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Diritto Fallimentare

Pagamenti post fallimento: a chi chiedere i soldi?
La Corte di Cassazione chiarisce un punto cruciale sui pagamenti post fallimento. Un'impresa fallita aveva continuato a effettuare pagamenti a un creditore tramite una banca. Il curatore fallimentare ha citato in giudizio la banca per ottenere la restituzione delle somme. La Suprema Corte ha stabilito che l'azione di inefficacia deve essere rivolta contro il creditore che ha effettivamente ricevuto il denaro (l'accipiens), e non contro la banca, che ha agito solo come intermediario. La sentenza precedente è stata quindi annullata con rinvio.
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Prova incarico professionale: Cassazione chiarisce
Uno studio di commercialisti si è visto rigettare la domanda di ammissione al passivo per compensi professionali dal tribunale, per mancata prova scritta dell'incarico. La Cassazione ha accolto il ricorso, affermando che la prova dell'incarico professionale non richiede la forma scritta e può essere fornita con ogni mezzo, anche con presunzioni. I documenti prodotti non possono essere ritenuti inammissibili solo perché la loro pertinenza non è stata dettagliata singolarmente. Il caso è stato rinviato al tribunale per un nuovo esame.
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Indennizzo durata irragionevole: nuovo risarcimento
Una società, creditrice in una procedura fallimentare durata oltre 10 anni, ha ottenuto un secondo indennizzo per durata irragionevole del processo. La Corte d'Appello di Ancona ha liquidato un'ulteriore somma di 800 euro, calcolata sulla base di 400 euro per ogni anno di ritardo aggiuntivo maturato dopo una precedente condanna, tenendo conto della natura chirografaria del credito e della limitata aspettativa di pagamento.
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Compensazione impropria: appalto e fallimento
La Corte di Cassazione chiarisce la disciplina della compensazione impropria in un caso riguardante un appalto pubblico e il successivo fallimento della ditta appaltatrice. L'ordinanza stabilisce che, quando crediti e debiti nascono dallo stesso rapporto contrattuale, non è necessaria un'eccezione formale di parte per la loro compensazione, trattandosi di un mero accertamento contabile. Il fallimento dell'appaltatore non impedisce al committente di far valere i propri controcrediti per vizi e ritardi.
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Revocatoria fallimentare: rimesse e fido bancario
La Corte di Cassazione si è pronunciata su un caso di revocatoria fallimentare, chiarendo la natura delle rimesse bancarie in presenza di diverse linee di credito. La curatela di una società fallita aveva agito contro un istituto di credito per recuperare versamenti effettuati su un conto corrente prima del fallimento. La Corte ha stabilito che un fido per anticipo fatture ('castelletto di sconto') non può essere sommato all'affidamento ordinario del conto corrente. Di conseguenza, le rimesse affluite sul conto, quando questo era scoperto oltre il suo fido specifico, sono considerate 'solutorie' (cioè pagamenti di un debito) e quindi soggette a revocatoria fallimentare, confermando la condanna della banca alla restituzione delle somme.
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Rinuncia risoluzione contratto: la Cassazione decide
I garanti di una società si opponevano a un'ingiunzione di pagamento, sostenendo che la banca, dopo aver terminato un contratto di mutuo, avesse implicitamente rinunciato alla risoluzione chiedendo il pagamento di una singola rata scaduta. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, confermando la decisione d'appello. Secondo la Corte, la richiesta della banca era un atto ambiguo e non costituiva una chiara rinuncia risoluzione contratto, potendo essere interpretato come una semplice mossa per ottenere un pagamento parziale. Inoltre, è stata respinta l'eccezione processuale del garante relativa al fallimento della società per difetto di legittimazione.
