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Diritto di Famiglia

Donazione immobile abusivo: nullità e azione riduzione
In una causa di eredità, la Corte di Cassazione interviene su un caso complesso riguardante una donazione di immobile abusivo. La Corte chiarisce che la partecipazione di un erede a un preliminare di vendita non costituisce rinuncia automatica all'azione di riduzione. Inoltre, stabilisce che la nullità di una donazione per abuso edilizio potrebbe essere solo parziale se l'abuso riguarda solo una parte dei beni donati. La sentenza di merito è stata cassata con rinvio per una nuova valutazione sia sulla nullità della donazione che sulla tempestività di una domanda riconvenzionale erroneamente dichiarata inammissibile.
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Usucapione immobile familiare: quando è escluso?
La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso di una donna che chiedeva il riconoscimento dell'usucapione sull'immobile familiare. La richiesta si basava su una promessa di donazione non formalizzata da parte del suocero. I giudici hanno confermato che la convivenza con il marito e altri familiari co-proprietari esclude il requisito del possesso esclusivo, necessario per l'usucapione. Inoltre, è stata dichiarata inammissibile la querela di falso contro i documenti probatori per la sua genericità.
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Onere della prova comodato: la Cassazione decide
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 12832/2025, ha chiarito l'onere della prova nel comodato di immobile. Il caso riguarda una madre che chiedeva la restituzione di un appartamento concesso al figlio, il quale sosteneva si trattasse di un comodato per esigenze familiari. La Corte ha rigettato il ricorso del figlio, stabilendo che grava su chi occupa l'immobile (il comodatario) l'onere di dimostrare che il contratto era finalizzato a soddisfare specifiche esigenze familiari. In assenza di tale prova, il rapporto si qualifica come precario e il proprietario può recedere liberamente.
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Valore donazioni successione: la Cassazione chiarisce
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 7449/2025, ha stabilito un principio fondamentale sul valore delle donazioni ai fini della successione. In un caso di disputa ereditaria tra fratelli, la Corte ha chiarito che il valore dei titoli di Stato donati in vita dal defunto deve essere calcolato al momento dell'apertura della successione e non alla data della donazione. Questa decisione, che accoglie il ricorso di una legittimaria, cassa la sentenza della Corte d'Appello che aveva erroneamente utilizzato il valore storico dei beni, e rinvia il giudizio per una nuova valutazione conforme ai criteri di legge.
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Contratto preliminare: firma e validità della scrittura
Una moglie ha richiesto l'esecuzione di un contratto preliminare per ottenere la metà di un immobile dal marito. Quest'ultimo ha contestato la validità dell'accordo con vari motivi di ricorso. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando la validità del contratto preliminare nonostante la firma fosse apposta solo sull'ultima pagina. La Corte ha inoltre ribadito che la quietanza di pagamento inserita nel testo ha valore di confessione e che la prescrizione tra coniugi rimane sospesa fino all'autorizzazione a vivere separati.
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Improcedibilità del ricorso: l’onere del deposito
La Corte di Cassazione dichiara l'improcedibilità del ricorso in una causa successoria a causa del mancato deposito della copia notificata della sentenza impugnata. La decisione sottolinea come l'omissione di questo adempimento procedurale, previsto dall'art. 369 c.p.c., impedisca al giudice di verificare la tempestività dell'impugnazione, rendendo il ricorso inammissibile a prescindere dal merito della questione.
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Azione di riduzione: i requisiti secondo la Cassazione
Una erede agiva con un'azione di riduzione contro i coeredi, lamentando la lesione della sua quota di legittima. I tribunali di merito dichiaravano la sua domanda inammissibile per non aver allegato e imputato alla propria quota le donazioni ricevute dal defunto. La Corte di Cassazione ha ribaltato la decisione, chiarendo che l'omessa allegazione iniziale non preclude la domanda se gli elementi emergono nel corso del processo. Inoltre, ha stabilito che l'imputazione delle donazioni alla propria quota non è una condizione di ammissibilità dell'azione, ma un'operazione di calcolo che il giudice compie per verificare l'effettiva lesione. Il caso è stato rinviato alla Corte d'Appello.
