LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Diritto Fallimentare

Riassunzione procedimento fallimentare: rinvio udienza
La Corte di Cassazione analizza un ricorso contro una dichiarazione di fallimento, incentrato sulla corretta procedura da seguire dopo un precedente regolamento di competenza. Nello specifico, si discute la necessità della riassunzione del procedimento fallimentare. Data la particolare rilevanza della questione di diritto, la Corte, con ordinanza interlocutoria, ha deciso di non definire il caso in camera di consiglio, ma di rinviarlo a una pubblica udienza per un esame più approfondito.
Continua »
Prescrizione e amministrazione straordinaria: il rinvio
La Corte di Cassazione, con ordinanza interlocutoria, ha rinviato a pubblica udienza la trattazione di un ricorso. La questione centrale, ritenuta di particolare rilevanza, riguarda l'efficacia interruttiva permanente della prescrizione nell'ambito di una procedura di amministrazione straordinaria e del successivo fallimento. La Corte non decide nel merito ma ritiene necessario un approfondimento data la complessità del tema.
Continua »
Sospensione fornitura: illegittima per debiti passati
Una società fornitrice di energia ha tentato una sospensione fornitura nei confronti di un'azienda cliente, in concordato preventivo, a causa di debiti derivanti da un contratto precedente e già scaduto. La Corte di Cassazione ha dichiarato illegittima tale azione, specificando che il rimedio della sospensione della prestazione (ex art. 1460 c.c.) non può essere utilizzato per inadempimenti relativi a rapporti contrattuali distinti e autonomi. La Corte ha inoltre negato la qualifica di 'creditore strategico' al fornitore, poiché il bene fornito era reperibile sul mercato, respingendo così la sua richiesta di risarcimento danni.
Continua »
Equo indennizzo: risarcimento per la giustizia lenta
Un gruppo di cittadini ha ottenuto un equo indennizzo a causa dell'eccessiva durata di un procedimento fallimentare. La Corte di Appello ha riconosciuto un ritardo di sei anni, condannando il Ministero a risarcire i ricorrenti con una somma calcolata sulla base di 450 euro per ogni anno di ritardo, escludendo dal conteggio i periodi di sospensione dei termini processuali dovuti all'emergenza sanitaria.
Continua »
Cessione del credito a scopo di garanzia: la Cassazione
Una società cede un credito verso un ente pubblico a una banca come garanzia per un finanziamento. La banca incassa un importo superiore al finanziamento stesso prima della scadenza. La Corte di Cassazione chiarisce che la cessione del credito a scopo di garanzia non estingue immediatamente il debito, ma funge da sicurezza attivabile solo in caso di inadempimento. La decisione del giudice di merito, che aveva attribuito al contratto una duplice funzione solutoria e di garanzia, viene annullata per errata interpretazione.
Continua »
Restituzione indebito: la buona fede salva dagli interessi
La Corte di Cassazione ha stabilito che chi riceve un pagamento non dovuto (accipiens) in buona fede non è tenuto a versare gli interessi dal giorno del pagamento, ma solo dalla data della domanda giudiziale. Nel caso esaminato, una banca aveva ricevuto somme da una società in amministrazione straordinaria, poi rivelatesi non dovute. Avendo restituito il capitale prima della notifica dell'atto di citazione e non essendo stata provata la sua malafede al momento della ricezione, la Corte ha rigettato la richiesta di interessi avanzata dalla procedura. La valutazione della buona fede, essendo un accertamento di fatto, non è sindacabile in sede di legittimità. Questo principio è centrale nella disciplina della restituzione indebito.
Continua »
Pagamento debito altrui: quando è un atto oneroso?
La Corte di Cassazione ha stabilito che il pagamento del debito della società capogruppo da parte di una controllata non è un atto a titolo gratuito, e quindi non è inefficace in caso di fallimento, se la società controllata che effettua il pagamento (solvens) era a sua volta debitrice nei confronti della capogruppo. In questo scenario, si realizza un vantaggio economico concreto per la solvens attraverso la compensazione legale, che estingue il suo debito verso la capogruppo. La mera appartenenza a un gruppo societario non è sufficiente a provare l'onerosità, ma l'esistenza di un rapporto di debito-credito tra le società del gruppo è un elemento decisivo. La Corte ha quindi cassato la sentenza d'appello che aveva dichiarato l'inefficacia del pagamento.
