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Diritto Fallimentare

Onere della prova TFR: il CUD fa fede del pagamento?
La Corte di Cassazione ha stabilito che, nell'ambito di un'opposizione allo stato passivo fallimentare, il CUD prodotto dallo stesso lavoratore costituisce una prova presuntiva del pagamento del TFR. Spetta quindi al lavoratore superare tale presunzione. Viene chiarito che l'onere della prova del fatto estintivo (pagamento) grava sul datore di lavoro, ma la produzione di un documento come il CUD può invertire di fatto l'onere probatorio, richiedendo al creditore di fornire una prova contraria efficace.
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Responsabilità Attestatore: negligenza e compenso
La Corte di Cassazione ha confermato la decisione di negare il compenso a un professionista per la sua attività di attestatore in una procedura di concordato. È stata riscontrata una macroscopica negligenza, in quanto il professionista aveva certificato due stime immobiliari palesemente divergenti per giustificare prima un piano liquidatorio e poi uno in continuità, omettendo inoltre di rilevare che un immobile cruciale non era di proprietà dell'impresa ma in leasing. La sentenza sottolinea la gravità della responsabilità dell'attestatore, il cui ruolo richiede assoluta oggettività e diligenza.
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Responsabilità avvocato concordato: la Cassazione
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 50/2024, ha definito i confini della responsabilità dell'avvocato nel concordato preventivo. Un professionista ha visto respinta la sua richiesta di compenso per l'assistenza in una procedura di concordato, poiché il piano presentato si basava su dati aziendali palesemente inattendibili e modificati strumentalmente. La Corte ha stabilito che il legale non può limitarsi a un controllo formale, ma ha il dovere di garantire la coerenza e l'attendibilità giuridica della proposta, non potendo presentare atti fondati su dati manipolati per superare i requisiti di legge.
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Qualità imprenditore commerciale: statuto decisivo
La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di una società consortile dichiarata fallita. La Corte conferma che la qualità di imprenditore commerciale non è esclusa dalla mera finalità mutualistica, ma si desume dall'oggetto sociale previsto nello statuto e dall'effettiva attività economica svolta, come la stipula di contratti di appalto. La precedente richiesta di concordato preventivo da parte della società è stata considerata un ulteriore elemento a sostegno della sua natura commerciale.
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Ente pubblico: quando un’associazione è fallibile?
La Corte di Cassazione ha confermato la dichiarazione di fallimento di un'associazione, negandole la qualifica di ente pubblico. La Corte ha stabilito che né il riconoscimento storico né la percezione di fondi pubblici sono sufficienti a definire un'entità come pubblica. Elementi decisivi sono invece la normativa vigente, come la Legge 70/1975 che ha riordinato gli enti pubblici, e lo svolgimento di un'attività commerciale con metodo economico, che assoggetta l'ente alle procedure concorsuali come il fallimento.
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Credito del fideiussore e fallimento: la guida
Una società di assicurazioni, che aveva garantito l'esecuzione di opere di urbanizzazione per una società immobiliare poi fallita, si è vista negare la prededuzione del proprio credito. La Corte di Cassazione ha chiarito che il credito del fideiussore nasce dall'accordo di garanzia originario, anteriore al fallimento, e ha quindi natura concorsuale, non prioritaria. Il fatto che il pagamento sia avvenuto durante la procedura fallimentare è irrilevante ai fini della qualificazione del credito.
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Prededuzione crediti: la funzionalità prevale sull’esito
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 4/2024, ha stabilito un principio cruciale in materia di prededuzione crediti professionali. Il caso riguardava un professionista il cui compenso non era stato ammesso in prededuzione nel fallimento successivo a un concordato preventivo, poiché quest'ultimo era stato revocato. La Corte ha cassato la decisione, affermando che il diritto alla prededuzione non dipende dall'esito finale della procedura, ma dalla "funzionalità" della prestazione valutata "ex ante", ovvero al momento in cui è stata resa. Il giudice deve verificare se il servizio era strumentale alla procedura concorsuale, non se ha effettivamente prodotto un beneficio.
