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Diritto Fallimentare

Debiti imprenditore individuale e fallimento: la guida
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 31823/2024, ha confermato che per la dichiarazione di fallimento di una ditta individuale, devono essere conteggiati tutti i debiti dell'imprenditore individuale, inclusi quelli di natura fiscale o derivanti da altre attività non collegate all'impresa. La Corte ha rigettato il ricorso di un imprenditore, affermando che non esiste separazione tra il patrimonio dell'impresa e quello personale, rendendo irrilevante l'origine del debito ai fini del superamento delle soglie di fallibilità.
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Fallimento SRL: pignoramento non esclude l’attivo
Una società in liquidazione ha impugnato la propria dichiarazione di fallimento sostenendo che un suo immobile pignorato non dovesse essere conteggiato nell'attivo patrimoniale, portandolo sotto la soglia di fallibilità. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, stabilendo che il pignoramento non esclude il bene dal patrimonio ai fini della valutazione della fallibilità. Inoltre, ha chiarito che la procedura di sovraindebitamento del socio unico non impedisce il fallimento della società, a causa del principio di autonomia patrimoniale che separa i due soggetti giuridici.
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Proposta integrativa sovraindebitamento: i limiti
La Corte di Cassazione ha stabilito un principio fondamentale nelle procedure di sovraindebitamento: una volta che un creditore ha espresso il proprio dissenso su una proposta di accordo, il debitore non può presentare una proposta integrativa. Il caso riguardava un debitore che, dopo il voto contrario dell'Ente Fiscale, aveva ottenuto dal Tribunale un nuovo termine per modificare il piano. La Cassazione ha annullato la successiva omologazione, affermando che il voto del creditore cristallizza la procedura e non può essere aggirato con modifiche successive al piano. La decisione sottolinea la rigidità delle scadenze procedurali a tutela della certezza del diritto.
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Piano del consumatore: i limiti alla modifica del piano
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di due debitori che avevano tentato di modificare il loro piano del consumatore in fase di reclamo. La modifica, volta a escludere debiti aziendali nel frattempo estinti, è stata ritenuta tardiva. Secondo la Corte, qualsiasi cambiamento al piano deve avvenire prima del decreto con cui il giudice ne dispone la comunicazione ai creditori, e non in una fase successiva del procedimento.
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Piano del consumatore: dilazione pagamenti oltre l’anno
La Corte di Cassazione ha stabilito che in un piano del consumatore è legittima la dilazione del pagamento dei crediti privilegiati, come i mutui, anche oltre il termine di un anno previsto dalla legge. Questa possibilità è subordinata alla condizione che al creditore sia data la facoltà di esprimersi sulla convenienza economica del piano rispetto all'alternativa della liquidazione forzata dei beni. Nel caso specifico, l'impugnazione di un istituto di credito contro un piano che prevedeva un rimborso in cinque anni è stata dichiarata inammissibile, poiché il Tribunale di merito aveva correttamente valutato la maggiore convenienza del piano per i creditori.
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Opposizione stato passivo: quando è inammissibile
Un professionista ha presentato ricorso contro la parziale ammissione del suo credito in un fallimento. La Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, chiarendo che la presunta parzialità del giudice si contesta con la ricusazione, non con l'impugnazione. La Corte ha inoltre ribadito che la valutazione delle prove nell'opposizione stato passivo spetta al giudice di merito e non è sindacabile in sede di legittimità, se non per vizi specifici non riscontrati nel caso.
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Eccezione inadempimento sindaco: chi prova l’obbligo?
La Corte di Cassazione ha stabilito che, in un giudizio di opposizione allo stato passivo, se la curatela solleva l'eccezione di inadempimento contro un sindaco per il mancato pagamento del compenso, spetta al sindaco dimostrare di aver adempiuto diligentemente ai propri doveri di vigilanza. La curatela ha solo l'onere di allegare l'inadempimento. La Corte ha cassato la decisione del tribunale che aveva erroneamente ritenuto generiche le contestazioni della curatela, riaffermando che il diritto al compenso è strettamente legato al corretto svolgimento delle funzioni.
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Ricorso improcedibile: cosa succede se non notifichi?
L'appello di un creditore contro un provvedimento fallimentare è stato dichiarato un ricorso improcedibile dalla Corte di Cassazione. La causa è stata la mancata notifica dell'atto alla controparte. La Corte ha ribadito che l'onere di provare la tempestiva notifica spetta a chi impugna, e il suo mancato assolvimento rende l'appello inammissibile, con conseguente condanna al pagamento di un ulteriore contributo unificato.
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Incompatibilità giudice delegato: nullità del decreto
Un lavoratore si opponeva all'esclusione del suo credito (TFR e ferie) dal passivo fallimentare. La Cassazione ha annullato il decreto di rigetto perché il collegio giudicante includeva il medesimo giudice delegato che aveva inizialmente escluso il credito, ledendo il principio di imparzialità. La violazione è stata ritenuta insanabile poiché il lavoratore non è stato messo in condizione di ricusare il giudice, scoprendo l'incompatibilità del giudice delegato solo dopo la decisione.
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Querela di falso: limiti e uso nello stato passivo
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di una società che aveva proposto una querela di falso per contestare le valutazioni contenute nello stato passivo di un fallimento. La Corte ha ribadito che la querela di falso è esperibile solo per contestare la falsità materiale di un atto pubblico (es. alterazioni fisiche), e non la sua falsità ideologica (es. errori di valutazione), per la quale esistono specifici rimedi previsti dalla legge fallimentare.
