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Diritto Fallimentare

Conoscenza effettiva fallimento: onere della prova
Una società di gestione crediti presentava una domanda tardiva di ammissione al passivo di un fallimento. Il Tribunale la respingeva, ritenendo che la società avesse avuto conoscenza del fallimento tramite il deposito della sentenza in un'altra procedura esecutiva. La Corte di Cassazione ha annullato tale decisione, stabilendo che, in assenza della comunicazione formale, spetta al curatore dimostrare la conoscenza effettiva del fallimento da parte del creditore. Il mero deposito di un atto in un altro fascicolo, senza notifica alle parti, non costituisce prova sufficiente.
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Legittimazione studio associato: chi incassa il credito?
Un professionista si è visto negare il pagamento per le sue prestazioni da una società in fallimento, poiché il tribunale riteneva che il creditore fosse lo studio associato e non il singolo. La Corte di Cassazione ha ribaltato la decisione, stabilendo che la titolarità del credito spetta al singolo professionista se lo statuto dell'associazione non prevede diversamente in modo inequivocabile. La sentenza chiarisce la questione della legittimazione dello studio associato, dando prevalenza al testo contrattuale rispetto al comportamento successivo delle parti, come la fatturazione.
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Effetto solutorio del pegno: la Cassazione decide
Una società ha fornito un pegno a garanzia di un prestito specifico per un'altra entità. La banca creditrice, dopo aver escusso il pegno, ha utilizzato i fondi per coprire un debito diverso, impedendo al garante di esercitare il suo diritto di surroga. La Corte di Cassazione ha confermato l'"effetto solutorio del pegno", equiparando l'escussione a un pagamento. Di conseguenza, ha annullato la decisione della Corte d'Appello, riaffermando il diritto del garante al risarcimento del danno subito.
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Equo indennizzo: il valore della causa è decisivo
La Corte di Cassazione ha stabilito che una società ha diritto all'equo indennizzo per l'eccessiva durata di un processo fallimentare, anche se economicamente solida. La Corte ha rigettato il ricorso del Ministero della Giustizia, chiarendo che un credito di circa 5.230 euro non costituisce una pretesa di valore irrisorio, escludendo così la presunzione di insussistenza del pregiudizio.
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Equo indennizzo: durata irragionevole e processo
Lavoratori chiedono un equo indennizzo per una procedura fallimentare durata 26 anni. Anche se pagati integralmente, la Cassazione stabilisce che la durata irragionevole del processo causa un pregiudizio che va risarcito, annullando la decisione di merito che aveva negato il diritto.
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Indennità di occupazione: calcolo e motivazione
Una società proprietaria di un immobile si opponeva alla decisione del Tribunale che aveva ridotto l'indennità di occupazione dovuta da una curatela fallimentare. La riduzione era basata sulla temporanea assenza di elettricità. La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, stabilendo che la motivazione del Tribunale era illogica e il criterio di calcolo dell'indennità arbitrario. La Suprema Corte ha riaffermato che l'indennità di occupazione va commisurata al valore di mercato e ogni scostamento deve essere solidamente giustificato.
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Responsabilità del vettore: non serve la proprietà
Una società aveva affidato due escavatori a un'azienda di trasporti, che li ha smarriti per poi fallire. La richiesta di risarcimento era stata inizialmente respinta per mancata prova della proprietà dei macchinari. La Corte di Cassazione ha ribaltato la decisione, stabilendo che per la responsabilità del vettore è sufficiente il contratto di trasporto. La pretesa di risarcimento nasce dall'inadempimento contrattuale, non dal diritto di proprietà sulla merce. La Corte ha anche censurato il giudice di merito per non aver considerato i dati disponibili per una stima del valore dei beni.
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Credito studio associato: legittimazione e fallimento
La Corte di Cassazione esamina il caso del credito di uno studio associato escluso dal passivo di un fallimento. La questione verte sulla titolarità del credito, originariamente conferito a un singolo professionista, e su una complessa problematica procedurale legata a una precedente sentenza di rigetto divenuta definitiva. Con ordinanza interlocutoria, la Corte ha rinviato la decisione a una pubblica udienza per approfondire le implicazioni della normativa fallimentare vigente sulla gestione di crediti oggetto di sentenze non definitive al momento della dichiarazione di fallimento.
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Termine riassunzione processo: decorrenza e novità
Una società aveva ripreso una causa dopo la messa in liquidazione della banca convenuta. La Corte d'Appello aveva dichiarato il processo estinto, ritenendo superato il termine per la riassunzione. La Corte di Cassazione ha annullato tale decisione, specificando che il termine riassunzione processo decorre non dalla conoscenza dell'evento, ma dalla dichiarazione formale di interruzione da parte del giudice, in linea con un principio di certezza del diritto stabilito dalle Sezioni Unite.
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Fallimento società incorporata: notifica all’estinta
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 18261/2024, ha stabilito un principio cruciale in materia di fallimento società incorporata. In caso di fusione, se la richiesta di fallimento avviene entro un anno dalla cancellazione, la notifica va indirizzata alla società estinta e al suo legale rappresentante, non alla società incorporante. Quest'ultima, pur essendo successore universale, non è il destinatario principale della notifica, ma può intervenire nel processo. La Corte ha basato la sua decisione su una 'fictio iuris' prevista dalla legge fallimentare, che considera la società estinta come ancora esistente ai soli fini della procedura concorsuale, per tutelare i creditori.
