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Diritto Fallimentare

Legittimazione attiva SGR: cosa giudicata e fallimento
Una società di gestione del risparmio (SGR) ha chiesto il fallimento di una s.r.l. per un credito da canoni di locazione non pagati, derivante da un decreto ingiuntivo. I soci della s.r.l. hanno contestato la legittimazione attiva SGR, sostenendo che non avesse provato il suo ruolo di gestore del fondo proprietario dell'immobile. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, stabilendo che la legittimazione era già stata accertata con efficacia di cosa giudicata nel precedente procedimento di convalida di sfratto, che era alla base del credito. Pertanto, la questione non poteva essere nuovamente messa in discussione.
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Exceptio doli: non blocca l’indennizzo da occupazione
La Cassazione chiarisce che l'eccezione di 'exceptio doli' non può essere usata per negare l'indennizzo per occupazione senza titolo a un proprietario immobiliare, anche se il contratto di locazione originario è stato dichiarato nullo per colpa del proprietario stesso. Il diritto all'indennizzo sorge da un fatto nuovo e distinto: l'illegittima detenzione del bene da parte della curatela fallimentare, non dal contratto nullo.
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Mancata comparizione parti: non estingue il giudizio
La Corte di Cassazione ha stabilito che la mancata comparizione delle parti a un'udienza non può essere sanzionata con una pronuncia di "non luogo a provvedere" o di improcedibilità. Il caso riguardava un'opposizione allo stato passivo in un fallimento, che il tribunale di merito aveva erroneamente archiviato per la sola assenza delle parti. La Suprema Corte ha qualificato tale decisione come "provvedimento abnorme", poiché priva di fondamento normativo, cassando il decreto e rinviando la causa al giudice di primo grado per la prosecuzione del giudizio.
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Calcolo interessi crediti tributari: basta la norma
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 9306/2024, ha stabilito un principio fondamentale sul calcolo interessi crediti tributari nelle procedure fallimentari. L'Agenzia delle Entrate si era vista rigettare la richiesta di interessi perché non aveva allegato i fogli di calcolo. La Suprema Corte ha accolto il ricorso, chiarendo che per l'ammissione al passivo è sufficiente indicare la norma di legge alla base della pretesa, senza necessità di produrre calcoli dettagliati, poiché i tassi sono pubblicamente noti e il computo è una semplice operazione matematica.
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Riconoscimento del debito: Cassazione e rateizzazione
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 9242/2024, ha stabilito che la richiesta di rateizzazione di un debito, seguita da pagamenti parziali, costituisce un valido atto di riconoscimento del debito. Tale atto è sufficiente a interrompere il termine di prescrizione, anche in assenza di un'espressa manifestazione di volontà. La Corte ha cassato la decisione del tribunale che aveva ritenuto prescritti i crediti di un agente della riscossione nei confronti di una società poi fallita, non riconoscendo valore interruttivo alla domanda di rateizzazione presentata dalla società debitrice.
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Estratto di ruolo: basta per ammettere il credito?
Una società di riscossione si è vista negare l'ammissione di crediti tributari al passivo di un fallimento perché basata su un estratto di ruolo non preceduto dalla notifica della cartella. La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, stabilendo che, ai fini dell'insinuazione al passivo fallimentare, l'estratto di ruolo è prova sufficiente del credito, essendo irrilevante la preventiva notifica della cartella di pagamento.
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Onere di allegazione: la prova in giudizio non basta
Un'agenzia di riscossione ha visto il suo ricorso dichiarato inammissibile dalla Corte di Cassazione. La Corte ha ribadito che, oltre a produrre prove, il creditore ha l'onere di allegazione, cioè il dovere di spiegare in modo specifico come ogni documento supporti la propria pretesa e interrompa la prescrizione. La semplice presentazione di una massa di documenti, senza una chiara illustrazione della loro pertinenza, impedisce al giudice di valutare il merito della domanda.
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Ammissione al passivo: basta l’estratto di ruolo
Un agente della riscossione ha richiesto l'ammissione al passivo in un fallimento, ma parte del credito è stata esclusa per mancata notifica della cartella di pagamento. La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, stabilendo un principio fondamentale: per l'ammissione al passivo dei crediti tributari, l'estratto di ruolo è documento sufficiente e non è necessaria la preventiva notifica della cartella di pagamento al debitore.
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Riconoscimento del debito: stop alla prescrizione
Un ente creditore si è visto negare l'ammissione al passivo di un fallimento per la prescrizione dei crediti tributari. La Suprema Corte ha accolto il ricorso, stabilendo che la richiesta di rateizzazione del debito, presentata dalla società prima di fallire, costituisce un valido atto di riconoscimento del debito. Tale riconoscimento interrompe la prescrizione e non è necessario produrre l'istanza originale, essendo sufficiente la prova della sua presentazione e accoglimento. Questo principio si applica anche nei confronti del curatore fallimentare.
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Impugnazione licenziamento: onere della prova in Cassazione
La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un lavoratore contro la revocatoria fallimentare di un pagamento ricevuto dopo l'impugnazione del licenziamento. La decisione si fonda sul principio di autosufficienza del ricorso, poiché il ricorrente non ha dimostrato di aver sollevato nei precedenti gradi di giudizio una questione di fatto decisiva, ovvero la tempestiva offerta della propria prestazione lavorativa.