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Fondo Garanzia INPS: esclusi i crediti rinunciati
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 30835/2024, ha stabilito che il Fondo Garanzia INPS non è tenuto a intervenire per pagare TFR e retribuzioni se i lavoratori, a seguito di un trasferimento d'azienda, hanno stipulato un accordo sindacale rinunciando a tali crediti nei confronti del nuovo datore di lavoro solvente. La Corte ha chiarito che l'accordo sindacale non è opponibile all'INPS, il cui rapporto con il lavoratore è autonomo rispetto a quello di lavoro. La rinuncia volontaria a far valere i propri diritti contro un soggetto solvibile interrompe il nesso causale che giustifica l'intervento del fondo, la cui finalità è tutelare dall'insolvenza, non dalle scelte del lavoratore.
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Indennizzo durata irragionevole: la Cassazione chiarisce
La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso di un gruppo di creditori, stabilendo principi chiave sull'indennizzo per durata irragionevole di una procedura fallimentare. La Corte ha chiarito che la durata ragionevole è di sei anni, e non otto come erroneamente stabilito in precedenza. Inoltre, ha precisato che il valore massimo dell'indennizzo deve essere calcolato sulla base del credito originariamente insinuato nel passivo fallimentare, e non sull'importo inferiore effettivamente ricevuto alla fine della procedura.
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Falsus procurator: sanatoria e intervento del creditore
La Corte di Cassazione ha stabilito che, in un procedimento per la dichiarazione di fallimento, l'intervento in giudizio del creditore effettivo sana il difetto di rappresentanza del mandatario che aveva agito come 'falsus procurator'. Tale intervento non è una mera ratifica, ma costituisce una nuova e autonoma domanda di fallimento, dando diritto al creditore di ottenere un proprio termine per regolarizzare la costituzione, anche se un precedente termine concesso al mandatario era scaduto.
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Dichiarazione redditi curatore: obblighi pre-fallimento
Una società fallita ha impugnato un avviso di accertamento per omessa presentazione della dichiarazione dei redditi relativa all'anno precedente al fallimento. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, stabilendo che l'obbligo di presentare la dichiarazione dei redditi del curatore fallimentare sussiste anche per il periodo d'imposta anteriore alla decozione, se il termine di presentazione scade dopo la sua nomina. La Corte ha inoltre respinto le censure relative a vizi procedurali e alla metodologia di accertamento induttivo utilizzata dall'Amministrazione Finanziaria.
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Fondo Garanzia INPS: no al TFR se fallisce il cedente
Una lavoratrice, dopo una cessione d'azienda, ha richiesto l'intervento del Fondo Garanzia INPS per il TFR maturato con la società cedente, poi fallita. Un accordo sindacale aveva escluso la responsabilità della nuova azienda. La Corte di Cassazione ha respinto la domanda, stabilendo che il Fondo interviene solo se è insolvente il datore di lavoro al momento della cessazione del rapporto. Poiché il lavoro proseguiva con la nuova azienda solvente, le condizioni per l'intervento del Fondo non erano soddisfatte, e l'accordo sindacale non è vincolante per l'INPS.
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Fondo di Garanzia TFR: no se il lavoro prosegue
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 31338/2024, ha stabilito che l'intervento del Fondo di Garanzia TFR è escluso se, in caso di cessione di ramo d'azienda, il rapporto di lavoro prosegue con la società acquirente. La Corte ha chiarito che uno dei presupposti indefettibili per l'accesso al fondo è la cessazione del rapporto di lavoro, che rende il TFR esigibile. Pertanto, l'eventuale accordo sindacale con cui il lavoratore rinuncia a chiedere il TFR maturato alla nuova azienda non è sufficiente a far scattare la tutela del Fondo, in quanto tale pattuizione privata non può modificare i requisiti di legge per l'intervento pubblico.
