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Diritto Fallimentare

Privilegio associazione professionale: la Cassazione
Un'associazione professionale ha richiesto il riconoscimento del privilegio per un credito derivante da un incarico di progettazione nell'ambito del fallimento di una S.p.A. Il tribunale di primo grado aveva negato il privilegio, ammettendo il credito solo in via chirografaria. La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, affermando che il privilegio per associazione professionale spetta se si fornisce la prova rigorosa che la prestazione sia stata svolta personalmente e prevalentemente da un professionista specifico, anche se il rapporto è formalmente intestato all'associazione. La Corte ha cassato il decreto per motivazione contraddittoria e ha rinviato la causa al tribunale per una nuova valutazione.
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Prova del credito: onere probatorio del professionista
Un ex amministratore di una società in amministrazione straordinaria ha chiesto di essere ammesso al passivo per compensi professionali. La Cassazione ha respinto il ricorso, confermando la decisione del tribunale. La corte ha ribadito che la prova del credito spetta interamente al creditore, che deve dimostrare non solo il titolo dell'incarico, ma anche l'effettivo svolgimento delle prestazioni e il diritto al compenso, specialmente quando l'incarico è conferito a sé stesso. La valutazione delle prove da parte del giudice di merito è insindacabile in Cassazione se non per vizi specifici.
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Privilegio professionista: sì allo studio associato
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 7531/2024, ha stabilito che un credito vantato da uno studio professionale associato può godere del privilegio professionista in un fallimento. È necessario, però, fornire una prova rigorosa che la prestazione sia stata svolta in modo personale e prevalente da un singolo associato. La Corte ha cassato la decisione del tribunale di merito che aveva negato il privilegio basandosi su una motivazione apparente e senza valutare adeguatamente le prove fornite, rinviando il caso per un nuovo esame.
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Omessa pronuncia del giudice: il caso in Cassazione
Un professionista si oppone allo stato passivo di un fallimento per due distinti crediti. Il Tribunale si pronuncia solo su uno, ignorando l'altro. La Cassazione rileva l'errore di omessa pronuncia, cassa il decreto e rinvia il caso per un nuovo esame che valuti entrambe le domande.
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Errore di fatto: quando si può revocare una sentenza?
Un acquirente ha chiesto la revocazione di una sentenza relativa a un acquisto immobiliare, lamentando un errore di fatto del giudice su un pagamento omesso, una penale e l'aliquota IVA. La Corte d'Appello ha accolto parzialmente la richiesta, correggendo solo l'omissione del pagamento, in quanto pura svista materiale. Ha invece stabilito che le questioni sulla penale e sull'IVA riguardavano una valutazione giuridica e non un errore di fatto, chiarendo così i limiti di questo strumento processuale.
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Liquidazione controllata: accesso dopo revoca concordato
Un professionista, a seguito della revoca di un concordato minore, ha richiesto la conversione in liquidazione controllata. Il Tribunale ha respinto l'istanza, ritenendola irregolare. La Corte d'Appello ha riformato la decisione, affermando il diritto del debitore di accedere alla liquidazione controllata come naturale prosecuzione della procedura, in base all'art. 83 CCII, quando la revoca non deriva da frode o inadempimento.
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Equa riparazione: il termine per la domanda
Un debitore ha richiesto l'equa riparazione per l'eccessiva durata di un fallimento. La richiesta era stata respinta perché ritenuta tardiva. La Cassazione ha annullato la decisione, chiarendo che per i fallimenti precedenti alla riforma del 2006, se il decreto di chiusura non viene notificato a tutti i creditori, diventa definitivo solo dopo un anno. Di conseguenza, il termine di sei mesi per la domanda di equa riparazione decorre da tale momento, rendendo la richiesta tempestiva.
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Immobili da costruire: la tutela salta se l’opera è finita
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 7411/2024, ha stabilito che la nullità del contratto preliminare per la mancata consegna della polizza fideiussoria, prevista a tutela degli acquirenti di immobili da costruire, non può essere fatta valere se l'immobile è stato completato al momento della domanda giudiziale. Questa specifica protezione è limitata alla fase di costruzione, per garantire l'acquirente dal rischio di insolvenza del costruttore prima della fine dei lavori.
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Rinuncia al ricorso e spese legali: la decisione
Una lavoratrice, dopo aver impugnato in Cassazione un decreto del Tribunale relativo all'ammissione al passivo fallimentare, ha effettuato una rinuncia al ricorso. Nonostante la richiesta di compensazione delle spese, la Corte di Cassazione, accogliendo l'istanza della controparte, ha dichiarato estinto il processo e ha condannato la ricorrente al pagamento delle spese legali, applicando il principio di causalità.
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Opponibilità cessione crediti: la Cassazione decide
Una società di factoring si è vista negare l'opponibilità di una cessione di crediti nei confronti del fallimento di un'impresa cliente. La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 7415/2024, ha riformato la decisione di merito, accogliendo quasi tutti i motivi di ricorso. L'ordinanza chiarisce punti fondamentali sull'opponibilità cessione crediti, stabilendo che un timbro postale può conferire data certa anche se apposto sul retro di un documento e che, per l'opponibilità, è sufficiente la prova del pagamento parziale del corrispettivo, non necessariamente riferito a specifici crediti. La causa è stata rinviata alla Corte d'Appello per un nuovo esame.