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Azione di riduzione: quando è necessario l’inventario?
Un erede legittimario intenta un'azione di riduzione contro il fratello e una società per lesione della sua quota di legittima. Le corti di merito respingono la domanda perché l'erede non ha accettato l'eredità con beneficio di inventario, requisito essenziale per agire contro donatari non coeredi. La Cassazione, data la complessità della questione, rinvia la causa a pubblica udienza per una decisione approfondita.
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Azione di riduzione: i requisiti di ammissibilità
La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un'erede che aveva intentato un'azione di riduzione contro la sorella e altri parenti per lesione della sua quota di legittima. La Corte ha confermato l'inammissibilità della domanda contro i parenti non coeredi, poiché la ricorrente, non essendo stata totalmente pretermessa, non aveva accettato l'eredità con beneficio d'inventario. Di conseguenza, sono state respinte anche le connesse domande di simulazione per carenza di interesse.
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Indennità di occupazione: quando è dovuta tra ex coniugi
Una recente sentenza della Corte d'Appello ha confermato la condanna di un ex coniuge al pagamento di un'indennità di occupazione in favore dell'altro. Il caso riguardava l'uso esclusivo della casa familiare in comproprietà dopo la separazione. La Corte ha stabilito che l'indennità è dovuta non dalla data della separazione, ma dal momento in cui il comproprietario escluso manifesta formalmente la volontà di utilizzare l'immobile o di ottenere un compenso, cristallizzando così il suo diritto.
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Usucapione figlio naturale: quando si interrompe?
La Corte di Cassazione stabilisce un principio fondamentale in materia di usucapione e diritti successori del figlio naturale. La sentenza chiarisce che un figlio, la cui discendenza è riconoscibile secondo la legge vigente al momento della morte del genitore, ha il potere di interrompere l'usucapione sui beni ereditari anche prima che una sentenza passi in giudicato e accerti formalmente la sua filiazione. Secondo la Corte, l'interesse alla conservazione del patrimonio ereditario sussiste fin dal momento della morte del genitore e giustifica l'esercizio di azioni conservative, come l'interruzione dell'usucapione, distinguendole dal diritto di accettare l'eredità, che matura solo con l'accertamento definitivo dello status.
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Usucapione beni ereditari: figlio naturale e diritti
In una complessa vicenda successoria, un uomo viene giudizialmente riconosciuto come figlio naturale di un testatore deceduto decenni prima. La Corte di Cassazione, riunendo due ricorsi, stabilisce un principio fondamentale in materia di usucapione dei beni ereditari: il figlio, anche prima di ottenere la sentenza definitiva che accerta il suo status, ha il potere e l'interesse giuridico per compiere atti interruttivi del possesso altrui. La Corte chiarisce che il decorso del tempo per l'usucapione non è sospeso in attesa dell'accertamento giudiziale della filiazione, distinguendo tra impossibilità giuridica e ostacoli di mero fatto. La sentenza viene cassata con rinvio, fornendo principi guida sui diritti successori e le azioni a tutela del patrimonio.
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Rimedi preventivi: obbligatori per l’equa riparazione
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 8574/2025, ha rigettato il ricorso per equa riparazione di una cittadina a causa della durata eccessiva di un processo di separazione. La Corte ha stabilito che l'omesso utilizzo dei rimedi preventivi, come l'istanza di trattazione orale, rende inammissibile la domanda di indennizzo. È stato chiarito che la parte ha l'onere di manifestare un comportamento collaborativo con il giudice, richiedendo l'accelerazione del processo, a prescindere dalla valutazione soggettiva sulla potenziale inefficacia di tali strumenti.
