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Diritto Fallimentare

Fallimento senza risoluzione: la Cassazione conferma
Una società in concordato preventivo è stata dichiarata fallita su istanza di un creditore, senza che il concordato fosse stato formalmente risolto. La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 6940/2025, ha confermato questa possibilità, stabilendo che il fallimento senza risoluzione è legittimo quando l'inadempimento del debitore agli obblighi del concordato genera un nuovo stato di insolvenza. Il ricorso della società è stato dichiarato inammissibile in quanto contrario a un principio di diritto ormai consolidato.
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Amministrazione straordinaria processo: la Cassazione
La Corte di Cassazione ha esaminato un caso di appalto pubblico in cui una delle parti è stata ammessa all'amministrazione straordinaria durante il processo. La Corte ha stabilito che la mancata interruzione del giudizio costituisce una nullità relativa, che può essere eccepita solo dalla parte protetta dalla norma, ovvero l'impresa insolvente, e non dalla controparte (il Comune). Pertanto, la sentenza emessa è valida tra le parti ma inopponibile alla massa dei creditori. L'ordinanza chiarisce importanti principi sull'amministrazione straordinaria processo e sulla validità degli atti processuali.
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Fallimento e confisca: Cassazione chiarisce i limiti
La Corte di Cassazione ha stabilito che un imprenditore sottoposto a una misura di confisca di prevenzione non è immune dalla dichiarazione di fallimento. Nel caso esaminato, il ricorso di un imprenditore contro la propria dichiarazione di fallimento è stato respinto. La Corte ha chiarito che il fallimento e confisca sono procedure con finalità diverse e non si escludono a vicenda. Inoltre, la successiva revoca della misura di confisca ha reso irrilevante la doglianza. La decisione ha anche confermato che per avviare la procedura fallimentare è sufficiente un accertamento sommario del credito, come un decreto ingiuntivo divenuto esecutivo.
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Pegno irregolare: quando è revocabile nel fallimento?
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 7013/2025, chiarisce i criteri per distinguere il pegno regolare dal pegno irregolare e le condizioni per la sua revocabilità in ambito fallimentare. La curatela di una società fallita aveva agito in revocatoria contro una banca per una garanzia pignoratizia su una somma di denaro. La Corte ha cassato la sentenza d'appello, affermando che per aversi pegno irregolare è necessaria la facoltà del creditore di disporre del bene, facoltà che deve essere accertata nel contratto. Inoltre, ha ribadito che la prova della conoscenza dello stato di insolvenza del debitore (scientia decoctionis) da parte della banca deve basarsi su una valutazione complessiva di tutti gli indizi disponibili.
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Improcedibilità ricorso: la guida alla Cassazione
Una società ha impugnato la propria dichiarazione di fallimento dinanzi alla Corte di Cassazione. Il suo ricorso è stato dichiarato inammissibile a causa del mancato deposito della copia autentica della sentenza impugnata. Questa analisi si concentra sull'improcedibilità del ricorso in Cassazione come sanzione per il mancato rispetto di un onere processuale fondamentale, evidenziando le gravi conseguenze, incluse sanzioni per abuso del processo.
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Pegno regolare e fallimento: la Cassazione chiarisce
La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha stabilito che la costituzione di un pegno regolare su una polizza assicurativa non esonera l'istituto di credito dall'obbligo di insinuarsi al passivo del fallimento del debitore. Anche in presenza della disciplina speciale sulle garanzie finanziarie, il principio della par condicio creditorum prevale. La Corte ha rigettato il ricorso della banca, confermando che il diritto di escutere il pegno non si traduce in un'automatica deroga alle procedure concorsuali e che la natura del pegno dipende dal momento in cui sorge il potere di disporre del bene.
