corretta, depositata in ritardo, è stata dichiarata inammissibile. La Corte ha qualificato l'errore iniziale come 'negligenza grave' e 'imperdonabile', escludendo che potesse giustificare la concessione del beneficio, destinato solo a sanare decadenze dovute a cause non imputabili alla parte.
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Rimborso IVA e fallimento: la Cassazione chiarisce
Una società fallita ha richiesto un rimborso IVA per l'anno 2006. Dopo il silenzio-rifiuto dell'Agenzia delle Entrate, la Commissione Tributaria Regionale aveva respinto la richiesta basandosi sulla scadenza di un termine biennale. La Corte di Cassazione ha annullato tale decisione, stabilendo un principio fondamentale: in caso di cessazione dell'attività, come nel fallimento, il diritto al rimborso IVA è soggetto alla prescrizione ordinaria di dieci anni, non al termine di decadenza biennale, proteggendo così il diritto sostanziale del contribuente.
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Accertamento del credito: basta la verifica del passivo
Una società in liquidazione, dichiarata fallita su istanza dell'Agente della Riscossione, ha impugnato la decisione sostenendo la mancanza di un accertamento del credito definitivo. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, stabilendo che per la dichiarazione di fallimento è sufficiente un accertamento incidentale del credito. La Corte ha inoltre precisato che le risultanze della verifica dello stato passivo costituiscono un valido elemento probatorio per dimostrare la legittimazione del creditore istante.
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Vendita forzata concordato: garanzia vizi esclusa
Una società acquirente ha citato in giudizio il fallimento di una società cedente dopo aver riscontrato gravi difetti in un complesso aziendale acquistato tramite una procedura competitiva in fase di concordato. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, stabilendo che la vendita forzata in concordato preventivo, essendo una procedura giudiziale volta a soddisfare i creditori, esclude l'applicazione della garanzia per vizi e difetti del bene venduto, secondo l'articolo 2922 del codice civile. La Corte ha chiarito che tale principio si applica anche alle vendite effettuate prima dell'omologa del concordato.
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Valore immobile abusivo: no indennizzo per la costruzione
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 4781/2025, ha stabilito che nel calcolo del prezzo di riacquisto di un'area industriale, il valore dell'immobile abusivo, specificamente quello privo di autorizzazione paesaggistica, non deve essere considerato. Anche se la normativa sul riacquisto da parte dei consorzi industriali è autonoma rispetto a quella sull'espropriazione, si applica il principio generale per cui il proprietario non può trarre vantaggio dalla propria attività illecita. Di conseguenza, l'indennizzo si basa solo sul valore del terreno e non sulla costruzione.
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Errore di fatto revocatorio: quando è inammissibile
Un'imprenditrice, dichiarata fallita dopo il rigetto della sua proposta di concordato preventivo, ha presentato ricorso per revocazione di una precedente ordinanza della Cassazione. Sosteneva un errore di fatto relativo al numero di rate di mutuo pagate. La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, specificando che l'errore di fatto revocatorio deve consistere in una svista percettiva e non in un errore di valutazione o di giudizio. La ricorrente, infatti, mirava a una nuova valutazione del merito della sua insolvenza, scopo non consentito dal rimedio della revocazione.
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Conflitto di interessi: quando l’operazione è annullabile
Una società facente parte di un gruppo chiedeva l'ammissione al passivo di un'altra società del gruppo, in amministrazione straordinaria, per canoni di locazione non pagati. La Corte di Cassazione ha confermato la decisione di merito che ha ritenuto i contratti di locazione inefficaci a causa di un conflitto di interessi dell'amministratore, comune a entrambe le società. L'operazione, pur inserita in un contesto di gruppo, risultava svantaggiosa per la società conduttrice. Il ricorso è stato dichiarato inammissibile in quanto mirava a una rivalutazione dei fatti, non consentita in sede di legittimità.
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Procura speciale cassazione: ricorso inammissibile
La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di una società contro la propria dichiarazione di fallimento. La decisione si fonda su un vizio procedurale insanabile: il mancato deposito della procura speciale cassazione, documento essenziale per rappresentare la parte in giudizio. Nonostante il difensore avesse dichiarato di averla allegata telematicamente, il file non è stato rinvenuto, rendendo l'impugnazione improcedibile.
