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Diritto Fallimentare

Compenso fase istruttoria: quando spetta all’avvocato?
Un'ordinanza della Cassazione chiarisce che il compenso per la fase istruttoria è dovuto all'avvocato anche se non si svolge un'attività di assunzione di prove formali. La Corte ha stabilito che attività come l'esame di atti, la partecipazione a udienze e la formulazione di eccezioni rientrano a pieno titolo in questa fase e devono essere retribuite. Inoltre, ha precisato che i compensi per domande distinte, come quelle di simulazione e revocazione, non possono essere negati considerandoli assorbiti in altre azioni, specialmente se rivolte contro parti diverse.
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Opponibilità decreto ingiuntivo: la Cassazione chiarisce
Una società creditrice chiede di essere ammessa al passivo di un fallimento sulla base di un decreto ingiuntivo, la cui opposizione era stata dichiarata estinta. La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 4807/2024, ha stabilito che l'opponibilità del decreto ingiuntivo al fallimento è subordinata alla scadenza del termine semestrale per impugnare l'ordinanza di estinzione, qualora questa non sia stata notificata. Il termine breve di trenta giorni non si applica, poiché l'ordinanza ha natura sostanziale di sentenza e il decreto non era ancora definitivo al momento della dichiarazione di fallimento.
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Rinuncia al ricorso: niente doppio contributo unificato
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 4831/2024, ha dichiarato l'estinzione di un giudizio a seguito di una rinuncia al ricorso. Il caso riguardava un'opposizione allo stato passivo di un fallimento. A seguito di un accordo transattivo, l'erede del ricorrente ha rinunciato al ricorso, con accettazione della controparte. La Corte ha stabilito che in caso di rinuncia non si applica il raddoppio del contributo unificato, poiché tale misura ha carattere sanzionatorio ed è limitata ai soli casi di rigetto o inammissibilità dell'impugnazione.
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Bancarotta fraudolenta: la colpa del socio extraneus
La Cassazione conferma la condanna per bancarotta fraudolenta a carico di un socio non amministratore, ritenuto concorrente 'extraneus' nella distrazione di fondi operata dal coniuge, amministratore di diritto. La sentenza evidenzia come l'interesse personale alla distrazione e la consapevolezza del dissesto siano sufficienti a configurare il concorso nel reato, anche in assenza di un ruolo formale.
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Indennizzo durata irragionevole: i limiti al risarcimento
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 4746/2024, ha stabilito due principi fondamentali in materia di indennizzo per durata irragionevole del processo. Analizzando il caso di ex dipendenti di una società fallita, la Corte ha precisato che l'indennizzo non può superare il valore del credito effettivamente rimasto insoddisfatto e che gli eredi non hanno diritto all'indennizzo se il loro dante causa è deceduto prima che la durata del processo superasse la soglia di ragionevolezza. La decisione accoglie il ricorso del Ministero della Giustizia, annullando la precedente statuizione della Corte d'Appello.
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Domanda di condanna: ammissibile dopo il fallimento
Un Ministero ha agito contro una società per la restituzione di finanziamenti. Dopo il fallimento e il successivo ritorno in bonis della società, il Ministero ha trasformato la sua insinuazione al passivo in una domanda di condanna. La Corte d'Appello l'ha ritenuta inammissibile. La Cassazione ha ribaltato la decisione, affermando che la pretesa non è nuova ma una semplice modifica formale della domanda originaria, pienamente ammissibile.
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Pignoramento e sequestro: la priorità della trascrizione
In un complesso caso di conflitto tra diritti, la Corte di Cassazione ha stabilito un principio fondamentale: in caso di sovrapposizione tra un pignoramento immobiliare avviato da un creditore e un sequestro preventivo penale disposto dallo Stato, prevale l'atto trascritto per primo nei registri immobiliari. La sentenza ha confermato che il diritto del creditore, garantito dalla precedente trascrizione del pignoramento, è opponibile alla successiva pretesa statale di confisca, ma ha precisato che tale protezione è limitata all'importo originario del credito per cui il pignoramento era stato iscritto.
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Interpretazione del contratto: limiti del giudice di merito
Un professionista ha impugnato la decisione del Tribunale che aveva ammesso solo parzialmente il suo credito in una procedura di liquidazione, basandosi su una specifica interpretazione del contratto relativo al suo compenso. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ribadendo che l'interpretazione del contratto è un accertamento di fatto riservato al giudice di merito e non può essere riesaminato in sede di legittimità, a meno che non vi sia una violazione delle regole legali di ermeneutica o una motivazione illogica.
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Onere della prova: come dimostrare il credito in un fallimento
Un professionista ha agito in giudizio contro una società fallita per il mancato pagamento delle sue prestazioni. La Corte di Cassazione ha respinto il suo ricorso, confermando le decisioni dei gradi precedenti. L'ordinanza sottolinea come sul creditore gravi un preciso onere della prova, che impone di dimostrare il proprio diritto con elementi specifici e dettagliati, non essendo sufficiente una produzione documentale generica o capitoli di prova non circostanziati.
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Piano del consumatore: dilazione pagamenti possibile
Un debitore ha proposto un piano del consumatore che prevedeva un pagamento dilazionato per un creditore ipotecario, il quale si è opposto. Il Tribunale aveva respinto il piano per mancanza di consenso. La Corte di Cassazione ha ribaltato la decisione, affermando che nel piano del consumatore è possibile prevedere una dilazione di pagamento per i crediti prelatizi anche oltre l'anno e senza il consenso del creditore. La valutazione decisiva spetta al giudice, che deve comparare la convenienza del piano rispetto all'alternativa della liquidazione forzata dei beni.
