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Diritto Fallimentare

Liquidazione compensi avvocato: l’onere di specificità
Due legali hanno contestato la riduzione dei loro onorari ammessi al passivo di un fallimento. La Corte di Cassazione ha dichiarato il loro ricorso inammissibile, sottolineando che, per contestare la liquidazione compensi avvocato, è necessario specificare dettagliatamente le voci tariffarie violate e gli elementi per determinare il corretto valore della causa, non essendo sufficiente un richiamo generico a documenti.
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Compensi avvocati: il valore nelle cause su appalti
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 11248/2024, ha stabilito un principio chiave per la determinazione dei compensi avvocati in cause amministrative su appalti pubblici. Contrariamente a un orientamento passato, il valore di tali controversie non è 'indeterminabile', ma va calcolato in base all'interesse economico del cliente, come previsto dal D.M. 55/2014. La Corte ha cassato la decisione del Tribunale che aveva ridotto drasticamente le parcelle di alcuni legali, remandando il caso per una nuova liquidazione basata sul valore effettivo dell'appalto.
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Contestazione an debeatur: assorbe il quantum?
Un avvocato si oppone alla drastica riduzione dei suoi compensi professionali richiesti a un ente in liquidazione. La Corte di Cassazione, con l'ordinanza in esame, rigetta il ricorso, stabilendo due principi fondamentali. Primo: la contestazione radicale del diritto al compenso (contestazione an debeatur), basata sulla validità del mandato, assorbe e rende superflua una specifica contestazione sull'importo (quantum). Secondo: il valore di una causa amministrativa volta ad annullare un provvedimento è da considerarsi indeterminabile ai fini del calcolo delle tariffe forensi, e non può essere parametrato all'intero patrimonio dell'ente assistito.
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Compenso commissario straordinario: la Cassazione decide
La Corte di Cassazione si è pronunciata sul ricorso di due ex commissari di un'amministrazione straordinaria in merito alla liquidazione del loro compenso. La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, stabilendo principi importanti sulla distinzione tra questioni di rito e di giurisdizione. Ha chiarito che la Corte d'Appello, riformando la decisione di primo grado su un'improcedibilità, non era tenuta a rimettere la causa al primo giudice, ma poteva decidere nel merito. Inoltre, ha dichiarato inammissibile la censura sui criteri di liquidazione del compenso del commissario straordinario perché non si confrontava specificamente con le motivazioni della sentenza d'appello.
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Onere della prova: Cassazione su prova non ammessa
Una professionista ha richiesto l'ammissione di un credito al passivo di un fallimento per prestazioni svolte. La curatela fallimentare ha contestato che le prestazioni fossero state svolte da un'altra società, chiedendo una prova testimoniale a supporto. Il Tribunale ha negato l'ammissione della prova, ma ha poi rigettato l'eccezione della curatela per mancanza di prove. La Corte di Cassazione ha annullato la decisione per palese contraddittorietà, riaffermando che il giudice non può impedire a una parte di assolvere al proprio onere della prova e poi sanzionarla per non averlo fatto.
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TFR non versato: chi paga se l’azienda fallisce?
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 11198/2024, ha stabilito che le quote di TFR non versato al fondo di previdenza complementare mantengono natura retributiva. In caso di cessione d'azienda, il debito si trasferisce al nuovo datore di lavoro, che ne è responsabile. Di conseguenza, il Fondo di Garanzia dell'INPS non è tenuto a intervenire se il nuovo datore di lavoro non è insolvente, e il lavoratore deve richiedere il pagamento a quest'ultimo.
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Legittimazione amministratore: può impugnare il fallimento?
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 9955/2024, ha stabilito che l'ex amministratore di una società fusa per incorporazione conserva la legittimazione a impugnare la sentenza di fallimento emessa contro la società estinta. Anche se la società non esiste più, l'amministratore ha un interesse personale, morale e patrimoniale, a contestare la dichiarazione di fallimento, soprattutto in presenza di possibili conseguenze penali o azioni di responsabilità a suo carico. La Corte ha quindi annullato la decisione della Corte d'Appello che aveva negato tale legittimazione all'amministratore.
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Esdebitazione: quando il debitore viene liberato
Un debitore, dopo una procedura di liquidazione del patrimonio in cui i creditori sono stati parzialmente soddisfatti, ha richiesto e ottenuto la liberazione da tutti i debiti residui (esdebitazione). Il Tribunale di Brescia ha accolto la richiesta, giudicando il debitore 'meritevole' per la sua condotta collaborativa, l'origine non fraudolenta del debito e il suo impegno nel mantenere un'occupazione. Il decreto sottolinea che anche una soddisfazione non totale dei creditori non impedisce l'esdebitazione se la condotta del debitore è irreprensibile.
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Bancarotta fraudolenta: onere della prova e danno
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 14931/2024, ha rigettato il ricorso di un amministratore condannato per bancarotta fraudolenta. La Corte ha ribadito che spetta all'amministratore l'onere di provare la destinazione dei beni sociali mancanti e che l'occultamento della contabilità è una strategia per pregiudicare i creditori. È stato inoltre chiarito che, per l'attenuante del danno di speciale tenuità, si deve considerare il valore dei beni distratti e non l'entità del passivo fallimentare.
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Bancarotta danno speciale tenuità: l’attenuante negata
La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un'amministratrice condannata per bancarotta semplice documentale, negando l'applicazione dell'attenuante del danno di speciale tenuità. La Corte ha chiarito che l'impossibilità di ricostruire la situazione contabile dell'impresa, dovuta alla totale assenza di documentazione, costituisce di per sé un danno rilevante per i creditori, a prescindere dall'entità del passivo. Questa sentenza sottolinea come nel caso di bancarotta danno speciale tenuità, il danno non sia solo monetario ma anche procedurale.