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Non contestazione: il silenzio non è sempre assenso
Un professionista si è visto ridurre il proprio compenso dal Tribunale, che ha applicato il principio di non contestazione per un pagamento che il professionista sosteneva di non aver mai ricevuto. La Corte di Cassazione ha annullato la decisione, stabilendo che il giudice di merito ha l'obbligo di verificare l'effettiva esistenza di una contestazione negli atti di causa e di motivare la propria conclusione. Il semplice affermare che un fatto non è stato contestato, senza esaminare le difese della parte, costituisce un vizio di motivazione. Il caso è stato rinviato al Tribunale per un nuovo esame.
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Mutuo Solutorio: valido con accredito su conto corrente
Una società finanziaria ha impugnato in Cassazione il decreto di un tribunale che negava l'ammissione al passivo di un credito derivante da un finanziamento. Il tribunale aveva ritenuto il contratto di mutuo nullo per mancanza di effettiva consegna del denaro, dato che la somma era stata immediatamente utilizzata per estinguere un debito preesistente del mutuatario verso la stessa banca. La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, stabilendo che il cosiddetto mutuo solutorio è valido e si perfeziona con il semplice accredito della somma sul conto corrente del debitore. Tale operazione, infatti, conferisce al mutuatario la disponibilità giuridica dei fondi, che è sufficiente a integrare la consegna (traditio), anche se l'utilizzo successivo è contestuale e finalizzato a estinguere un debito. La causa è stata rinviata al tribunale per un nuovo esame.
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Patto commissorio: vendita e leasing tra società collegate
La Cassazione chiarisce i confini del divieto di patto commissorio in un'operazione complessa di vendita e leasing tra società collegate. Sebbene respinga la nullità del contratto, accoglie il ricorso per vizio di motivazione sull'azione revocatoria, cassando con rinvio la sentenza d'appello.
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Mutuo Solutorio: valido anche se estingue debiti
La Corte di Cassazione ha stabilito che un contratto di mutuo è valido e perfezionato anche se la somma erogata viene immediatamente utilizzata per estinguere debiti pregressi del mutuatario verso la stessa banca. Questo tipo di operazione, nota come mutuo solutorio, si considera conclusa con l'accredito sul conto corrente, che conferisce al mutuatario la disponibilità giuridica della somma, a prescindere dal suo successivo impiego. La Corte ha cassato la decisione del Tribunale che aveva negato la natura di mutuo, riqualificando il contratto.
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Credito di regresso: quando si ammette al passivo?
Una società, coobbligata per un debito tributario di un'altra società poi fallita, ha chiesto di ammettere al passivo il proprio potenziale credito di regresso. La Corte di Cassazione ha respinto la richiesta, stabilendo che il diritto di regresso sorge solo con il pagamento integrale del debito. Fino a quel momento, il credito è inesistente e non può essere ammesso al passivo, neppure con riserva, in quanto non costituisce un credito condizionato.
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Responsabilità amministratori: calcolo del danno
L'amministratore di una S.r.l. veniva citato in giudizio dal curatore fallimentare per aver aggravato il dissesto della società. Il punto cruciale del ricorso in Cassazione riguarda il criterio di calcolo del danno e l'applicabilità delle nuove norme del Codice della Crisi d'Impresa. Riconoscendo l'importanza della questione e la presenza di orientamenti contrastanti, la Corte di Cassazione ha emesso un'ordinanza interlocutoria, rinviando la causa a una pubblica udienza per una decisione che possa garantire uniformità interpretativa in materia di responsabilità amministratori.
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Associazione in partecipazione: Cassazione inammissibile
La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di due associate in un contratto di associazione in partecipazione per una farmacia, le quali chiedevano l'ammissione al passivo del fallimento dell'associante. La Corte ha stabilito che i motivi del ricorso miravano a un inammissibile riesame dei fatti e delle prove, compito che esula dalle funzioni del giudice di legittimità, confermando la decisione del Tribunale che aveva escluso un grave inadempimento contrattuale da parte dell'associante.
