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Diritto Fallimentare

Opposizione stato passivo: onere della prova del giudice
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 12516/2025, ha stabilito un principio cruciale in materia di opposizione allo stato passivo. Un creditore si era visto dichiarare inammissibile l'opposizione per mancata prova della sua tempestività. La Suprema Corte ha ribaltato la decisione, affermando che la verifica della tempestività del ricorso è un dovere d'ufficio del giudice, il quale deve consultare il fascicolo fallimentare per accertare le date rilevanti, senza addossare l'intero onere della prova sul creditore che ha allegato i fatti a sostegno della propria tempestività.
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Errore di fatto: quando non si può revocare la Cassazione
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile un ricorso per revocazione, chiarendo i limiti dell'istituto dell'errore di fatto. Dei creditori, rimasti insoddisfatti dopo la liquidazione di una società, avevano impugnato una precedente ordinanza della Corte, sostenendo che i giudici avessero commesso un errore di fatto nel valutare le prove. La Suprema Corte ha ribadito che l'errore revocatorio riguarda solo una percezione errata di un fatto pacifico e non controverso, e non può essere utilizzato per contestare l'apprezzamento delle prove o il merito della decisione, che costituisce un errore di giudizio non sindacabile con questo strumento. È stato invece accolto un ricorso per correzione di errore materiale relativo a dati errati e alla liquidazione delle spese.
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Errore di fatto: quando la Cassazione non può revocare
Una società immobiliare, dichiarata fallita, ha chiesto la revocazione di una decisione della Corte di Cassazione sostenendo un errore di fatto. L'azienda affermava che la Corte avesse erroneamente creduto che il caso riguardasse più requisiti per la fallibilità, mentre in realtà si discuteva solo della soglia del debito. La Suprema Corte ha dichiarato inammissibile la richiesta, specificando che la doglianza della società non riguardava un errore percettivo (un errore di fatto), ma un errore di valutazione giuridica, per il quale la revocazione non è il rimedio corretto.
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Errore di fatto: quando è possibile la revocazione?
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile un ricorso per revocazione basato su un presunto errore di fatto. Il ricorrente sosteneva che la Corte avesse erroneamente percepito il contenuto di un atto processuale. La Suprema Corte ha chiarito che non si trattava di un errore di fatto (una svista percettiva), ma di un errore di giudizio (una diversa valutazione delle risultanze processuali), non impugnabile con lo strumento della revocazione. L'errore di fatto revocatorio deve essere evidente e non richiedere complesse interpretazioni.
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Provvigione mediatore: quando è dovuta senza nesso?
Una società immobiliare ha richiesto il pagamento della provvigione per la vendita di un immobile acquistato dai convenuti direttamente da una procedura fallimentare. Nonostante un accordo scritto che prevedeva il pagamento della provvigione mediatore anche in questo caso, la Corte di Cassazione ha respinto la richiesta. La Corte ha stabilito che, sebbene le parti possano derogare al principio del nesso di causalità, il compenso deve essere giustificato da una controprestazione specifica e concreta da parte del mediatore, che in questo caso è stata ritenuta assente.
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Difetto di rappresentanza: sanabile nel fallimento
L'opposizione allo stato passivo di una società di gestione crediti era stata dichiarata inammissibile per la tardiva produzione della procura. La Cassazione ha annullato la decisione, affermando che il difetto di rappresentanza è sanabile con effetto retroattivo, anche nel rito fallimentare, se la documentazione viene prodotta alla prima difesa utile dopo l'eccezione della controparte.
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Onere della prova nel fallimento: il caso del mandato
Una società del servizio idrico ha richiesto l'ammissione al passivo fallimentare di una società di riscossione per somme incassate e non riversate. La Corte di Cassazione, ribaltando le decisioni precedenti, ha stabilito che l'onere della prova del creditore si esaurisce nel dimostrare l'avvenuta riscossione. Spetta invece alla curatela fallimentare provare l'esistenza di un controcredito, come i compensi per il servizio, da portare in compensazione. La sentenza chiarisce un principio fondamentale sull'onere della prova nei rapporti di mandato interrotti da fallimento.
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Prova nuova indispensabile: la Cassazione chiarisce
La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di una società fallita, confermando la decisione della Corte d'Appello che aveva ammesso un credito tributario sulla base di una prova nuova indispensabile. L'ordinanza chiarisce che tale prova è quella capace di eliminare ogni incertezza sulla ricostruzione dei fatti, legittimandone l'uso in appello per superare il dubbio che aveva condizionato il giudizio di primo grado.
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Rinuncia al ricorso: estinzione e spese legali
Una procedura fallimentare, dopo aver presentato ricorso contro un decreto del Tribunale, ha successivamente depositato una dichiarazione di rinuncia. La controparte ha accettato la rinuncia e ha acconsentito alla compensazione delle spese. La Corte di Cassazione, preso atto dell'accordo, ha dichiarato l'estinzione del processo, specificando che in caso di rinuncia al ricorso accettata non vi è pronuncia sulle spese e non si applica il raddoppio del contributo unificato.
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Azione revocatoria subacquirente: estensione domanda
La Corte di Cassazione ha stabilito che, in un'azione revocatoria, il curatore fallimentare può estendere la domanda anche al subacquirente, ovvero a chi ha acquistato il bene in un secondo momento. Il caso riguardava una complessa catena di vendite immobiliari iniziata da una società garante, poi fallita. La Corte ha chiarito che l'intervento del curatore permette di ampliare l'azione contro tutti gli acquirenti successivi per tutelare i creditori, senza che ciò costituisca una domanda nuova e inammissibile. L'ordinanza conferma la validità dell'azione revocatoria subacquirente promossa dalla curatela fallimentare.
