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Diritto Fallimentare

Retrocessione d’azienda: chi paga i debiti?
Una società, in amministrazione straordinaria, aveva trasferito la propria azienda a un'altra entità che successivamente è fallita, portando alla risoluzione del contratto di cessione. La Corte di Cassazione ha affrontato la questione di chi fosse responsabile per i canoni di locazione maturati nel periodo tra la risoluzione del contratto e la restituzione fisica dei beni. La Corte ha stabilito che la retrocessione d'azienda comporta il trasferimento automatico e immediato delle obbligazioni contrattuali all'originario proprietario al momento della risoluzione, indipendentemente dalla riconsegna materiale dei beni. Di conseguenza, la società originaria è stata ritenuta responsabile per i pagamenti.
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Responsabilità precontrattuale: l’onere informativo
La Corte di Cassazione dichiara inammissibile un ricorso per responsabilità precontrattuale, stabilendo un principio chiave: se l'informazione omessa o falsa riguarda un fatto che il giudice di merito considera estraneo all'accordo contrattuale, la richiesta di risarcimento non può essere accolta. La Suprema Corte ribadisce l'impossibilità di rivalutare i fatti in sede di legittimità, specialmente quando la decisione impugnata si fonda su molteplici ragioni autonome e non tutte vengono efficacemente contestate.
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Giudicato esterno: quando blocca una nuova causa
Una creditrice ha tentato di presentare una domanda di ammissione tardiva al passivo fallimentare dopo che una precedente istanza identica era stata respinta con sentenza definitiva per mancanza di prove. La Corte di Cassazione ha dichiarato il nuovo ricorso inammissibile, applicando il principio del giudicato esterno. Questo principio impedisce di riproporre una causa già decisa in modo definitivo, e il giudice può rilevarlo d'ufficio, anche se la controparte è assente (contumace).
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Danno da occupazione illegittima: la Cassazione decide
Una società in amministrazione straordinaria ha richiesto l'ammissione al passivo di un fallimento per un credito relativo al danno da occupazione illegittima di alcuni immobili. La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 4048/2025, ha accolto parzialmente il ricorso, stabilendo due principi fondamentali. Primo, ha censurato la motivazione 'per relationem' del tribunale, ritenendola nulla per mancanza di un'autonoma valutazione critica. Secondo, e più importante, ha ribadito che il danno da occupazione illegittima è 'in re ipsa', cioè presunto, e non richiede al proprietario la prova di aver perso specifiche occasioni di guadagno. La causa è stata rinviata al Tribunale per un nuovo esame alla luce di questi principi.
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Validità notifica fallimento: la parola del postino
La Corte di Cassazione chiarisce i limiti della fede privilegiata della relata di notifica in un caso di fallimento. Una società contestava la validità della notifica del ricorso di fallimento, ricevuta presso la sede legale da una persona che asseriva non essere autorizzata. La Corte ha stabilito che, sebbene la qualifica del ricevente non sia coperta da fede privilegiata e possa essere contestata con prove ordinarie, la società non ha fornito elementi sufficienti per superare la presunzione di validità, confermando la dichiarazione di fallimento.
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Insinuazione tardiva: onere della prova e rigetto
La Corte di Cassazione conferma il rigetto di una domanda di insinuazione tardiva presentata da un ex amministratore. La decisione sottolinea che la semplice allegazione di un problema tecnico, come la rottura di un server, non è sufficiente a giustificare il ritardo se non supportata da prove concrete. Il creditore ha l'onere di dimostrare che il ritardo non è a lui imputabile.
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Provvedimento non decisorio: limiti all’impugnazione
La Corte di Cassazione ha stabilito che un provvedimento non decisorio, come un'ordinanza che dispone la liberazione di un immobile nell'ambito di una procedura fallimentare, non è impugnabile con ricorso straordinario né può essere oggetto di revocazione. Il caso riguardava un soggetto che rivendicava la proprietà di alcuni terreni per usucapione contro un fallimento. La Corte ha chiarito che tali provvedimenti, non risolvendo in via definitiva una controversia su diritti soggettivi, non sono suscettibili di passare in giudicato. La parte che si ritiene lesa deve, invece, intraprendere un autonomo giudizio di cognizione per far valere le proprie ragioni.
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Fondo di Garanzia TFR: No Pagamento se il Lavoro Continua
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 4265/2025, ha negato l'accesso al Fondo di Garanzia TFR per i lavoratori il cui rapporto di lavoro era proseguito con una nuova società a seguito di una cessione d'azienda. Nonostante l'insolvenza dell'azienda cedente, la Corte ha stabilito che un presupposto essenziale per l'intervento del Fondo è la cessazione del rapporto di lavoro. Poiché il rapporto è continuato, il credito per il TFR non era ancora esigibile e la tutela del lavoratore risiede nella responsabilità solidale dell'azienda cessionaria, principio non derogabile nei confronti dell'ente previdenziale.
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Notifica fallimento: le regole speciali della Legge
Un imprenditore ha impugnato la propria dichiarazione di fallimento sostenendo la nullità della notifica di un rinvio d'udienza. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, chiarendo che la notifica fallimento è soggetta alle regole speciali e semplificate dell'art. 15 della Legge Fallimentare. Questa disciplina prevale su quella ordinaria del codice di procedura civile per tutti gli atti della fase prefallimentare, garantendo celerità e certezza al procedimento.
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Onere della prova fallimento: chi deve dimostrarlo?