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Rinuncia al ricorso: chi paga le spese legali?
Una lavoratrice rinuncia al ricorso in Cassazione contro una società fallita, proponendo la compensazione delle spese. La Corte dichiara estinto il processo per rinuncia al ricorso e, su richiesta della controparte, condanna la ricorrente al pagamento delle spese legali, escludendo il doppio contributo unificato.
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Dispositivo e motivazione: come interpretare la sentenza
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 7340/2024, ha chiarito il rapporto tra dispositivo e motivazione di una sentenza. Nel caso esaminato, una Corte d'Appello aveva erroneamente ritenuto accolta una domanda di revocatoria basandosi solo sulla motivazione di una sentenza di primo grado, nonostante il dispositivo si pronunciasse unicamente sulla nullità di un pegno. La Cassazione ha cassato la sentenza d'appello, affermando che il dispositivo chiaro e inequivocabile prevale sulla motivazione e non può essere contraddetto da essa. Non si può 'immaginare' una statuizione che il giudice non ha pronunciato nel suo comando finale.
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Vendita concorsuale: no a cancellazione ipoteca
Una società creditrice ha contestato la cancellazione di un'ipoteca su un immobile venduto dal curatore fallimentare in esecuzione di un contratto preliminare per una prima casa. Le Sezioni Unite della Cassazione hanno stabilito che tale operazione non costituisce una "vendita concorsuale" ai sensi dell'art. 108 della Legge Fallimentare e, di conseguenza, non gode dell'"effetto purgativo" che consente di cancellare le ipoteche preesistenti. La Corte ha chiarito che il curatore, in questo caso, adempie semplicemente a un'obbligazione contrattuale del fallito, senza porre in essere una procedura di liquidazione competitiva.
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Inscientia decoctionis: prova a carico del coniuge
La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso della moglie di un imprenditore fallito, confermando l'inefficacia della donazione di una quota immobiliare ricevuta dal coniuge. L'ordinanza ribadisce che, nell'azione revocatoria fallimentare, spetta al coniuge che ha ricevuto il bene dimostrare la propria 'inscientia decoctionis', ovvero la non conoscenza dello stato di insolvenza del donante. La Corte ha inoltre dichiarato inammissibili le richieste istruttorie della ricorrente, ritenendole esplorative e tardive.
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Forma scritta subappalto: quando è obbligatoria?
Una società cooperativa si è vista negare il pagamento per servizi resi nell'ambito di un subappalto, poiché il contratto era privo della forma scritta. La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 7323/2024, ha confermato la decisione, stabilendo che l'obbligo di forma scritta subappalto, previsto per il contratto principale di appalto pubblico, si estende anche al contratto derivato a causa del 'collegamento negoziale' tra i due. L'effettiva esecuzione dei lavori non può sanare la nullità del contratto per vizio di forma.
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Errore di fatto revocatorio: quando è inammissibile
Una società in liquidazione ha impugnato per revocazione una precedente ordinanza della Cassazione, lamentando un errore di fatto revocatorio. La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, chiarendo che l'omesso esame di questioni processuali o la valutazione errata di documenti costituiscono errori di giudizio e non errori di fatto, non consentendo quindi la revocazione della sentenza.
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Dotazioni ecologiche e ambientali: chi paga le opere?
Una società fallita ha contestato l'obbligo di realizzare una cassa di espansione, sostenendo che fosse un'opera pubblica a carico della collettività. Le Sezioni Unite della Cassazione hanno respinto il ricorso, qualificando l'opera come una 'dotazione ecologica e ambientale', ovvero una precondizione necessaria per la trasformazione urbanistica voluta dalla stessa società. Di conseguenza, il costo della sua realizzazione spetta al soggetto che attua l'intervento edilizio e non può essere scomputato dai contributi di costruzione.
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Data certa fallimento: la Cassazione e il contraddittorio
Una banca si è vista negare l'ammissione di un credito al passivo di un'azienda fallita perché i documenti erano privi di data certa. La Corte di Cassazione ha annullato la decisione, stabilendo che il giudice, prima di decidere su una questione come la mancanza di data certa nel fallimento sollevata d'ufficio, ha l'obbligo di sottoporla alle parti per garantire il rispetto del contraddittorio e del diritto di difesa. Il caso è stato rinviato per un nuovo esame.
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Obblighi fiscali fallimento revocato: chi paga?
Un contribuente ha impugnato una cartella di pagamento per tardivo versamento IRPEF, sostenendo che la causa fosse un ritardo nella chiusura del suo fallimento, sebbene revocato. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, chiarendo che gli obblighi fiscali post fallimento revocato restano a carico del contribuente. Essendo tornato in possesso dei propri beni durante l'anno d'imposta, egli era tenuto a presentare la dichiarazione e versare le imposte nei termini previsti, rendendo il ritardo a lui imputabile.
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Procura speciale cassazione: i requisiti di validità
Un lavoratore si vede dichiarare inammissibile il ricorso contro il fallimento del suo ex datore di lavoro per un credito da TFR. La Corte di Cassazione ha stabilito che la causa dell'inammissibilità risiede nella nullità della procura speciale cassazione, in quanto quella utilizzata era generica e non specificamente conferita per il giudizio di legittimità, mancando dei requisiti essenziali richiesti dalla legge.
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