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Diritto Fallimentare

Cessazione materia del contendere: l’accordo che estingue
La Corte di Cassazione dichiara la cessazione della materia del contendere in una controversia tra un Ente Comunale e i curatori del fallimento di una società. L'accordo transattivo raggiunto tra le parti, tramite un concordato fallimentare, ha risolto la disputa originaria su un contratto di concessione, rendendo superflua una decisione sul merito e annullando le sentenze dei gradi precedenti.
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Assegno senza provvista: fallimento non è scusante
La Corte di Cassazione ha stabilito che la sanzione per l'emissione di un assegno senza provvista si applica al legale rappresentante anche se la società è fallita. Il divieto di pagamento previsto dalla legge fallimentare non costituisce una scusante, poiché la responsabilità amministrativa è personale e legata al dovere di diligenza dell'emittente, che non può emettere titoli di credito scoperti.
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Errore di fatto revocazione: i limiti secondo la Cassazione
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile un ricorso per revocazione, chiarendo la distinzione fondamentale tra errore di fatto e errore di giudizio. Il caso riguardava una società che, condannata in un'azione revocatoria, sosteneva che la Corte avesse commesso un errore di fatto nell'interpretare la sua difesa come un'eccezione di compensazione anziché come un'istanza di applicazione della falcidia concordataria. La Suprema Corte ha stabilito che l'errata interpretazione del contenuto di un atto processuale costituisce un errore di giudizio, non un errore di percezione, e quindi non può giustificare la revocazione della sentenza.
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Duplicazione ricorso Cassazione: quando è improcedibile
La Corte di Cassazione ha dichiarato improcedibile un giudizio a causa di una duplicazione del ricorso. Un appello, già deciso con una precedente sentenza, era stato erroneamente iscritto a ruolo una seconda volta. La Corte ha stabilito che, avendo già esercitato la propria funzione giurisdizionale sul medesimo ricorso, non poteva pronunciarsi nuovamente, rendendo il secondo procedimento inammissibile.
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Equa riparazione: termine per fallimenti ante-riforma
Un gruppo di cittadini ha richiesto un'equa riparazione per una procedura fallimentare durata oltre 30 anni. La Corte d'Appello aveva respinto la domanda ritenendola tardiva. La Corte di Cassazione ha annullato tale decisione, stabilendo che per i fallimenti avviati prima della riforma del 2006, il decreto di chiusura diventa definitivo un anno dopo la sua pubblicazione se non viene comunicato alle parti. Di conseguenza, la domanda di indennizzo era stata presentata tempestivamente.
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Rinuncia al ricorso: estinzione del giudizio in Cassazione
La Corte di Cassazione ha dichiarato l'estinzione di un giudizio a seguito della rinuncia al ricorso da parte del ricorrente. La controparte ha accettato la rinuncia, concordando la compensazione integrale delle spese legali. La Corte ha quindi preso atto dell'accordo, estinguendo il procedimento senza alcuna statuizione sulle spese e chiarendo che, in questi casi, il ricorrente non è tenuto al versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato.
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Azione di indebito arricchimento: la Cassazione decide
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 5480/2024, ha stabilito un importante principio in materia di contratti con la Pubblica Amministrazione. Il caso riguardava una società fallita che aveva fornito servizi a un Comune in base a un contratto nullo per difetto di forma scritta. La Corte ha chiarito che, sebbene il contratto fosse invalido, la presenza di un regolare impegno di spesa da parte dell'ente impedisce di configurare una responsabilità diretta del funzionario. Di conseguenza, il fornitore può esperire l'azione di indebito arricchimento direttamente nei confronti del Comune, poiché manca un'altra azione specifica per ottenere il proprio compenso. La sentenza cassa la decisione della Corte d'Appello che aveva erroneamente negato tale possibilità.
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Rimborso Iva fallimento: no al rimborso totale
Un professionista paga l'IVA su fatture emesse a un cliente, che successivamente fallisce. A seguito di un pagamento parziale ricevuto dalla procedura fallimentare, il professionista richiede il rimborso totale dell'IVA versata. La Corte di Cassazione ha negato tale diritto, stabilendo che l'acconto ricevuto deve essere considerato comprensivo di IVA e va imputato proporzionalmente sia all'imponibile che all'imposta. Questa sentenza chiarisce le regole sul rimborso Iva fallimento in caso di pagamenti parziali.
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Giudicato sulla competenza: no usucapione fuori sede
Una ricorrente tenta di ottenere la proprietà di un immobile per usucapione contro un fallimento. La Cassazione dichiara inammissibile il ricorso, confermando che il giudicato sulla competenza, formatosi a seguito di una precedente decisione non impugnata che indicava il tribunale fallimentare come unico foro competente, preclude la riproposizione della domanda in sede ordinaria.
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Opponibilità decreto ingiuntivo: la Cassazione decide
Una banca ottiene l'opponibilità del decreto ingiuntivo contro un fallimento, anche se reso definitivo dopo la domanda di concordato preventivo. La Cassazione stabilisce che la data determinante è quella della dichiarazione di fallimento, non quella della domanda di concordato, chiarendo i limiti del principio di 'consecutio' tra procedure.
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Data certa: quando un credito è opponibile al fallimento
Una società creditrice si è vista negare l'ammissione del proprio credito al passivo di un fallimento poiché la documentazione prodotta, incluse fatture e scritture contabili, era priva di una data certa anteriore alla dichiarazione di fallimento. La Corte di Cassazione, con l'ordinanza in esame, ha dichiarato il ricorso inammissibile, ribadendo che la valutazione sulla sussistenza della data certa è una questione di fatto riservata al giudice del merito e non può essere riesaminata in sede di legittimità. La decisione sottolinea come le semplici registrazioni contabili non siano, di per sé, opponibili al curatore fallimentare, che agisce come terzo.