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Valore Causa Legge Pinto: il credito ammesso conta
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 4620/2024, ha stabilito un principio fondamentale per il calcolo dell'indennizzo da irragionevole durata del processo (Legge Pinto) nei casi di procedure fallimentari. La Corte ha chiarito che il corretto parametro per determinare il valore causa Legge Pinto non è la somma effettivamente riscossa dal creditore alla fine del riparto, ma l'intero importo del credito ammesso al passivo fallimentare. Questa decisione, che ha accolto il ricorso di due creditrici, ribalta la precedente interpretazione che legava l'indennizzo al risultato concreto dell'esecuzione, ritenuto irrazionale e privo di base normativa.
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Responsabilità collegio sindacale e compenso
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 4617/2024, ha rigettato il ricorso dei membri del collegio sindacale di una società fallita, confermando il diniego al loro compenso professionale. La decisione si fonda sulla grave inadempienza ai loro doveri di vigilanza, che ha contribuito al peggioramento dell'insolvenza aziendale. La Corte ha stabilito che l'inerzia dei sindaci di fronte a palesi segnali di crisi, omettendo di convocare l'assemblea o di denunciare le irregolarità al Tribunale, costituisce un inadempimento talmente grave da giustificare l'esclusione totale del credito per i loro compensi dallo stato passivo del fallimento.
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Equa riparazione: no a riduzioni per fallimenti
La Corte di Cassazione ha stabilito che la riduzione dell'indennizzo per l'irragionevole durata del processo, prevista in caso di un elevato numero di parti, non si applica alle procedure fallimentari. Con l'ordinanza n. 4602/2024, i giudici hanno chiarito che la presenza di molti creditori è una caratteristica fisiologica del fallimento e non una circostanza eccezionale che giustifichi una diminuzione dell'equa riparazione. La Corte ha quindi annullato la decisione di merito che aveva applicato la riduzione, rafforzando la tutela di chi subisce i ritardi della giustizia in ambito concorsuale.
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Privilegio del professionista: come si calcola il biennio
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 4625/2024, ha rigettato il ricorso di una società in liquidazione, confermando che il biennio per il riconoscimento del privilegio del professionista (art. 2751 bis c.c.) si calcola a ritroso dalla data di cessazione del rapporto professionale, non dall'inizio della procedura concorsuale. La Corte ha ribadito che, in caso di rapporto continuativo con plurimi incarichi, il termine decorre dalla fine del rapporto complessivo, garantendo così una più ampia tutela al creditore professionale.
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Rinuncia al ricorso: quando si estingue il giudizio
La Corte di Cassazione dichiara estinto un giudizio a seguito di un accordo transattivo tra le parti. L'ordinanza chiarisce che la rinuncia al ricorso, formalizzata dopo un'intesa, non comporta il pagamento del doppio del contributo unificato, poiché tale sanzione non si applica ai casi di estinzione ma solo a quelli di rigetto o inammissibilità dell'impugnazione.
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Compenso liquidatore: onere della prova e limiti
La richiesta di compenso di un liquidatore contro il fallimento della società è stata respinta. La Corte di Cassazione ha confermato la decisione, sottolineando che il professionista non aveva fornito prove sufficienti dell'attività gestionale svolta, specialmente dopo l'omologazione di un concordato preventivo. La sentenza ribadisce che il diritto al compenso liquidatore è subordinato alla dimostrazione concreta del lavoro eseguito.
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Termine reclamo chiusura fallimento: la Cassazione chiarisce
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza 4619/2024, ha stabilito che per determinare la tempestività di una domanda di equa riparazione per eccessiva durata di un processo fallimentare, il termine reclamo chiusura fallimento da considerare è quello vigente all'epoca di apertura della procedura principale, e non di quella del sub-procedimento di chiusura. Nel caso specifico, un fallimento iniziato nel 1988, si applica il termine lungo annuale e non quello semestrale introdotto dalla riforma del 2009, rendendo tempestiva la domanda dell'imprenditore.
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Rinuncia ricorso cassazione: no al doppio contributo
Un ricorrente, dopo aver impugnato in Cassazione il rigetto della sua istanza di ammissione al passivo fallimentare, rinunciava al ricorso. La Corte ha dichiarato estinto il giudizio, chiarendo un importante principio: in caso di rinuncia al ricorso per cassazione, il ricorrente non è tenuto al versamento del doppio contributo unificato, in quanto tale sanzione si applica solo nei casi di rigetto, inammissibilità o improcedibilità dell'impugnazione.
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Decreto ingiuntivo: cosa succede con una transazione?
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 4600/2024, ha stabilito che una transazione stipulata tra le parti dopo l'emissione di un decreto ingiuntivo prevale su quest'ultimo, anche se il decreto diventa definitivo a seguito dell'estinzione del giudizio di opposizione. Il giudicato copre solo i fatti antecedenti al decreto, non gli accordi successivi che modificano il rapporto debitorio. La Corte ha quindi rigettato il ricorso di alcuni professionisti che, dopo aver firmato una transazione per un importo ridotto, pretendevano di insinuare nel fallimento della società debitrice il credito originario del decreto ingiuntivo.
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Ammissione al passivo: prova del credito e limiti
Un professionista ha richiesto l'ammissione al passivo di una società fallita per oltre un milione di euro. La domanda, basata su un'ordinanza di pagamento poi revocata, è stata respinta. L'appello del professionista è stato ugualmente rigettato dalla Corte di Cassazione, la quale ha ribadito che per l'ammissione al passivo è necessaria una prova solida e rigorosa del credito. Una semplice perizia di parte è stata ritenuta insufficiente, e non è possibile richiedere una consulenza tecnica d'ufficio (CTU) con finalità meramente esplorative per sopperire alla carenza probatoria.
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