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Diritto Fallimentare

Azione revocatoria: quando il creditore è consapevole
Una società creditrice ha ricevuto pagamenti da un'altra società, poi fallita. Il curatore ha esercitato l'azione revocatoria fallimentare, sostenendo che la creditrice fosse a conoscenza dell'insolvenza. La Cassazione ha confermato la revoca, chiarendo che la valutazione delle prove sulla conoscenza dello stato di decozione spetta al giudice di merito. Ha però corretto la data di decorrenza degli interessi sulla somma da restituire.
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Compenso commissario giudiziale: la Cassazione decide
Un professionista, nominato Commissario Giudiziale in un concordato preventivo, ha impugnato in Cassazione il decreto che ha drasticamente ridotto il suo compenso, precedentemente liquidato in via definitiva. Il ricorrente lamenta la violazione del diritto di difesa, l'errata applicazione retroattiva delle nuove tariffe professionali e una motivazione viziata. La Corte di Cassazione, con ordinanza interlocutoria, ha rinviato la decisione per unire la trattazione a un altro ricorso connesso, sospendendo il giudizio sul merito.
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Bancarotta preferenziale e onere della prova del danno
In un caso di richiesta di risarcimento danni derivante da una condanna per bancarotta preferenziale, la Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibili sia il ricorso principale dei creditori che quelli incidentali dei debitori. La Corte ha ribadito che i creditori devono fornire prova rigorosa del danno subito e che non è possibile sollevare questioni giuridiche nuove in sede di legittimità. Ha inoltre confermato la correttezza della liquidazione equitativa del danno operata dal giudice di merito, data la difficoltà di calcolare l'esatto ammontare in pendenza di una procedura fallimentare.
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Estinzione del giudizio: la rinuncia al ricorso
La Corte di Cassazione ha dichiarato l'estinzione del giudizio in un caso riguardante un contratto preliminare di vendita immobiliare. I ricorrenti principali, dopo aver perso nei primi due gradi di giudizio, hanno rinunciato al ricorso in Cassazione. La controparte, una società fallita, ha accettato la rinuncia, rinunciando a sua volta al proprio ricorso incidentale. Tale accordo ha portato alla chiusura del processo senza una decisione nel merito e senza una pronuncia sulle spese legali.
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Detenzione e usucapione: la Cassazione chiarisce
Un soggetto che aveva utilizzato un immobile per oltre vent'anni ha visto respinta la sua domanda di usucapione. La Corte di Cassazione ha confermato che il rapporto era iniziato come mera detenzione, avendo ricevuto il bene con il consenso dei proprietari. Poiché non è stata provata la successiva trasformazione in possesso (interversione), la corte ha escluso il diritto all'usucapione, sottolineando la differenza fondamentale tra detenzione e usucapione.
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Privilegio Professionale: No a Studio Associato
Uno studio professionale si è visto negare il riconoscimento del privilegio professionale per crediti vantati verso una società fallita. La Cassazione ha confermato la decisione, stabilendo che se il compenso per la prestazione non è di pertinenza esclusiva del professionista che l'ha eseguita, ma viene ripartito tra tutti i soci secondo le quote, il credito assume natura imprenditoriale e perde il diritto alla prelazione.
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Fattibilità giuridica: no al concordato con beni sequestrati
La Corte di Cassazione ha confermato l'inammissibilità di una proposta di concordato preventivo a causa della mancanza di fattibilità giuridica. Il caso riguardava una società i cui beni aziendali erano stati sottoposti a sequestro preventivo penale. La Corte ha stabilito che la valutazione della fattibilità va condotta al momento della presentazione della domanda, e un piano basato sulla futura e incerta liberazione dei beni è inattuabile. Anche il successivo dissequestro a favore della curatela fallimentare non sana l'originaria inammissibilità, poiché i beni restano destinati alla procedura fallimentare e non a quella concordataria.
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Giudicato esterno fallimento: la Cassazione chiarisce
La Corte di Cassazione ha stabilito che la revoca di una sentenza di fallimento, motivata da un vizio procedurale relativo a una domanda di concordato preventivo, non costituisce un giudicato esterno che impedisce una successiva dichiarazione di fallimento. Il precedente giudicato, in questo caso, aveva un'efficacia limitata all'annullamento dell'atto che dichiarava inammissibile il concordato, senza entrare nel merito della sussistenza dei presupposti per il fallimento. Di conseguenza, una volta che la società ha rinunciato alla domanda di concordato, le istanze di fallimento originarie, che erano solo sospese, hanno potuto legittimamente riprendere il loro corso.
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Revocatoria Fallimentare: l’accollo del debito
Una banca ha ricevuto pagamenti da una società, poi fallita, attraverso l'accollo di mutui da parte di un terzo. La Cassazione ha confermato l'inefficacia di tali pagamenti tramite l'azione revocatoria fallimentare, ritenendoli mezzi anormali. La Corte ha stabilito che la valutazione della 'scientia decoctionis' (conoscenza dello stato di insolvenza da parte della banca) è un accertamento di fatto insindacabile in sede di legittimità, se adeguatamente motivato. Anche il ricorso incidentale di un garante, basato sulla presunta nullità di una clausola di reviviscenza, è stato dichiarato inammissibile per carenza di prova.
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Inammissibilità del ricorso: i limiti del giudizio
Una società, dopo la risoluzione di un contratto preliminare, ricorre in Cassazione per ottenere il risarcimento del danno. La Corte Suprema dichiara l'inammissibilità del ricorso, evidenziando gravi carenze procedurali: la mancata specifica allegazione del danno e il tentativo di ottenere un nuovo esame del merito, non consentito in sede di legittimità. La decisione sottolinea i rigorosi oneri formali che gravano sulla parte ricorrente.
