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Diritto Fallimentare

Estinzione del giudizio: la rinuncia al ricorso
Un istituto di credito ha rinunciato al ricorso in Cassazione contro un fallimento. La controparte ha accettato la rinuncia. La Corte ha quindi dichiarato l'estinzione del giudizio, sottolineando che l'accettazione esclude la condanna alle spese. Questo caso chiarisce gli effetti processuali della rinuncia al ricorso.
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Onere della prova fallimento: i bilanci sono cruciali
Un socio di una S.r.l. ha impugnato la dichiarazione di fallimento della società, sostenendo che mancassero i requisiti dimensionali. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ribadendo un principio fondamentale: l'onere della prova fallimento, ovvero dimostrare di essere al di sotto delle soglie di fallibilità, spetta all'imprenditore. La mancata produzione dei bilanci degli ultimi tre esercizi si risolve a suo danno, impedendo di fatto la prova contraria. La Corte ha inoltre specificato che una violazione processuale è irrilevante se non produce un pregiudizio concreto alla difesa.
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Estinzione del processo: cosa accade dopo la rinuncia?
Un professionista aveva impugnato in Cassazione il decreto di un tribunale relativo alla liquidazione dei suoi compensi nei confronti di una società fallita. Le parti hanno raggiunto un accordo transattivo, a seguito del quale il ricorrente ha rinunciato al ricorso. La Corte ha quindi dichiarato l'estinzione del processo, chiarendo che in questi casi non si applica l'obbligo di versare un ulteriore contributo unificato, previsto invece per le impugnazioni respinte o inammissibili.
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Decreto ingiuntivo fallimento: quando è opponibile?
La Corte di Cassazione, con ordinanza, ha ribadito un principio fondamentale in materia di decreto ingiuntivo fallimento. Un decreto ingiuntivo, anche se non opposto dal debitore, non è opponibile alla massa dei creditori se non è stato dichiarato esecutivo ai sensi dell'art. 647 c.p.c. prima della dichiarazione di fallimento. Di conseguenza, anche l'ipoteca iscritta sulla base di tale decreto è inefficace, e il credito può essere ammesso al passivo solo in via chirografaria.
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Fondo di Garanzia INPS: obbligo di escussione?
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 2292/2025, ha stabilito che un lavoratore, il cui datore di lavoro sia fallito, ha diritto di accedere direttamente al Fondo di Garanzia INPS per il pagamento del TFR, senza dover prima agire contro altri soggetti solidalmente responsabili, come la società scissa ancora in bonis. La Corte ha chiarito che la legge non prevede un beneficio di escussione a favore del Fondo, garantendo così una tutela rapida ed efficace al lavoratore. L'INPS potrà poi surrogarsi nei diritti del lavoratore per recuperare le somme.
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Clausola compromissoria fallimento: quando è valida?
La Corte di Cassazione ha stabilito la validità della clausola compromissoria nel fallimento quando il curatore agisce per recuperare crediti relativi a prestazioni già eseguite dalla società prima della dichiarazione di fallimento. Anche se la controparte deve insinuare i propri controcrediti nel passivo fallimentare, la domanda principale del curatore può essere decisa in sede arbitrale, confermando la separazione delle sedi di giudizio.
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Fondo di Garanzia INPS: quando l’esecuzione non basta
Un lavoratore, dopo aver parzialmente recuperato il proprio credito tramite procedure esecutive, si è visto negare l'accesso al Fondo di Garanzia INPS. La Corte di Cassazione ha stabilito che l'azione esecutiva individuale non è sufficiente a provare lo stato di insolvenza del datore di lavoro. Per accedere al Fondo, il lavoratore avrebbe dovuto richiedere tempestivamente il fallimento dell'azienda entro il termine di un anno dalla sua cessazione, non potendo sostituire tale procedura con il solo pignoramento.
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Esdebitazione negata: la condotta osta al beneficio
La Corte di Cassazione conferma la decisione di merito che negava l'esdebitazione a due soci di una società fallita. L'esdebitazione negata è stata motivata dalla loro condotta non collaborativa con gli organi della procedura, da atti distrattivi del patrimonio e dalla presenza di condanne penali. Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché mirava a un riesame dei fatti, non consentito in sede di legittimità.
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Esdebitazione negata: il valore del patteggiamento
La Corte di Cassazione ha confermato il diniego di esdebitazione a un imprenditore fallito. La decisione si fonda sulla valutazione di una precedente sentenza di patteggiamento per bancarotta fraudolenta, non come prova automatica, ma come un grave indizio di demerito, unito ad altre condotte distrattive e alla scarsa trasparenza nella gestione contabile, che insieme giustificano l'esclusione dal beneficio della liberazione dai debiti.
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Esdebitazione e riabilitazione penale: il caso
La Corte di Cassazione ha stabilito che l'esito positivo dell'affidamento in prova ai servizi sociali non è equiparabile alla riabilitazione penale ai fini della concessione dell'esdebitazione. Un imprenditore fallito, condannato per omesso versamento di ritenute, si è visto negare il beneficio della liberazione dai debiti residui perché, nonostante l'esito positivo della misura alternativa, non aveva ottenuto la specifica riabilitazione penale richiesta dalla legge fallimentare. La Corte ha sottolineato la diversa natura e finalità dei due istituti, escludendo un'interpretazione estensiva della norma.
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Privilegio contributi integrativi: la Cassazione decide
Una cassa di previdenza professionale ha contestato la classificazione dei suoi crediti come chirografari nel fallimento di una società. L'ente chiedeva il riconoscimento del privilegio contributi integrativi e delle relative sanzioni. La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, stabilendo che, poiché la cassa gestisce un regime di previdenza sociale obbligatoria, i suoi crediti per contributi e sanzioni devono essere ammessi in via privilegiata, ribaltando la decisione del tribunale.
