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Diritto Fallimentare

Accordo di ristrutturazione: il deposito non basta
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 34837/2024, ha rigettato il ricorso di una società in liquidazione contro la propria dichiarazione di fallimento. La Corte ha stabilito che, per rispettare i termini di legge, l'accordo di ristrutturazione dei debiti non deve essere solo depositato, ma anche iscritto nel Registro delle Imprese. Questa formalità è essenziale per garantire la pubblicità dell'atto e tutelare i creditori. Inoltre, sono stati ritenuti insussistenti i presupposti per il cosiddetto 'cram down fiscale', poiché la proposta all'amministrazione finanziaria era tardiva e non ne era stata provata la convenienza rispetto alla liquidazione.
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Modifiche piano concordatario: i limiti temporali
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 34828/2024, ha rigettato il ricorso di una società fallita che contestava la mancata concessione di un rinvio per presentare modifiche al piano concordatario. La Corte ha stabilito che le richieste di modifica devono essere tempestive e che una semplice memoria integrativa non costituisce un 'nuovo piano' tale da giustificare un differimento. Viene così riaffermata la rigidità dei termini procedurali anche alla luce della normativa emergenziale Covid-19.
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Errore di fatto: quando il ricorso è inammissibile
Una società finanziaria ricorre in Cassazione per la parziale ammissione dei suoi crediti in un fallimento, lamentando un errore di fatto del giudice di merito nella valutazione di un contratto di mutuo. La Suprema Corte dichiara il ricorso inammissibile, specificando che l'errore di percezione basato sugli atti di causa non è un vizio denunciabile in Cassazione ai sensi dell'art. 360 n. 5 c.p.c., ma un potenziale motivo di revocazione.
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Mutuo fondiario: non è nullo se supera il limite
La Corte di Cassazione, conformandosi a un precedente delle Sezioni Unite, ha stabilito che un contratto di mutuo fondiario resta valido anche se l'importo erogato supera il limite di finanziabilità stabilito dalla normativa bancaria (art. 38 T.U.B.). La Corte ha chiarito che tale limite non è un elemento essenziale del contratto la cui violazione ne determina la nullità, ma una norma di condotta posta a tutela della stabilità patrimoniale della banca. Di conseguenza, è stato accolto il ricorso di un istituto di credito che si era visto negare l'ammissione al passivo fallimentare in via privilegiata, cassando la decisione del tribunale e rinviando la causa per un nuovo esame.
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Mutuo fondiario: la Cassazione conferma la validità
La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha stabilito che un mutuo fondiario concesso oltre il limite di finanziabilità legale (80% del valore dell'immobile) non è nullo. Basandosi su un precedente delle Sezioni Unite, la Corte ha chiarito che tale violazione non inficia la validità del contratto, ma comporta la sua riqualificazione in un mutuo ipotecario ordinario, privo dei privilegi speciali. La decisione rigetta il ricorso del curatore fallimentare che sosteneva la nullità del finanziamento, confermando così la validità del credito della società cessionaria, seppur declassato a ipotecario ordinario.
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Privilegio crediti enti pubblici: no se contrattuali
Un consorzio pubblico per la gestione dei rifiuti ha richiesto il riconoscimento del privilegio crediti per somme versate a una società di gestione di discariche, poi fallita, per servizi mai resi. La Corte di Cassazione ha negato tale privilegio, stabilendo che il credito, pur originato da fondi di natura tributaria (tassa sui rifiuti), assume natura contrattuale e restitutoria una volta versato come compenso. Di conseguenza, non gode della preferenza accordata ai crediti fiscali.
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Crediti prededucibili: no alla traslazione automatica
La Corte di Cassazione ha stabilito che i crediti prededucibili sorti durante un'amministrazione giudiziaria, una misura di prevenzione, non mantengono automaticamente tale status nella successiva procedura di amministrazione straordinaria, che è una procedura concorsuale. La sentenza chiarisce che la profonda differenza di natura e finalità tra i due istituti impedisce l'applicazione del principio di 'consecutio procedurarum', ovvero la continuità giuridica tra procedure, negando così la 'traslatio' del privilegio della prededuzione.
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Accordo di ristrutturazione: risolto dal fallimento
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 33445/2024, stabilisce un principio cruciale in materia di diritto fallimentare. Se un'impresa, dopo aver stipulato un accordo di ristrutturazione dei debiti, viene dichiarata fallita, l'accordo si considera automaticamente risolto per impossibilità sopravvenuta. Di conseguenza, il creditore aderente ha il diritto di insinuarsi al passivo fallimentare per l'intero ammontare del suo credito originario, e non per la somma ridotta prevista dall'accordo. La Corte chiarisce che non è necessaria un'azione giudiziale da parte del creditore per ottenere la risoluzione, in quanto l'effetto è automatico e discende direttamente dalla dichiarazione di fallimento che rende irrealizzabile il piano di risanamento.
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Accordo di ristrutturazione e fallimento: la Cassazione
Un creditore aveva accettato un pagamento ridotto tramite un accordo di ristrutturazione del debito. Successivamente, l'azienda debitrice è stata dichiarata fallita. I tribunali di merito avevano ammesso il creditore al passivo fallimentare solo per l'importo ridotto. La Corte di Cassazione ha ribaltato questa decisione, stabilendo che la dichiarazione di fallimento provoca la risoluzione automatica dell'accordo di ristrutturazione per impossibilità di esecuzione. Di conseguenza, il creditore ha il diritto di insinuare nel fallimento il suo credito per l'intero importo originario.
