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Diritto Fallimentare

Opposizione omologa concordato: limiti per creditori
La Cassazione chiarisce i limiti all'opposizione omologa concordato per un creditore appartenente a una classe consenziente. Il creditore non può contestare la convenienza del piano, ma solo la regolarità della procedura. L'appello è stato dichiarato inammissibile perché le censure riguardavano il merito e non la procedura.
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Scientia decoctionis: prova e valutazione in Cassazione
Una società di navigazione in amministrazione straordinaria agiva in revocatoria contro un istituto di credito per pagamenti ricevuti prima dell'insolvenza. La Corte d'Appello rigettava la domanda per assenza di prova della scientia decoctionis, cioè della consapevolezza dello stato di insolvenza da parte della banca. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, specificando che non è possibile, in sede di legittimità, richiedere una nuova valutazione dei fatti o degli elementi presuntivi già esaminati dal giudice di merito. La decisione sottolinea la distinzione tra un errore di diritto e una diversa interpretazione delle prove, che non può essere oggetto di ricorso in Cassazione.
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Classi di creditori: quando il ricorso è inammissibile
La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un ente previdenziale contro l'omologazione di un concordato preventivo. L'ente contestava l'inserimento dei propri crediti nella stessa classe dei crediti tributari. La decisione si fonda su un vizio processuale: il ricorrente non ha specificamente impugnato tutte le autonome ragioni (le 'ratio decidendi') su cui si basava la decisione della Corte d'Appello, in particolare quella relativa alla cosiddetta 'prova di resistenza'. Di conseguenza, la Corte non è entrata nel merito della corretta formazione delle classi di creditori.
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Indipendenza attestatore: stop a incarichi pregressi
La Corte di Cassazione ha stabilito che l'indipendenza dell'attestatore in un concordato preventivo è un requisito inderogabile. Anche una singola prestazione professionale retribuita, svolta per il debitore nei cinque anni precedenti, fa venir meno tale requisito, invalidando la relazione e compromettendo la procedura, indipendentemente dalla natura occasionale dell'incarico.
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Voto agenzia entrate: la giurisdizione è ordinaria
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 20036/2024, ha risolto un conflitto di giurisdizione stabilendo che le azioni di risarcimento danni contro l'Agenzia delle Entrate per il suo voto negativo in un concordato preventivo rientrano nella competenza del giudice ordinario. La Suprema Corte ha chiarito che in tale contesto, il voto dell'Agenzia Entrate non costituisce esercizio di potere pubblico, ma un atto di natura privatistica compiuto in qualità di creditore, pertanto la controversia riguarda un diritto soggettivo.
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Data Certa e Prova del Credito: Cassazione Annulla
La Corte di Cassazione ha annullato un decreto del Tribunale che ammetteva un cospicuo credito professionale in una liquidazione coatta amministrativa. Il motivo dell'annullamento risiede nella motivazione solo apparente del giudice di merito riguardo alla prova della 'data certa' di una scrittura di riconoscimento di debito. Secondo la Suprema Corte, un riferimento generico ai documenti in atti non è sufficiente per superare la specifica contestazione sull'opponibilità del documento alla procedura concorsuale, rendendo necessaria una nuova valutazione.
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Ripristino rapporto di lavoro e cessione d’azienda
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 19354/2024, ha stabilito un principio cruciale a tutela dei lavoratori: il fallimento del datore di lavoro non impedisce il ripristino del rapporto di lavoro. Se l'azienda viene ceduta, il rapporto, una volta accertata la sua illegittima interruzione, si trasferisce automaticamente al nuovo acquirente. La Corte ha chiarito che la continuità aziendale garantita dalla cessione prevale, assicurando il diritto del lavoratore alla reintegrazione nel posto di lavoro con il nuovo soggetto giuridico, invalidando le clausole contrattuali che escludevano tale trasferimento se non supportate da specifici accordi sindacali.
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Compenso professionista fallimento: la Cassazione decide
La Corte di Cassazione si è pronunciata sul compenso di un professionista che ha assistito una società prima e dopo la sua dichiarazione di fallimento. La Corte ha confermato la decisione di ridurre del 50% il compenso per l'attività svolta in favore della procedura, motivando che tale attività era in gran parte una continuazione di quella già svolta e retribuita quando la società era in bonis. È stato chiarito che la liquidazione del compenso del professionista del fallimento segue una procedura specifica e non rientra nella verifica ordinaria dei crediti. Entrambi i ricorsi, principale del professionista e incidentale del fallimento, sono stati rigettati.
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Modifica della domanda: quando è emendatio e non mutatio
Una società che custodiva veicoli per un'altra in concordato preventivo ha modificato la sua domanda di pagamento in corso di causa, rivolgendola alla procedura concorsuale con richiesta di prededuzione. I giudici di merito hanno ritenuto inammissibile questa modifica della domanda, qualificandola come una 'mutatio libelli' (domanda nuova). La Corte di Cassazione ha annullato la decisione, giudicando la motivazione della Corte d'Appello 'apparente' e insufficiente a spiegare perché non si trattasse di una semplice e ammissibile 'emendatio libelli' (precisazione della domanda).
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Responsabilità amministratori: la Cassazione decide
La Corte di Cassazione ha confermato la responsabilità degli amministratori di un consorzio fallito per non aver stipulato un'adeguata polizza assicurativa a copertura del rischio incendio sul principale bene aziendale. L'ordinanza chiarisce che tale omissione costituisce una violazione del dovere di diligenza, anche in assenza di uno specifico obbligo di legge. La Suprema Corte ha rigettato i ricorsi di un amministratore e del fallimento, ribadendo che anche i consiglieri senza deleghe hanno un dovere di vigilanza e che la valutazione del danno è competenza del giudice di merito.
