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Diritto Fallimentare

Ricorso tardivo: la PEC del cancelliere vale notifica
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile l'appello di una società contro il rigetto di un accordo di ristrutturazione. La decisione si basa su un ricorso tardivo, in quanto il termine di 30 giorni per impugnare è iniziato a decorrere dalla comunicazione del provvedimento via PEC da parte della cancelleria, considerata equipollente alla notificazione formale.
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Ammissione al voto crediti contestati: la Cassazione
Una società in concordato preventivo contesta il voto negativo di alcuni creditori, sostenendo che i loro crediti non avrebbero dovuto essere ammessi al voto. La Corte di Cassazione respinge il ricorso, stabilendo che la contestazione sul diritto di voto deve essere formalizzata specificamente durante l'adunanza dei creditori. In assenza di tale formalità, il provvedimento di ammissione al voto del giudice può essere anche implicito. La sentenza ribadisce la centralità dell'adunanza come sede per risolvere tali dispute procedurali.
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Prova incarico professionale: come dimostrarlo?
Un avvocato si è visto respingere la richiesta di pagamento per le sue prestazioni professionali nei confronti di una società fallita. La Corte di Cassazione ha confermato la decisione, sottolineando che la prova dell'incarico professionale non può basarsi su capitoli di prova testimoniale generici o su presunzioni vaghe. L'ordinanza ribadisce la necessità di fornire elementi specifici e dettagliati per dimostrare il conferimento di un mandato e l'effettivo svolgimento dell'attività, specialmente in assenza di un contratto scritto.
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Eccezione inadempimento amministratore: la Cassazione
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 34341/2024, si è pronunciata sul tema dell'eccezione di inadempimento dell'amministratore. Il caso riguarda un ex presidente del consiglio di gestione che chiedeva l'ammissione al passivo di una società in amministrazione straordinaria per i suoi compensi. La società si opponeva sollevando l'eccezione di inadempimento per mala gestio. La Cassazione ha accolto il ricorso della società, stabilendo un principio fondamentale sull'onere della prova: spetta alla società allegare le specifiche negligenze gestorie, ma è poi l'amministratore a dover dimostrare di aver agito con la dovuta diligenza. La Corte ha cassato la decisione del tribunale, che aveva erroneamente rigettato l'eccezione, e ha rinviato la causa per un nuovo esame.
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Fondo di garanzia: no al pagamento con cessione d’azienda
La Corte di Cassazione ha stabilito che il Fondo di garanzia dell'INPS non è tenuto a corrispondere le ultime mensilità di retribuzione a un lavoratore il cui datore di lavoro originario sia fallito dopo aver ceduto l'azienda, se il rapporto di lavoro è proseguito con il nuovo acquirente. Anche in presenza di un accordo sindacale che escluda la responsabilità solidale dell'acquirente per i debiti pregressi, tale pattuizione privata non può estendere gli obblighi del Fondo, il cui intervento è previsto solo in caso di insolvenza del datore di lavoro al momento della cessazione del rapporto, non di un ex datore di lavoro.
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Diritto di voto creditore: Cassazione chiarisce
La Corte di Cassazione ha stabilito che, nelle procedure di sovraindebitamento, un creditore privilegiato ha diritto di voto se il suo pagamento, seppur integrale, viene dilazionato nel tempo. La dilazione rappresenta una perdita economica che deve essere quantificata per determinare la percentuale di voto. La mancata indicazione di tale percentuale da parte del debitore rende la proposta di accordo improcedibile. La Corte ha quindi dichiarato inammissibile il ricorso del debitore, confermando la decisione del tribunale e ribadendo il consolidato orientamento giurisprudenziale sul diritto di voto creditore.
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Annullamento accordo crisi: quando inizia il termine?
Un ente creditore ha richiesto l'annullamento di un accordo di composizione della crisi di una società agricola, sostenendo la presenza di dolo. La Cassazione ha respinto il ricorso, specificando che il termine per l'annullamento accordo crisi decorre dalla scoperta dei fatti fraudolenti. Essendo il creditore a conoscenza del presunto dolo già prima dell'omologa dell'accordo, la sua azione è stata giudicata tardiva e quindi inammissibile.
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Azione revocatoria: profitto non salva dalla revoca
La Corte di Cassazione ha confermato la revoca della vendita di un ramo d'azienda, anche in presenza di un bilancio in utile per la società venditrice. La decisione si fonda sul principio che il danno per i creditori (eventus damni) può essere anche solo qualitativo, come la sostituzione di beni aziendali con denaro liquido, più difficile da aggredire. Inoltre, la consapevolezza della frode è stata desunta dai legami di parentela tra le parti, elemento cruciale nell'ambito dell'azione revocatoria.
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Rinuncia al ricorso: estinzione del processo
Una società aveva impugnato in Cassazione una sentenza della Corte d'Appello che accoglieva un'azione revocatoria fallimentare. Tuttavia, prima della decisione, la società ha presentato una rinuncia al ricorso, che è stata accettata dalla controparte (il Fallimento). Di conseguenza, la Suprema Corte ha dichiarato l'estinzione del giudizio, rendendo definitiva la sentenza d'appello e chiudendo il contenzioso senza pronunciarsi sulle spese.
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Rinuncia al ricorso: estinzione del giudizio
La Corte di Cassazione dichiara estinto un giudizio a seguito della rinuncia al ricorso da parte del ricorrente e della conseguente adesione della controparte. La decisione, basata sull'art. 391 c.p.c., evidenzia come l'accordo tra le parti possa chiudere un contenzioso prima della sentenza, evitando una pronuncia sulle spese di lite.