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Prova non fallibilità: bilanci non approvati non bastano
Una società dichiarata fallita ha presentato ricorso in Cassazione sostenendo di non superare le soglie di fallibilità. La controversia verteva sulla validità dei documenti contabili prodotti a sostegno di tale tesi. La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, ribadendo che la prova non fallibilità richiede bilanci formalmente approvati e depositati. Documenti contabili interni, non firmati e privi di approvazione formale, sono stati ritenuti insufficienti a invertire l'onere della prova, che resta a carico dell'imprenditore.
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Sopravvenuto difetto di interesse: ricorso inammissibile
Un lavoratore ricorre in Cassazione contro il rigetto della sua domanda tardiva di ammissione al passivo fallimentare. Durante il giudizio, il suo credito viene ammesso e saldato. La Corte dichiara l'inammissibilità del ricorso per sopravvenuto difetto di interesse, compensando le spese.
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Responsabilità curatore fallimentare: quando è lecita?
Una recente ordinanza della Cassazione affronta il tema della responsabilità del curatore fallimentare. Il caso riguarda una richiesta di risarcimento danni da parte di un creditore per un presunto ritardo nell'esecuzione di un piano di riparto e per l'indebita trattenuta di somme. La Corte ha rigettato il ricorso, escludendo la responsabilità del curatore fallimentare in quanto le sue azioni erano giustificate dall'opportunità procedurale, come la pendenza di un concordato, e autorizzate dal giudice delegato.
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Compenso professionale avvocato: come si calcola?
Un avvocato si opponeva alla riduzione del proprio compenso da 92.000 a 24.000 euro in sede di ammissione al passivo fallimentare. La Cassazione ha respinto il ricorso, stabilendo che il calcolo del compenso professionale avvocato deve basarsi sul valore effettivo della controversia (il cosiddetto 'disputatum') e non sul valore della domanda iniziale, qualora quest'ultimo risulti manifestamente sproporzionato. L'iscrizione della notula nei bilanci della società è stata ritenuta irrilevante ai fini della prova del credito nel fallimento.
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Onere della prova fallimento: la Cassazione decide
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 5003/2025, ha dichiarato inammissibile il ricorso di una società contro la propria dichiarazione di fallimento. Il caso verteva sull'onere della prova fallimento, ovvero sulla responsabilità di dimostrare di non possedere i requisiti per essere assoggettati alla procedura concorsuale. La società aveva prodotto bilanci non depositati e altra documentazione contabile ritenuta inattendibile sia dal Tribunale che dalla Corte d'Appello. La Cassazione ha ribadito che l'onere della prova grava sul debitore e che la valutazione sull'attendibilità dei documenti è un giudizio di merito non sindacabile in sede di legittimità, confermando così la decisione dei giudici precedenti.
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Onere della prova fallimento: la contabilità inattendibile
Una società in liquidazione, dichiarata fallita, ha presentato ricorso sostenendo un errore nel calcolo dei debiti. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, non per l'errore di calcolo, ma perché la documentazione contabile della società era palesemente inattendibile e contraddittoria. La Corte ha ribadito che l'onere della prova per dimostrare di non essere fallibile grava sull'imprenditore, che deve fornire documentazione chiara e affidabile.
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Onere della prova fallimento: chi deve dimostrarlo?
Un'imprenditrice individuale, dichiarata fallita, ha contestato la decisione sostenendo di non rientrare nei limiti dimensionali previsti dalla legge. A sostegno della sua tesi, ha prodotto unicamente le proprie dichiarazioni fiscali. La Corte di Cassazione, confermando le sentenze precedenti, ha ribadito un principio fondamentale: l'onere della prova nel fallimento, per dimostrare la non fallibilità, grava interamente sul debitore. Documenti di formazione unilaterale, come le dichiarazioni dei redditi, se non supportati da altre scritture contabili o prove verificabili, sono ritenuti inidonei a tale scopo. Di conseguenza, il ricorso dell'imprenditrice è stato dichiarato inammissibile.
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