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Data certa e prove: preclusioni nel fallimento
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 31689/2024, ha dichiarato inammissibile il ricorso di una società creditrice che chiedeva di produrre tardivamente i documenti originali a prova della data certa di un pegno. La Corte ha ribadito che nel rito fallimentare le preclusioni probatorie sono rigide: il creditore, che non ha fornito la prova adeguata nei termini, non può rimediare in fase di opposizione. La mancanza della prova della data certa è un onere iniziale del creditore, non una questione nuova che giustifichi una rimessione in termini.
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Revocatoria pagamenti factoring: limiti all’esenzione
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 31652/2024, ha stabilito importanti principi sulla revocatoria dei pagamenti nel factoring. La Suprema Corte ha confermato che l'esenzione dalla revocatoria, prevista dalla L. 52/1991, non si applica ai pagamenti effettuati con mezzi 'anomali', come una complessa operazione finanziaria che coinvolge delegazioni di pagamento. La decisione sottolinea che tale esenzione è limitata ai soli pagamenti ordinari, escludendo operazioni strutturate che potrebbero ledere la parità dei creditori. La sentenza chiarisce inoltre le regole sulla decorrenza degli interessi nelle azioni revocatorie.
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Liquidazione spese legali: il calcolo sul valore
Un creditore contesta il compenso del curatore fallimentare. La Cassazione, pur confermando la carenza di interesse ad agire del creditore, cassa la decisione precedente sulla liquidazione spese legali. La Corte stabilisce che il valore della controversia non è indeterminabile, ma corrisponde all'importo specifico contestato, riducendo così le spese addebitate.
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Privilegio legale: oneri del creditore nel fallimento
La Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di una banca contro l'esclusione del privilegio legale su un credito agrario in un fallimento. La Corte ha stabilito che, trattandosi di un privilegio speciale, il creditore ha l'onere di indicare specificamente i beni su cui intende esercitare la prelazione, non potendo invocare una generica impossibilità di conoscerli.
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Revocatoria ordinaria: scissione societaria inefficace
Una società costruttrice, gravata da ingenti debiti, effettua una scissione trasferendo la maggior parte del suo patrimonio immobiliare a una nuova società. Successivamente, la società originaria fallisce. La curatela fallimentare agisce in giudizio e ottiene la dichiarazione di inefficacia dell'atto di scissione tramite l'azione di revocatoria ordinaria. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso della società beneficiaria, confermando che la scissione aveva ridotto la garanzia patrimoniale per i creditori, integrando i presupposti dell'azione revocatoria.
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Rinuncia al ricorso: estinzione e spese legali
Una società di cartolarizzazione, dopo aver impugnato un decreto di omologa di un piano del consumatore, ha effettuato una rinuncia al ricorso in Cassazione. La Corte ha dichiarato l'estinzione del giudizio, condannando la società rinunciante al pagamento delle spese legali, specificando che l'accettazione della controparte non è necessaria in questa fase.
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Prova del credito bancario: l’onere della banca
Una società finanziaria si è vista rigettare una domanda di ammissione al passivo fallimentare per oltre 2,5 milioni di euro. La Cassazione ha confermato la decisione, sottolineando che la mancata produzione di tutti gli estratti conto impedisce una corretta prova del credito bancario, e la nomina di un CTU non può sopperire a tale carenza probatoria se non vi sono altri documenti idonei a ricostruire il saldo.
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Ratio decidendi: appello inammissibile se non si impugna
Una società di cartolarizzazione ha presentato ricorso contro la decisione di un tribunale che aveva respinto la sua domanda di ammissione al passivo fallimentare. La decisione del tribunale si basava su una doppia ratio decidendi: l'incertezza sul beneficiario di una garanzia e l'inidoneità della documentazione probatoria prodotta. Il ricorrente ha impugnato solo una delle due motivazioni. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ribadendo che, in presenza di più ragioni autonome a sostegno di una decisione, l'omessa impugnazione anche di una sola di esse rende l'intero ricorso inammissibile per difetto di interesse.
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Nomina implicita custode: la Cassazione fa chiarezza
Una società fallita si opponeva al pagamento di un compenso a un istituto di vendite giudiziarie, sostenendo che quest'ultimo non fosse mai stato formalmente nominato custode dei beni pignorati. La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, stabilendo che la 'nomina implicita custode' non è ammissibile. La nomina o la sostituzione del custode richiedono un'ordinanza esplicita e non possono essere desunte da comportamenti concludenti o da richieste istruttorie del giudice, ribadendo la necessità di formalismo a garanzia della certezza del diritto.
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Responsabilità amministratori: analisi della Cassazione
Una recente ordinanza della Cassazione analizza la responsabilità amministratori e sindaci nel caso del fallimento di una società di navigazione. La Corte ha confermato la condanna per i danni derivanti da contratti di lavoro simulati, stipulati a favore dei proprietari di fatto, e da rovinose operazioni speculative in derivati. È stata ritenuta grave anche la negligenza dei sindaci nell'attività di controllo. La sentenza è stata però cassata con rinvio su un punto: la necessità di ricalcolare il danno a carico di un amministratore, tenendo conto delle transazioni già concluse dalla curatela con altri coobbligati.
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