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Diritto Fallimentare

Trasferimento immobile separazione: rischio fallimento
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di una moglie separata contro la decisione che rendeva inefficace il trasferimento immobiliare ricevuto dall'ex coniuge, poi fallito. L'atto, avvenuto in sede di separazione consensuale, è stato qualificato come gratuito perché non è stata fornita prova della sua natura onerosa, ovvero come sostituzione del mantenimento o come transazione di liti potenziali. La Suprema Corte ha confermato l'inefficacia dell'atto verso i creditori del fallimento.
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Datio in solutum del terzo: quando è atto oneroso?
Una banca ha intentato un'azione revocatoria contro un'operazione di 'datio in solutum', con cui i soci di una società debitrice avevano trasferito un proprio immobile per estinguere un debito sociale. La banca sosteneva la natura gratuita dell'atto. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando che l'atto è da considerarsi oneroso. La motivazione risiede nel vantaggio patrimoniale, seppur indiretto, ottenuto dai soci, i quali, estinguendo il debito, si sono surrogati nei diritti del creditore verso la loro stessa società.
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Data certa PEC: allegati inclusi nella validità
Un'erede rivendicava la proprietà di alcuni quadri depositati presso una società poi fallita, basando la sua prova su documenti inviati come allegati a una PEC. Inizialmente, la sua richiesta fu respinta perché i documenti non erano nel corpo dell'email. La Corte di Cassazione ha ribaltato la decisione, stabilendo che la ricevuta di consegna di una Posta Elettronica Certificata fornisce data certa PEC all'intero messaggio, inclusi i suoi allegati. Questo li rende legalmente validi e opponibili a terzi, come il curatore fallimentare, a meno che non vi sia una contestazione specifica e dettagliata sulla loro conformità.
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Onere della prova e cambiale: la Cassazione chiarisce
Un creditore, in possesso di un pagherò cambiario, ha richiesto l'ammissione al passivo del fallimento di una s.r.l. Il Tribunale ha rigettato la richiesta, sostenendo che il creditore non avesse provato l'effettivo prestito sottostante. La Corte di Cassazione ha cassato la decisione, chiarendo che in presenza di un titolo di credito come la cambiale, l'onere della prova si inverte: spetta al curatore fallimentare dimostrare l'inesistenza del rapporto fondamentale e non al creditore provarne l'esistenza.
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Risoluzione contratto fallimento: competenza del giudice
Un committente si opponeva all'esclusione dal passivo fallimentare di un credito per danni da inadempimento contrattuale. La Cassazione, di fronte alla questione sulla competenza tra giudice ordinario e fallimentare per la risoluzione contratto fallimento, ha rinviato la decisione a un'udienza pubblica per un esame congiunto con casi analoghi, data la rilevanza della questione.
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Prova consegna merce: basta la rimessa al vettore?
Una società fornitrice si è vista negare l'ammissione al passivo fallimentare del cliente per mancata prova della consegna. La Cassazione ha accolto il ricorso, chiarendo che, nella vendita con trasporto, la prova consegna merce è soddisfatta nel momento in cui i beni vengono affidati al vettore, come stabilito dall'art. 1510 c.c., senza necessità di dimostrarne l'arrivo a destinazione.
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Responsabilità amministratori srl: la guida completa
La Corte di Cassazione ha confermato la condanna per 'responsabilità amministratori srl' nei confronti di un intero consiglio di amministrazione per 'mala gestio'. La sentenza chiarisce che, in caso di contabilità inaffidabile, il danno può essere liquidato con il criterio della differenza dei netti patrimoniali. Viene inoltre ribadita la responsabilità anche degli amministratori non esecutivi per omessa vigilanza e l'inapplicabilità della 'business judgment rule' a condotte illecite come l'omesso versamento di imposte.
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Azione revocatoria: vendita tra padre e figlia provata
La Corte di Cassazione ha confermato l'inefficacia di una vendita immobiliare tra un padre e sua figlia, oggetto di un'azione revocatoria da parte di una società creditrice. La Suprema Corte ha stabilito che il rapporto di parentela stretto, unito al fatto che l'immobile venduto era l'unico bene del debitore, costituisce una presunzione sufficiente a dimostrare la consapevolezza della figlia del pregiudizio arrecato ai creditori, rendendo l'atto inefficace nei loro confronti.
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Patto fiduciario: licenza e gestione separata
La Corte di Cassazione ha confermato la validità di un patto fiduciario riguardante la gestione di una rivendita di Monopoli di Stato. Nel caso esaminato, una persona fisica era titolare della licenza, ma un accordo la obbligava a versare gli utili a una società. La Corte ha stabilito che tale accordo è legittimo se riguarda solo la gestione economica e non mira a eludere la norma che impone l'intestazione della licenza a una persona fisica. Il ricorso della titolare della licenza è stato respinto per motivi procedurali e per l'infondatezza della presunta illegalità del patto fiduciario.
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Ricorso per Cassazione: i requisiti di procedibilità
La Corte di Cassazione dichiara improcedibile un ricorso avverso una decisione in materia fallimentare. La pronuncia si fonda su gravi vizi procedurali, tra cui il mancato deposito della procura speciale in forma idonea e la violazione del principio di autosufficienza. La decisione sottolinea come il rigore formale sia un presupposto imprescindibile per l'esame nel merito del ricorso per cassazione.