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Cessione del credito: pignoramento e fallimento
La Corte di Cassazione chiarisce che la cessione del credito, se avvenuta prima dell'apertura di una procedura concorsuale, può rendere il credito stesso non pignorabile da altri creditori. Un pagamento ricevuto da un creditore pignorante su un credito precedentemente ceduto dal debitore potrebbe non essere soggetto a restituzione in caso di fallimento. La Corte ha stabilito che una precedente declaratoria di inammissibilità per motivi procedurali di un'opposizione non equivale a una decisione nel merito sulla titolarità del credito, annullando la decisione di merito che aveva ordinato la restituzione delle somme.
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Ammissione al passivo: la prova del credito
Un'associazione di operatori commerciali ha richiesto l'ammissione al passivo fallimentare di una società per spese comuni non pagate. La richiesta è stata respinta perché l'associazione non è riuscita a provare l'effettiva adesione della società fallita, che è il presupposto del credito. La Corte di Cassazione ha confermato la decisione, sottolineando che le fatture e la mera presenza dell'azienda nel centro commerciale non sono prove sufficienti a dimostrare il vincolo associativo.
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Decreto ingiuntivo opponibilità fallimento: la guida
La Cassazione ha chiarito che il decreto ingiuntivo non opposto è opponibile al fallimento solo se il decreto di esecutorietà ex art. 647 c.p.c. è emesso prima della dichiarazione di fallimento. La data della richiesta di esecutorietà è irrilevante. Il ricorso di una banca è stato dichiarato inammissibile, confermando la necessità di un provvedimento giudiziale anteriore al fallimento per la formazione del giudicato.
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Onere della prova danno: ricorso inammissibile
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di una società capogruppo di un'Associazione Temporanea di Imprese che chiedeva l'ammissione al passivo del fallimento di una consociata. La richiesta, basata su un presunto inadempimento contrattuale, è stata respinta a ogni livello di giudizio a causa del mancato assolvimento dell'onere della prova danno. La ricorrente non è riuscita a dimostrare né i pagamenti effettuati per sopperire alle mancanze della consociata, né l'effettivo pregiudizio economico subito, rendendo la sua pretesa infondata.
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Data certa: come provarla nel fallimento del debitore
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un istituto di credito che cercava di far ammettere un proprio credito al passivo di un fallimento. La controversia verteva sulla prova della 'data certa' del contratto di conto corrente, fondamentale per la sua opponibilità ai terzi. La banca aveva prodotto una lettera raccomandata, ma il Tribunale aveva ritenuto la prova insufficiente poiché il timbro postale era apposto su un foglio separato e non formava un 'corpo unico' con il documento contrattuale. La Cassazione ha confermato che la valutazione di tale prova è di competenza esclusiva del giudice di merito e non può essere riesaminata in sede di legittimità, ribadendo il principio secondo cui la certezza della data richiede che la scrittura e il foglio con il timbro costituiscano un unico documento.
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Motivazione apparente: Cassazione annulla decreto
Una società creditrice si è vista ammettere solo parzialmente il proprio credito nel fallimento di un'altra impresa. La Corte di Cassazione ha annullato la decisione del Tribunale per motivazione apparente, poiché il giudice di merito non aveva spiegato le ragioni per cui aveva ignorato una scrittura privata che provava un debito maggiore. Il caso è stato rinviato per una nuova e completa valutazione.
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Credito risarcitorio e fallimento: rinvio decisivo
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza interlocutoria n. 8250/2024, ha rinviato a nuovo ruolo la decisione su un ricorso presentato dal fallimento di una società contro un'Autorità Portuale. La questione centrale riguarda l'ammissibilità al passivo del credito risarcitorio vantato dall'ente pubblico per l'invalidità di una polizza fideiussoria, mentre è ancora pendente un giudizio ordinario sulla nullità, annullamento o risoluzione del contratto d'appalto. La Corte ha ritenuto che la questione interferisca con altri casi simili già devoluti alla pubblica udienza, rendendo necessario attendere le relative decisioni per garantire uniformità di giudizio.
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