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Diritto Fallimentare

Credito MBO prededucibile: sì in amministrazione
La Cassazione conferma il diritto di un dirigente a ricevere il bonus MBO come credito MBO prededucibile, maturato durante l'amministrazione straordinaria della società. La Corte ha stabilito che la prosecuzione del rapporto di lavoro implica un subentro automatico nel contratto, rendendo il credito funzionale alla continuità aziendale e quindi prededucibile.
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Onere prova fallimento: che fare se i bilanci mancano?
Una società dichiarata fallita impugna la decisione sostenendo di essere al di sotto delle soglie di fallibilità. La Corte di Cassazione dichiara il ricorso inammissibile, ribadendo che l'onere della prova fallimento grava sul debitore. Se i bilanci prodotti sono ritenuti inattendibili, come in questo caso, spetta al debitore fornire prove alternative e credibili, non essendo sufficienti documenti informali come fogli di calcolo. La decisione della corte di merito sulla valutazione delle prove non è sindacabile in sede di legittimità se la motivazione è logica e non apparente.
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Norma imperativa e contratto: la Cassazione decide
Un Comune chiedeva il pagamento di canoni a una società fallita per l'uso di sue strutture, come previsto da un contratto. Il Tribunale rigettava la richiesta, ritenendo che una legge successiva (art. 202 Codice Ambiente), qualificata come norma imperativa, avesse trasformato il contratto da oneroso a gratuito (comodato), rendendo nulle le clausole di pagamento. La Corte di Cassazione ha annullato tale decisione, stabilendo che la suddetta legge non è una norma imperativa e non può quindi causare la 'nullità virtuale' del contratto originario, che resta valido.
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Improcedibilità del ricorso: termini perentori
La Corte di Cassazione ha dichiarato l'improcedibilità del ricorso principale a causa del mancato deposito nei termini di legge (20 giorni dalla notifica). Di conseguenza, ha dichiarato inefficace anche il ricorso incidentale, seppur tardivo, poiché la sua esistenza dipende da quella del ricorso principale. La decisione sottolinea come il mancato rispetto delle scadenze procedurali porti all'assorbimento di tutte le questioni di merito, evidenziando il rigore formale necessario nei procedimenti giudiziari.
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Requisiti di fallibilità: la prova anche d’ufficio
Una società, dichiarata fallita in primo grado, ottiene la revoca della sentenza in appello dimostrando di non possedere i requisiti di fallibilità dimensionali. La Corte di Cassazione, con l'ordinanza in esame, dichiara inammissibile il ricorso della curatela fallimentare, confermando che la prova sull'assenza di tali requisiti può essere acquisita d'ufficio dal giudice e la relativa questione può essere sollevata per la prima volta in sede di reclamo, data la natura pienamente devolutiva di tale giudizio.
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Improcedibilità ricorso: conseguenze sul tardivo
La Corte di Cassazione ha dichiarato l'improcedibilità del ricorso principale a causa del mancato deposito nei termini di legge (20 giorni dalla notifica). Un acquirente aveva impugnato il decreto che negava la prededucibilità del suo credito nel fallimento della società venditrice. A causa di questo vizio procedurale, anche il ricorso incidentale tardivo della curatela è stato dichiarato inefficace, sottolineando l'importanza cruciale del rispetto dei termini processuali per l'ammissibilità di un'impugnazione.
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Obbligo di rendicontazione: la Cassazione decide
La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso del curatore fallimentare di un'associazione sportiva, confermando l'obbligo di rendicontazione per tutti i fondi ricevuti da un'università pubblica. La Corte ha stabilito che tale obbligo deriva dalla natura pubblica dei fondi e non può essere limitato da specifiche clausole contrattuali. Ha inoltre confermato la giurisdizione del giudice ordinario per le controversie puramente patrimoniali, anche se derivanti da accordi con la pubblica amministrazione.
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Credito in prededuzione: l’utilità per la massa
Un Comune ha richiesto l'ammissione in prededuzione di un credito verso una società immobiliare fallita, relativo a opere di urbanizzazione non completate. La Corte di Cassazione, annullando la decisione del tribunale, ha stabilito che per riconoscere un credito in prededuzione non rileva la prevedibilità del fallimento al momento in cui l'obbligo è sorto. Il criterio decisivo è la funzionalità dell'obbligazione a conservare o incrementare il valore del patrimonio aziendale a beneficio della massa dei creditori, valutazione che spetta al giudice di merito.
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Estinzione del ricorso: cosa succede con la rinuncia
Una società in fallimento aveva impugnato un decreto di un Tribunale. Tuttavia, in Cassazione, ha rinunciato all'appello. Il Comune convenuto ha accettato la rinuncia. La Corte ha quindi dichiarato l'estinzione del ricorso e compensato le spese legali tra le parti, chiudendo definitivamente il caso.
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Debiti erariali: fallimento e somministrazione illecita
Una società cooperativa, dichiarata fallita per ingenti debiti erariali e contributivi, ha presentato ricorso sostenendo che tali debiti fossero imputabili a un'altra società, nell'ambito di una somministrazione illecita di manodopera. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si fonda sul fatto che la società non aveva mai impugnato gli avvisi di addebito e le cartelle esattoriali, atti che rendevano i debiti erariali certi e definitivi, legittimando così la dichiarazione di fallimento a prescindere dalla natura dei rapporti di lavoro sottostanti.
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Credito respinto e fallimento: la decisione della Cassazione
La Corte di Cassazione chiarisce che un credito respinto con sentenza di primo grado, non ancora definitiva al momento della dichiarazione di fallimento del debitore, non può essere ammesso al passivo se il creditore non prosegue il giudizio di appello contro la curatela. L'inerzia del creditore porta alla formazione del giudicato sulla sentenza negativa, precludendo ogni ulteriore richiesta nel contesto fallimentare.
