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Diritto Fallimentare

Durata irragionevole fallimento: la Cassazione decide
Un creditore ha richiesto un indennizzo per l'eccessiva durata di una procedura fallimentare. La Corte di Cassazione, respingendo sia il ricorso del creditore per un importo maggiore, sia quello del Ministero, ha stabilito principi chiave. In particolare, ha confermato che la durata irragionevole del fallimento si calcola dal momento della presentazione della domanda di ammissione al passivo, non dalla sua successiva ammissione. Inoltre, la quantificazione dell'indennizzo rientra nella discrezionalità del giudice di merito, purché si mantenga all'interno dei limiti di legge, anche in presenza di crediti di lavoro.
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Liquidazione spese processuali: conta il decisum
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 487/2025, ha stabilito un principio fondamentale per la liquidazione delle spese processuali. In una causa per equa riparazione da eccessiva durata di un processo fallimentare, la Corte ha chiarito che il valore di riferimento per calcolare i compensi legali non è la somma domandata dall'attore, ma quella effettivamente riconosciuta dal giudice nella decisione finale (il 'decisum'). Di conseguenza, ha annullato la decisione della Corte d'Appello che aveva erroneamente applicato uno scaglione tariffario superiore basandosi sulle pretese iniziali della parte.
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Liquidazione spese legali: come si calcola il valore
La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha stabilito un principio fondamentale per la liquidazione spese legali: il calcolo deve basarsi sull'importo effettivamente riconosciuto dal giudice alla parte vittoriosa (il 'decisum') e non sulla somma originariamente richiesta (il 'petitum'). La controversia nasceva da una richiesta di equa riparazione per eccessiva durata di una procedura fallimentare, in cui il Ministero della Giustizia contestava l'errata applicazione dello scaglione tariffario da parte della Corte d'Appello. La Suprema Corte ha accolto il motivo, ricalcolando le spese in base al valore inferiore della somma effettivamente liquidata ai ricorrenti.
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Privilegio accise: errore e ricorso in Cassazione
Una società cooperativa ha richiesto l'ammissione al passivo fallimentare di un proprio credito con privilegio, anche per la quota relativa alle accise sul carburante fornito. Il Tribunale ha negato il privilegio. La Corte di Cassazione, con l'ordinanza 514/2025, ha dichiarato inammissibile il ricorso della cooperativa sulla questione del privilegio accise per un vizio di forma nella presentazione del motivo. Tuttavia, ha accolto un secondo motivo relativo all'omesso esame di un fatto decisivo per la quantificazione del credito, cassando con rinvio la decisione del Tribunale.
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Ammissione al passivo: i requisiti della domanda
Un Ente Riscossore ha visto respingere il suo ricorso per l'ammissione al passivo di un credito verso una società fallita. La Cassazione ha confermato la decisione, dichiarando inammissibile il ricorso perché la domanda iniziale era generica e il ricorrente non ha trascritto i documenti necessari nell'atto di appello, impedendo la verifica dei motivi.
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Equo indennizzo: da quando si calcola il ritardo?
Un lavoratore ha richiesto un equo indennizzo per l'eccessiva durata di una procedura fallimentare. La Corte di Cassazione ha stabilito che il ritardo irragionevole si calcola a partire dalla data di presentazione della domanda di ammissione al passivo, non dalla sua successiva approvazione. La Corte ha inoltre confermato che la scelta del moltiplicatore annuo per il calcolo dell'indennizzo rientra nella discrezionalità del giudice di merito, purché nei limiti di legge, e ha corretto la liquidazione delle spese legali, includendo una fase processuale erroneamente omessa.
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Durata irragionevole: indennizzo dopo 6 anni
La Corte di Cassazione ha stabilito che il superamento del termine di sei anni per una procedura fallimentare configura di per sé una durata irragionevole, dando diritto all'indennizzo per equa riparazione. La complessità del caso o l'elevato numero di creditori non sono giustificazioni valide per superare tale limite legale. Il calcolo della durata, per il singolo creditore, inizia dal momento in cui deposita la domanda di insinuazione al passivo, e non da date successive come l'approvazione dello stato passivo.
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Irrisorietà della pretesa e Legge Pinto: la Cassazione
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza 566/2025, ha rigettato il ricorso del Ministero della Giustizia in un caso di equa riparazione per eccessiva durata di un processo. La Corte ha stabilito che la valutazione dell'irrisorietà della pretesa, che fa scattare la presunzione di assenza di danno, deve basarsi su un duplice criterio: il valore oggettivo della causa e le condizioni soggettive del ricorrente. Nel caso di specie, un credito di quasi 8.000 euro vantato da una società non è stato ritenuto irrisorio, confermando il diritto al risarcimento.
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Postergazione finanziamenti: stop dalla Cassazione
La Corte di Cassazione ha annullato una decisione che confermava la postergazione finanziamenti erogati da società 'sorelle' a un'altra poi fallita. Il Tribunale aveva erroneamente considerato 'domanda nuova' l'invocazione della norma emergenziale Covid (Decreto Liquidità) che sospendeva tale subordinazione. La Cassazione ha chiarito che il giudice deve applicare d'ufficio la legge vigente (principio 'iura novit curia'), rinviando il caso per una nuova valutazione.