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Fondo Garanzia TFR e cessione d’azienda: i limiti
La Corte di Cassazione, con la sentenza 31064/2024, ha chiarito che il Fondo Garanzia TFR non interviene per pagare il trattamento di fine rapporto se, in caso di cessione d'azienda, il rapporto di lavoro prosegue con la nuova società. La continuazione del rapporto esclude il requisito essenziale della cessazione, rendendo il TFR non esigibile e inibendo l'accesso al fondo, anche in presenza di accordi sindacali che liberino il cessionario dall'obbligo.
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Equa riparazione fallimento: quando spetta l’indennizzo
Una società, creditrice in un lungo procedimento fallimentare, ha ottenuto un indennizzo per l'irragionevole durata del processo. Il Ministero della Giustizia ha impugnato la decisione, sostenendo che il credito fosse di valore esiguo (€ 2.000) e che la società fosse consapevole dell'impossibilità di recuperarlo. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, stabilendo un principio fondamentale in materia di equa riparazione fallimento: il valore della causa si determina sulla base del credito ammesso al passivo, non sulla somma effettivamente riscossa. Inoltre, ha chiarito che un credito di 2.000 euro non è di per sé 'irrisorio' da escludere il diritto al risarcimento.
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Impresa minore: revoca liquidazione giudiziale
Una società in nome collettivo, dichiarata in liquidazione giudiziale su istanza di un'ex dipendente, ha ottenuto la revoca del provvedimento in appello. La Corte ha accolto il reclamo dopo che la società ha dimostrato di possedere i requisiti di 'impresa minore' previsti dal Codice della Crisi, ovvero soglie di attivo, ricavi e debiti inferiori ai limiti di legge. Nonostante la vittoria, la società è stata condannata a pagare le spese del primo grado e del curatore per non aver fornito le prove tempestivamente.
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Motivazione apparente: sentenza nulla se mancano ragioni
La Corte di Cassazione ha annullato una sentenza tributaria per motivazione apparente. Il giudice d'appello aveva accolto le ragioni di una società fallita contro un avviso di accertamento, ma senza spiegare adeguatamente il perché le prove presentate fossero decisive. La Suprema Corte ha ribadito che una motivazione graficamente esistente ma priva di un percorso logico-giuridico comprensibile equivale a una motivazione mancante, rendendo la sentenza nulla.
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Bancarotta documentale semplice e ruolo del prestanome
La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un amministratore, condannato per bancarotta documentale semplice. La Corte ha stabilito che il ruolo di mero 'prestanome' non esclude la responsabilità, poiché per questo reato è sufficiente la colpa, derivante dall'aver accettato la carica senza vigilare sulla corretta tenuta delle scritture contabili. La sospensione condizionale della pena è stata negata a causa della prognosi negativa basata sul suo coinvolgimento come amministratore formale in numerose altre società.
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Errore materiale: il giudice guarda la sostanza
Un lavoratore si è visto riconoscere un credito in un fallimento solo come chirografario a causa di un'errata dicitura nelle conclusioni del suo ricorso. La Cassazione ha annullato la decisione, stabilendo che il giudice deve interpretare la volontà sostanziale della parte che emerge dall'intero atto, superando il mero errore materiale. Il caso evidenzia come la sostanza della richiesta prevalga sulla forma, specialmente quando l'intenzione di chiedere un credito privilegiato era chiara in tutto il resto del documento.
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Prova compenso amministratore: non basta la nomina
Una società creditrice, che aveva acquistato il diritto al compenso di un ex amministratore di un'azienda fallita, si è vista rigettare la richiesta di insinuazione al passivo. La Corte di Cassazione ha confermato la decisione, stabilendo che per ottenere il compenso non è sufficiente provare la nomina alla carica di amministratore. È indispensabile fornire la prova specifica e concreta dell'attività effettivamente svolta, onere che nel caso di specie non è stato assolto. La genericità delle prove testimoniali proposte è stata una delle ragioni principali del rigetto del ricorso.
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