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Diritto Fallimentare

Imposta di registro fissa per sentenze dichiarative
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 6819/2024, ha stabilito che le sentenze che modificano lo stato di crediti già ammessi in procedure concorsuali sono soggette a imposta di registro in misura fissa, non proporzionale. Questo perché tali atti hanno natura meramente dichiarativa e non accertano nuovi diritti patrimoniali. La Corte ha inoltre ribadito che la menzione (enunciazione) in una sentenza di un atto di garanzia, come una fideiussione, già coperto da imposta sostitutiva, non genera una nuova imposizione.
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Aggio sulla riscossione: nessun privilegio nel fallimento
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 6760/2024, ha ribadito un principio cruciale in materia fallimentare: l'aggio sulla riscossione, spettante all'agente incaricato, non gode del privilegio che assiste il credito tributario principale. Questo compenso, qualificato come corrispettivo per un servizio, deve essere ammesso al passivo come credito chirografario. La Corte ha inoltre confermato che, ai fini dell'insinuazione al passivo, è sufficiente la produzione dell'estratto di ruolo, senza la necessità di provare la notifica delle singole cartelle esattoriali.
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Privilegio professionale per società: la Cassazione dubita
Una società cooperativa di professionisti chiede il riconoscimento del privilegio professionale per un credito da progettazione. La Cassazione, di fronte a un orientamento consolidato ma con dubbi interpretativi sulla "pertinenza" del credito al singolo professionista, non decide e rinvia il caso a una pubblica udienza per approfondire la questione.
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Azione di accertamento: quando è ammessa in pendenza?
Una curatela fallimentare ha agito contro un istituto di credito per la restituzione di somme indebitamente percepite su un conto corrente. La Corte d'Appello ha convertito la domanda di condanna in un'azione di accertamento del saldo reale, non essendoci stato un effettivo pagamento. La banca ha impugnato la decisione sostenendo la carenza di interesse ad agire. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando che il correntista ha sempre un interesse giuridicamente rilevante a ottenere una sentenza che chiarisca la nullità di clausole illegittime e determini il corretto saldo del conto, anche prima della sua chiusura e in assenza di pagamenti diretti.
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Liquidazione giudiziale: bilanci validi anche se tardivi
Una società ha impugnato la sentenza che apriva nei suoi confronti la liquidazione giudiziale, sostenendo l'attendibilità dei propri bilanci. La Corte d'Appello, avvalendosi di una relazione del Curatore che confermava la coerenza dei dati contabili nonostante il deposito tardivo, ha accolto il reclamo. La decisione ha revocato la liquidazione giudiziale, stabilendo che la società non superava le soglie di legge per essere soggetta alla procedura.
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Revocatoria del credito: inesistenza e inammissibilità
La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di una curatela fallimentare in un'azione di revocatoria del credito. La decisione si fonda sulla 'sopravvenuta inesistenza' del credito stesso, estinto a seguito della revoca di una concessione pubblica e sostituito da un diritto all'indennizzo. Questo ha reso l'azione revocatoria priva di oggetto, confermando la decisione della Corte d'Appello.
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Opposizione stato passivo: non è un appello
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 6563/2024, ha stabilito che l'opposizione allo stato passivo fallimentare non è un giudizio di appello, ma un procedimento di primo grado. Pertanto, non si applicano i rigidi requisiti di specificità dei motivi richiesti per gli appelli. La genericità delle censure può portare al rigetto nel merito, ma non all'inammissibilità del ricorso. Il caso riguardava un agente della riscossione il cui credito era stato parzialmente escluso e la cui opposizione era stata dichiarata inammissibile dal Tribunale per eccessiva genericità.
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Principio di non contestazione: limiti e prove
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 6448/2024, ha chiarito i confini del principio di non contestazione. Nel caso di un'azione revocatoria fallimentare, la Corte d'Appello aveva liquidato un risarcimento basandosi su una valutazione immobiliare prodotta dal fallimento e non contestata dalla controparte. La Cassazione ha annullato questa decisione, stabilendo che il principio di non contestazione si applica ai fatti storici allegati dalle parti, ma non alle prove documentali o alle valutazioni di terzi, che il giudice deve sempre valutare criticamente.
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Spese di lite: la Cassazione sulla vittoria parziale
Una società, dopo aver perso una causa di revocatoria fallimentare, ha presentato appello ottenendo una vittoria solo parziale sulla quantificazione degli interessi. Nonostante ciò, la Corte d'Appello l'ha condannata a pagare la maggior parte delle spese di lite. La Corte di Cassazione ha confermato questa decisione, rigettando il ricorso. Secondo la Corte, la parte che risulta sostanzialmente soccombente nel giudizio complessivo, pur ottenendo una lieve riforma della sentenza in appello, può essere legittimamente condannata a rifondere gran parte delle spese legali, in applicazione dei principi di soccombenza e causalità.
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Proposta di concordato: il limite invalicabile
La Corte di Cassazione, con ordinanza del 12 marzo 2024, ha stabilito un principio fondamentale in materia fallimentare. Una proposta di concordato è inammissibile se offre ai creditori privilegiati un pagamento inferiore a quanto otterrebbero dalla liquidazione dei beni. La Corte ha chiarito che la stima del ricavato dalla liquidazione, effettuata da un perito, costituisce un parametro vincolante e non meramente indicativo per garantire la tutela minima dei creditori.
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Legittimazione processuale fallito: quando agire?