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Liquidazione giudiziale: requisiti e apertura procedura
Il Tribunale di Torino ha dichiarato l'apertura della liquidazione giudiziale di una società commerciale su ricorso della Procura della Repubblica. La decisione si fonda sull'accertamento di un grave stato di insolvenza, evidenziato da un indebitamento superiore a 900.000 euro verso un solo creditore, un patrimonio netto negativo per oltre 2.200.000 euro, pignoramenti immobiliari e la stessa ammissione della società debitrice. La sentenza ha confermato che la presenza di questi elementi dimostra un'incapacità strutturale e definitiva di far fronte alle obbligazioni, giustificando l'avvio della procedura concorsuale.
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Credito da licenziamento: ammesso con privilegio
Una lavoratrice ha proposto opposizione allo stato passivo di una società in Amministrazione Straordinaria per ottenere il risarcimento del danno da licenziamento. Le parti hanno raggiunto un accordo transattivo, a seguito del quale il Tribunale ha disposto la rettifica dello stato passivo, ammettendo un ulteriore credito da licenziamento di oltre 81.000 euro in via privilegiata.
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Liquidazione giudiziale: i segnali di insolvenza
Il Tribunale di Torino ha dichiarato l'apertura della liquidazione giudiziale nei confronti di una società di noleggio veicoli. La decisione si fonda su chiari indicatori di insolvenza, tra cui un debito significativo non onorato, il mancato rispetto di un piano di rientro, ulteriori esposizioni debitorie, la mancata comparizione in udienza e l'assenza di beni liquidabili. La sentenza evidenzia come una pluralità di elementi sintomatici, e non un singolo inadempimento, conduca alla dichiarazione di apertura della procedura concorsuale.
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Piano concordatario inidoneo: l’analisi del Tribunale
Una società in crisi ha presentato una proposta di concordato in continuità aziendale basata sull'affitto e successiva cessione di un ramo d'azienda. Il Tribunale di Torino, tuttavia, ha ritenuto il piano concordatario inidoneo, evidenziando una manifesta incapacità dell'azienda offerente di generare i flussi di cassa necessari per soddisfare i creditori, oltre a garanzie parziali e incerte. Nonostante le criticità, il Tribunale ha concesso alla società debitrice un termine di 15 giorni per integrare e modificare il piano, in applicazione dell'art. 47 del Codice della Crisi.
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Termine impugnazione concordato: 30 giorni, non 60
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile un ricorso contro un decreto di omologa di concordato preventivo, poiché proposto oltre il termine perentorio di 30 giorni dalla comunicazione del provvedimento. La decisione ribadisce che il termine impugnazione concordato è quello breve previsto dalla legge fallimentare (art. 18), e non quello ordinario di 60 giorni, per garantire uniformità e celerità processuale.
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Proposta concorrente: quando è inammissibile il ricorso
Una holding ha presentato una proposta concorrente in una procedura di concordato preventivo, respinta in primo e secondo grado. La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso, stabilendo che il provvedimento di rigetto di una proposta concorrente non è definitivo, ma un atto endoprocedimentale. Eventuali vizi possono essere fatti valere solo in sede di opposizione all'omologazione della proposta principale.
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Inammissibilità del ricorso: Cassazione chiarisce
Una società committente impugna in Cassazione la decisione del Tribunale che aveva solo parzialmente ammesso il suo credito nel fallimento dell'impresa appaltatrice. La Suprema Corte dichiara l'inammissibilità del ricorso, ribadendo che il giudizio di legittimità non può riesaminare il merito dei fatti e sottolineando l'importanza del principio di autosufficienza, secondo cui il ricorso deve contenere tutti gli elementi per essere deciso senza rinvii ad altri atti.
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Risoluzione concordato preventivo: quando è possibile?
La Corte di Cassazione conferma la risoluzione di un concordato preventivo di una società. La decisione si basa sulla constatazione che i beni liquidati erano insufficienti a soddisfare integralmente i creditori privilegiati e, a maggior ragione, quelli chirografari. Secondo la Corte, la risoluzione del concordato preventivo è legittima quando viene meno la sua funzione essenziale, ovvero garantire una sia pur minima soddisfazione ai creditori, integrando un grave inadempimento.
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Revoca del fallimento: improcedibile l’opposizione
Un Ente Pubblico si opponeva allo stato passivo di una società fallita per un credito da risarcimento danni. La Corte di Cassazione, rilevando che la sentenza di fallimento era stata revocata con decisione passata in giudicato, ha dichiarato l'improcedibilità del giudizio di opposizione. La revoca del fallimento, infatti, fa venir meno il presupposto stesso del procedimento di accertamento del passivo, che ha efficacia solo all'interno della procedura concorsuale.
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Prova del credito: onere e poteri del giudice
Una società di servizi si è vista rigettare la domanda di ammissione di un credito nei confronti di un'impresa in amministrazione straordinaria. La Corte di Cassazione ha confermato la decisione, ribadendo che la prova del credito, ossia la dimostrazione della completa esecuzione della prestazione, spetta interamente al creditore. La Corte ha inoltre chiarito che il giudice fallimentare ha il potere-dovere di verificare d'ufficio la fondatezza del credito, anche in assenza di una specifica contestazione da parte degli organi della procedura.
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