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Fallimento società cancellata: il termine di un anno
Una società cancellata dal registro imprese viene dichiarata fallita oltre un anno dopo. La Cassazione chiarisce che il termine annuale è perentorio. Anche in caso di appello, il decreto che accoglie il reclamo dei creditori deve intervenire entro l'anno dalla cancellazione, confermando che il fallimento società cancellata oltre tale termine è nullo.
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Ricorso inammissibile: l’appello omisso medio
La Corte di Cassazione ha dichiarato un ricorso inammissibile avverso una sentenza di fallimento. La società ricorrente aveva impugnato la decisione del Tribunale direttamente in Cassazione, saltando il grado di appello. La Corte ha ribadito che, secondo la legge fallimentare, la sentenza dichiarativa di fallimento deve essere impugnata tramite reclamo davanti alla Corte d'Appello. L'aver omesso questo grado intermedio di giudizio ('omisso medio') rende il ricorso nullo, confermando la dichiarazione di fallimento.
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Legittimazione creditore nel fallimento: la Cassazione
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza in esame, ha rigettato il ricorso di una società dichiarata fallita, chiarendo i presupposti per la legittimazione creditore. È stato confermato che, per avviare la procedura fallimentare, non è necessario un accertamento definitivo del credito, essendo sufficiente una verifica incidentale da parte del giudice, soprattutto se il credito è già supportato da un decreto ingiuntivo e una sentenza. La Corte ha inoltre ribadito i requisiti di specificità che l'atto di reclamo deve possedere per essere considerato ammissibile.
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Impugnazione decreto: quando non è ammessa in Cassazione
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso contro un decreto della Corte d'Appello. Il provvedimento in questione, che accoglieva un reclamo e rimetteva la causa al Tribunale per la dichiarazione di fallimento, è stato ritenuto privo di carattere decisorio e definitivo. La Corte ha chiarito che l'atto lesivo dei diritti, e quindi autonomamente appellabile, è la successiva sentenza di fallimento, non l'intermedio decreto di rimessione. Di conseguenza, l'impugnazione del decreto è stata respinta.
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Bancarotta impropria: anche aggravare il dissesto è reato
La Cassazione annulla una sentenza di assoluzione per bancarotta impropria. Anche se un'operazione dolosa non causa da sola il fallimento, è sufficiente che abbia aggravato un dissesto già esistente. L'omessa riscossione di crediti rilevanti, pur non 'preponderante', costituisce nesso causale.
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Stato di insolvenza: i limiti del ricorso in Cassazione
Una società informatica, dichiarata fallita dalla Corte d'Appello, ha presentato ricorso in Cassazione contestando la valutazione del suo stato di insolvenza. La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ribadendo che la valutazione dei fatti e delle prove, come l'analisi dei bilanci e la sussistenza dei debiti, spetta ai giudici di merito e non può essere riesaminata in sede di legittimità, a meno di vizi specifici. La decisione conferma che lo stato di insolvenza si desume da un complesso di fattori che dimostrano l'incapacità dell'impresa di far fronte regolarmente alle proprie obbligazioni.
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Dichiarazione di fallimento: basta un credito non definitivo?
Una società di produzione cinematografica viene dichiarata fallita su istanza di una creditrice, basata su una sentenza di primo grado non ancora definitiva. La società fallita ricorre in Cassazione sostenendo che il titolo non fosse definitivo e di non superare le soglie di fallibilità. La Corte Suprema ha rigettato il ricorso, confermando che per la dichiarazione di fallimento è sufficiente un credito accertato in primo grado, anche se non definitivo, e che l'onere di provare il mancato superamento delle soglie di fallibilità spetta al debitore.
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Dichiarazione di fallimento: quando il ricorso è out
La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un imprenditore contro la propria dichiarazione di fallimento. La Corte ribadisce che il superamento della soglia di indebitamento va accertato d'ufficio dal giudice sulla base di tutti gli atti, e che la valutazione delle prove sui fatti, come lo stato di insolvenza, non può essere contestata in sede di legittimità. La decisione sottolinea come il ricorso in Cassazione sia limitato ai soli errori di diritto.
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Morte avvocato in Cassazione: cosa succede al processo?
Un'ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce le conseguenze della morte dell'avvocato in Cassazione. Il caso riguarda un imprenditore che, dopo aver impugnato la propria dichiarazione di fallimento, perde il suo unico difensore. La Suprema Corte ha stabilito che il processo non va interrotto, ma rinviato. Questa decisione mira a tutelare il diritto di difesa, ordinando alla cancelleria di notificare personalmente alla parte l'accaduto e la nuova data di udienza, per consentirgli di nominare un nuovo legale.
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Prova del debito e fallimento: la Cassazione chiarisce
Una società cooperativa, dichiarata fallita, ricorre in Cassazione contestando la sussistenza dei debiti posti a fondamento della dichiarazione di insolvenza. La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, chiarendo che, ai fini fallimentari, costituisce valida prova del debito sia la mancata contestazione in una procedura di pignoramento presso terzi, sia un avviso di accertamento fiscale notificato, anche se non ancora iscritto a ruolo. La Corte ha confermato la correttezza della valutazione dello stato di insolvenza basata su tali debiti e su altri indici, come la cessazione dell'attività d'impresa.
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