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Diritto Fallimentare

Lodo arbitrale: efficacia di sentenza e data certa
Una società creditrice si è vista negare l'ammissione al passivo fallimentare di un credito derivante da un lodo arbitrale, poiché il Tribunale lo riteneva privo di data certa. La Corte di Cassazione ha ribaltato la decisione, stabilendo che il lodo arbitrale rituale ha efficacia di sentenza e data certa fin dal momento della sua ultima sottoscrizione, senza necessità di deposito in cancelleria, rendendolo così pienamente opponibile alla procedura fallimentare.
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Credito spese legali: quando è prededucibile?
La Corte di Cassazione chiarisce la natura del credito per spese legali sorto a favore di un convenuto vittorioso, quando l'attore è entrato in procedura concorsuale dopo l'inizio della causa. Secondo la Corte, tale credito non è prededucibile ma concorsuale. La motivazione si basa su due criteri: quello cronologico, per cui le spese legali hanno natura accessoria rispetto alla causa originaria, sorta prima della procedura; e quello funzionale, poiché la difesa contro l'azione del debitore non è funzionale al beneficio della massa dei creditori, ma rappresenta un interesse confliggente. Di conseguenza, il vincitore della causa diventa un creditore ordinario nell'ambito della procedura fallimentare.
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Limite di finanziabilità: non è causa di nullità del mutuo
Una società finanziaria si è vista negare l'ammissione al passivo fallimentare di un credito derivante da un mutuo fondiario, poiché l'importo superava la soglia di legge (80% del valore dell'immobile). Il tribunale aveva dichiarato nullo il contratto. La Corte di Cassazione, accogliendo il ricorso, ha ribaltato la decisione. Richiamando un'importante sentenza delle Sezioni Unite, ha stabilito che il superamento del limite di finanziabilità non è una causa di nullità del contratto, ma una norma di vigilanza prudenziale. Il caso è stato rinviato al tribunale per un nuovo esame.
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Ammissione con riserva: la Cassazione alle Sezioni Unite
Una società di infrastrutture ferroviarie chiedeva l'ammissione di un credito al passivo del fallimento di un'impresa edile. Tale credito era condizionato all'esito di una causa per risoluzione contrattuale già pendente prima del fallimento. Il Tribunale aveva concesso un'ammissione con riserva, ma la curatela fallimentare ha impugnato la decisione. La Corte di Cassazione, rilevando un profondo contrasto giurisprudenziale sulla sorte dei giudizi pendenti al momento della dichiarazione di fallimento e sulla corretta applicazione dell'ammissione con riserva, ha sospeso la decisione e ha rimesso la questione alle Sezioni Unite per un chiarimento definitivo.
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Domanda tardiva fallimento: la Cassazione alle Sezioni Unite
La Corte di Cassazione ha rimesso alle Sezioni Unite una questione cruciale: come gestire una domanda tardiva di fallimento che ripropone una pretesa già oggetto di una causa civile iniziata prima della dichiarazione di fallimento. Il caso riguarda alcuni acquirenti di un immobile che, dopo aver citato in giudizio la società costruttrice per inadempimento, si sono visti costretti a presentare istanza di ammissione al passivo a seguito del fallimento della stessa. I giudici di merito avevano rigettato la domanda, ma la Cassazione, rilevando un contrasto giurisprudenziale sul tema, ha sospeso la decisione per ottenere un verdetto nomofilattico.
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Impugnazione atti giudice delegato: limiti e costi
La Corte di Cassazione chiarisce i limiti dell'impugnazione degli atti del giudice delegato in un fallimento. Un creditore contestava la scelta del curatore di avviare una causa ordinaria anziché un arbitrato internazionale. La Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso su tale scelta, qualificandola come atto di gestione non sindacabile in sede di legittimità. Tuttavia, ha accolto il motivo relativo all'errata liquidazione delle spese legali, riaffermando che la condanna al pagamento delle spese è un provvedimento decisorio e quindi impugnabile.