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Data Certa e Contraddittorio: Cassazione Annulla
Una società creditrice si è vista negare l'ammissione al passivo di un fallimento perché i documenti a prova del credito erano privi di data certa. La Corte di Cassazione ha annullato la decisione, non entrando nel merito della prova, ma sanzionando il comportamento del giudice di merito. Quest'ultimo aveva sollevato d'ufficio la questione della data certa senza prima sottoporla alle parti, violando così il fondamentale principio del contraddittorio. Il caso è stato rinviato al Tribunale per un nuovo esame che rispetti il diritto di difesa.
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Legittimazione ad impugnare: chi può fare ricorso?
Un istituto di credito, che aveva garantito un finanziamento a una società poi fallita, ha presentato ricorso in Cassazione contro una decisione del Tribunale. La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile perché l'istituto non era una parte formale nel precedente grado di giudizio. La decisione ribadisce che la legittimazione ad impugnare spetta solo a chi ha partecipato al processo, e che anche un interventore non può agire autonomamente se la parte principale non impugna la sentenza.
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Cessione d’azienda e fallimento: il licenziamento
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 9131/2024, ha chiarito che i lavoratori di un'azienda fallita, legittimamente licenziati a seguito della cessazione totale dell'attività, non possono rivendicare la continuazione del rapporto di lavoro con la società che successivamente ne gestisce i beni. Se il licenziamento precede la presunta cessione d'azienda e si fonda su un giustificato motivo oggettivo, come il diniego dell'esercizio provvisorio, viene a mancare il presupposto per l'applicazione dell'art. 2112 c.c., ovvero un rapporto di lavoro in essere da trasferire.
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Notifica nulla: quando l’errore non salva l’appello
Una ex amministratrice di società ha impugnato una condanna per mala gestio, sostenendo che la notifica iniziale fosse inesistente per un errore nel numero civico. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, chiarendo che un simile errore configura una notifica nulla, non inesistente. Tale vizio, per essere fatto valere, deve essere eccepito come specifico motivo nell'atto di appello iniziale e non può essere introdotto tardivamente, confermando così l'inammissibilità dell'impugnazione.
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Interruzione prescrizione: vale la nota di rateizzo?
La Corte di Cassazione ha stabilito che, ai fini dell'interruzione prescrizione di un debito fiscale, la nota di accoglimento di un'istanza di rateizzazione costituisce una prova presuntiva sufficiente dell'avvenuto riconoscimento del debito da parte del debitore. Il giudice di merito aveva errato nel pretendere la produzione dell'istanza originale, incorrendo in un vizio di 'motivazione apparente'. La Corte ha cassato la decisione, affermando che dal fatto noto (l'accoglimento della rateizzazione) si può logicamente desumere il fatto ignoto (l'istanza del debitore che interrompe i termini).
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Cartella di pagamento a fallito: quando è impugnabile?
La Corte di Cassazione ha stabilito che il curatore fallimentare non ha un interesse giuridico a impugnare una cartella di pagamento per tardività della notifica. Una volta dichiarato il fallimento, il credito tributario deve essere fatto valere esclusivamente tramite insinuazione al passivo. Di conseguenza, l'eventuale annullamento della cartella non impedirebbe all'ente di riscossione di presentare la domanda al passivo, rendendo l'impugnazione della cartella di pagamento un'azione priva di utilità pratica per la procedura fallimentare. La Corte ha quindi cassato la sentenza di merito senza rinvio, dichiarando la causa improponibile.
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Revocatoria fallimentare: quando si applica?
La Corte di Cassazione ha stabilito che un pagamento ricevuto da un professionista, effettuato da una società dopo la presentazione di una domanda di concordato preventivo poi dichiarata inammissibile, non può essere automaticamente dichiarato inefficace ai sensi dell'art. 167 della legge fallimentare. La Corte ha chiarito che, in assenza di ammissione alla procedura di concordato, l'unica azione esperibile dal curatore fallimentare è la revocatoria fallimentare, disciplinata dall'art. 67 l. fall., che consente al convenuto di sollevare specifiche eccezioni di irrevocabilità. La sentenza impugnata è stata cassata con rinvio per una nuova valutazione alla luce di questo principio.
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Relazione attestatore: quando è insufficiente?
La Corte di Cassazione ha confermato il fallimento di una società, respingendo il suo ricorso. La decisione si fonda sull'inadeguatezza della relazione attestatore presentata a supporto della domanda di concordato preventivo. I giudici hanno ritenuto il documento vago, generico e privo di un'analisi approfondita sulla concreta fattibilità del piano, considerandolo una ragione sufficiente e autonoma per rigettare le doglianze dell'impresa.
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Ricorso inammissibile: gli errori da non fare
L'appello di una società di trasporti alla Corte di Cassazione è stato dichiarato un ricorso inammissibile. L'azienda cercava il riconoscimento di un credito privilegiato nei confronti di una società in concordato preventivo. La Corte ha riscontrato che il ricorso era proceduralmente viziato, in quanto criticava la sentenza di primo grado anziché quella d'appello e sollevava questioni di fatto impropriamente formulate come violazioni di legge, impedendo qualsiasi esame nel merito.
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Responsabilità committente: quando la prova non basta
Una società fallita ha citato in giudizio l'acquirente dei suoi beni per i danni subiti al capannone durante le operazioni di asporto. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la decisione d'appello. La Corte ha stabilito che, a causa della negligenza della stessa curatela fallimentare nel supervisionare le operazioni, non era possibile raggiungere la prova certa della colpevolezza dell'incaricato all'asporto. Di conseguenza, è venuta meno anche la responsabilità committente della società acquirente.
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