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Diritto Fallimentare

Riunione dei ricorsi: la Cassazione chiarisce
Una società fallita contesta una sentenza d'appello sfavorevole in una causa contro un istituto di credito per interessi illegittimi. Poiché pende anche un ricorso contro la decisione di revocazione della stessa sentenza, la Cassazione, con ordinanza interlocutoria, dispone la riunione dei ricorsi, posticipando la decisione sul merito per garantire coerenza processuale ed evitare giudicati contrastanti.
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Indennizzo durata irragionevole: no al taglio per fallimenti
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 17354/2024, ha stabilito un principio fondamentale in materia di indennizzo per durata irragionevole del processo. Il caso riguardava due creditori di una procedura fallimentare che si erano visti ridurre l'indennizzo a causa dell'elevato numero di parti coinvolte. La Suprema Corte ha annullato tale riduzione, chiarendo che la norma (art. 2 bis, L. 89/2001) che prevede il taglio dell'importo non si applica alle procedure fallimentari, poiché la presenza di numerosi creditori è una caratteristica fisiologica di tali procedure e non un'eccezione.
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Equo indennizzo fallimento: decorrenza del termine
La Corte di Cassazione chiarisce un punto fondamentale sull'equo indennizzo fallimento. Con l'ordinanza n. 17343/2024, ha stabilito che il termine di sei mesi per la richiesta di risarcimento per irragionevole durata della procedura decorre dalla conclusione definitiva per tutti i creditori. Se il decreto di chiusura non viene comunicato a tutti, la procedura diventa definitiva solo dopo la scadenza del termine lungo di impugnazione, rendendo irrilevante la notifica ricevuta da un singolo creditore ai fini del calcolo generale. La Corte ha anche accolto un ricorso incidentale per errata liquidazione delle spese legali.
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Equo indennizzo: come si calcola il valore del danno
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 17339/2024, ha stabilito un principio fondamentale per il calcolo dell'equo indennizzo in caso di irragionevole durata di una procedura fallimentare. La Corte ha chiarito che l'indennizzo non può basarsi sull'intero credito ammesso al passivo, ma deve tenere conto dei pagamenti ricevuti dal creditore prima della scadenza del termine di ragionevole durata. Pertanto, il risarcimento va calcolato solo sul credito residuo, al fine di evitare arricchimenti ingiustificati e garantire che il risarcimento sia proporzionato al danno effettivamente subito a causa del ritardo.
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Inammissibilità ricorso fallimento: la Cassazione
La Corte di Cassazione ha dichiarato l'inammissibilità del ricorso di una S.r.l. contro la propria dichiarazione di fallimento. Il ricorso è stato respinto perché riproponeva le stesse questioni già esaminate e decise dalla Corte d'Appello, trasformando il giudizio di legittimità in un terzo grado di merito. La Corte ha confermato che lo stato di insolvenza era preesistente alla pandemia, aggravato da falsificazione di bilanci e atti di dissipazione patrimoniale, rendendo l'inammissibilità del ricorso fallimento una conseguenza inevitabile.
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Fallimento su istanza del PM: legittimità e limiti
Una società in liquidazione ha impugnato la propria dichiarazione di fallimento, richiesta dal Pubblico Ministero (PM) in assenza di procedimenti penali. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando la piena legittimità del fallimento su istanza del PM, che può agire ogni qualvolta apprenda una notizia di insolvenza nell'esercizio delle sue funzioni. La Corte ha inoltre ribadito i criteri per l'accertamento della cosiddetta "insolvenza statica" per le società in liquidazione, confermando che la valutazione si basa sulla capacità del patrimonio residuo di soddisfare integralmente tutti i creditori.
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Creditore ipotecario terzo datore: no ammissione
Un'agenzia governativa, creditrice verso una società, deteneva un'ipoteca su beni che questa aveva venduto a un'altra impresa, poi fallita. La richiesta di ammissione al passivo fallimentare dell'agenzia è stata respinta. La Corte di Cassazione, richiamando una decisione delle Sezioni Unite, ha confermato che il creditore ipotecario terzo datore non può utilizzare la procedura di ammissione al passivo, ma deve invece intervenire nella successiva fase di distribuzione del ricavato dalla vendita dei beni.
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Liquidazione Coatta Amministrativa: il processo prosegue
In un caso riguardante la richiesta di risarcimento di alcuni investitori contro un istituto di credito per l'acquisto di obbligazioni argentine, la Corte di Cassazione ha affrontato una questione cruciale: cosa succede al processo se la banca viene posta in liquidazione coatta amministrativa? La Corte ha stabilito che l'azione legale non diventa improcedibile. Il credito, accertato con una sentenza non definitiva, deve essere ammesso al passivo della liquidazione "con riserva", permettendo al giudizio di proseguire. Tuttavia, nel merito, la Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso degli investitori, confermando la decisione d'appello che riteneva la banca avesse adempiuto ai propri obblighi informativi.
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Credito prededucibile: quando le spese legali contano
Una professionista ha richiesto l'ammissione del suo compenso come credito prededucibile nel fallimento di una società assistita. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, stabilendo che le prestazioni non erano funzionali alla procedura concorsuale e ribadendo il principio di immutabilità della domanda, che impedisce di modificare la natura del credito (da prededucibile a privilegiato) in fase di opposizione.
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Omesso esame di un fatto: la Cassazione decide
La Corte di Cassazione ha annullato un decreto del Tribunale che aveva negato a un lavoratore l'ammissione del suo credito T.F.R. allo stato passivo dell'ex datore di lavoro. Il motivo del rigetto era un presunto debito del lavoratore verso una finanziaria. La Cassazione ha rilevato che il Tribunale ha commesso un errore di omesso esame di un fatto, ignorando un documento cruciale che provava l'estinzione anticipata di tale debito. Tale documento, se esaminato, avrebbe cambiato l'esito della decisione. Il caso è stato rinviato al Tribunale per un nuovo esame.
