LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Diritto Fallimentare

Cessione del credito simulata: Cassazione chiarisce
Una società finanziaria ha impugnato una sentenza che qualificava una cessione del credito come una cessione del credito simulata, dissimulante un pegno a garanzia di un finanziamento. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la decisione dei giudici di merito. L'ordinanza ribadisce i rigorosi oneri probatori per chi eccepisce il giudicato esterno e sottolinea i limiti del sindacato di legittimità, che non può riesaminare le valutazioni di fatto relative alla simulazione del contratto.
Continua »
Rinuncia al ricorso: l’estinzione del giudizio
Un'ordinanza della Corte di Cassazione analizza il caso di una rinuncia al ricorso presentata a seguito di una transazione tra le parti. La controversia, originata da un contratto preliminare di vendita di azioni e complicata dal fallimento di una delle società, si è conclusa con l'estinzione del giudizio. La Corte ha preso atto dell'accordo, dichiarando la fine del procedimento senza pronunciarsi sulle spese legali, come richiesto dalle parti stesse.
Continua »
Estinzione del processo: niente doppio contributo
Una società di assicurazione del credito, dopo aver proposto ricorso in Cassazione contro una decisione del Tribunale che aveva negato un privilegio al suo credito in un fallimento, ha rinunciato al ricorso. La Corte di Cassazione, prendendo atto della rinuncia, ha dichiarato l'estinzione del processo. La decisione chiarisce un punto importante: in caso di estinzione per rinuncia, la parte ricorrente non è tenuta a versare l'ulteriore importo pari al contributo unificato, previsto solitamente per le impugnazioni respinte o inammissibili.
Continua »
Prova della notifica: oneri del creditore in Cassazione
Un'ordinanza della Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un agente di riscossione contro un fallimento. La decisione si fonda sulla mancata e corretta prova della notifica degli atti presupposti e sul difetto di autosufficienza del ricorso, ribadendo che la Corte Suprema non può riesaminare nel merito la valutazione delle prove effettuata dal giudice precedente.
Continua »
Legittimazione ad impugnare: creditore sub iudice
La Corte di Cassazione chiarisce la questione della legittimazione ad impugnare di un creditore la cui ammissione al passivo fallimentare è ancora sub iudice. La Corte stabilisce che se la domanda di ammissione del creditore impugnante viene definitivamente respinta, viene meno la sua legittimazione, rendendo la sua impugnazione contro altri creditori inammissibile. Di conseguenza, il credito originariamente contestato viene riammesso.
Continua »
Prededuzione e continuità: no al credito consecutivo
La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di una società fornitrice che chiedeva il riconoscimento della prededuzione del proprio credito nel fallimento di un'azienda cliente. Quest'ultima aveva avviato due distinte procedure di concordato preventivo. La prima era stata oggetto di rinuncia, mentre la seconda si era conclusa con la dichiarazione di fallimento. La Corte ha stabilito che, ai fini della prededuzione e continuità, non è sufficiente un mero lasso temporale tra le procedure, ma è necessaria una continuità causale e funzionale dello stato di insolvenza. La rinuncia alla prima procedura ha interrotto tale continuità, facendo tornare la società debitrice 'in bonis' e rendendo il credito sorto in quella fase non prededucibile nel successivo fallimento.
Continua »
Compenso amministratori straordinari: no prededuzione
Tre professionisti, nominati amministratori straordinari di una società a seguito di una misura interdittiva antimafia, hanno richiesto che i loro compensi fossero ammessi in via prededucibile al passivo del successivo fallimento della stessa. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la decisione dei giudici di merito. La ragione fondamentale risiede nella mancata dimostrazione di una concreta utilità dell'attività degli amministratori per la massa dei creditori. La Corte ha sottolineato che la nomina prefettizia, pur essendo anteriore al fallimento, non conferisce automaticamente un diritto di priorità nel pagamento, poiché la gestione amministrativa straordinaria e la procedura fallimentare perseguono finalità distinte e non sono in un rapporto di continuità funzionale.