Continua »
Esenzione revocatoria: si applica anche all’ordinaria?
Una banca si opponeva alla revoca di un'ipoteca concessa da un'azienda poi fallita, sostenendo la validità di un piano di risanamento. Il tribunale respingeva l'opposizione, ma la Cassazione ha annullato tale decisione. La Suprema Corte ha stabilito che l'esenzione revocatoria prevista dalla legge fallimentare per gli atti eseguiti in base a un piano attestato si estende anche all'azione revocatoria ordinaria, correggendo l'interpretazione restrittiva del giudice di merito.
Continua »
Estinzione del giudizio: transazione e rinuncia al ricorso
La Corte di Cassazione dichiara l'estinzione del giudizio a seguito della rinuncia al ricorso da parte dell'appellante, motivata da una transazione stragiudiziale. La Corte ha compensato integralmente le spese legali tra le parti, ritenendo la transazione un valido motivo, nonostante la mancata accettazione formale della rinuncia da parte della controparte.
Continua »
Azione revocatoria ipoteca: la Cassazione decide
La Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un fallimento contro una banca, riguardante un'azione revocatoria ipoteca. Il caso verteva sulla garanzia concessa da un socio sui propri beni per un finanziamento alla società. La Corte ha confermato che l'ipoteca, se contestuale al credito, è un atto oneroso. Ha inoltre ribadito che la prova del pregiudizio per i creditori e della consapevolezza della banca spetta al curatore, e che la valutazione dei fatti è di competenza esclusiva dei giudici di merito.
Continua »
Scientia decoctionis e prova per presunzioni
Un'impresa edile riceveva pagamenti da una grande cooperativa di costruzioni, la quale, poco dopo, veniva posta in amministrazione straordinaria. La procedura concorsuale agiva per revocare tali pagamenti, sostenendo che l'imprenditore fosse a conoscenza dello stato di insolvenza della cooperativa (scientia decoctionis). La Corte d'Appello accoglieva la domanda basandosi su indizi quali notizie di stampa sulla crisi della cooperativa, proteste dei dipendenti e modalità di pagamento anomale. L'imprenditore ricorreva in Cassazione, ma la Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando che la prova della scientia decoctionis può essere fornita tramite presunzioni e che la valutazione di tali indizi è di competenza del giudice di merito, non sindacabile in sede di legittimità se correttamente motivata.
Continua »
Danno non patrimoniale: prova e onere per le società
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 20871/2024, ha chiarito i principi sull'onere della prova per il risarcimento del danno non patrimoniale e del lucro cessante richiesto da una società. Il caso riguardava l'opposizione allo stato passivo di un fallimento. La Corte ha stabilito che la prova del danno all'immagine non può essere rigettata solo per la mancata produzione dei bilanci, in quanto si tratta di un pregiudizio non patrimoniale da dimostrare anche con presunzioni. Ha inoltre confermato che il lucro cessante richiede una prova rigorosa della sua esistenza, non bastando mere ipotesi. Infine, ha ribadito il diritto al rimborso delle spese legali per il creditore vittorioso in sede di opposizione.
Continua »
Scientia decoctionis: la conoscenza della banca
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di una banca contro la revoca di un pegno. La Corte ha confermato che la scientia decoctionis, ovvero la conoscenza dello stato di insolvenza del debitore da parte della banca, può essere provata tramite presunzioni basate su indizi gravi, precisi e concordanti, come i dati di bilancio. È stata sottolineata la maggiore diligenza richiesta a un operatore professionale come un istituto di credito nel valutare i segnali di crisi del debitore.
