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Diritto di Famiglia

Restituzione somme e arricchimento senza causa tra ex conviventi

In tema di convivenza more uxorio, il convivente che abbia sostenuto spese per l’acquisto e la ristrutturazione di un immobile di proprietà esclusiva dell’altro convivente può agire per ottenere la restituzione delle somme erogate. In assenza di un contratto di mutuo, trova applicazione l’azione di arricchimento senza causa ex art. 2041 c.c.. Il divieto di nova in appello, ex art. 345 c.p.c., si applica anche alle mere contestazioni di fatto non sollevate in primo grado. La mancata indicazione della causale nei bonifici bancari non consente di imputare il pagamento ad un debito specifico, in presenza di altri rapporti debitori tra le parti (art. 1193 c.c.).

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Azione di arricchimento senza causa tra ex conviventi

La sentenza in esame affronta la tematica dell’arricchimento senza causa tra ex conviventi, chiarendo che l’onere di provare gli esborsi sostenuti in favore del convivente grava sull’attore. La Corte ribadisce che la simulazione del prezzo di vendita di un immobile non può essere provata per presunzioni e che, in assenza di prove concrete, non è possibile riconoscere l’indennizzo per le opere extra-capitolato. Inoltre, viene analizzata la possibilità di ricorrere al giuramento suppletorio ed estimatorio, concludendo che tali strumenti probatori non sono utilizzabili in assenza di una solida base probatoria a sostegno delle pretese dell’attore.

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Restituzione di denaro a seguito di convivenza more uxorio

La sentenza chiarisce la distinzione tra adempimenti dovuti in costanza di convivenza e la ripetibilità di somme prestate. Vengono analizzati i concetti di obbligazione naturale, arricchimento senza causa e la rilevanza della causale nei bonifici. Si sottolinea l’importanza della prova in merito alla sussistenza del vincolo di convivenza e della mancata contestazione tempestiva come elemento probatorio. Si ribadisce che la coabitazione e la contribuzione alle spese familiari non sono elementi sufficienti a provare la convivenza in caso di contestazione. Si precisa che la compensazione delle spese legali in caso di soccombenza reciproca non deve essere necessariamente proporzionale al valore delle domande accolte.

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Immobile in comproprietà e revoca assegnazione casa familiare

La sentenza chiarisce che il genitore non assegnatario della casa familiare non può pretendere un’indennità di occupazione per la quota di proprietà dell’immobile occupato dal figlio convivente con l’altro genitore. L’indennità è invece dovuta dal genitore che continua ad occupare l’immobile dopo la revoca dell’assegnazione. La sentenza specifica inoltre che il rimborso delle spese straordinarie va ripartito tra i comproprietari, tenendo conto dell’eventuale fruizione di detrazioni fiscali.

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Configurabilità dell'arricchimento senza causa tra ex coniugi

La Corte d’Appello ha stabilito che i pagamenti effettuati da un ex coniuge durante il matrimonio, in assenza di prova di sproporzione rispetto alle proprie condizioni economiche, non costituiscono arricchimento senza causa, ma rientrano negli obblighi di solidarietà previsti dall’art. 143 c.c.. Pertanto, tali somme non sono soggette a ripetizione.

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Liberazione da mutuo cointestato e convivenza di fatto

La sentenza ribadisce che l’interruzione di una convivenza di fatto non implica automaticamente un diritto all’indennizzo per la parte che ha contribuito all’acquisto di un immobile intestato all’ex partner. Per ottenere la liberazione da un mutuo cointestato o un indennizzo per arricchimento senza causa, è necessaria la prova di un concreto e attuale impoverimento patrimoniale direttamente correlato all’arricchimento dell’altra parte, nonché l’assenza di una giusta causa. Nel caso specifico, la Corte ha ritenuto che la mancata disponibilità dell’immobile derivasse dalla rottura del rapporto di convivenza e non dall’erogazione del mutuo.

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Arricchimento ingiustificato, ristrutturazione immobile in comodato

L’azione di arricchimento senza causa è infondata se il pagamento era dovuto in base a un diverso titolo giuridico, come un contratto di comodato gratuito. Nel caso specifico, l’attore aveva goduto dell’immobile ristrutturato senza corrispondere alcun canone di locazione, equivalente a un vantaggio economico pari o superiore alle spese sostenute.

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Restituzione somme da convivenza more uxorio

La Corte d’Appello ha rigettato la richiesta di restituzione di somme erogate durante una convivenza more uxorio, confermando la sentenza di primo grado. La decisione si basa sull’applicazione dell’art. 2034 c.c., che sancisce l’irripetibilità delle prestazioni eseguite in adempimento di un’obbligazione naturale, qualora siano proporzionate e adeguate al contesto. La Corte ha ritenuto che, nel caso di specie, le somme erogate dall’uomo fossero da considerarsi come contribuzione al ménage familiare e non come un prestito soggetto a restituzione.

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Rimborso di somme versate per pagamento di mutuo cointestato

La sentenza conferma il principio per cui la partecipazione economica durante la convivenza more uxorio è considerata estrinsecazione di un’obbligazione naturale. Per ottenere il rimborso di somme versate durante la convivenza è necessario dimostrare la sproporzione dei contributi rispetto alle proprie possibilità economiche e l’arricchimento senza causa dell’ex convivente. La rinuncia ai crediti, se espressa in forma chiara e inequivocabile, è valida anche per il futuro.

