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Diritto Fallimentare

Annotazione surroga: inammissibile il ricorso
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di alcuni garanti che, dopo l'esproprio dei loro beni, chiedevano l'ammissione privilegiata al passivo di un fallimento. La decisione si fonda sul principio della pluralità di 'rationes decidendi': poiché i ricorrenti non hanno contestato la ragione principale della sentenza impugnata (la mancata prova dell'esistenza di ipoteche sui beni della società fallita), la censura sulla questione secondaria, relativa ai tempi della annotazione surroga ipotecaria, è stata ritenuta irrilevante.
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Eccezione di compensazione nel fallimento: la difesa
Una società, convenuta in giudizio per un pagamento da una curatela fallimentare, ha opposto in compensazione un proprio controcredito derivante dallo stesso contratto. La Corte di Cassazione, riformando la decisione di merito, ha chiarito che l'eccezione di compensazione, se usata come mera difesa per paralizzare la pretesa avversaria, è sempre ammissibile nel giudizio ordinario e non va confusa con una domanda riconvenzionale, che invece deve essere insinuata nel passivo fallimentare.
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Estinzione del processo: accordo tra le parti in Cassazione
Una lunga controversia bancaria su un finanziamento del 1978, avente ad oggetto anatocismo e tassi di interesse, si è conclusa in Cassazione con una declaratoria di estinzione del processo. Le parti, dopo anni di contenzioso in primo e secondo grado, hanno raggiunto un accordo transattivo, rinunciando alla prosecuzione del giudizio. La Suprema Corte ha dichiarato l'estinzione, chiarendo che in questi casi non si applica il raddoppio del contributo unificato.
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Responsabilità amministratore: onere della prova
Un'ex amministratrice di una S.r.l. poi fallita è stata condannata per aver distratto fondi sociali e pagato un mutuo personale con denaro della società. La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il suo ricorso, confermando la condanna. Il caso è cruciale per definire i contorni della responsabilità amministratore e la ripartizione dell'onere della prova: la società deve dimostrare l'atto illecito e il danno, mentre spetta all'amministratore provare i fatti che escludono la sua colpa.
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Errore percettivo: quando non si può revocare la Cassazione
Una famiglia ha richiesto la revocazione di un'ordinanza della Cassazione, sostenendo un errore percettivo riguardo la validità di alcune garanzie. La Corte ha respinto la richiesta, chiarendo che una valutazione giuridica errata costituisce un errore di diritto, non un errore percettivo, e non può quindi essere motivo di revocazione ai sensi dell'art. 395, n. 4, c.p.c. L'appello è stato giudicato temerario e sanzionato.
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Transazione pro quota: la Cassazione fa chiarezza
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 1203/2025, interviene su un complesso caso di garanzie solidali. Una banca aveva concluso una transazione con uno dei garanti di un cospicuo finanziamento. Un altro garante, una compagnia assicurativa in liquidazione, pretendeva di estendere a sé i benefici di tale accordo per ridurre il proprio debito. La Corte ha stabilito che, data la chiara formulazione del contratto, si trattava di una transazione pro quota, destinata a liberare solo il debitore che l'aveva stipulata. La sentenza del giudice di merito, che aveva erroneamente interpretato l'accordo come esteso all'intero debito, è stata cassata con rinvio, ribadendo la centralità dell'interpretazione letterale e logica del contratto.
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Principio di autosufficienza: ricorso inammissibile
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso presentato dall'ex coniuge di un imprenditore fallito, condannata in sede civile al risarcimento danni per riciclaggio. La ricorrente sosteneva che il danno dovesse essere ridotto in base a successive sentenze penali, ma non ha rispettato il principio di autosufficienza, omettendo di allegare o trascrivere adeguatamente tali documenti nel ricorso, impedendo così alla Corte di valutarne la rilevanza.
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Legittimazione pubblico ministero e fallimento S.r.l.
La Corte di Cassazione conferma la sentenza di fallimento di una S.r.l., chiarendo i presupposti della legittimazione del pubblico ministero a presentare l'istanza. L'ordinanza stabilisce che è sufficiente che il P.M. abbia appreso la notizia dello stato di insolvenza (notitia decoctionis) nell'esercizio delle sue funzioni istituzionali, come nel corso di indagini penali. Inoltre, ribadisce che una società commerciale è sempre soggetta a fallimento, indipendentemente dall'effettivo svolgimento di un'attività, e che lo stato di insolvenza consiste nell'incapacità di adempiere regolarmente alle obbligazioni con mezzi normali.
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Riconoscimento sentenza straniera: i limiti del giudice
La curatela di un fallimento chiedeva il riconoscimento in Italia di una sentenza svizzera che attribuiva alla massa fallimentare una villa in Sardegna. La Corte d'Appello negava il riconoscimento per difetto di giurisdizione del giudice svizzero e per violazione del diritto di difesa di un terzo. La Corte di Cassazione ha annullato tale decisione, stabilendo che il giudice italiano non può sollevare d'ufficio la questione di giurisdizione se non eccepita nel processo originario, e che la valutazione sul diritto di difesa riguarda solo le parti di quel processo. La sentenza chiarisce i limiti del controllo nel procedimento di riconoscimento sentenza straniera.
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Valutazione attivo fallimentare: cosa conta?
Una società immobiliare ha contestato la propria dichiarazione di fallimento, sostenendo che il suo patrimonio fosse inferiore alla soglia legale a causa della svalutazione di un immobile. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, confermando che la valutazione attivo fallimentare, ai fini della verifica dei presupposti di fallibilità, deve basarsi sul criterio contabile del costo storico iscritto in bilancio, e non sul valore di mercato attuale del bene.