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Improcedibilità del ricorso: la copia autentica è onere
La Corte di Cassazione dichiara l'improcedibilità del ricorso avverso una sentenza di fallimento. La causa principale è il mancato deposito, da parte della società ricorrente, della copia autentica e integrale del provvedimento impugnato, un onere processuale fondamentale previsto dall'art. 369 c.p.c. La Corte sottolinea che tale obbligo non è venuto meno neanche con la Riforma Cartabia e la sua violazione determina la sanzione dell'improcedibilità, a prescindere da contestazioni della controparte. Inoltre, la ricorrente è stata condannata per responsabilità aggravata per abuso del processo.
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Rinnovazione notifica appello: quando è inammissibile
Un imprenditore, socio accomandante dichiarato fallito, vede il suo appello dichiarato inammissibile. La Cassazione conferma la decisione, sottolineando che la mancata tempestiva rinnovazione notifica appello a un erede, dopo un primo esito negativo, integra un'inerzia colpevole che vizia la corretta instaurazione del contraddittorio.
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Fallimento socio di fatto: la Cassazione decide
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imprenditore e della sua società, il cui fallimento era stato dichiarato in estensione di quello di un'altra azienda a causa di una società di fatto. La Corte ha confermato un principio cruciale del fallimento socio di fatto: il termine di un anno dalla cessazione dell'attività per la dichiarazione di fallimento non si applica al socio occulto o non iscritto nel registro delle imprese, poiché tale beneficio è riservato a chi adempie agli obblighi di pubblicità legale.
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Notificazione inesistente: quando si rimette al primo giudice
Una società ricorre in Cassazione sostenendo che la notificazione inesistente del ricorso di fallimento dovesse portare all'annullamento totale del procedimento. La Corte rigetta, chiarendo che nei procedimenti su ricorso, a differenza di quelli su citazione, il vizio di notifica comporta la rimessione della causa al primo giudice per sanare il difetto e garantire il contraddittorio, non la fine del processo.
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Notifica fallimento: quando è valida l’irreperibilità?
Una società in liquidazione ricorre in Cassazione contro la propria dichiarazione di fallimento, lamentando vizi nella notifica dell'istanza. La Corte Suprema dichiara il ricorso inammissibile, confermando che la procedura di notifica fallimento, perfezionata con deposito presso la casa comunale a seguito di irreperibilità del debitore presso la sede legale, è pienamente valida. La Corte sottolinea che l'appello offre al debitore la possibilità di esercitare pienamente il proprio diritto di difesa.
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Azione revocatoria e garanzie: la Cassazione decide
La curatela di una società fallita ha promosso con successo un'azione revocatoria contro un istituto di credito per un pagamento ottenuto tramite l'escussione di un pegno su una polizza assicurativa. L'appello della banca, fondato sulla natura di garanzia finanziaria del pegno, è stato respinto. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, stabilendo che la qualificazione di una garanzia come 'finanziaria' ai sensi del D.Lgs. 170/2004 non è sufficiente a escluderla dall'azione revocatoria, rendendo irrilevante la questione sollevata dalla banca.
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Rinuncia ricorso: no al raddoppio del contributo
Un istituto di credito, dopo aver impugnato in Cassazione una sentenza sfavorevole in materia di azione revocatoria su un pegno, ha presentato una rinuncia al ricorso. La Corte di Cassazione, accogliendo l'istanza accettata dalla controparte, ha dichiarato estinto il giudizio. L'ordinanza chiarisce un principio fondamentale: in caso di rinuncia al ricorso, non si applica il raddoppio del contributo unificato, poiché tale misura ha natura sanzionatoria e si applica solo nei casi tassativamente previsti di rigetto, inammissibilità o improcedibilità.