Continua »
Fondo di Garanzia TFR: l’obbligo INPS non si ferma
La Corte di Cassazione ha stabilito che il Fondo di Garanzia TFR gestito dall'INPS deve intervenire per pagare il trattamento di fine rapporto a un lavoratore di un'azienda fallita, anche in presenza di un'altra società solvibile, coobbligata in solido a seguito di una scissione societaria. La sentenza sottolinea che la tutela del lavoratore è diretta e immediata, non subordinata alla preventiva azione contro altri debitori. L'obiettivo è garantire una protezione tempestiva ed efficace del credito del lavoratore.
Continua »
Interpretazione contratto fallimento: la Cassazione
La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di una società immobiliare contro il fallimento di un'altra azienda. Il caso verteva sull'interpretazione di un contratto preliminare e sulla richiesta di ammissione al passivo di un credito. La Corte ha stabilito che non può sostituire la propria interpretazione del contratto a quella, plausibile, del giudice di merito. Ha inoltre respinto le censure relative all'eccessiva onerosità sopravvenuta per mancanza di prova e per essere una questione di fatto non riesaminabile in sede di legittimità. Infine, ha confermato il divieto di domande nuove nel giudizio di opposizione allo stato passivo.
Continua »
Crediti prededucibili e continuità della crisi
Un fornitore vedeva negato il carattere prededucibile del proprio credito in una liquidazione coatta amministrativa. Il credito era sorto durante una precedente procedura di concordato, ma la Cassazione ha confermato la decisione di merito, escludendo la continuità della crisi tra le due procedure. Un intervallo di quasi due anni di attività d'impresa, con la creazione di nuovi debiti, è stato ritenuto sufficiente a interrompere il nesso causale necessario per la prededuzione.
Continua »
Concordato in continuità e nomina del liquidatore
La Cassazione chiarisce che in un concordato in continuità misto, se il piano aziendale è vago sulle modalità di vendita dei beni non essenziali, il tribunale può legittimamente nominare un liquidatore giudiziale per garantire una procedura competitiva e tutelare i creditori, applicando in via sussidiaria l'art. 182 della Legge Fallimentare.
Continua »
Rinuncia all’azione: chi paga le spese processuali?
Un'ordinanza della Cassazione chiarisce che la rinuncia all'azione equivale a una sconfitta nel merito. Di conseguenza, la parte che rinuncia è tenuta a pagare tutte le spese legali dell'intero giudizio, applicando il principio della soccombenza complessiva. Nel caso di specie, un istituto di credito, dopo aver rinunciato all'azione in fase di rinvio, è stato condannato a rimborsare le spese legali alle controparti, nonostante avesse ottenuto decisioni favorevoli nei gradi precedenti.
Continua »
Penale contrattuale fallimento: quando è prededucibile?
La Corte di Cassazione ha stabilito che una penale contrattuale, pattuita prima del fallimento per il ritardo nella restituzione di un immobile, diventa un credito prededucibile se l'occupazione dell'immobile è stata funzionale alla procedura fallimentare. Con l'ordinanza in esame, la Suprema Corte ha rigettato il ricorso della curatela fallimentare, confermando che la penale segue la sorte del credito principale per l'indennità di occupazione, acquisendo così il diritto a essere pagata con priorità rispetto agli altri crediti.
Continua »
Penale in prededuzione: la Cassazione nega il privilegio
Una società immobiliare ha richiesto che una clausola penale per ritardata restituzione di un immobile fosse ammessa come credito prededucibile nel fallimento dell'ex inquilino. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, stabilendo che la penale ha natura di credito chirografario. A differenza dell'indennità di occupazione, la penale non ha il necessario 'collegamento funzionale' con la procedura fallimentare, poiché deriva dall'inadempimento contrattuale originario e non da un'azione svolta nell'interesse della massa dei creditori. La richiesta di una penale in prededuzione è stata quindi respinta.
