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Diritto Fallimentare

Rivendica beni nel fallimento: la prova di proprietà
Una società ha rivendicato la proprietà di beni mobili inventariati nella sede di un'impresa fallita. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando che la prova di proprietà in ambito fallimentare richiede un onere probatorio rigoroso. È necessario un atto con data certa anteriore al fallimento che dimostri non solo la titolarità del bene, ma anche il motivo per cui questo si trovava presso l'impresa fallita. La semplice cessazione del contratto di locazione dei locali è stata ritenuta irrilevante.
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Crisi da sovraindebitamento: cooperative agricole
La Corte di Cassazione, con un'ordinanza interlocutoria, ha rinviato a una pubblica udienza la decisione su un caso cruciale. La questione centrale riguarda la possibilità per una cooperativa agricola, già soggetta alla procedura di liquidazione coatta amministrativa, di accedere anche alla procedura di composizione della crisi da sovraindebitamento. La Corte d'Appello aveva negato tale possibilità, ma la Cassazione ha ritenuto la questione di tale importanza da meritare un approfondimento per garantire un'interpretazione uniforme della legge.
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Ricorso incidentale tardivo: inefficace se inammissibile
La Corte di Cassazione chiarisce il rapporto tra ricorso principale e ricorso incidentale tardivo. Con l'ordinanza n. 14357/2025, ha stabilito che se il ricorso principale è dichiarato inammissibile, quello incidentale tardivo, anche se astrattamente ammissibile, diventa inefficace. Il caso riguardava l'impugnazione di una sentenza che aveva revocato una dichiarazione di fallimento. L'inammissibilità del ricorso principale ha travolto quello incidentale, che si fondava su di esso.
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Società cancellata fallimento: capacità processuale
Una società in liquidazione, cancellata dal registro delle imprese, veniva dichiarata fallita. La Corte d'Appello riteneva inammissibile il reclamo della società contro il fallimento, considerandola estinta e priva di capacità di agire in giudizio. La Corte di Cassazione ha annullato questa decisione, affermando che in tema di società cancellata fallimento, la legge crea una finzione giuridica ('fictio iuris') per cui la società, sebbene estinta, conserva la capacità processuale per un anno dalla cancellazione, sia per essere dichiarata fallita sia per impugnare tale dichiarazione.
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Diritto al contraddittorio nel fallimento: quando basta
Una società dichiarata fallita ha contestato la violazione del suo diritto alla difesa, poiché non era stata nuovamente convocata dal tribunale dopo che la Corte d'Appello aveva rimesso gli atti per la dichiarazione di fallimento. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, stabilendo che la semplice comunicazione del decreto d'appello è sufficiente a garantire il diritto al contraddittorio, permettendo al debitore di segnalare eventuali fatti nuovi. Una nuova udienza non è, quindi, un passaggio sempre obbligatorio.
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Improcedibilità ricorsi fallimentari: la Cassazione
La Corte di Cassazione ha stabilito che la norma sull'improcedibilità dei ricorsi fallimentari (art. 10 d.l. 23/2020) non si applica retroattivamente. La misura, introdotta per l'emergenza Covid, riguarda solo le istanze depositate tra il 9 marzo e il 30 giugno 2020, escludendo quelle già pendenti. La Corte ha ritenuto la questione di legittimità costituzionale manifestamente infondata, confermando la discrezionalità del legislatore nel definire il perimetro delle norme emergenziali.
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Lite temeraria: quando l’abuso del processo costa caro
La Corte di Cassazione ha confermato una condanna per lite temeraria a carico di due creditori che avevano insistentemente proseguito un'azione per la dichiarazione di fallimento di una società, nonostante fossero emersi nel corso del giudizio elementi chiari sulla sua solvibilità. La Corte ha stabilito che la 'perseveranza' nell'azione, a fronte di circostanze che ne dimostravano l'infondatezza, costituisce un abuso del processo sanzionabile ai sensi dell'art. 96 c.p.c., confermando la decisione della Corte d'Appello che aveva ridotto la sanzione ma ribadito la responsabilità dei ricorrenti.
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Ricorso spese processuali: quando è inammissibile?
Una società creditrice, dopo aver visto respingere la propria istanza di fallimento, ha presentato ricorso in Cassazione contestando formalmente la gestione delle spese legali. La Corte Suprema ha dichiarato il ricorso spese processuali inammissibile, stabilendo che non può essere utilizzato come un espediente per contestare nel merito la decisione principale, ovvero l'insussistenza dello stato di insolvenza, quando tale tipo di impugnazione non è consentita.
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Crediti in prededuzione: serve il subentro esplicito
Un fornitore di energia chiedeva il riconoscimento dei crediti in prededuzione verso un'impresa in amministrazione straordinaria. La Cassazione ha negato, stabilendo che, anche per servizi essenziali, la semplice continuazione della fornitura non basta: è necessaria una dichiarazione esplicita di subentro nel contratto da parte del commissario per qualificare i crediti anteriori come prededucibili.
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Impossibilità sopravvenuta: quando si risolve un contratto
Una società fornitrice di energia ha richiesto il pagamento per le forniture a un'azienda fallita. La Corte di Cassazione ha confermato la risoluzione del contratto a partire dalla data in cui l'azienda fallita non ha più potuto utilizzare il servizio, a causa del trasferimento dei suoi impianti a terzi. Questo evento ha configurato una impossibilità sopravvenuta di utilizzare la prestazione, giustificando la cessazione dell'obbligo di pagamento da quel momento in poi.