Continua »
Ipoteca contestuale: quando è onerosa e non revocabile
La curatela fallimentare di una società contestava l'ammissione al passivo di un credito bancario garantito da ipoteca, sostenendo che si trattasse di un atto gratuito e quindi revocabile. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ribadendo un principio fondamentale: l'ipoteca contestuale all'erogazione di un finanziamento costituisce un atto a titolo oneroso. La Corte ha sottolineato che il proprio ruolo non è quello di riesaminare i fatti, ma di garantire la corretta applicazione della legge.
Continua »
Scientia decoctionis: prova e onere nella revocatoria
Un'ordinanza interlocutoria della Corte di Cassazione riesamina il concetto di scientia decoctionis in un caso di azione revocatoria fallimentare. La controversia nasce dall'opposizione di un istituto di credito all'esclusione di un suo credito milionario, derivante da contratti derivati, dal passivo di una grande società alimentare in amministrazione straordinaria. La Corte d'Appello aveva riformato la decisione di primo grado, negando la sussistenza della scientia decoctionis in capo alla banca. La Cassazione, tuttavia, ha ritenuto che la questione della prova per presunzioni della conoscenza dello stato di insolvenza meriti un approfondimento in pubblica udienza, rinviando la decisione finale.
Continua »
Purgazione ipoteche: no nel preliminare del fallito
La Corte di Cassazione, con una recente sentenza, ha stabilito che l'ordine di purgazione ipoteche non è applicabile quando il curatore fallimentare si limita a dare esecuzione a un contratto preliminare di vendita immobiliare già stipulato dalla società poi fallita. Il trasferimento della proprietà, in questo caso, non rientra nelle procedure di liquidazione coattiva che giustificano la cancellazione dei gravami, ma costituisce un mero adempimento contrattuale. La Corte ha chiarito che il potere purgativo del giudice delegato è strettamente legato alle vendite competitive dell'attivo fallimentare e non può essere esteso a vendite di natura privatistica.
Continua »
Riparto parziale: impugnabilità e giudice competente
La Cassazione stabilisce che un piano di riparto parziale nella liquidazione coatta di un'assicurazione è impugnabile, analogamente al riparto finale. La Corte ha cassato una decisione emessa da un giudice monocratico, chiarendo che la competenza spetta al collegio, la cui violazione causa la nullità del provvedimento.
Continua »
Azione revocatoria: onere della prova del curatore
Una banca si è vista revocare una garanzia ipotecaria dal curatore fallimentare di una società debitrice. La Corte di Cassazione ha annullato la decisione, stabilendo che nell'azione revocatoria spetta sempre al curatore l'onere di provare l'effettivo pregiudizio per gli altri creditori (eventus damni). Non è sufficiente affermare che la concessione di un'ipoteca per un debito preesistente costituisca di per sé un danno, ma occorre dimostrare l'esistenza di altri creditori anteriori e la concreta diminuzione delle loro possibilità di soddisfarsi.
Continua »
Impugnazione sentenza competenza: Appello o Regolamento?
La Corte di Cassazione chiarisce le modalità di impugnazione di una sentenza che si pronuncia solo sulla competenza. Un fallimento citava in giudizio due società per la cessione di un ramo d'azienda, avanzando plurime domande. Il Tribunale separava le cause, dichiarando improponibili le domande principali (per competenza del giudice fallimentare) e affermando la propria competenza per la sola azione revocatoria, sospendendo il giudizio. Le società proponevano appello, ma la Corte d'Appello lo dichiarava inammissibile. La Cassazione ha confermato che l'unica via per l'impugnazione di una sentenza che decide unicamente sulla competenza è il regolamento necessario di competenza, e non l'appello ordinario.
Continua »
Onere della prova: Cassazione e limiti al riesame
Un Ente Regionale ha richiesto l'ammissione al passivo fallimentare di una società per oltre 160 milioni di euro per inadempimenti contrattuali. La domanda è stata respinta in primo grado per carenza di prove. La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso, ribadendo che la valutazione dei fatti e l'onere della prova non possono essere riesaminati in sede di legittimità, la quale non costituisce un terzo grado di merito.
Continua »