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Diritto Fallimentare

Bancarotta preferenziale: la Cassazione chiarisce
La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un amministratore condannato per bancarotta preferenziale, documentale semplice e aggravamento del dissesto. La sentenza chiarisce che per configurare il reato di bancarotta preferenziale è sufficiente il dolo specifico, ovvero la volontà di favorire un creditore a scapito degli altri, accettando il rischio di danneggiare la massa creditoria, specialmente se i pagamenti sono diretti a società riconducibili alla stessa famiglia dell'imprenditore.
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Dolo specifico bancarotta: Cassazione annulla sentenza
La Corte di Cassazione ha annullato una condanna per bancarotta fraudolenta documentale, sottolineando la necessità di provare il dolo specifico, ovvero l'intento di ottenere un profitto ingiusto o danneggiare i creditori. La sola omissione o irregolare tenuta delle scritture contabili non è sufficiente per configurare il reato nella sua forma più grave, specialmente in assenza di atti di distrazione patrimoniale. Il caso è stato rinviato alla Corte d'Appello per una nuova valutazione.
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Liquidazione giudiziale: quando si apre la procedura?
Il Tribunale di Roma ha dichiarato l'apertura della liquidazione giudiziale nei confronti di una società su istanza di un creditore. Nonostante l'opposizione della società debitrice, che sosteneva di non superare i limiti dimensionali di legge e l'insussistenza dello stato di insolvenza, il Tribunale ha accolto il ricorso. La decisione si fonda sulla prova del superamento delle soglie patrimoniali e sull'accertamento dello stato di insolvenza, desunto non solo dal credito vantato dal ricorrente, ma anche da un'esecuzione forzata con esito negativo e da una consistente esposizione debitoria verso l'Agenzia delle Entrate.
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Compenso CTU: chi decide e i limiti dell’opposizione
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza in esame, ha respinto il ricorso di due parti contro la liquidazione del compenso CTU in una causa civile. La Corte ha stabilito che la competenza a liquidare il compenso spetta al giudice istruttore che ha nominato il consulente, anche se la causa è di competenza collegiale. Inoltre, ha chiarito che l'opposizione al decreto di liquidazione non può vertere sulla validità o sull'utilità della consulenza, questioni riservate alla decisione di merito, ma solo sull'ammontare del compenso stesso.
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Compenso amministratore giudiziario: la Cassazione
Un amministratore giudiziario ha impugnato la liquidazione del suo compenso, ritenendola troppo bassa. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, stabilendo che il giudice può legittimamente applicare la tariffa minima, con la massima riduzione, se motiva che l'attività svolta era di routine. La sentenza definisce i limiti della discrezionalità del giudice nella determinazione del compenso dell'amministratore giudiziario e la non sindacabilità di tale valutazione nel giudizio di legittimità.
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Prova presuntiva e mala gestio: il verbale GDF
Un ex amministratore di una società fallita ha impugnato in Cassazione la sua condanna al pagamento delle spese legali in un'azione revocatoria. L'azione si fondava sulla sua presunta mala gestio, dedotta da un verbale della Guardia di Finanza. La Suprema Corte ha respinto il ricorso, affermando che gli accertamenti fiscali definitivi, scaturiti da quel verbale, costituiscono una valida prova presuntiva della cattiva gestione, legittimando così la base dell'azione revocatoria.
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Revocatoria locazione ultranovennale e fallimento: la scelta
La Cassazione chiarisce che il curatore fallimentare può agire con azione revocatoria ordinaria contro un contratto di locazione ultranovennale stipulato dal fallito, anche a vita, se pregiudizievole per i creditori. Questa azione non è preclusa dalla facoltà di recesso prevista dalla legge fallimentare. La Corte ha inoltre ribadito che, ai fini della prescrizione, gli effetti della notifica si scindono, interrompendo il termine per l'attore al momento della consegna dell'atto all'ufficiale giudiziario.
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Ricorso inammissibile: requisiti di specificità
La Corte di Cassazione ha dichiarato un ricorso inammissibile perché non rispettava i requisiti di specificità richiesti dalla legge. Il caso riguardava l'opposizione a un'ingiunzione di pagamento emessa da un Ministero a seguito di un'azione revocatoria. La Corte ha sottolineato che l'atto di impugnazione deve esporre in modo chiaro e completo i fatti di causa e i motivi di censura, senza costringere i giudici a ricercare elementi in altri documenti processuali. È stato inoltre ribadito che il giudicato formatosi sulla revocatoria copre anche l'esistenza del credito, rendendo vane le successive contestazioni.
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Scientia damni: prova e onere in revocatoria
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibili i ricorsi di un debitore e di una banca contro la revoca di un'ipoteca. La Corte ha confermato che la prova della scientia damni, ovvero la consapevolezza di arrecare danno ai creditori, può essere fornita anche tramite presunzioni basate su indizi gravi, precisi e concordanti, come il ruolo del debitore in una società fallita e la conoscenza della sua situazione patrimoniale da parte della banca.
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Legittimazione creditore e liquidazione giudiziale
La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di una società contro la sentenza che ne apriva la liquidazione giudiziale. Il caso verteva sulla legittimazione creditore di una società di riscossione tributi, la quale agiva in forza di un contratto di concessione con un Comune. La Suprema Corte ha stabilito che, ai fini dell'apertura della procedura, è sufficiente un accertamento sommario e incidentale del credito, senza necessità di un giudicato. Inoltre, ha ritenuto ininfluente la contestazione sulla prescrizione di tale credito, poiché lo stato di insolvenza era ampiamente dimostrato da altri ingenti debiti erariali non contestati.