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Società pubbliche: i limiti all’indebitamento
La Corte di Cassazione ha chiarito che i limiti all'indebitamento, noti come 'golden rule', non si estendono alle società pubbliche costituite per l'esercizio di servizi pubblici. L'ordinanza annulla la decisione di un tribunale che aveva dichiarato nullo un finanziamento bancario, specificando che è cruciale distinguere tali società da quelle meramente 'strumentali' analizzando il loro statuto sociale. Questa distinzione determina l'applicabilità delle restrizioni sui finanziamenti.
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Golden rule società pubbliche: Cassazione chiarisce
Una banca si è vista negare l'ammissione al passivo fallimentare di una società partecipata da un ente locale. Il tribunale aveva dichiarato nullo il contratto di finanziamento per violazione della "golden rule", che vieta agli enti pubblici di indebitarsi per spese non di investimento. La Corte di Cassazione ha annullato la decisione, specificando che la golden rule società pubbliche non si applica alle società di capitali costituite per l'esercizio di servizi pubblici. Queste ultime, infatti, sono espressamente escluse dal divieto e sono soggette alle norme del codice civile, godendo di piena capacità giuridica per contrarre finanziamenti.
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Cessione del credito: prova e notifica al debitore
Una società fallita non riesce a dimostrare la retrocessione di una cessione del credito dopo che la banca cessionaria aveva già notificato l'operazione al debitore. La Cassazione, confermando la decisione di merito, sottolinea che il debitore può fare legittimo affidamento sulla notifica formale ricevuta e che l'onere di provare la retrocessione del credito grava sul creditore originario.
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Onere della prova: Avvocato e compensi non pagati
Un avvocato si oppone all'ammissione parziale dei suoi crediti professionali nel fallimento di una società cliente. La Cassazione ha respinto il ricorso, riaffermando che, una volta provato un pagamento da parte del debitore, spetta al professionista creditore l'onere della prova di dimostrare che tale somma era dovuta per un titolo diverso. La Corte ha inoltre validato l'uso delle dichiarazioni dell'amministratore come prova atipica e confermato la legittimità della riduzione dei compensi in base allo stato di fallimento del cliente.
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Autosufficienza del ricorso: Cassazione inammissibile
La Corte di Cassazione dichiara inammissibile un ricorso per revocazione a causa della violazione del principio di autosufficienza del ricorso. I ricorrenti, ex soci di una società fallita, non hanno specificato nel loro atto come e quando avessero prodotto i documenti contabili che, a loro dire, provavano un errore di fatto decisivo del giudice d'appello in una causa di responsabilità contro una banca. La Corte ha ribadito che la mancata autosufficienza del ricorso impedisce l'esame del merito della questione.
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Riassunzione processo esecutivo: quando scattano i termini
La Corte di Cassazione ha stabilito un principio chiave sulla riassunzione del processo esecutivo sospeso in attesa della divisione di un bene pignorato. La controversia nasceva dalla richiesta di estinzione di una procedura esecutiva, basata sul presunto decorso del termine semestrale per la riassunzione. La Corte ha chiarito che tale termine non decorre dalla sentenza che si limita a dichiarare lo scioglimento della comunione, ma dalla decisione che definisce l'intero giudizio di divisione, rendendo esecutivo il progetto. Di conseguenza, la procedura esecutiva non era estinta, poiché il giudizio di divisione non era ancora concluso. La Corte ha quindi accolto il ricorso del creditore, annullando la decisione di merito che aveva erroneamente dichiarato estinta l'esecuzione.
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Compenso CTU: come si calcola? La Cassazione decide
Una società ha contestato la liquidazione del compenso CTU per una perizia in ambito fallimentare. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, stabilendo che il calcolo del compenso si basa sulla natura dell'incarico conferito dal giudice e non sugli strumenti usati dal consulente. Ha inoltre confermato che il valore di riferimento per il calcolo può essere il patrimonio netto della società esaminata, e che nuove questioni, come il valore indeterminabile della causa, non possono essere sollevate per la prima volta in sede di legittimità.
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Rinuncia al ricorso: ecco le conseguenze sulle spese
Una procedura fallimentare aveva impugnato in Cassazione un'ordinanza del Tribunale relativa a crediti da contratti di leasing e factoring. A seguito di un accordo transattivo con l'istituto di credito, la procedura ha effettuato una rinuncia al ricorso, accettata dalla controparte. La Corte di Cassazione ha dichiarato estinto il giudizio, compensando le spese e chiarendo che in caso di rinuncia non è dovuto il raddoppio del contributo unificato.
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Risoluzione concordato preventivo: la Cassazione decide
La Corte di Cassazione conferma la risoluzione concordato preventivo di una società per inadempimento. La Corte ha stabilito che la mancata soddisfazione dei creditori, dovuta a una liquidità inferiore alle attese, giustifica la risoluzione a prescindere da una colpa specifica del debitore, poiché la funzione primaria del concordato è tutelare i creditori.
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Inammissibilità sopravvenuta: ricorso perso?
Un professionista ricorre in Cassazione per il mancato pagamento dei suoi compensi da parte di una società fallita. Durante il giudizio, dichiara di aver perso interesse alla causa. La Corte dichiara l'inammissibilità sopravvenuta del ricorso e compensa le spese legali tra le parti, escludendo il pagamento del doppio contributo unificato.
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