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Fondo di garanzia TFR: obbligo anche post-cessione
La Corte di Cassazione ha stabilito che il Fondo di garanzia TFR dell'INPS è tenuto a corrispondere l'intero trattamento di fine rapporto ai lavoratori, anche per la quota maturata prima di una cessione d'azienda. L'obbligo scatta quando il nuovo datore di lavoro (cessionario) diventa insolvente, poiché è questo evento a rendere esigibile il credito. La Corte ha inoltre chiarito che l'obbligazione del Fondo non è sussidiaria, quindi i lavoratori non sono tenuti a rivalersi prima sull'originario datore di lavoro (cedente).
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Compenso professionale: quando è negato per negligenza
Un professionista ha richiesto l'ammissione al passivo fallimentare per un credito di 300.000 euro relativo a una consulenza per un concordato preventivo. La Corte di Cassazione ha confermato il rigetto della domanda, negando il compenso professionale a causa della grave negligenza e dell'inutilità della prestazione resa. La Corte ha stabilito che un'attività professionale talmente viziata da non essere funzionale allo scopo del cliente equivale a un inadempimento totale, legittimando il committente (o il curatore fallimentare) a rifiutare il pagamento.
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Omologa del concordato: i limiti del giudice
Una società in concordato preventivo si oppone alla decisione della Corte d'Appello che, accogliendo il reclamo di un creditore, aveva annullato l'omologa del concordato per riconoscere un privilegio su un credito. La Corte di Cassazione accoglie il ricorso, stabilendo che in sede di omologa del concordato, il giudice non ha la competenza per decidere sull'esistenza o sul rango dei crediti, poiché tale accertamento è riservato a un giudizio ordinario separato. Di conseguenza, cassa la decisione impugnata senza rinvio.
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Compenso del professionista: quando è escluso?
La Corte di Cassazione ha confermato l'esclusione del compenso del professionista incaricato di redigere un piano di concordato preventivo per una società poi fallita. La Corte ha stabilito che la prestazione, eseguita con grave negligenza e in violazione delle norme basilari, equivale a un totale inadempimento contrattuale, legittimando il rifiuto del pagamento da parte del curatore fallimentare.
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Concordato: relazione attestatore incompleta, sì ricorso
La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso di un creditore, annullando l'omologa di un concordato preventivo a causa di una relazione dell'attestatore carente. La relazione non valutava correttamente tutti gli asset del debitore, inclusi l'avviamento aziendale e partecipazioni societarie, impedendo ai creditori una scelta informata. La Corte ha invece respinto il ricorso dell'Agenzia delle Entrate, ribadendo che solo chi si oppone in primo grado può impugnare l'omologa.
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Credito TFR fallimento: ammesso anche senza versamenti
Una lavoratrice si opponeva al rigetto parziale della sua richiesta di ammissione al passivo fallimentare della sua ex società. La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 16928/2024, ha accolto il suo ricorso, affermando che il credito TFR nel fallimento deve essere ammesso per intero, indipendentemente dal fatto che il datore di lavoro abbia versato o meno le quote al Fondo di Tesoreria INPS. Il diritto del lavoratore a insinuarsi nel passivo per il proprio TFR è incondizionato.
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Fondo garanzia TFR: no pagamento se l’azienda è salva
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 16917/2024, ha stabilito che il Fondo di garanzia TFR gestito dall'INPS non è tenuto a intervenire se, in caso di cessione di ramo d'azienda, il rapporto di lavoro prosegue con un'impresa acquirente che risulta solvibile al momento della cessazione definitiva del rapporto. Secondo la Corte, un accordo sindacale che lasci il TFR a carico dell'azienda cedente, successivamente divenuta insolvente, non è opponibile all'INPS. Il requisito fondamentale per l'intervento del Fondo è l'insolvenza del datore di lavoro al momento in cui il credito per il TFR diventa esigibile, cioè alla fine del rapporto di lavoro.
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Diritto di difesa fallimento: quando si sana il vizio?
Una società dichiarata fallita lamentava la violazione del diritto di difesa a causa di una notifica tardiva. La Corte di Cassazione, confermando la decisione d'appello, ha stabilito che il vizio procedurale del primo grado è stato sanato dalla piena possibilità di difendersi in sede di reclamo. L'analisi del diritto di difesa fallimento ha chiarito che, se la notifica non è inesistente, il giudice d'appello deve decidere nel merito, convertendo la nullità in motivo d'impugnazione.
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Concordato in continuità: la gestione degli asset
Un'ordinanza della Cassazione affronta il tema del concordato in continuità quando il piano prevede la vendita di beni non essenziali. Il caso riguarda una società che si oppone alla nomina di un liquidatore giudiziale imposta dal tribunale. La Corte, riconoscendo la rilevanza della questione, ha rinviato la causa a pubblica udienza per definire le regole sulla liquidazione degli asset in questo contesto.
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Clausola risolutiva espressa: prevale sul recesso?
La Corte di Cassazione ha stabilito che un curatore fallimentare, pur avendo esercitato il recesso da un contratto di affitto d'azienda, può legittimamente eccepire l'inadempimento della controparte avvalendosi di una clausola risolutiva espressa. Tale eccezione, se fondata, prevale sul recesso e fa venir meno il diritto all'indennizzo della controparte. La Corte ha cassato la decisione del tribunale che aveva erroneamente escluso questa possibilità, non tenendo conto che l'eccezione di risoluzione era stata sollevata nel corso del giudizio di merito. L'uso della clausola risolutiva espressa non richiede un atto stragiudiziale preventivo e può essere manifestato anche in via di difesa processuale.
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