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Ricorso straordinario inammissibile: la decisione
Una società creditrice ha presentato un ricorso straordinario inammissibile contro la decisione della Corte d'Appello che aveva respinto il suo reclamo. La richiesta originale mirava a fissare un termine per la liquidazione dei beni di una società in concordato. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, poiché il provvedimento impugnato mancava dei requisiti di decisorietà e definitività, essenziali per questo tipo di impugnazione.
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Ricorso inammissibile: no appello per ordini interinali
La Corte di Cassazione ha dichiarato un ricorso inammissibile contro un decreto della Corte d'Appello. Il decreto aveva bloccato il pagamento degli stipendi da parte di una società con beni sotto sequestro penale e in concordato preventivo. La Cassazione ha stabilito che il provvedimento non era definitivo né decisorio su diritti soggettivi, ma un atto interinale di gestione procedurale, e quindi non impugnabile.
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Revocazione per errore di fatto: quando è inammissibile
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile un ricorso per revocazione per errore di fatto. L'istanza, basata su un presunto errore di valutazione riguardo all'eventus damni in un'azione revocatoria, è stata respinta perché i motivi non scalfivano la reale ratio decidendi della pronuncia impugnata, fondata su una più ampia nozione di pregiudizio patrimoniale per i creditori.
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Corrispettivo appalto: quando si riduce per inadempimento
Una società cooperativa ha richiesto l'ammissione al passivo fallimentare per il pagamento di un corrispettivo appalto di servizi. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando la decisione dei giudici di merito. Il compenso già ricevuto è stato ritenuto congruo a fronte del parziale inadempimento della cooperativa, che non aveva raggiunto l'obiettivo principale del contratto: la valorizzazione del patrimonio immobiliare della società committente, poi fallita. La Corte ha stabilito che la riduzione del corrispettivo è giustificata quando il risultato principale dell'appalto non viene conseguito.
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Onere della prova pagamento: la Cassazione decide
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 3086/2025, ha rigettato il ricorso di una società debitrice che sosteneva di aver saldato il proprio debito per una fornitura di auto tramite ingenti pagamenti in contanti. La Corte ha ribadito un principio fondamentale: l'onere della prova del pagamento spetta sempre al debitore. Le sole risultanze delle scritture contabili, in assenza di prove sulla loro regolarità e di fronte all'inverosimiglianza delle operazioni registrate, non sono state ritenute sufficienti a dimostrare l'effettiva estinzione del debito.
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Compenso avvocato: i criteri per la liquidazione
La Corte di Cassazione ha confermato la decisione di un tribunale che aveva ridotto il compenso di un avvocato. L'ordinanza chiarisce i criteri per la liquidazione del compenso avvocato, stabilendo che è legittimo applicare i minimi tariffari in casi di bassa complessità, escludere il pagamento per attività giudiziali inutili (come un'azione avviata senza previa mediazione obbligatoria) e considerare un pagamento intermedio come acconto sull'intera prestazione.
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Compenso curatore fallimentare: divisione e motivi
La Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un curatore revocato sulla ripartizione del compenso curatore fallimentare. La Corte ha ritenuto adeguata la motivazione del Tribunale che ha suddiviso il compenso unico tra i due professionisti succedutisi, basandosi sull'attività concretamente svolta da ciascuno.
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Liquidazione compensi legali: autonomia e distinzioni
La Corte di Cassazione ha stabilito un principio fondamentale sulla liquidazione compensi legali: i compensi per un procedimento cautelare e per il relativo giudizio di merito devono essere liquidati in modo distinto e autonomo. La Corte ha cassato la decisione di un Tribunale che aveva revocato un compenso per la fase cautelare, considerandolo assorbito in un precedente pagamento forfettario. La sentenza sottolinea come ogni fase processuale, regolata da specifiche tabelle ministeriali, richieda una propria e trasparente determinazione dei compensi.