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Azione revocatoria: creditore può agire dopo fallimento
La Corte di Cassazione ha stabilito che l'azione revocatoria avviata da un creditore individuale rimane valida anche dopo la dichiarazione di fallimento del debitore. La legittimazione del creditore coesiste con quella del curatore fallimentare, finché quest'ultimo non subentra nell'azione. Inoltre, la pendenza di una querela di falso sulla garanzia a fondamento del credito non comporta la sospensione necessaria del giudizio revocatorio, se il titolo di credito è divenuto definitivo.
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Legittimazione creditore e esecuzione fallita
Una società in liquidazione si opponeva alla dichiarazione di apertura della liquidazione giudiziale, sostenendo la carenza di legittimazione del creditore. Il suo credito, basato su un decreto ingiuntivo, non era stato soddisfatto a causa dell'estinzione della procedura esecutiva. La Cassazione ha respinto il ricorso, affermando che la legittimazione del creditore a richiedere la liquidazione giudiziale deriva dalla titolarità del credito (provato dal titolo esecutivo), e non dal successo dell'azione esecutiva. L'estinzione di quest'ultima non incide sull'esistenza del debito.
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Responsabilità legale rappresentante: ricorso inammissibile
Una società in liquidazione giudiziale ricorre in Cassazione contro la sentenza d'appello. Il ricorso viene dichiarato inammissibile perché, pur essendo stato condannato anche il suo legale rappresentante al pagamento delle spese, l'impugnazione è stata proposta solo dalla società. La Corte chiarisce che la responsabilità legale rappresentante per le spese è personale e va contestata dal diretto interessato, non dall'ente.
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Eccezioni opponibili al factor: il caso Cassazione
Un'impresa committente ha sospeso il pagamento a una società di factoring a causa dell'inadempimento del creditore originale, che non aveva fornito una polizza assicurativa decennale obbligatoria. La Corte di Cassazione ha confermato che si tratta di una delle eccezioni opponibili al factor, in quanto legata alla corretta esecuzione del contratto originario e quindi all'esigibilità del credito. La sentenza chiarisce inoltre le regole sui pagamenti ai subappaltatori quando l'appaltatore entra in amministrazione straordinaria.
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Cessione dei crediti: il patto di non cedibilità
La Corte di Cassazione dichiara inammissibile un ricorso riguardante una cessione dei crediti. Il caso verteva sull'opponibilità a un terzo acquirente di un patto di incedibilità del credito. La Corte ha ribadito che, per essere valido, il terzo deve essere a conoscenza del patto, e ha sanzionato il ricorrente per aver presentato un ricorso non autosufficiente, confermando la decisione dei giudici di merito a favore della banca cessionaria.
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Revocatoria fallimentare: no al factoring anomalo
Una società finanziaria ha impugnato una decisione che assoggettava a revocatoria fallimentare i pagamenti ricevuti da un'impresa poi finita in amministrazione straordinaria. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando che gli accordi, pur denominati cessione di crediti, costituivano un mezzo anomalo di pagamento e non un genuino contratto di factoring. La Suprema Corte ha stabilito che la qualificazione del contratto dipende dalla reale volontà delle parti e non dalla mera forma, e che l'interpretazione del giudice di merito sui fatti non è sindacabile in sede di legittimità se non per vizi logici non riscontrati nel caso di specie.
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Inammissibilità del ricorso: le rationes decidendi
La Corte di Cassazione dichiara l'inammissibilità del ricorso presentato da un creditore. La decisione della Corte d'Appello si fondava su tre distinte e autonome motivazioni (rationes decidendi). Il ricorrente, tuttavia, ne ha contestata solo una, rendendo l'impugnazione inefficace, poiché le altre motivazioni, non contestate, erano sufficienti a sorreggere da sole la sentenza impugnata. Di conseguenza, la Corte ha confermato il principio per cui l'omessa impugnazione di una delle rationes decidendi comporta l'inammissibilità del ricorso.
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Compenso curatore fallimentare: il contraddittorio
La Corte di Cassazione ha annullato un decreto che liquidava il compenso del curatore fallimentare perché il precedente professionista, succeduto nell'incarico, non era stato convocato per partecipare al procedimento. Questa omissione costituisce una violazione del principio del contraddittorio, un vizio procedurale che rende nullo il provvedimento. Il caso è stato rinviato al Tribunale per una nuova decisione che assicuri la partecipazione di tutte le parti interessate.
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Compenso professionista fallimento: sì alle tariffe
Un professionista, incaricato dal curatore di un fallimento di agire contro un sequestro conservativo tributario, si è visto liquidare un compenso minimo. La Corte di Cassazione ha annullato tale decisione, stabilendo che il compenso del professionista nel fallimento deve essere calcolato secondo le tariffe professionali e non a tempo (a vacazione), poiché la sua attività costituisce una prestazione d'opera professionale e non un mero ausilio al giudice.
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Compenso commissario giudiziale: criterio unificato
Una società ha impugnato la liquidazione del compenso del commissario giudiziale in un concordato preventivo interrotto. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, stabilendo un criterio unificato per il calcolo del compenso commissario giudiziale, basandolo sull'attivo inventariato a prescindere dalla natura del piano (continuità o liquidazione), al fine di eliminare irragionevoli disparità di trattamento.
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