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Poteri del CTU: Cassazione su acquisizione documenti
La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un istituto di credito contro la sentenza che dichiarava inefficaci una cessione di credito e alcune rimesse bancarie a favore della banca da parte di una società poi fallita. La Corte ha chiarito i limiti e i poteri del CTU nell'acquisizione di documenti, confermando che eventuali nullità procedurali devono essere eccepite tempestivamente. Gli altri motivi, relativi alla valutazione della conoscenza dello stato di insolvenza, sono stati dichiarati inammissibili in quanto riguardanti accertamenti di fatto non sindacabili in sede di legittimità.
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Rinuncia al ricorso: estinzione del giudizio
La Corte di Cassazione dichiara l'estinzione del giudizio a seguito di una rinuncia al ricorso depositata congiuntamente da tutte le parti. Il caso, originato da una controversia su una garanzia fideiussoria, si conclude senza una decisione nel merito. La Suprema Corte chiarisce che, in caso di rinuncia, non si pronuncia sulle spese e non si applica il raddoppio del contributo unificato, poiché l'inammissibilità non è originaria.
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Prescrizione crediti soci: stop dalle scritture contabili
La Corte di Cassazione ha esaminato un caso relativo alla prescrizione crediti soci verso una società in amministrazione straordinaria. Un'erede e creditrice aveva ottenuto il riconoscimento del suo credito, derivante da finanziamenti e utili non distribuiti, dal Tribunale. La società ha impugnato la decisione, eccependo la prescrizione. La Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando che l'iscrizione del debito nei bilanci della società costituisce un riconoscimento con efficacia interruttiva della prescrizione.
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Onere della prova assegno: chi deve dimostrare l’incasso?
Un creditore ha richiesto un'equa riparazione per l'eccessiva durata di una procedura fallimentare, sostenendo di non aver mai incassato un assegno a lui intestato e consegnato a suo fratello. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, stabilendo che in tema di onere della prova assegno, una volta che il debitore dimostra l'emissione e la consegna del titolo, spetta al creditore provare il mancato incasso.
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Valore della causa: errore di fatto e inammissibilità
La Cassazione dichiara inammissibile il ricorso del Ministero contro un indennizzo per eccessiva durata del processo. L'inammissibilità deriva da un errore di fatto: il Ministero ha basato le sue censure su un valore della causa in lire, mentre il credito era in euro, alterando completamente la valutazione del pregiudizio. La Corte chiarisce che un tale errore non può essere corretto in Cassazione.
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Decreto ingiuntivo fallimento: l’inefficacia
La Corte di Cassazione conferma che, in caso di decreto ingiuntivo fallimento, il provvedimento monitorio non munito del decreto di esecutorietà definitiva (ex art. 647 c.p.c.) prima della dichiarazione di fallimento è inopponibile alla massa dei creditori. Di conseguenza, anche l'ipoteca giudiziale iscritta sulla base di tale decreto provvisorio è inefficace. La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ribadendo un principio consolidato a tutela della par condicio creditorum.
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Concordato preventivo: no estinzione per prescrizione
La Corte di Cassazione ha stabilito che l'estinzione di un concordato preventivo non può essere dichiarata in base a una presunta prescrizione generale dei crediti. La prescrizione deve essere accertata individualmente per ciascun creditore in un giudizio ordinario. L'erede del debitore, inoltre, non può chiedere la risoluzione della procedura.
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Giudicato endofallimentare: limiti alla richiesta
La Corte di Cassazione chiarisce che il provvedimento di ammissione al passivo fallimentare è definitivo. Una volta formato il cosiddetto giudicato endofallimentare, non è possibile chiedere l'integrazione di oneri accessori (come IVA e contributi) non previsti nel decreto originale. La richiesta successiva di tali somme è stata dichiarata inammissibile, in quanto il decreto di ammissione era ormai incontestabile.
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Garanzia autonoma: quando il garante non può opporsi
Una banca ha richiesto l'ammissione di un credito verso una società fallita, derivante da una garanzia autonoma. I giudici di merito avevano negato parte della richiesta per mancata prova del credito sottostante. La Cassazione ha ribaltato la decisione, chiarendo che in una garanzia autonoma il creditore non deve provare il rapporto principale. L'unico limite è l'eccezione di dolo (exceptio doli), ovvero la prova di una richiesta fraudolenta da parte del creditore, che deve essere fornita dal garante.
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Decreto liquidazione compenso: sì al reclamo in appello
Un consulente tecnico ha impugnato il decreto di liquidazione del proprio compenso emesso dal tribunale a seguito della revoca di un fallimento. La Corte d'Appello ha erroneamente dichiarato il reclamo inammissibile, confondendolo con un secondo grado di giudizio. La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso del professionista, chiarendo che il decreto liquidazione compenso emesso ai sensi dell'art. 18 l.fall. è un provvedimento di primo grado, pienamente reclamabile in appello come previsto dall'art. 26 l.fall. La causa è stata rinviata alla Corte d'Appello per una nuova valutazione.
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Compenso coadiutore fallimentare: la Cassazione decide
La Corte di Cassazione ha stabilito i criteri per il calcolo del compenso del coadiutore fallimentare. Nel caso esaminato, due professionisti avevano richiesto un onorario basato sulle tariffe professionali per una perizia svolta per la curatela. La Corte ha rigettato il ricorso, qualificando l'incarico come attività di ausiliario del curatore e non come prestazione d'opera professionale autonoma. Di conseguenza, ha confermato l'applicazione delle tariffe giudiziali, inferiori a quelle professionali, poiché l'attività era finalizzata al perseguimento degli scopi istituzionali della procedura concorsuale.
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