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Appello incidentale condizionato: quando è ammissibile
La Cassazione chiarisce i limiti dell'appello incidentale condizionato. Un convenuto, totalmente vittorioso in primo grado pur essendo rimasto assente (contumace), non ha interesse a proporre appello, neanche condizionato, per far valere la nullità della notifica. Tale questione va sollevata come semplice eccezione. Il caso nasce da un'azione revocatoria fallimentare in cui l'acquirente di un immobile, dopo aver vinto in primo grado, si è visto riformare la sentenza in appello. La Corte ha confermato la decisione di secondo grado, correggendone però la motivazione in diritto.
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Estinzione giudizio: rinuncia al ricorso e spese legali
La Corte di Cassazione dichiara l'estinzione del giudizio a seguito della rinuncia al ricorso da parte della società ricorrente e della contestuale accettazione da parte dell'amministrazione fallimentare resistente. In applicazione dell'art. 391 c.p.c., la Corte stabilisce che, data l'accettazione, non vi è luogo a provvedere sulla liquidazione delle spese legali, chiudendo così definitivamente il contenzioso.
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Datio in solutum e revocatoria: vendita immobiliare
La Corte di Cassazione conferma la revoca di una compravendita immobiliare. Sebbene formalmente una vendita, l'operazione è stata riqualificata come una 'datio in solutum' (pagamento con un bene diverso dal denaro) poiché il prezzo incassato dal venditore, poi fallito, è stato immediatamente utilizzato per estinguere un debito preesistente verso l'acquirente. La Corte ha stabilito che va valutato il risultato economico complessivo dell'operazione, considerandola un mezzo di pagamento anomalo e lesivo per gli altri creditori.
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Cessazione materia del contendere: la Cassazione decide
La Corte di Cassazione ha dichiarato la cessazione della materia del contendere in una controversia su un accordo di sovraindebitamento. Inizialmente, il voto di un creditore era stato considerato favorevole per il principio del silenzio-assenso. Tuttavia, durante il giudizio in Cassazione, le parti hanno raggiunto un nuovo accordo per la liquidazione del patrimonio, facendo venir meno l'interesse a una decisione. La Corte ha quindi terminato il giudizio, chiarendo che in questi casi non si applica il raddoppio del contributo unificato.
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Revocatoria Fallimentare e Cessione del Credito
La Corte di Cassazione chiarisce i confini della revocatoria fallimentare in relazione a un pagamento eseguito in virtù di una precedente cessione di credito. Un creditore riceveva un pagamento da una società poco prima che questa fallisse, sostenendo che l'atto fosse l'esecuzione di una cessione di credito avvenuta fuori dal 'periodo sospetto'. La Corte ha stabilito che le modalità concrete del pagamento sono decisive: poiché il denaro è transitato sul conto della società poi fallita prima di essere trasferito al creditore, l'operazione non costituisce una cessione tipica ma un pagamento di debito autonomo. Tale pagamento, avvenuto nel periodo sospetto, è stato quindi correttamente dichiarato inefficace, confermando le sentenze dei gradi precedenti e respingendo il ricorso del creditore.
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Opponibilità credito professionale: prova e data certa
La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un avvocato per l'ammissione al passivo di un credito professionale. La richiesta, basata su un compenso variabile non previsto nel mandato originario, è stata respinta per mancanza di prova e per la non opponibilità del credito professionale alla curatela, poiché i documenti a supporto erano privi di data certa. Il Tribunale aveva già giudicato la pretesa inverosimile e non sufficientemente provata.
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Riconoscimento di debito: la Cassazione chiarisce
Una professionista ha richiesto l'ammissione al passivo fallimentare di una società per un credito professionale, basandosi su un accordo transattivo. I giudici di merito hanno respinto la domanda, ritenendo che l'accordo creasse un'obbligazione personale a carico dell'amministratore e non della società. La Corte di Cassazione ha confermato la decisione, dichiarando il ricorso inammissibile per motivi procedurali. L'ordinanza sottolinea l'importanza del principio di autosufficienza del ricorso e il divieto di riesaminare i fatti in sede di legittimità, ribadendo che la valutazione sulla natura del riconoscimento di debito spetta al giudice di merito.
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Azione revocatoria e fallimento: la Cassazione chiarisce
Un ente religioso ha intentato un'azione revocatoria contro una società di servizi per una cessione di crediti. Durante il processo, la società è stata dichiarata fallita. La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 34240/2024, ha dichiarato l'azione improcedibile, stabilendo che dopo la dichiarazione di fallimento non è più possibile mirare alla restituzione del bene, ma il creditore deve insinuarsi al passivo del fallimento per ottenere il controvalore del bene stesso.
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Compenso amministratore: quando si perde il diritto
La Corte di Cassazione ha stabilito che il compenso amministratore può essere legittimamente negato se emergono gravi inadempimenti gestionali (mala gestio). Nel caso specifico, un amministratore di una società poi fallita si è visto rifiutare il pagamento per i suoi servizi a causa della distrazione di fondi pubblici, un fatto già accertato dalla Corte dei Conti. La Suprema Corte ha chiarito che l'eccezione di inadempimento può essere sollevata dalla curatela fallimentare anche se il rapporto contrattuale è concluso e non costituisce una doppia sanzione (ne bis in idem) rispetto alla condanna contabile.
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Responsabilità sindaco: obblighi su bilanci passati
La Corte di Cassazione ha stabilito che la responsabilità del sindaco di una società si estende anche al controllo dei bilanci degli esercizi precedenti al suo incarico. Un inadempimento in tal senso 'attualizza' la sua colpa al momento dell'assunzione delle funzioni, legittimando il curatore fallimentare a contestare il suo compenso tramite l'eccezione di inadempimento. La Corte ha cassato la decisione di merito che limitava l'analisi della condotta del professionista al solo periodo del mandato, rinviando il caso per un nuovo esame.
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