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Revocazione tardiva: quando il deposito è decisivo
La Corte di Cassazione ha stabilito che, nei procedimenti speciali come quelli fallimentari, la domanda di revocazione è da considerarsi tardiva se l'atto non viene depositato in cancelleria entro il termine di legge, anche se notificato tempestivamente. La Suprema Corte ha rigettato il ricorso di un imprenditore, confermando che la forma del rito originario (ricorso) prevale, rendendo il momento del deposito, e non quello della notifica, il fattore determinante per la tempestività dell'impugnazione.
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Responsabilità amministratore srl: ricorso inammissibile
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un amministratore di una S.r.l., confermando la sua condanna al risarcimento danni. La responsabilità dell'amministratore srl era sorta per aver proseguito l'attività sociale nonostante la presenza di perdite superiori a un terzo del capitale sociale, una causa di scioglimento prevista dalla legge. Il ricorso è stato respinto per difetti procedurali, tra cui la genericità dei motivi e la richiesta di un riesame del merito dei fatti, non consentito in sede di legittimità.
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Regolarità contributiva in liquidazione: diritto al fondo
Una società editrice in liquidazione coatta amministrativa si è vista negare un contributo pubblico per una presunta irregolarità contributiva. La Corte di Cassazione ha stabilito che lo stato di liquidazione, imponendo uno stop ai pagamenti per legge, soddisfa il requisito della regolarità contributiva. Tuttavia, ha annullato la decisione di merito per non aver valutato il limite dei fondi pubblici disponibili, rimandando la causa per un nuovo esame su questo specifico punto.
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Regolarità contributiva e fallimento: il caso editoria
Un'azienda editoriale fallita si è vista negare i contributi pubblici a causa della mancata attestazione di regolarità contributiva (DURC). La Corte di Cassazione ha stabilito che la dichiarazione di fallimento, imponendo per legge il divieto di pagamenti, costituisce una causa di "sospensione legislativa" che non preclude il diritto a ricevere i fondi. La Corte ha quindi confermato che la società aveva diritto al contributo, poiché il requisito della regolarità contributiva si considera soddisfatto in questa specifica circostanza.
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Imprenditore agricolo: quando non basta per evitare il fallimento
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 9582/2024, ha stabilito che la mera iscrizione nel registro delle imprese come imprenditore agricolo non è sufficiente a garantire l'esenzione dal fallimento. È necessaria la prova concreta e continuativa dell'esercizio effettivo dell'attività agricola. Nel caso esaminato, una società, pur avendo modificato il proprio oggetto sociale, aveva affittato tutti i suoi terreni e non svolgeva alcuna attività colturale, venendo quindi considerata un'impresa commerciale e soggetta a fallimento.
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Regolarità contributiva: sì ai fondi in concordato
La Corte di Cassazione ha esaminato il caso di una società editoriale a cui erano stati negati contributi pubblici per l'editoria a causa della mancata regolarità contributiva. La società si trovava in concordato preventivo, una procedura che sospende i pagamenti dei debiti pregressi. La Corte ha confermato che l'ammissione al concordato preventivo costituisce una causa di sospensione legale dei pagamenti, rendendo l'impresa di fatto regolare ai fini dell'ottenimento dei contributi. Tuttavia, ha annullato la sentenza d'appello per motivi procedurali, poiché la Corte d'Appello aveva erroneamente dichiarato inammissibile il motivo di gravame relativo all'importo del contributo dovuto, qualificandolo come nuova eccezione anziché come mera difesa.
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Contratto lavoro sportivo: inefficacia e fallimento
La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un dirigente sportivo contro il fallimento di una società calcistica. La Corte ha stabilito che il suo contratto lavoro sportivo è divenuto inefficace non a causa del fallimento, ma a seguito della mancata iscrizione della squadra al campionato, evento di cui il dirigente stesso era stato ritenuto responsabile. Di conseguenza, il suo credito per le retribuzioni non è stato ammesso allo stato passivo del fallimento.
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Prededucibilità danno ambientale: no senza utilità
La Corte di Cassazione ha negato la prededucibilità del danno ambientale nel contesto di un'amministrazione straordinaria. Il credito dello Stato per la bonifica di siti inquinati da una holding non ha ottenuto la priorità di pagamento poiché i terreni non erano di proprietà della società insolvente, ma delle sue controllate. Di conseguenza, la bonifica non avrebbe arrecato un'utilità diretta alla massa dei creditori della capogruppo, requisito fondamentale per il riconoscimento della prededucibilità in questa specifica procedura concorsuale.
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Credito prededucibile: la Cassazione sui professionisti
Un legale contesta l'ammissione del proprio credito come chirografario e lo status di credito prededucibile riconosciuto ad altri due professionisti per l'assistenza in un concordato preventivo. La Cassazione cassa la decisione di merito, chiarendo che per il riconoscimento del credito prededucibile non basta l'omologazione del concordato, ma occorre una valutazione 'ex ante' dell'effettiva utilità e funzionalità della prestazione professionale rispetto agli scopi della procedura.
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Crediti previdenziali fallimento: la Cassazione decide
La Corte di Cassazione ha stabilito che la regola speciale dell'ammissione al passivo con riserva non si applica ai crediti previdenziali in un fallimento, ma solo a quelli tributari. La Corte ha accolto il ricorso del curatore fallimentare, annullando la decisione di un tribunale che aveva ammesso un credito previdenziale con riserva. Il caso è stato rinviato per un nuovo esame che dovrà tenere conto delle ordinarie regole di accertamento del passivo e valutare l'eccezione di prescrizione sollevata dal curatore.
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