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Onere della prova fallimento: la Cassazione decide
Un imprenditore individuale, dichiarato fallito, ricorre in Cassazione sostenendo che la sua documentazione fiscale fosse sufficiente a dimostrare la non fallibilità. La Corte Suprema dichiara il ricorso inammissibile, confermando che l'onere della prova fallimento grava sul debitore, il quale deve fornire una documentazione completa e idonea a ricostruire l'attivo patrimoniale, non essendo sufficienti i soli modelli fiscali.
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Onere della prova fallimento: chi dimostra i requisiti?
La Corte di Cassazione ha confermato la dichiarazione di fallimento di una società, ribadendo un principio fondamentale: l'onere della prova fallimento spetta al debitore. Quest'ultimo deve dimostrare con documentazione attendibile di non superare le soglie dimensionali previste dalla legge. Nel caso di specie, i documenti prodotti sono stati giudicati inattendibili e contraddittori, portando alla reiezione del ricorso e alla conferma dello stato di insolvenza, evidenziato anche da un singolo, ma significativo, inadempimento.
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Prova dei debiti nel fallimento: il bilancio basta?
Una società in liquidazione viene dichiarata fallita sulla base del proprio bilancio, che indicava debiti superiori alla soglia di legge. La società si oppone, sostenendo che tali debiti fossero contestati. La Corte di Cassazione, con l'ordinanza in esame, ha respinto il ricorso, stabilendo che la prova dei debiti può essere fornita dal bilancio regolarmente approvato, che costituisce una confessione stragiudiziale, anche se le singole poste sono oggetto di contenzioso. L'accertamento del giudice ai fini fallimentari è di natura incidentale e non richiede una sentenza definitiva su ogni credito.
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Rinuncia ricorso cassazione: No spese e raddoppio
La Corte di Cassazione dichiara estinto un giudizio a seguito della rinuncia al ricorso per cassazione da parte dei ricorrenti e della relativa accettazione delle controparti. L'ordinanza chiarisce un punto fondamentale: in caso di estinzione del processo per rinuncia, non vi è condanna alle spese e non si applica la norma che prevede il raddoppio del contributo unificato, come invece accade in caso di rigetto o inammissibilità dell'impugnazione.
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Onere della prova inadempimento: chi prova il danno
Una società fornitrice ha richiesto l'ammissione al passivo fallimentare di un credito per danni derivanti da inadempimento contrattuale. La Corte di Cassazione, pur riconoscendo un errore del giudice di merito sulla ripartizione dell'onere della prova inadempimento, ha rigettato il ricorso. La decisione sottolinea che spetta sempre al creditore dimostrare l'esistenza e l'ammontare del danno subito, un onere non assolto nel caso di specie.
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Limite di finanziabilità: la Cassazione fa chiarezza
Una società finanziaria contesta il declassamento di un suo credito da privilegiato a chirografario in una procedura fallimentare. Il tribunale di merito aveva dichiarato nullo il contratto di mutuo fondiario per superamento del limite di finanziabilità. La Corte di Cassazione, aderendo a una pronuncia delle Sezioni Unite, ha annullato tale decisione, stabilendo che il superamento di detto limite non comporta la nullità del contratto, poiché la relativa norma ha natura di regola di condotta e non di validità. Il caso è stato rinviato al tribunale per un nuovo esame.
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Durata irragionevole fallimento: spetta il risarcimento
Un individuo dichiarato fallito ha richiesto un indennizzo per l'eccessiva durata della sua procedura fallimentare, protrattasi per 25 anni. La Corte d'Appello aveva negato il risarcimento, attribuendo il ritardo alla condotta colpevole del fallito. La Corte di Cassazione ha ribaltato la decisione, stabilendo che una durata così eccezionale non può essere interamente giustificata dal comportamento del soggetto. La durata irragionevole del fallimento, quando abnorme, indica un'inefficienza del sistema giudiziario e fonda il diritto all'indennizzo, sebbene questo possa essere ridotto in proporzione alle colpe del fallito.
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Equa riparazione fallimento: quando spetta l’indennizzo?
La Corte di Cassazione ha stabilito che la condotta del debitore, anche se fraudolenta e precedente alla dichiarazione di fallimento, non esclude automaticamente il diritto all'equa riparazione per l'eccessiva durata della procedura. In un caso di fallimento durato 17 anni, la Corte ha annullato la decisione di merito che negava l'indennizzo, precisando che il giudice deve valutare la durata irragionevole e può solo scomputare i ritardi specificamente causati dalle azioni del fallito, non negare in toto il diritto.
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Dichiarazione di fallimento: quando l’appello è perso
L'amministratore di una S.r.l. ha impugnato in Cassazione la dichiarazione di fallimento della sua società, lamentando vizi di notifica e l'insussistenza dei debiti. La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, stabilendo che la costituzione in giudizio sana qualsiasi difetto di notifica. Inoltre, ha ribadito che la valutazione sull'ammontare dei debiti è un accertamento di fatto del giudice di merito, non sindacabile in sede di legittimità se la motivazione è coerente.
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Specificità del ricorso: Cassazione inammissibile
Una società creditrice ha visto il suo ricorso in Cassazione dichiarato inammissibile. La Corte ha stabilito che la mancata riproduzione degli atti processuali fondamentali nel testo del ricorso viola il principio di specificità del ricorso, impedendo alla Corte di valutare le censure. Il caso riguardava la richiesta di ammissione di un credito in via privilegiata in una procedura fallimentare, negata nei gradi di merito.
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