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Stato di insolvenza: la rateizzazione non basta
Una società, dichiarata fallita a causa di ingenti debiti fiscali, ricorre in Cassazione sostenendo che un piano di rateizzazione parziale e l'annullamento di alcune cartelle esattoriali dovessero escludere l'insolvenza. La Corte ha rigettato il ricorso, chiarendo che un piano di rateizzazione che non copre l'intero debito è insufficiente a fermare la dichiarazione di fallimento, confermando così lo stato di insolvenza. Inoltre, l'annullamento di cartelle per vizi formali non cancella il debito sottostante ai fini della valutazione complessiva della situazione finanziaria dell'impresa.
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Soglia di fallimento: nuove prove in appello tardive
Una società, dichiarata fallita, ha impugnato la decisione sostenendo che i suoi debiti fossero inferiori alla soglia di fallimento legale a causa di pagamenti e prescrizioni. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, stabilendo un principio fondamentale: le prove che dimostrano il mancato superamento della soglia di fallimento non possono essere presentate per la prima volta in appello se la società non ha partecipato al giudizio di primo grado. La mancata costituzione iniziale preclude la possibilità di introdurre nuovi elementi di prova in una fase successiva.
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Stato di insolvenza: un solo debito può bastare?
Una società di calzature si oppone alla dichiarazione di fallimento, sostenendo che un singolo debito non pagato non dimostra lo stato di insolvenza, data la presenza di linee di credito bancarie. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando che lo stato di insolvenza è una condizione oggettiva di incapacità a far fronte ai propri impegni finanziari. Anche un solo inadempimento significativo può essere un sintomo sufficiente a rivelare questa condizione, rendendo irrilevanti contestazioni pretestuose del credito o la mera esistenza di affidamenti bancari non liquidi.
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Nullità del contratto e bancarotta: la Cassazione
La Corte di Cassazione si è pronunciata su un caso complesso di nullità del contratto nell'ambito di una procedura di amministrazione straordinaria. Una società creditrice aveva chiesto l'ammissione al passivo per canoni di locazione e danni a un immobile. La società debitrice si opponeva, sostenendo che i contratti di locazione fossero nulli perché parte di una più ampia operazione di bancarotta fraudolenta. La Corte ha rigettato il ricorso principale, chiarendo che la nullità non è automatica. Ha confermato la decisione di merito che aveva ritenuto i contratti di locazione 'indipendenti' dall'operazione distrattiva, in quanto la lesione patrimoniale si era già perfezionata con atti societari precedenti. Ha inoltre dichiarato inammissibile il ricorso incidentale del creditore contro la riduzione del risarcimento per concorso di colpa.
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Onere della prova fallimento: non solo i bilanci
Una società in liquidazione, dichiarata fallita, si era vista rigettare il reclamo per non aver depositato i bilanci degli ultimi anni. La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, stabilendo che l'onere della prova fallimento può essere assolto anche con documenti alternativi. Il mancato deposito dei bilanci non è di per sé decisivo e il giudice del merito è tenuto a valutare tutta la documentazione prodotta dal debitore per dimostrare di essere al di sotto delle soglie di fallibilità.
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Contratto nullo: la Cassazione e la frode ai creditori
Una società logistica in amministrazione straordinaria si è opposta alla richiesta di un creditore per canoni di locazione non pagati, sostenendo che il contratto fosse parte di un più ampio schema fraudolento e quindi un contratto nullo. La Corte di Cassazione ha respinto questa tesi, confermando la valutazione di fatto del tribunale di merito secondo cui il contratto di locazione era separato dall'operazione di distrazione patrimoniale. Tuttavia, ha annullato la decisione per un punto secondario (omessa pronuncia su una clausola specifica) e ha rinviato la causa. La Corte ha chiarito che i contratti che costituiscono strumento di un piano criminale sono effettivamente nulli, ma il nesso funzionale deve essere provato in fatto.
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Nullità del contratto: la Cassazione chiarisce i limiti
La Corte di Cassazione esamina un caso di opposizione allo stato passivo in cui una società in amministrazione straordinaria contestava la validità di contratti di locazione, ritenendoli parte di un'operazione di distrazione patrimoniale. L'ordinanza chiarisce i principi sulla nullità del contratto per illiceità, distinguendola dalla mera revocabilità. Pur correggendo la motivazione del tribunale, la Corte rigetta il ricorso, affermando che la valutazione sulla mancanza di collegamento tra l'operazione distrattiva e i contratti di locazione costituisce un apprezzamento di fatto non sindacabile in sede di legittimità.
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Azione revocatoria: prova presuntiva e frode ai creditori
La Corte di Cassazione ha confermato la revoca della vendita di alcuni immobili effettuata da un amministratore a una società controllata dai suoi familiari. La sentenza stabilisce che, nell'ambito di un'azione revocatoria, la prova del danno ai creditori e della consapevolezza di frodare può essere raggiunta attraverso presunzioni, basate su un insieme di indizi come i legami familiari e operazioni societarie anomale, anche se il prezzo di vendita era congruo.
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Indennizzo Legge Pinto: il tetto massimo non si tocca
Una società creditrice in una procedura fallimentare durata oltre trent'anni ha richiesto l'indennizzo per irragionevole durata del processo (Legge Pinto). La Corte di Cassazione ha stabilito che il tetto massimo dell'indennizzo va calcolato sull'intero credito ammesso al passivo all'inizio della procedura, senza detrarre gli acconti percepiti successivamente. Questa decisione chiarisce che il 'diritto accertato dal giudice' ai fini dell'indennizzo Legge Pinto si cristallizza al momento dell'ammissione al passivo e non viene ridotto da pagamenti parziali.
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