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Diritto Fallimentare

Scientia damni: appello generico inammissibile
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile un ricorso in un caso di azione revocatoria fallimentare. La decisione si fonda sulla genericità dei motivi d'appello, che non avevano specificamente contestato la ricostruzione del primo giudice sulla sussistenza della scientia damni in capo al terzo acquirente. La Corte ha ribadito che l'appello deve contenere una critica puntuale alla ratio decidendi della sentenza impugnata, non potendosi limitare a riproporre le medesime argomentazioni del primo grado. La scientia damni era stata provata tramite presunzioni basate su vincoli familiari e cointeressenze patrimoniali tra il terzo e l'amministratore della società fallita.
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Modifica domanda: lecita se connessa alla vicenda
La Corte di Cassazione ha stabilito che la modifica della domanda in corso di causa è legittima se rimane connessa alla vicenda sostanziale originaria e se rappresenta una reazione alle difese della controparte. Nel caso specifico, un curatore fallimentare ha agito in revocatoria contro una banca per una rimessa su conto corrente. La banca si è difesa invocando l'escussione di una garanzia finanziaria prestata da un terzo. Il curatore ha quindi modificato la domanda, qualificando la rimessa come "pagamento anomalo". La Corte ha ritenuto tale modifica ammissibile, poiché non ha introdotto una nuova vicenda ma ha solo adeguato la prospettazione giuridica in risposta agli elementi introdotti dalla banca, senza violare il diritto di difesa. Ha inoltre chiarito che l'azione revocatoria colpiva la rimessa sul conto del debitore fallito, non l'escussione della garanzia in sé.
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Consecuzione delle procedure e revocatoria fallimentare
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 11647/2025, ha stabilito un principio cruciale in materia di azione revocatoria fallimentare. In un caso in cui un fallimento è seguito a una procedura di concordato preventivo, la Corte ha affermato che, in virtù della consecuzione delle procedure, la normativa applicabile e i relativi termini di decadenza devono essere individuati con riferimento alla data di inizio della prima procedura (il concordato) e non a quella della successiva dichiarazione di fallimento. Di conseguenza, ha rigettato il ricorso di un creditore che sosteneva l'applicabilità di una normativa diversa basata sulla data del fallimento. La Corte ha inoltre dichiarato inammissibile il motivo relativo alla prova della conoscenza dello stato di insolvenza, ribadendo che tale accertamento di fatto spetta al giudice di merito.
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Azione revocatoria ordinaria: la prova dell’eventus damni
Una società in fallimento ha agito in giudizio per revocare la cessione di alcuni beni (macchinari e un'imbarcazione) a un'altra società. La Corte d'Appello aveva confermato la revoca basandosi sull'azione revocatoria ordinaria. Tuttavia, la Corte di Cassazione ha cassato la sentenza, rilevando che i giudici di merito non avevano adeguatamente verificato il presupposto dell'eventus damni, ovvero il concreto pregiudizio per i creditori. Secondo la Suprema Corte, il curatore fallimentare ha l'onere di fornire una prova rigorosa della situazione patrimoniale del debitore al momento dell'atto, dimostrando che la cessione ha reso oggettivamente più difficile il soddisfacimento dei crediti. Il caso è stato rinviato alla Corte d'Appello per un nuovo esame su questo punto specifico.
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Opponibilità locazione pignoramento: il caso risolto
Una società conduttrice ha tentato di far valere l'opponibilità di un contratto di locazione contro una procedura esecutiva, basandosi su un primo accordo antecedente al pignoramento. Tuttavia, un secondo contratto, ritenuto novativo, era stato stipulato dopo l'inizio della procedura. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando che il secondo contratto è inopponibile ai creditori e che le spese di manutenzione non possono essere compensate con i canoni dovuti. Il caso chiarisce i limiti dell'opponibilità locazione pignoramento.
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Ricorso per cassazione inammissibile: l’errore fatale
Un'azienda edile ha presentato un ricorso per cassazione contro la decisione della Corte d'Appello in una controversia su un contratto di affitto d'azienda con un'impresa poi fallita. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso per cassazione inammissibile perché la società ricorrente ha depositato la sentenza di primo grado invece di quella d'appello impugnata, violando un requisito procedurale essenziale.
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Violazione del contraddittorio: sentenza nulla
La Corte di Cassazione ha annullato una sentenza di merito che dichiarava inefficace un fondo patrimoniale. La decisione è stata motivata da una grave violazione del contraddittorio: la mancata comunicazione a un difensore dell'udienza di precisazione delle conclusioni. La Corte ha ribadito che tale vizio procedurale comporta la nullità della sentenza senza che la parte debba dimostrare un pregiudizio specifico, poiché il danno è insito nella lesione del diritto di difesa.
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Sale and lease back: quando è nullo per violazione?
La Corte di Cassazione conferma la nullità di un contratto di sale and lease back utilizzato per eludere il divieto di patto commissorio. La sentenza chiarisce che la presenza di difficoltà economiche del venditore, la sproporzione tra il valore del bene e il prezzo, e l'uso del prezzo per estinguere debiti preesistenti verso una parte correlata al compratore sono indici di illiceità. La Corte ha inoltre ribadito che le domande di credito verso un fallimento devono essere proposte nella procedura concorsuale e non tramite domanda riconvenzionale in un giudizio ordinario.
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Giudizio di rinvio: limiti e obblighi contrattuali
Una società in amministrazione straordinaria contesta un debito per fornitura di gas, inclusi extra-costi per mancata prenotazione della capacità. La Cassazione chiarisce i limiti del giudizio di rinvio, stabilendo che il giudice deve attenersi al principio di diritto indicato, anche se ciò porta a confermare la quantificazione del credito della sentenza annullata. La corretta interpretazione del contratto, che include l'onere per l'utente di comunicare il fabbisogno energetico, è un accertamento di fatto insindacabile in sede di legittimità se ben motivato.