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Ricorso inammissibile: prova dei crediti nel fallimento
Una società finanziaria ha fatto ricorso in Cassazione dopo il rigetto della sua domanda di ammissione al passivo di un fallimento per crediti derivanti da co-fideiussioni. Il Tribunale aveva negato la richiesta per mancanza di prove con data certa. La Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, sottolineando che l'appello mirava a un riesame dei fatti e delle prove, compito esclusivo del giudice di merito. La Corte ha ribadito che il suo ruolo si limita al controllo della corretta applicazione della legge (giudizio di legittimità), non a una nuova valutazione della causa.
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Ricorso per cassazione inammissibile: limiti e oneri
Una società consociata ha impugnato il rigetto di una sua ingente pretesa creditoria nei confronti di un consorzio fallito. Il tribunale aveva negato l'ammissione del credito, qualificando le somme come 'ristorni' non dovuti a causa dello stato di insolvenza del consorzio e ritenendo le prove (fatture) non opponibili alla curatela. La Corte di Cassazione ha dichiarato il successivo ricorso inammissibile, poiché il ricorrente ha impropriamente mescolato diversi motivi di impugnazione e ha tentato di ottenere un riesame del merito della causa, attività preclusa al giudice di legittimità.
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Danno amministratore: nuovo art. 2486 c.c. si applica?
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 5252/2024, ha stabilito che la nuova formulazione dell'art. 2486 c.c., che introduce un criterio presuntivo per la quantificazione del danno amministratore (il 'differenziale dei patrimoni netti'), si applica anche ai giudizi pendenti al momento della sua entrata in vigore. La Corte ha chiarito che tale norma non modifica la fattispecie di responsabilità, ma fornisce al giudice un criterio di valutazione del danno, avendo quindi una natura latamente processuale e applicandosi secondo il principio 'tempus regit actum'. Di conseguenza, è stato rigettato il ricorso di un'amministratrice che contestava l'applicazione di tale criterio a fatti anteriori alla riforma.
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Inammissibilità ricorso cassazione: i requisiti
La Corte di Cassazione dichiara l'inammissibilità del ricorso per cassazione proposto da una società in concordato contro la decisione della Corte d'Appello che aveva confermato l'annullamento di alcuni contratti infragruppo per conflitto di interessi e nullità. La Suprema Corte ha ritenuto i motivi di ricorso generici, non specificamente confrontati con la sentenza impugnata e basati su una sovrapposizione di censure incompatibili, ribadendo il rigore formale richiesto per l'accesso al giudizio di legittimità.
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Regolamento di competenza: quando è inammissibile?
Un lavoratore ha proposto un ricorso per mobbing, ma il Tribunale lo ha dichiarato improcedibile, indicando la competenza della sezione fallimentare dello stesso ufficio. La Cassazione ha dichiarato inammissibile il successivo regolamento di competenza, chiarendo che si trattava di una questione di rito e ripartizione interna degli affari, non di una vera questione di competenza tra uffici diversi. Secondo il principio dell'apparenza, il mezzo corretto sarebbe stato l'appello.
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Responsabilità sindaci: la prova del nesso causale
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza 5060/2024, ha dichiarato inammissibile il ricorso di una curatela fallimentare, confermando l'assoluzione dei sindaci di una società. Il caso verteva sulla responsabilità sindaci per omessa vigilanza a seguito dell'azzeramento del capitale sociale. La Corte ha ribadito che, per affermare la loro responsabilità, non basta dimostrare l'inerzia, ma è necessario provare il nesso causale tra tale omissione e i danni specifici, dimostrando che il loro intervento avrebbe evitato o limitato il pregiudizio.
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Responsabilità amministratore srl: la Cassazione decide
La Corte di Cassazione conferma la condanna per responsabilità di un amministratore di srl, i cui eredi avevano impugnato la sentenza. La decisione si fonda sull'omessa convocazione dell'assemblea a fronte di perdite di capitale note, aggravando la situazione patrimoniale della società poi fallita. Viene ribadita la correttezza del criterio del 'metodo differenziale' per la quantificazione del danno derivante dalla responsabilità dell'amministratore srl.
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Domanda non riproposta: Cassazione e rinuncia tacita
L'ordinanza 5039/2024 della Corte di Cassazione affronta un caso di smarrimento di titoli affidati a una società di sicurezza. Il punto centrale della decisione è il principio secondo cui una domanda non riproposta esplicitamente nell'atto di riassunzione del processo, a seguito di un'interruzione come il fallimento di una parte, deve considerarsi rinunciata. Di conseguenza, la Corte ha cassato la sentenza d'appello per vizio di ultrapetizione, avendo quest'ultima pronunciato su una domanda di manleva che, di fatto, non era più parte del giudizio.
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Compenso fase istruttoria: quando spetta all’avvocato?
Un'ordinanza della Cassazione chiarisce che il compenso per la fase istruttoria è dovuto all'avvocato anche se non si svolge un'attività di assunzione di prove formali. La Corte ha stabilito che attività come l'esame di atti, la partecipazione a udienze e la formulazione di eccezioni rientrano a pieno titolo in questa fase e devono essere retribuite. Inoltre, ha precisato che i compensi per domande distinte, come quelle di simulazione e revocazione, non possono essere negati considerandoli assorbiti in altre azioni, specialmente se rivolte contro parti diverse.
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