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Ricorso straordinario inammissibile: la Cassazione
La Corte di Cassazione dichiara il ricorso straordinario inammissibile presentato da un legale contro il provvedimento di un tribunale fallimentare. La decisione verteva sul mancato pagamento di un compenso da parte del curatore. La Corte ha stabilito che il provvedimento impugnato, riguardando un atto di gestione del curatore e non un diritto soggettivo in via definitiva, manca dei requisiti di decisorietà e definitività necessari per questo tipo di ricorso.
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Compenso coadiutore fallimentare: le regole
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un professionista che contestava la liquidazione del suo compenso come coadiutore fallimentare. L'ordinanza chiarisce che per le attività di supporto al curatore (come la consulenza contabile e fiscale), il giudice può legittimamente utilizzare il criterio a tempo (vacazioni) anziché quello a percentuale. Questa scelta è considerata una valutazione di merito, non sindacabile in sede di legittimità se adeguatamente motivata, e si giustifica per la difficoltà di determinare un "valore della controversia" e per la necessità di proporzionare il compenso a quello del curatore.
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Compenso avvocato: i minimi tariffari sono inderogabili
Un avvocato ha impugnato la liquidazione del proprio compenso professionale, ritenuta troppo bassa. La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, stabilendo principi fondamentali sul calcolo del compenso avvocato. In particolare, ha chiarito che, a seguito delle modifiche introdotte dal D.M. 37/2018, i minimi tariffari sono inderogabili e non possono essere ridotti neppure in considerazione dei risultati conseguiti. Inoltre, l'aumento previsto per la difesa di più parti è autonomo e va applicato solo dopo aver calcolato il compenso base, non potendo essere utilizzato per giustificare una liquidazione inferiore ai minimi.
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Diritto di voto cartolarizzazione: la Cassazione nega
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 3220/2025, ha stabilito un principio fondamentale in materia di diritto fallimentare. La Corte ha negato il diritto di voto alle società di cartolarizzazione nei concordati fallimentari, qualora queste abbiano acquistato i crediti dopo la dichiarazione di fallimento e non siano iscritte nell'albo degli intermediari finanziari previsto dall'art. 106 del Testo Unico Bancario. La decisione si basa su un'interpretazione letterale e restrittiva della norma (art. 127 Legge Fallimentare), che concede una deroga al divieto di voto solo a banche e, appunto, agli 'altri intermediari finanziari' vigilati. Secondo la Suprema Corte, le società di cartolarizzazione, pur operando nel mercato dei crediti, non possiedono i requisiti di vigilanza e controllo richiesti dalla legge per essere equiparate a tali intermediari, escludendo quindi una loro partecipazione al voto sulla proposta di concordato. Questo chiarisce il perimetro del diritto di voto cartolarizzazione, privilegiando la stabilità e la prevenzione di manovre speculative.
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Domanda tardiva: quando il ritardo è imputabile?
Una società, promissaria acquirente di un immobile, ha presentato una domanda tardiva di insinuazione al passivo nel fallimento della società venditrice, che nel frattempo aveva venduto lo stesso bene a terzi. La ricorrente sosteneva che il ritardo non fosse a lei imputabile, poiché il contratto preliminare era sospeso in attesa delle decisioni del curatore. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, stabilendo che il diritto al risarcimento era sorto e divenuto esigibile al momento della vendita al terzo, ovvero prima del fallimento. Di conseguenza, il ritardo di quasi dieci anni nella presentazione della domanda è stato considerato ingiustificato e imputabile al creditore.
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Rinuncia al ricorso: estinzione e spese compensate
Una società aveva proposto ricorso in Cassazione contro una sentenza della Corte d'Appello che confermava un lodo arbitrale. Successivamente, a causa della sottoposizione della controparte a una procedura concorsuale e della risoluzione del contratto tra loro, la società ricorrente ha deciso di procedere con la rinuncia al ricorso. La controparte ha accettato la rinuncia e la proposta di compensazione delle spese. La Corte di Cassazione ha quindi dichiarato l'estinzione del processo, compensando integralmente le spese legali tra le parti e chiarendo che in questi casi non si applica il pagamento del doppio contributo unificato.
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