Continua »
Assistenza finanziaria banche: Cassazione e nullità
La Corte di Cassazione ha stabilito che il divieto di assistenza finanziaria per l'acquisto di azioni proprie, previsto dall'art. 2358 c.c. per le società per azioni, si applica anche alle banche popolari. In un caso riguardante un finanziamento concesso da una banca a una società, poi fallita, i cui fondi erano stati utilizzati per sottoscrivere azioni della stessa banca, la Corte ha confermato la nullità del contratto di mutuo. La violazione di questa norma, posta a tutela dell'integrità del capitale sociale e dei creditori, rende l'intera operazione invalida, impedendo alla banca di insinuare il proprio credito nel passivo fallimentare.
Continua »
Penale contrattuale: quando è prededucibile nel fallimento
Una società immobiliare ha richiesto che una penale contrattuale per ritardata restituzione di un immobile fosse pagata con priorità nel fallimento della società affittuaria. La Corte di Cassazione ha stabilito che la penale contrattuale è prededucibile, ma solo per il periodo successivo alla dichiarazione di fallimento. Questo perché, in quel periodo, il credito sorge 'in occasione' della procedura, a seguito della decisione degli organi fallimentari di proseguire l'occupazione dell'immobile. Il caso è stato rinviato al Tribunale per il ricalcolo delle somme.
Continua »
Penale contrattuale fallimento: sì alla prededuzione
Una società locatrice chiede il pagamento in prededuzione di una penale contrattuale per la ritardata restituzione di un immobile da parte della società conduttrice, successivamente fallita. La Corte di Cassazione, con l'ordinanza in esame, stabilisce che la penale contrattuale nel fallimento può essere ammessa in prededuzione, ma solo per il periodo successivo alla dichiarazione di fallimento, qualora la mancata riconsegna sia dovuta a una scelta degli organi della procedura. Questo perché il credito sorge 'in occasione' della procedura stessa, seguendo la sorte del credito principale per indennità di occupazione.
Continua »
Ammissione credito erariale: basta la liquidazione
Una società in procedura fallimentare ha contestato l'ammissione di un credito fiscale rivendicato dall'Amministrazione Finanziaria. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, stabilendo che ai fini dell'ammissione del credito erariale al passivo fallimentare, l'ente impositore può dimostrare la propria pretesa attraverso gli atti di liquidazione automatica basati sulla dichiarazione del contribuente, senza che sia necessaria la preventiva notifica di una cartella di pagamento. La Corte ha sottolineato che la sostanza del debito, se non contestata nel merito, prevale sugli aspetti meramente formali.
Continua »
Subentro contratto fallimento: la volontà del curatore
La Corte di Cassazione chiarisce i criteri per il subentro contratto fallimento. Con l'ordinanza in esame, ha stabilito che la prosecuzione di una fornitura energetica dopo la dichiarazione di fallimento non implica automaticamente il subentro del curatore nel contratto. Se le azioni del curatore, come la pianificazione di un nuovo contratto a condizioni diverse, dimostrano una volontà contraria, il rapporto originario deve considerarsi sciolto. Il silenzio del curatore di fronte a una richiesta del creditore rafforza questa interpretazione, escludendo la prededucibilità del credito anteriore.
Continua »
Scientia decoctionis: errore sulla società insolvente
La Corte di Cassazione ha annullato una sentenza di appello in un caso di azione revocatoria fallimentare. La corte territoriale aveva erroneamente valutato la 'scientia decoctionis' dell'acquirente di quote societarie, confondendo la situazione patrimoniale della società le cui quote erano state vendute con quella della società, poi fallita, del venditore. La Suprema Corte ha chiarito che la prova della conoscenza dello stato di insolvenza deve riguardare il soggetto cedente e non la società target dell'operazione, accogliendo il ricorso anche per omessa valutazione di elementi decisivi, come la presenza di abusi edilizi che incidevano sul valore degli immobili.
Continua »