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Legittimazione processuale del fallito: la Cassazione
A seguito di un ricorso presentato da alcuni garanti e da una società, poi fallita, contro una condanna al pagamento, la Corte di Appello aveva negato la legittimazione ad agire alla società fallita, poiché la Curatela non si era costituita in giudizio. La Corte di Cassazione, con ordinanza interlocutoria, ha rilevato la complessità della questione sulla legittimazione processuale del fallito. In particolare, si chiede se il fallito possa impugnare una sentenza per tutelarsi da future pretese, anche in caso di disinteresse del curatore. Per l'importanza nomofilattica della questione, ha rinviato la causa alla pubblica udienza per una decisione approfondita.
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Credito professionista associato: a chi spetta?
Un professionista, associato a uno studio, agiva per il riconoscimento privilegiato di un credito verso una holding in concordato. La Cassazione ha confermato la sua titolarità personale del credito, e non dello studio, basandosi sulla documentazione che provava un incarico intuitu personae. La decisione distingue la titolarità del credito professionista associato dalla mera gestione contabile dello studio.
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Prescrizione crediti fallimento: la Cassazione decide
La Corte di Cassazione ha stabilito che la domanda di ammissione al passivo in una procedura di fallimento produce un effetto interruttivo e sospensivo sulla prescrizione dei crediti. Tale effetto dura per tutta la procedura concorsuale e vale anche nei confronti del debitore una volta che questo è tornato in bonis. La Corte ha quindi annullato la decisione di merito che aveva erroneamente dichiarato prescritti dei crediti tributari, ritenendo irrilevante il lungo periodo trascorso durante il fallimento. Il caso riguarda la prescrizione crediti fallimento e l'azione di riscossione dell'Agenzia delle Entrate.
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Ricorso per cassazione: inammissibilità e onere prova
La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso per cassazione di una società fallita. La decisione si fonda sulla genericità e confusione dei motivi di appello, che mescolavano vizi procedurali e sostanziali senza rispettare i requisiti di specificità. La Corte ribadisce che, per la dichiarazione di fallimento, non è necessario un accertamento definitivo del credito, ma è sufficiente una valutazione incidentale del giudice. Inoltre, l'onere della prova riguardo al mancato superamento dei limiti di fallibilità grava sul debitore.
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Opposizione esecuzione: i vizi anteriori al titolo
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 2785/2025, ha stabilito l'inammissibilità dell'opposizione esecuzione fondata su motivi anteriori alla formazione del titolo esecutivo giudiziale. Nel caso specifico, un istituto di credito si era opposto all'esecuzione di una sentenza sostenendo la sua inopponibilità, derivante dalla messa in liquidazione coatta amministrativa della sua dante causa, avvenuta prima dell'emissione della sentenza stessa. La Corte ha ribadito il principio dell'intangibilità del titolo esecutivo, affermando che tali questioni devono essere sollevate nel giudizio di merito e non in sede esecutiva.
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Locazione a non domino: a chi spetta il canone?
La Corte di Cassazione chiarisce il principio della locazione a non domino. In un caso complesso, una società affittava un immobile di cui in seguito perdeva il titolo di proprietà a causa della nullità del suo acquisto. La Corte ha stabilito che il vero proprietario (in questo caso, una curatela fallimentare) ha il diritto di ratificare il contratto di locazione esistente e di pretendere il pagamento dei canoni, sostituendosi al locatore non proprietario. La validità del contratto di locazione, basata sulla disponibilità di fatto del bene, non viene meno, ma la legittimazione a riscuotere il canone passa al proprietario effettivo.
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Privilegio rivalsa accise: la forma è sostanza
Una società energetica si è vista negare il riconoscimento del privilegio sul proprio credito per la rivalsa delle accise nei confronti di un consorzio in liquidazione. La Corte di Cassazione ha confermato che, ai fini del privilegio rivalsa accise, l'importo del tributo deve essere esplicitamente e separatamente indicato in fattura, come richiesto dalla legge. La possibilità di calcolare l'importo a posteriori tramite altri documenti non è considerata sufficiente, privilegiando un'interpretazione strettamente formale della norma.
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Interesse ad agire: nullità clausole e conto corrente
Una società in concordato preventivo ha citato in giudizio un istituto di credito per far dichiarare la nullità di alcune clausole del contratto di conto corrente. I tribunali di merito avevano negato la richiesta per carenza di interesse ad agire, ritenendo che un controcredito della banca assorbisse qualsiasi pretesa della società. La Corte di Cassazione ha ribaltato la decisione, affermando che l'interesse ad agire per la rideterminazione del saldo sussiste sempre, a maggior ragione per un'impresa in concordato, poiché l'accertamento del credito incide sulla massa passiva e sulla posizione degli altri creditori.
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Mutuo di scopo: la Cassazione chiarisce i requisiti
La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso di una società creditrice, chiarendo la distinzione tra mutuo fondiario e mutuo di scopo. In un caso di fallimento, il Tribunale aveva rigettato l'ammissione al passivo di un credito derivante da un mutuo, qualificandolo erroneamente come 'mutuo di scopo' e ritenendo non provata la realizzazione della finalità. La Cassazione ha stabilito che la mera enunciazione dei motivi del finanziamento (es. acquisto di un immobile) non è sufficiente per qualificare un contratto come mutuo di scopo. È necessario che la realizzazione di tale scopo diventi parte integrante della causa del contratto, con un obbligo giuridico a carico del mutuatario, cosa che non si verifica nel normale mutuo fondiario. La causa è stata rinviata al Tribunale per un nuovo esame.
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