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Bancarotta fraudolenta: la guida alla condanna
Amministratori di una società in liquidazione sono stati condannati per bancarotta fraudolenta. La Cassazione ha confermato la condanna, ritenendo che una serie di operazioni dolose, compiute a vantaggio di un'altra società collegata, avessero aggravato il dissesto finanziario della prima, portandola al fallimento. La Corte ha chiarito che per la condanna è sufficiente la consapevolezza di compiere atti pericolosi per la salute economica dell'impresa.
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Stato di insolvenza: quando la liquidità non basta
Una società è stata dichiarata fallita nonostante disponesse di liquidità. La Corte di Cassazione ha confermato la decisione, chiarendo che i fondi soggetti a sequestro penale e destinati alla confisca non possono essere considerati disponibili per pagare i debiti. Lo stato di insolvenza, quindi, è stato correttamente valutato sulla base dell'effettiva incapacità dell'azienda di far fronte alle proprie obbligazioni, aggravata da una gestione illegale e da una contabilità inattendibile.
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Ricorso per cassazione fallimento: quando è inammissibile
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto da due società creditrici che chiedevano l'estensione del fallimento a un'altra società e a persone fisiche, sulla base dell'esistenza di una presunta 'società di fatto'. La Suprema Corte ha ribadito il suo orientamento consolidato secondo cui il decreto che rigetta un'istanza di fallimento non è impugnabile in Cassazione, poiché non ha natura di sentenza definitiva e non esiste un 'diritto al fallimento altrui'. La decisione conferma la chiusura procedurale per il ricorso per cassazione fallimento in caso di rigetto dell'istanza.
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Estratto di ruolo: è sufficiente nel fallimento?
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 7518/2025, ha stabilito un principio cruciale per le procedure fallimentari. Contrariamente a quanto deciso dal Tribunale, per la domanda di ammissione al passivo di un credito previdenziale non è necessaria la produzione dell'avviso di addebito notificato. È invece sufficiente depositare il solo estratto di ruolo. La Corte ha cassato la decisione precedente, che aveva erroneamente ritenuto insufficiente tale documento, e ha rinviato il caso al Tribunale per una nuova valutazione basata su questo importante principio.
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Surrogazione del creditore: la procedura corretta
La Corte di Cassazione chiarisce la procedura corretta per la surrogazione del creditore in un'amministrazione straordinaria. Una società assicuratrice, avendo pagato un debito per conto di un'impresa insolvente, ha presentato una domanda di ammissione al passivo. La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, specificando che, essendo il credito originario già stato ammesso, la società avrebbe dovuto avviare una procedura di rettifica dello stato passivo per sostituirsi al creditore originario, e non presentare una nuova domanda di ammissione.
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Contratto bancario firma: basta quella del cliente?
Una banca si è vista negare l'ammissione a un passivo fallimentare perché il contratto di finanziamento era privo della sua firma. La Corte di Cassazione ha ribaltato la decisione, stabilendo che per la validità di un contratto bancario la firma del solo cliente è sufficiente, a condizione che la banca abbia poi dato esecuzione all'accordo, dimostrando così la sua volontà di obbligarsi. Questa interpretazione funzionale della norma protegge il cliente senza inutili formalismi.
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Soglia di fallibilità: il debito fiscale conta sempre
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza in esame, ha stabilito un principio cruciale in materia di soglia di fallibilità. Il caso riguardava una società dichiarata fallita il cui liquidatore sosteneva che recenti debiti fiscali, divenuti definitivi poco prima della dichiarazione, non dovessero essere conteggiati perché non ancora iscritti in bilancio. La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, chiarendo che per valutare il superamento della soglia debitoria, rileva la situazione patrimoniale al momento della dichiarazione di fallimento, e la prova del debito può provenire da qualsiasi documento, inclusi gli avvisi di accertamento fiscali, a prescindere dalla loro registrazione contabile.
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Inammissibilità ricorso cassazione: ecco perché
Una società dichiarata fallita dopo il rigetto del suo piano di concordato preventivo si rivolge alla Corte di Cassazione. La Corte dichiara l'inammissibilità del ricorso cassazione, confermando le decisioni dei gradi inferiori. I motivi principali includono l'errata impugnazione, l'incapacità di cogliere la ratio decidendi della sentenza d'appello e la presentazione di censure di merito non ammesse in sede di legittimità. La Corte ribadisce che la proposta di concordato costituisce un'ammissione dello stato di insolvenza.
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Privilegio speciale: quando è negato al credito ammesso
Una società di gestione aeroportuale ha richiesto l'ammissione al passivo di una compagnia aerea in amministrazione straordinaria per alcuni crediti, domandando il riconoscimento di un privilegio speciale. La Corte di Cassazione ha confermato la decisione dei giudici di merito di negare il privilegio per i servizi aeroportuali, poiché non era stato provato il collegamento specifico tra il credito e i singoli beni (aeromobili) interessati. La Corte ha chiarito che l'ammissione del credito e il riconoscimento del privilegio sono due accertamenti distinti che richiedono prove separate. È stato invece confermato il privilegio per il credito relativo all'addizionale comunale sui diritti di imbarco, data la sua natura tributaria.
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Revocatoria Fallimentare: accordo inefficace?
Una società si oppone a un decreto ingiuntivo sulla base di un accordo transattivo pre-fallimento. La curatela contesta tale accordo con una revocatoria fallimentare. La Corte di Cassazione, rilevando la complessità della materia, non decide nel merito ma trasferisce la causa alla sezione specializzata in diritto fallimentare, sottolineando la specificità delle norme su revocatoria e compensazione.
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