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Supersocietà di fatto e fallimento: la prova
La Corte di Cassazione cassa la sentenza d'appello che aveva escluso l'esistenza di una supersocietà di fatto tra diverse aziende. Il caso verte sulla corretta valutazione della prova per presunzioni. La Corte ha stabilito che gli indizi di un collegamento societario non vanno analizzati singolarmente, ma valutati nel loro complesso per verificare se, combinati, dimostrano l'esistenza di un'unica entità imprenditoriale. La decisione sottolinea che l'insolvenza delle singole società partecipanti può essere un elemento rilevante per accertare lo stato di insolvenza della supersocietà di fatto.
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Rinvio trattazione causa: il caso della supersocietà
La Corte di Cassazione ha disposto il rinvio della trattazione di una causa relativa al fallimento di un socio di una 'supersocietà' di fatto. La decisione è stata presa a causa della mancata notifica della convocazione alle parti e per consentire la trattazione congiunta con un altro procedimento connesso, garantendo così il corretto svolgimento del processo.
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Azione revocatoria amministrazione straordinaria: i termini
Una società in amministrazione straordinaria ha intentato un'azione revocatoria contro un istituto bancario per recuperare somme versate prima della crisi. I tribunali di merito avevano respinto la domanda, ritenendola tardiva perché calcolavano il termine di prescrizione dalla data della dichiarazione di insolvenza. La Corte di Cassazione ha ribaltato la decisione, stabilendo un principio fondamentale per l'azione revocatoria amministrazione straordinaria: il termine per agire non decorre dalla dichiarazione di insolvenza, ma dalla successiva autorizzazione ministeriale al programma di cessione dei complessi aziendali. Solo da quel momento, infatti, il commissario straordinario è legalmente autorizzato a proporre l'azione.
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Cessazione materia del contendere: quando si applica?
La Corte di Cassazione ha dichiarato la cessazione della materia del contendere in una controversia tra l'amministrazione giudiziaria e il fallimento di un consorzio. A seguito di una richiesta congiunta delle parti, motivata dalla chiusura di entrambe le procedure, la Corte ha terminato il giudizio, compensando le spese. È stato inoltre chiarito che, in caso di cessazione della materia del contendere, non è dovuto il pagamento del doppio contributo unificato, poiché non si tratta di un rigetto o di un'inammissibilità dell'appello.
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Termine reclamo fallimento: il ricorso è tardivo
Un ex amministratore di una società fallita ha presentato reclamo contro la sentenza di fallimento tre anni dopo la sua emissione, sostenendo di non aver ricevuto notifica. La Corte d'Appello ha dichiarato il reclamo inammissibile per tardività. La decisione sottolinea che il termine per i terzi interessati per impugnare una sentenza di fallimento è di trenta giorni dalla sua pubblicazione nel Registro delle Imprese, un termine perentorio che non può essere derogato da circostanze soggettive, come la successiva conoscenza di un procedimento penale per bancarotta.
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Compensazione spese processuali: quando è legittima?
La Corte di Cassazione si è pronunciata sulla legittimità della compensazione spese processuali. Nel caso esaminato, una società creditrice aveva richiesto il fallimento di una società di viaggi, ma la richiesta era stata respinta per difetto di giurisdizione, dato che la debitrice aveva trasferito la sede all'estero. La società di viaggi, pur vittoriosa, si era vista compensare le spese legali e aveva quindi fatto ricorso. La Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendo la motivazione della Corte d'Appello (che aveva valorizzato l'oggettiva difficoltà della prova per la creditrice) non illogica né manifestamente erronea, giustificando così la compensazione delle spese.
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Fideiussione confidi minore: valida anche per debiti fiscali
L'Agenzia delle Entrate ha impugnato con successo la decisione di un tribunale che aveva negato l'ammissione di un credito al passivo di un fallimento. Il credito era garantito da una fideiussione emessa da un consorzio di garanzia fidi. La Corte di Cassazione, citando una precedente sentenza delle Sezioni Unite, ha stabilito che la fideiussione confidi minore non è nulla se prestata per crediti non bancari. Di conseguenza, ha annullato la decisione del tribunale e ha rinviato il caso per un nuovo esame.
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