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Valore probatorio fatture: la Cassazione decide
Una società di logistica si opponeva all'esclusione del suo credito dallo stato passivo di una compagnia aerea in amministrazione straordinaria. La Corte di Cassazione chiarisce il valore probatorio delle fatture: se il rapporto contrattuale sottostante non è contestato, le fatture possono costituire prova valida, annullando la decisione del Tribunale che le aveva respinte.
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Responsabilità revisore: danno diretto e azione legale
Una società di navigazione ha citato in giudizio una società di revisione, sostenendo di essere stata indotta a stipulare un contratto con un'altra azienda, poi fallita, a causa di bilanci certificati in modo non veritiero. La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso della società creditrice. La decisione si fonda su un punto cruciale: la mancanza di legittimazione attiva del singolo creditore ad agire per la responsabilità del revisore contabile quando il danno lamentato è un mero riflesso del pregiudizio subito dal patrimonio sociale. In caso di fallimento, tale azione spetta unicamente al curatore. Il ricorso è stato inoltre respinto per un errore processuale nell'impugnazione della sentenza d'appello.
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Accettazione tacita eredità: costituirsi in giudizio
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 24006/2025, ha dichiarato inammissibile il ricorso degli eredi di un amministratore societario, confermando che la costituzione in giudizio per difendere nel merito l'operato del defunto integra un'ipotesi di accettazione tacita eredità. Il caso riguardava una richiesta di risarcimento danni per mala gestio avanzata dal fallimento della società amministrata dal defunto.
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Estinzione del processo: cosa succede alle spese?
La Corte di Cassazione dichiara l'estinzione del processo a seguito della rinuncia al ricorso da parte di un ex amministratore, condannato in appello al risarcimento danni verso il fallimento di una società. La decisione chiarisce che, con l'accettazione della rinuncia, le spese legali si intendono compensate e non è dovuto il raddoppio del contributo unificato. L'ordinanza si basa sull'accordo tra le parti, che pone fine alla lite senza una pronuncia sul merito.
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Responsabilità sindaci: controllo non solo formale
La Corte di Cassazione conferma la responsabilità dei sindaci per omesso controllo su un'operazione di aumento di capitale societario risultata fittizia. La sentenza chiarisce che il dovere di vigilanza non è meramente formale, ma richiede una verifica sostanziale della regolarità delle operazioni gestionali, specialmente quelle di rilevante impatto economico. La Corte ha ritenuto che un controllo diligente avrebbe permesso di rilevare l'anomalia e di agire per prevenire il danno, configurando così il nesso causale tra l'omissione e la perdita subita dalla società.
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Mala gestio: la Cassazione e i limiti del ricorso
La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un amministratore unico condannato per mala gestio. La decisione chiarisce che se l'appello contesta solo la quantificazione del danno e non la sussistenza delle condotte illecite, su quest'ultima si forma un giudicato inappellabile. La Corte ha confermato la condanna al risarcimento, basata sulla valutazione del danno differenziale effettuata dal CTU, ribadendo che l'apprezzamento delle prove documentali è di competenza del giudice di merito.
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Responsabilità amministratore srl: la Cassazione decide
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un ex amministratore di una società a responsabilità limitata, condannato a risarcire i danni causati alla società poi fallita. La Corte ha confermato che la responsabilità dell'amministratore srl sorge per la violazione dei doveri generali di lealtà e diligenza, come nel caso di pagamenti ingiustificati a società terze, a prescindere dalla prova dello stato di insolvenza al momento dei fatti. È stato inoltre ribadito che spetta all'amministratore dimostrare di aver agito con la dovuta diligenza, e non al curatore fallimentare provare il contrario.
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Azione di responsabilità: l’appello deve essere specifico
La Cassazione ha respinto il ricorso di un ex amministratore contro una condanna per l'azione di responsabilità promossa dalla curatela fallimentare. L'appello era stato dichiarato inammissibile per genericità, e la Corte ha confermato la validità dell'azione del curatore anche senza il parere del comitato dei creditori, se non reclamato, e ha ribadito l'unitarietà dell'azione.
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Rinuncia al ricorso: conseguenze sulle spese legali
Una parte privata ha presentato rinuncia al ricorso per Cassazione, ma la controparte non ha aderito. La Corte ha dichiarato l'estinzione del giudizio, condannando però la parte rinunciante al pagamento delle spese legali a favore dello Stato, poiché la controparte era ammessa al patrocinio a spese dello Stato. La decisione evidenzia che la rinuncia al ricorso non accettata comporta comunque l'obbligo di rifondere i costi del processo.
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Concordato in continuità: i flussi finanziari futuri
Una società in concordato in continuità sosteneva di poter utilizzare liberamente i profitti futuri derivanti dalla prosecuzione dell'attività, trattandoli come finanza esterna. Un creditore si è opposto e la Corte d'Appello ha revocato l'omologa del piano. La Corte di Cassazione, pur dichiarando cessata la materia del contendere per eventi sopravvenuti, ha esaminato il caso ai fini delle spese legali. Ha stabilito il principio che i flussi finanziari futuri non sono finanza esterna, ma un incremento del patrimonio aziendale soggetto alla garanzia generica dei creditori. Pertanto, devono rispettare l'ordine delle cause di prelazione e non possono essere distribuiti liberamente.
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