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Riempimento contra pacta: firma in bianco e debito
Un ex coniuge chiede il rimborso per le spese di ristrutturazione della casa familiare basandosi su un documento firmato dalla controparte. La Corte di Cassazione conferma la decisione dei giudici d'appello, invalidando il documento perché si trattava di un foglio firmato in bianco e riempito in modo difforme dagli accordi presi (riempimento contra pacta). La Corte ha ritenuto che tale documento non costituisse una valida ricognizione di debito e ha respinto il ricorso, sottolineando che le prove presentate non potevano essere considerate come una confessione.
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Firma Falsa Conto Cointestato: la banca paga?
La Corte di Cassazione ha esaminato il caso di un conto cointestato svuotato da un coniuge tramite una firma falsa dell'altro. La Corte ha confermato la condanna in solido della banca e del coniuge che ha commesso il prelievo. È stato chiarito che, in caso di disconoscimento della firma, l'onere di provarne l'autenticità spetta a chi vuole avvalersi del documento, in questo caso la banca. La richiesta di manleva della banca verso il cointestatario è stata respinta.
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Prova del coniugio: no senza atto di matrimonio
L'erede di un uomo rivendicava una quota dell'eredità della presunta moglie di quest'ultimo. I tribunali hanno respinto la richiesta perché la prova del coniugio non è stata fornita tramite l'atto di matrimonio. La Cassazione ha confermato che documenti alternativi, come atti notarili o lettere, sono irrilevanti se non si dimostra l'impossibilità di produrre i registri dello stato civile.
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Interpretazione scrittura privata: la Cassazione decide
Un erede ha intentato una causa per la divisione dei beni finanziari paterni, ma la madre e la sorella si sono opposte sulla base di un accordo preesistente. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso dell'erede, stabilendo che la corte d'appello aveva correttamente eseguito una legittima interpretazione della scrittura privata, volta a ricostruire la volontà complessiva delle parti di definire tutti i rapporti successori mobiliari e finanziari, senza ipotizzare l'esistenza di un contratto nascosto o dissimulato come erroneamente sostenuto dal ricorrente.
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Spese del giudizio: soccombenza e valore della causa
In una complessa causa di divisione ereditaria, la Corte di Cassazione chiarisce i criteri per la condanna alle spese del giudizio. La valutazione della soccombenza va effettuata secondo un principio globale, considerando l'esito complessivo della lite e non le singole questioni. Nonostante i ricorrenti avessero ottenuto l'accoglimento di un'eccezione di prescrizione verso alcuni eredi non costituiti, sono stati considerati soccombenti nei confronti delle controparti attive, poiché le loro domande principali volte a escluderle dall'eredità sono state respinte. La Corte ha inoltre ribadito che, nelle cause di divisione, il valore per la liquidazione delle spese si calcola sull'intera massa ereditaria.
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Estinzione processo: quando riassumere
In una complessa controversia ereditaria iniziata nel 1985, un procedimento di primo grado era stato sospeso in attesa della decisione della Cassazione su una sentenza parziale. A seguito della pronuncia della Suprema Corte, le parti non hanno riassunto il giudizio sospeso entro il termine di sei mesi, portando alla sua estinzione. La Corte di Cassazione ha confermato la decisione, chiarendo che il termine per la riassunzione del giudizio sospeso è autonomo e indipendente da quello previsto per l'eventuale e separato giudizio di rinvio. La sentenza sottolinea il rigore dei termini processuali, la cui inosservanza comporta la chiusura definitiva del processo per inattività delle parti.
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Simulazione assoluta: prova con presunzioni
La Corte di Cassazione conferma la decisione di merito che dichiarava la simulazione assoluta della vendita di quote societarie tra un marito e sua madre. L'operazione era finalizzata a sottrarre beni alla garanzia patrimoniale della moglie, creditrice per l'assegno di mantenimento. La Corte ribadisce che un terzo creditore può provare la simulazione tramite presunzioni gravi, precise e concordanti, senza dover ricorrere all'azione revocatoria.
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