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Costruzione realizzata in costanza di matrimonio

dispone che non costituiscono oggetto di comunione legale i beni acquistati dal coniuge per effetto di successione. Posto che il terreno non era compreso nella comunione legale, si doveva escludere che la costruzione realizzata in costanza di matrimonio e in regime di comunione legale da entrambi i coniugi su quel terreno fosse stata acquistata in comproprietà tra i coniugi, dovendosi applicare il principio generale dell’accessione di cui all’art.

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Mantenimento del figlio maggiorenne, indipendenza economica

Viceversa, per il figlio adulto, in ragione del principio dell’autoresponsabilità, sarà particolarmente rigorosa la prova a suo carico delle circostanze, oggettive ed esterne, che rendano giustificato il mancato conseguimento di una autonoma collocazione lavorativa. 000,00 euro annui), la Suprema Corte ha ritenuto che la stessa ha comunque incominciato a mettere a frutto le proprie capacità professionali, seppur saltuariamente esercitate, così cominciando a conseguire i propri redditi da lavoro e, anche se in attesa di una migliore e più sicura definizione del suo inserimento nel mondo produttivo.

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Assegno di divorzio e convivenza more uxorio con altra persona

L’assegno dovuto al coniuge separato o divorziato, per il mantenimento dei figli ad esso affidati, non può subire riduzioni o detrazioni in relazione ad altre elargizioni del coniuge obbligato in favore dei figli medesimi, ove queste risultino effettuate per spirito di liberalità per soddisfare esigenze ulteriori rispetto a quelle poste a base del predetto assegno, sicché restino ricollegabili ad un titolo diverso (Cass. , Inoltre, in assenza di un nuovo matrimonio, il diritto all’assegno di divorzio, in linea di principio, di per sé permane, nella misura stabilita dalla sentenza di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio, anche se il suo titolare instauri una convivenza “more uxorio” con altra persona, salvo che sussistano i presupposti per la revisione dell’assegno, secondo il principio generale posto dall’art.

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Assegno divorzile e convivenza prematrimoniale

Ai fini dell’attribuzione e della quantificazione, ai sensi della L. n. 898 del 1970, articolo 5, comma 6, dell’assegno divorzile, avente natura, oltre che assistenziale, anche perequativo-compensativa, nei casi peculiari in cui il matrimonio si ricolleghi a una convivenza prematrimoniale della coppia, avente i connotati di stabilità e continuità, in ragione di un progetto di vita comune, dal quale discendano anche reciproche contribuzioni economiche, laddove emerga una relazione di continuità tra la fase “di fatto” di quella medesima unione e la fase “giuridica” del vincolo matrimoniale, va computato anche il periodo della convivenza prematrimoniale, ai fini della necessaria verifica del contributo fornito dal richiedente l’assegno alla conduzione familiare e alla formazione del patrimonio comune e personale di ciascuno dei coniugi, occorrendo vagliare l’esistenza, durante la convivenza prematrimoniale, di scelte condivise dalla coppia che abbiano conformato la vita all’interno del matrimonio e cui si possano ricollegare, con accertamento del relativo nesso causale, sacrifici o rinunce, in particolare, alla vita lavorativa/professionale del coniuge economicamente più debole, che sia risultato incapace di garantirsi un mantenimento adeguato, successivamente al divorzio.

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Attribuzione del cognome del secondo genitore

Pertanto, la decisione della Corte di merito è stata ritenuta conforme ai precedenti di legittimità perché frutto della valutazione dell’interesse della minore, tenuto conto del disagio, che la richiesta le ha indotto, tale da comportare il suo rifiuto, e della complessa situazione relazionale esistente con il padre, ancora in evoluzione.

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Mantenimento dei figli, genitori che non hanno mezzi sufficienti

XXX, nella qualità di genitore esercente la responsabilità sulle figlie minori, nate dall’unione con il coniuge YYY, evocava in giudizio avanti al Tribunale di Grosseto i propri suoceri, perché gli stessi, in mancanza di alcuna contribuzione del padre, provvedessero in prima persona al mantenimento delle nipoti.

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Assegnazione della casa familiare, stabile dimora dei figli

Assegnazione della casa familiare, stabile dimora dei figli presso la stessa, sia pure con eventuali sporadici allontanamenti per brevi periodi.

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Pronuncia di separazione, domanda di addebito

Domanda di addebito, situazioni di grave colpa di uno dei coniugi, derivanti da violazioni notevoli e coscienti dei doveri matrimoniali.

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Dichiarazione giudiziale di paternità

Azione di dichiarazione giudiziale di paternità, figlio nato fuori dal matrimonio e non riconosciuto, diritto a conseguire lo status di figlio.

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Divorzio e domanda di conservazione del cognome del marito

Il cognome è un tratto identitario della persona, conseguente al possesso di uno status familiare, e che di regola, ma non necessariamente, coincide con esso (Corte Cost. La pronuncia di divorzio viene resa quando – ricorrendone i presupposti di legge – si accerti che la comunione materiale morale di vita tra i coniugi non può essere ricostituita, e ciò a prescindere dal fatto che si riconosca o meno un interesse meritevole di tutela da parte della donna a mantenere il cognome del marito.

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Dichiarazione di addebito della separazione

Dichiarazione di addebito della separazione, implica la prova che l’irreversibile crisi coniugale sia ricollegabile in via esclusiva al comportamento volontariamente e consapevolmente contrario ai doveri nascenti dal matrimonio di uno o entrambi i coniugi, ovverosia che sussista un nesso di causalità tra i comportamenti addebitati ed il determinarsi dell’intollerabilità dell’ulteriore convivenza.

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