Una società, dichiarata fallita durante un giudizio di appello, ha tentato di proseguire autonomamente la causa. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, chiarendo che la legittimazione processuale del fallito è un'ipotesi eccezionale, ammessa solo in caso di totale e comprovata inerzia da parte del curatore fallimentare. Nel caso di specie, la semplice richiesta di documentazione da parte del curatore per valutare la convenienza della causa è stata ritenuta un'azione sufficiente a escludere l'inerzia, privando così la società fallita della capacità di stare in giudizio.
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Concordato preventivo sanzioni: la Cassazione decide
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 6358/2024, ha chiarito il rapporto tra concordato preventivo e sanzioni fiscali. Una società, dopo aver ottenuto una rateizzazione per debiti IVA e IRAP, non ha pagato le rate ed è stata successivamente ammessa al concordato preventivo. La Corte ha stabilito che l'apertura della procedura concorsuale non impedisce l'applicazione delle sanzioni per i debiti tributari sorti prima della procedura stessa. La decadenza dalla rateazione è legittima e il contribuente deve versare l'intero importo, incluse le sanzioni, poiché l'impossibilità di pagare dovuta al concordato non costituisce una causa di forza maggiore che estingue l'obbligazione.
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Errore revocatorio: i limiti del ricorso in Cassazione
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile un ricorso per revocazione, basato su un presunto errore revocatorio. La Corte ha chiarito che un'errata valutazione o interpretazione delle risultanze processuali da parte del giudice non costituisce un errore di fatto che giustifichi la revocazione, ma un errore di giudizio, non censurabile con tale mezzo. Il caso riguardava l'opposizione di un creditore allo stato passivo di una società in liquidazione, inizialmente respinta per la mancata produzione di documenti.
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Estratto di ruolo: prova del credito nel fallimento
Un agente della riscossione ha richiesto l'ammissione di un credito al passivo di una società fallita, basandosi su un estratto di ruolo. Il Tribunale ha respinto la richiesta per un vizio formale nella certificazione del documento. La Corte di Cassazione ha annullato tale decisione, non entrando nel merito della certificazione, ma censurando il Tribunale per 'omesso esame di un fatto decisivo'. Il giudice di merito, infatti, non aveva adeguatamente considerato le prove e le argomentazioni relative alla conformità del documento, che erano state oggetto di dibattito tra le parti. La Corte ha ribadito che l'estratto di ruolo è sufficiente a provare il credito e che la sua contestazione deve essere specifica e non generica.
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Contrasto di giudicati: la Cassazione chiarisce
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 6340/2024, ha escluso la sussistenza di un contrasto di giudicati tra un decreto di ammissione al passivo fallimentare di un credito professionale e il successivo decreto che ne liquidava l'importo in misura inferiore. La Corte ha stabilito che l'ammissione al passivo ha natura 'endofallimentare', con effetti limitati alla procedura, e, nel caso di specie, era condizionata alla successiva liquidazione. Pertanto, i due provvedimenti non sono in conflitto, ma rappresentano fasi distinte e complementari dello stesso processo di accertamento del credito.
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Domanda contro fallito: rito o competenza?
Un consorzio ha proposto una domanda contro un fallito in un giudizio ordinario. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, chiarendo che la questione non riguarda la competenza del giudice, ma il rito da seguire. Le pretese creditorie verso un soggetto fallito devono essere fatte valere esclusivamente tramite la procedura di insinuazione al passivo, rendendo ogni azione ordinaria improcedibile. Tale decisione non è impugnabile con regolamento di competenza, ma con l'appello.
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Improcedibilità ricorso Cassazione: onere della prova
Una società propone ricorso per revocazione contro un'ordinanza della Corte di Cassazione che aveva dichiarato il suo precedente ricorso improcedibile per il mancato deposito della prova di notifica del provvedimento impugnato. La Corte rigetta anche il ricorso per revocazione, chiarendo che l'onere di depositare la copia autentica del provvedimento e la prova della sua avvenuta conoscenza (sia essa notifica o comunicazione) è un requisito fondamentale per evitare l'improcedibilità del ricorso in Cassazione.
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Errore di Fatto Revocatorio: quando non è decisivo
Una società, dichiarata fallita, ha richiesto la revocazione di una decisione della Corte di Cassazione, lamentando un errore di percezione sui documenti di causa. La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. La motivazione chiave è che l'errore di fatto revocatorio, per essere rilevante, deve essere 'decisivo'. In questo caso, la decisione originale si basava su più ragioni autonome (rationes decidendi), e l'errore lamentato ne toccava solo una. Le altre ragioni, non contestate, erano sufficienti a sorreggere la sentenza, rendendo l'errore non decisivo.
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Litisconsorzio necessario: debitore va sempre citato
La Corte di Cassazione ha annullato una sentenza per difetto di integrità del contraddittorio. In un'espropriazione immobiliare contro il terzo proprietario, una società creditrice si opponeva al piano di riparto che assegnava parte del ricavato alla curatela fallimentare di uno dei debitori originari. La Corte ha stabilito che anche l'altro debitore originario, non fallito, era parte necessaria del giudizio (litisconsorzio necessario). La sua mancata partecipazione ha reso nulla la sentenza, con rinvio della causa al primo grado per un nuovo giudizio con tutti i soggetti coinvolti.
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Errore revocatorio: quando un ricorso è inammissibile?
Una società in liquidazione ha impugnato per errore revocatorio un'ordinanza della Cassazione, lamentando l'omesso esame di una memoria sulla nullità della procura di una controparte. La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile per due motivi principali: la carenza di interesse ad agire, poiché la decisione impugnata sarebbe rimasta valida grazie a un'altra parte processuale con procura valida; e l'insussistenza dell'errore, in quanto l'eccezione era stata implicitamente rigettata dalla Corte decidendo nel merito della questione principale.
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