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Pagamento assegni conto scoperto: la Cassazione decide
La Corte di Cassazione ha esaminato il caso di una banca che aveva pagato degli assegni di una società dopo la sua dichiarazione di fallimento, nonostante il conto corrente fosse scoperto. I giudici di merito avevano ritenuto che la banca, tollerando lo scoperto, avesse di fatto concesso una linea di credito, rendendo le somme disponibili per la società fallita e quindi ripetibili dalla curatela. La Cassazione ha ribaltato questa decisione, stabilendo che il pagamento assegni conto scoperto non prova l'esistenza di un contratto di apertura di credito, che richiede la forma scritta. Inoltre, la dichiarazione di fallimento scioglie automaticamente il contratto di conto corrente, impedendo qualsiasi operazione successiva con fondi del fallito. I pagamenti sono stati quindi effettuati con mezzi propri della banca e non possono essere chiesti in restituzione dalla curatela fallimentare.
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Principio di non contestazione: limiti e applicazione
Un istituto di credito si opponeva alla parziale ammissione del proprio credito nello stato passivo di una società fallita. Il Tribunale rigettava l'opposizione, ritenendo generiche le contestazioni della banca. La Corte di Cassazione ha annullato tale decisione, chiarendo che il principio di non contestazione si applica solo ai fatti storici e non alle questioni giuridiche o alle valutazioni tecniche, che il giudice ha sempre il dovere di esaminare nel merito.
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Data certa fallimento: obbligo di contraddittorio
Una società finanziaria si opponeva all'esclusione di un credito dallo stato passivo di un fallimento. Il Tribunale rigettava la domanda rilevando d'ufficio la mancanza di data certa dei documenti prodotti. La Corte di Cassazione ha stabilito che, sebbene il giudice possa sollevare d'ufficio la questione della data certa nel fallimento, ha l'obbligo di sottoporla preventivamente alle parti per garantire il diritto di difesa. Di conseguenza, ha annullato la decisione e rinviato il caso per un nuovo esame.
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Omessa pronuncia: appello senza motivi specifici
La Corte di Cassazione ha annullato una sentenza d'appello che aveva condannato gli eredi di un amministratore al risarcimento. Il motivo è procedurale: la Corte d'Appello aveva deciso su una domanda di rimborso illegittimo di finanziamento soci su cui il tribunale di primo grado aveva omesso di pronunciarsi. La Cassazione ha stabilito che l'omessa pronuncia costituisce un errore che deve essere contestato con uno specifico motivo di appello (ex art. 342 c.p.c.), non essendo sufficiente una mera riproposizione della domanda.
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Decadenza garanzia vizi appalto: la Cassazione decide
Un committente ha richiesto l'ammissione al passivo fallimentare di un'impresa costruttrice per vizi dell'opera e per un credito ceduto. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la decisione dei giudici di merito. La richiesta di risarcimento per i difetti è stata respinta a causa della tardiva denuncia, integrando la decadenza garanzia vizi appalto. Anche la pretesa derivante dalla cessione del credito è stata rigettata per carenza di prova sia del credito stesso che dell'atto di cessione.
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Rimborso credito IVA fallimento: la Cassazione decide
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 7826/2024, ha stabilito che una società fallita ha diritto al rimborso del credito IVA, equiparando la dichiarazione di fallimento alla cessazione definitiva dell'attività. L'Agenzia delle Entrate aveva negato il rimborso, sostenendo che l'impresa potesse ancora compiere operazioni imponibili, ma la Corte ha respinto il ricorso, confermando che il diritto al rimborso credito IVA fallimento sorge con la procedura concorsuale, assimilando le imprese fallite a quelle cessate.
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Giudicato esterno: limiti in procedura fallimentare
Una società creditrice si è vista respingere la domanda di ammissione al passivo fallimentare per un credito derivante da penali per ritardo, a causa di un successivo accordo ritenuto una rinuncia tacita. La Corte di Cassazione, affrontando la questione di un 'giudicato esterno' favorevole al creditore emerso in un altro processo, ha dichiarato il ricorso inammissibile. Ha stabilito che l'accertamento del passivo è una procedura esclusiva e autonoma, e le decisioni dei giudici ordinari non vincolano automaticamente il tribunale fallimentare, proteggendo così l'integrità del concorso tra creditori.
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Onere della prova appalto: chi deve provare il credito?
Una società, cessionaria di un credito derivante da un contratto di appalto, ha richiesto l'ammissione al passivo fallimentare della società debitrice. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, stabilendo che l'onere della prova in un contratto di appalto spetta al creditore. Quest'ultimo deve dimostrare non solo l'esistenza del contratto, ma anche l'effettiva e corretta esecuzione delle prestazioni da parte dell'appaltatore originario. La sola presentazione delle fatture è stata ritenuta insufficiente come prova nei confronti del curatore fallimentare.
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Data certa e fallimento: la Cassazione fa chiarezza
Una società si è vista negare l'ammissione di un credito al passivo fallimentare di un'altra impresa. La Corte di Cassazione ha confermato la decisione, ribadendo che una scrittura privata, per essere opponibile al fallimento, deve avere una data certa. Un semplice riferimento generico ad altri eventi nel documento non è stato ritenuto sufficiente a fornire tale prova cruciale. Il ricorso è stato dichiarato inammissibile anche per altri motivi procedurali, sottolineando il rigore formale richiesto in queste circostanze.
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Data certa: la prova nei confronti del fallimento
Una società cooperativa si è vista negare l'ammissione al passivo di un fallimento per un credito di oltre 40 milioni di euro a causa della mancanza di 'data certa' sui contratti. La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, stabilendo che il giudice di merito ha l'obbligo di valutare ogni elemento, anche diverso dalla registrazione, idoneo a provare con certezza l'anteriorità dei documenti rispetto alla dichiarazione di fallimento. La Corte ha inoltre censurato l'omessa pronuncia su un'ulteriore richiesta di credito, cassando il provvedimento e rinviando la causa al Tribunale.
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