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Compensazione fallimentare: le regole per l’impresa
Un ente previdenziale ha richiesto il pagamento di contributi sorti dopo l'apertura dell'amministrazione straordinaria di una società. L'amministratore ha eccepito la compensazione con un credito che la società vantava verso l'ente prima della procedura. La Corte di Cassazione ha confermato la legittimità dell'operazione, chiarendo che in tema di compensazione fallimentare, l'amministratore può avvalersi delle regole del codice civile. La procedura concorsuale, infatti, subentra nella posizione giuridica della società senza creare un nuovo soggetto, preservando così il requisito della reciprocità dei crediti.
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Riclassificazione INAIL: la Cassazione decide
La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di una società del settore legno contro la riclassificazione INAIL delle sue attività lavorative. L'Istituto aveva applicato un tasso di premio più alto basato su una nuova valutazione del rischio. La Suprema Corte ha stabilito che la richiesta della società era un inammissibile tentativo di riesame del merito, confermando la correttezza della decisione della Corte d'Appello, fondata sui principi normativi che regolano le tariffe dei premi.
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Ricorso cassazione inammissibile: termini e motivi
La Corte di Cassazione dichiara un ricorso cassazione inammissibile in materia di sovraindebitamento. La decisione si fonda su due motivi principali: la presentazione del ricorso oltre il termine di 60 giorni dalla comunicazione del provvedimento impugnato e la natura non definitiva e non decisoria del decreto, che confermava una precedente dichiarazione di inammissibilità della proposta di accordo, rendendolo non appellabile in sede di legittimità.
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Credito prededucibile: quando è riconosciuto?
Una professionista, membro del consiglio di sorveglianza di una società in amministrazione straordinaria, ha richiesto il riconoscimento del suo credito come privilegiato e prededucibile. La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 31756/2024, chiarisce che un credito prededucibile richiede l'apertura formale della procedura concorsuale, requisito assente nel caso di specie. La Corte ha confermato il riconoscimento del privilegio speciale, non essendo stata provata la qualifica di amministratore di fatto, ma ha respinto la richiesta di prededuzione, rigettando sia il ricorso della società che quello della professionista.
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Competenza tribunale fallimentare e leasing: la Cassazione
La Corte di Cassazione ha stabilito che la competenza a decidere sulla richiesta di restituzione di somme, derivante dallo scioglimento di un contratto di leasing post-fallimento, spetta inderogabilmente al tribunale fallimentare. Questa competenza, nota come 'vis attractiva', prevale su qualsiasi foro convenzionale pattuito dalle parti nel contratto originale, poiché l'azione del curatore trae il suo fondamento diretto dai poteri conferitigli dalla legge fallimentare e non dal contratto preesistente.
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Ricorso inammissibile: limiti all’impugnazione
La Corte di Cassazione ha dichiarato un ricorso inammissibile contro il decreto di un tribunale che aveva revocato l'apertura di una procedura di liquidazione del patrimonio. La revoca era stata disposta a causa dell'omessa dichiarazione, da parte del debitore, di una causa risarcitoria a suo carico. La Suprema Corte ha stabilito che tale provvedimento, basato su un vizio di ammissibilità della domanda, è privo dei caratteri di decisorietà e definitività e, pertanto, non può essere impugnato in Cassazione, non precludendo al debitore la possibilità di ripresentare una nuova istanza corretta.
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Termine breve impugnazione: il ruolo della PEC
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile un ricorso perché tardivo, chiarendo che il termine breve impugnazione di 60 giorni decorre dalla comunicazione integrale del provvedimento via PEC da parte della cancelleria. In un caso di sovraindebitamento, un debitore ha impugnato la revoca del suo piano di liquidazione oltre tale termine. La Corte ha stabilito che la comunicazione telematica completa equivale alla notifica, rendendo inapplicabile il termine lungo di sei mesi dalla pubblicazione.
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Legittimazione debitore sovraindebitato: No al ricorso
Un debitore in una procedura di liquidazione del patrimonio ha impugnato lo stato passivo. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, negando la legittimazione debitore sovraindebitato a contestare l'elenco dei crediti. La Corte ha stabilito che, analogamente al fallimento, il liquidatore rappresenta la massa dei creditori e non il debitore, il quale perde il diritto di agire in questa fase.
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Ricorribilità per cassazione: no se la domanda è inammissibile
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso contro un'ordinanza del Tribunale che aveva a sua volta dichiarato inammissibile una domanda di liquidazione del patrimonio. La Suprema Corte ha chiarito che un provvedimento di inammissibilità non possiede i caratteri di decisorietà e definitività necessari per la ricorribilità per cassazione, poiché non impedisce al debitore di riproporre una nuova e più completa istanza.
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Interesse ad agire: quando il debitore può opporsi?
La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha chiarito i limiti dell'impugnazione del piano di riparto da parte del debitore sovraindebitato. Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché la ricorrente non ha dimostrato di avere un concreto e personale interesse ad agire nel chiedere una diversa allocazione delle somme a favore di un suo creditore. La Corte ha ribadito che, per agire in giudizio, non basta un generico desiderio di correttezza procedurale, ma è necessaria la prova di un'utilità tangibile e diretta per chi propone l'azione.
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Domanda di ammissione al passivo: come non sbagliare
La Corte di Cassazione chiarisce che in una procedura di liquidazione del patrimonio, una domanda di ammissione al passivo per un credito professionale deve contenere l'esplicita richiesta del privilegio. L'omissione di tale richiesta comporta la classificazione del credito come chirografario, anche se la natura professionale del credito è evidente dalla documentazione. La Corte equipara la disciplina della liquidazione del patrimonio a quella fallimentare, sottolineando l'onere del creditore di indicare chiaramente il titolo di prelazione.
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