Una società ricorre in Cassazione contro la dichiarazione di fallimento, sostenendo di non superare le soglie dimensionali previste dalla legge. La Corte Suprema dichiara il ricorso inammissibile, ribadendo un principio fondamentale: l'onere della prova nel fallimento spetta all'imprenditore. Quest'ultimo deve dimostrare attivamente, tramite la produzione dei bilanci, di non essere assoggettabile alla procedura. La mancata produzione di tale documentazione va a svantaggio del debitore stesso, e la valutazione delle prove del giudice di merito non può essere ridiscussa in sede di legittimità.
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Responsabilità professionista: diligenza e compenso
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un commercialista che chiedeva il pagamento per l'assistenza nella redazione di un piano di concordato preventivo. La decisione si fonda sulla grave negligenza del professionista, che non ha rilevato atti fraudolenti e distrattivi del patrimonio della società, poi fallita. La Suprema Corte ha confermato che la mancata diligenza professionale giustifica il mancato pagamento del compenso, sottolineando l'elevato standard richiesto in procedure concorsuali.
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Riconoscimento di debito: opponibile al fallimento?
Un professionista si è visto negare l'ammissione al passivo fallimentare di una società per i suoi compensi. La Corte di Cassazione ha ribaltato la decisione, stabilendo che il riconoscimento di debito, se avente data certa anteriore al fallimento, è opponibile alla massa dei creditori. Tale atto crea una presunzione sull'esistenza del debito, e spetta al curatore fallimentare l'onere di provare il contrario. La causa è stata rinviata al Tribunale per un nuovo esame.
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Prova del credito professionale nel fallimento: la data certa
Un professionista si è visto respingere la richiesta di ammissione al passivo fallimentare per i suoi crediti professionali a causa della mancanza di documenti con data certa opponibili alla procedura. La Corte di Cassazione ha confermato la decisione, sottolineando il rigore necessario nella prova del credito professionale e chiarendo i limiti del principio di non contestazione da parte del curatore, il quale agisce come terzo a tutela della massa dei creditori.
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Rinuncia ricorso cassazione: spese e sanzioni
Un professionista, dopo aver impugnato in Cassazione il rigetto di una sua richiesta di compenso per presunta negligenza, decideva di ritirare il proprio atto. La Corte Suprema ha dichiarato l'estinzione del giudizio a seguito della rinuncia al ricorso in Cassazione. Ha inoltre condannato la parte rinunciante al pagamento delle spese legali, chiarendo però che in caso di rinuncia non si applica la sanzione del raddoppio del contributo unificato, prevista solo per rigetto, inammissibilità o improcedibilità.
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Notifica istanza di fallimento: le regole speciali
La Corte di Cassazione ha confermato che la notifica dell'istanza di fallimento a una società cancellata dal Registro delle Imprese e irreperibile presso la sede legale si perfeziona con il deposito dell'atto presso la casa comunale. Questa procedura speciale prevale sulle norme ordinarie, rendendo non necessaria la ricerca del legale rappresentante. La Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso, ribadendo la validità di una disciplina semplificata volta a bilanciare il diritto di difesa con l'esigenza di celerità dei procedimenti concorsuali.
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Accertamento stato di insolvenza: i poteri del giudice
La Corte di Cassazione conferma la decisione di revocare un fallimento, chiarendo che nell'accertamento dello stato di insolvenza il giudice può valutare autonomamente un credito contestato, anche se confermato da una sentenza non esecutiva. La Corte ha ritenuto legittima la valutazione del giudice di merito che, di fronte a numerosi indizi sulla possibile gratuità di una prestazione professionale, ha escluso la solidità del credito e, analizzando i bilanci, ha negato la sussistenza dello stato di insolvenza della società.
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Ammissione al passivo: domanda errata non sanabile
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile una domanda di ammissione al passivo presentata con errori fondamentali, quali l'indicazione di un debitore e di una procedura fallimentare errati. La Corte ha stabilito che la rigidità della procedura di verifica del passivo non consente modifiche sostanziali (mutatio libelli) della domanda originaria, ma solo precisazioni. L'errore del creditore è stato ritenuto inescusabile, escludendo la possibilità di una rimessione in termini.
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Notifica via PEC: la prova con stampa PDF è valida?
Una banca impugnava il rigetto della sua domanda tardiva in un fallimento, sostenendo la nullità della notifica via PEC dell'avviso, provata solo con stampe PDF. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando che il giudice di merito può ritenere idonea tale prova documentale e che la contestazione sulla sua efficacia probatoria non costituisce motivo di ricorso per violazione di legge, ma una richiesta di riesame dei fatti, preclusa in sede di legittimità. Il ricorso confuso e la non violazione del 'minimo costituzionale' nella motivazione hanno contribuito alla decisione.
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Notifica istanza di fallimento: la Cassazione chiarisce
La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso del socio di una società fallita, il quale lamentava la nullità della dichiarazione di fallimento per un presunto vizio di notifica. L'ordinanza chiarisce che la notifica dell'istanza di fallimento segue una procedura speciale e semplificata dettata dall'art. 15 della Legge Fallimentare. Se la notifica via PEC fallisce e la società risulta irreperibile presso la sede legale, il perfezionamento avviene con il deposito dell'atto presso la casa comunale, senza necessità di ulteriori ricerche del legale rappresentante, escludendo l'applicazione delle norme ordinarie del codice di procedura civile.
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Rimessione in termini: no se c’è negligenza grave
La Corte di Cassazione ha negato la rimessione in termini a un creditore che aveva inizialmente depositato una domanda di ammissione al passivo fallimentare completamente errata, indirizzandola a un tribunale e a un soggetto sbagliati. La successiva domanda corretta, depositata in ritardo, è stata dichiarata inammissibile. La Corte ha qualificato l'errore iniziale come 'negligenza grave' e 'imperdonabile', escludendo che potesse giustificare la concessione del beneficio, destinato solo a sanare decadenze dovute a cause non imputabili alla parte.
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