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Interessi moratori commerciali: ammessi in fallimento
Una società in amministrazione straordinaria ha impugnato l'ammissione al passivo di un credito di un fornitore, contestando in particolare la debenza degli interessi moratori commerciali. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, stabilendo un principio fondamentale: gli interessi moratori commerciali, previsti dal D.Lgs. 231/2002, maturati prima dell'apertura della procedura concorsuale, devono essere ammessi al passivo. La Corte ha inoltre respinto gli altri motivi relativi alla valutazione delle prove e alla liquidazione delle spese legali.
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Bancarotta preferenziale: dolo e continuità aziendale
La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un amministratore condannato per bancarotta preferenziale e impropria da false comunicazioni sociali. La sentenza conferma che il rimborso dei propri finanziamenti, anche se finalizzato a sostenere l'operatività aziendale, integra il reato di bancarotta preferenziale quando avviene in uno stato di insolvenza conclamata, violando la par condicio creditorum. I bilanci falsificati, inoltre, hanno consentito la prosecuzione dell'attività, aggravando il dissesto.
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Periodo sospetto: la data della domanda, non il decreto
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 12148/2025, ha stabilito un principio fondamentale in materia di azione revocatoria fallimentare. In caso di consecuzione tra concordato preventivo e fallimento, il 'periodo sospetto' per la revoca degli atti pregiudizievoli ai creditori decorre dalla data di deposito della domanda di concordato e non dalla data del successivo decreto di ammissione. La Suprema Corte ha cassato la decisione della Corte d'Appello, che aveva erroneamente posticipato l'inizio del periodo di osservazione, accogliendo la tesi del curatore fallimentare e riaffermando il principio della 'consecuzione delle procedure' per tutelare la par condicio creditorum sin dal primo momento di emersione della crisi.
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Estinzione del processo: cosa accade se si rinuncia?
Una società ha rinunciato al proprio ricorso in Cassazione. La Corte ha dichiarato l'estinzione del processo, specificando che non vi è decisione sulle spese né raddoppio del contributo unificato, poiché l'estinzione del processo non rientra nei casi previsti dalla legge per tale sanzione.
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Ammissione al passivo avvocato: ricorso inammissibile
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di due legali per l'ammissione al passivo di una società in amministrazione straordinaria. La richiesta di ingenti compensi professionali è stata respinta poiché il ricorso contestava accertamenti di fatto, riservati al giudice di merito, e uno dei professionisti non risultava nell'incarico formale.
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Concordato Fallimentare: Nullità vs Risoluzione
Una società proponeva un concordato fallimentare, successivamente terminato per inadempimento. In Cassazione, la società sosteneva che il concordato fosse nullo fin dall'origine. La Corte Suprema ha dichiarato il ricorso inammissibile, specificando che per il concordato fallimentare la legge prevede un sistema chiuso di rimedi (risoluzione e annullamento), escludendo espressamente l'azione generale di nullità per garantire la stabilità della procedura.
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Revoca concordato preventivo: quando è legittima?
La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di una società fallita, stabilendo principi chiave sulla revoca concordato preventivo. La Corte chiarisce che non è necessario un decreto autonomo per la revoca, potendo questa essere motivata nella stessa sentenza di fallimento. Inoltre, sottolinea che l'impossibilità di attuare il piano concordatario, come la mancata vendita di un immobile cruciale, costituisce una ragione autonoma e sufficiente per la revoca, rendendo irrilevanti altre censure non focalizzate su questo punto decisivo.
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Decreto inammissibilità concordato: quando è inappellabile
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di una società contro il decreto che aveva a sua volta dichiarato inammissibile il reclamo avverso il provvedimento di primo grado. Il decreto inammissibilità concordato preventivo, per carenza di documentazione, non è appellabile, come stabilito da una norma specifica (art. 162, co. 2, legge fallimentare) che prevale sulle regole generali. La Corte ha inoltre chiarito che eventuali questioni sulla composizione del collegio giudicante devono essere sollevate tempestivamente e non in sede di impugnazione.
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Concordato preventivo: i requisiti del business plan
La richiesta di una società per un concordato preventivo è stata respinta, portando alla sua dichiarazione di fallimento. La Corte di Cassazione ha confermato la decisione, giudicando l'appello inammissibile. Il motivo principale è stata la mancanza, nel business plan presentato, di dettagli essenziali come le proiezioni dei flussi di cassa, rendendo impossibile una valutazione sulla reale fattibilità del piano. La Corte ha inoltre respinto le contestazioni sulla validità delle notifiche fiscali ricevute dall'ente creditore.
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Fattibilità del piano: limiti del giudice fallimentare
La bancarotta di un'impresa è stata confermata dopo che la sua proposta di concordato preventivo è stata giudicata inammissibile. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, definendo il ruolo del giudice nella valutazione della fattibilità del piano. È stato stabilito che il giudice deve esaminare non solo la conformità legale, ma anche la concreta fattibilità economica del piano per scartare proposte palesemente irrealizzabili, confermando inoltre la natura discrezionale della concessione di termini per la modifica del piano stesso.
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Equa riparazione: quando il credito è irrisorio?
Due società creditrici in una procedura fallimentare chiedevano l'equa riparazione per l'eccessiva durata del processo. La Corte d'Appello rigettava la domanda ritenendo il credito "irrisorio". La Cassazione ha cassato tale decisione, stabilendo che il criterio dell'irrisorietà non è meramente oggettivo ma va valutato alla luce della giurisprudenza europea, che considera anche le condizioni soggettive del ricorrente. La Corte ha quindi condannato il Ministero a pagare l'indennizzo.
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