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Diritto di Famiglia

Fondo patrimoniale: pignorabilità per debiti d’impresa
Un debitore ha contestato un pignoramento immobiliare, sostenendo la protezione del bene in quanto parte di un fondo patrimoniale. Il debito derivava da una fideiussione per un'impresa di famiglia. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, confermando che l'onere della prova spetta al debitore e ribadendo una nozione ampia di 'bisogni familiari', che include le attività finalizzate a produrre reddito. Di conseguenza, i beni del fondo patrimoniale sono pignorabili per debiti d'impresa se non contratti per scopi puramente speculativi. La Corte ha inoltre chiarito che il creditore può agire contro il garante senza prima escutere i beni ipotecati del debitore principale.
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Permesso di soggiorno con fratello: quando è negato
Una cittadina straniera si è vista negare il permesso di soggiorno per vivere con il fratello italiano. La Corte di Cassazione ha confermato il diniego, specificando che per ottenere un permesso di soggiorno con fratello non basta il legame di parentela, ma è indispensabile dimostrare una convivenza effettiva e un progetto di vita comune, elementi che nel caso di specie erano assenti.
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Datio in solutum: quando è valida l’estinzione del debito
Un ex partner ha ottenuto un'ingiunzione di pagamento per un debito derivante da un accordo privato. La debitrice si è opposta, sostenendo che l'obbligazione fosse stata estinta tramite una datio in solutum, ovvero la rinuncia al suo status di beneficiaria di una polizza assicurativa. La Corte d'Appello ha accolto questa tesi. Il creditore ha presentato ricorso in Cassazione, lamentando errori procedurali e un'errata applicazione della legge. La Suprema Corte ha respinto il ricorso, ritenendo le doglianze procedurali infondate e le altre inammissibili, in quanto miravano a un riesame dei fatti. Di conseguenza, è stata confermata l'estinzione del debito tramite datio in solutum.
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Divisione ereditaria: collazione e quote degli eredi
In un complesso caso di divisione ereditaria senza testamento, il Tribunale ha affrontato il tema della collazione delle donazioni fatte in vita dal defunto ai figli. La sentenza ha ricostruito l'intero asse ereditario, sommando beni residui e donazioni, e ha ripartito le quote tra coniuge superstite e figli. È stata respinta la tesi di una dispensa dalla collazione, ordinando il riequilibrio delle quote tramite assegnazione di immobili e conguagli in denaro per garantire un'equa divisione.
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Petizione di eredità: limiti e beni recuperabili
Un erede agiva in giudizio contro la sorella per ottenere la sua quota di eredità, sostenendo che quest'ultima si fosse appropriata indebitamente di somme e titoli dai conti cointestati ai defunti genitori. La Corte di Cassazione, con l'ordinanza in esame, ha chiarito i limiti della petizione di eredità. Ha stabilito che tale azione può essere utilizzata solo per recuperare i beni che facevano parte dell'asse ereditario al momento dell'apertura della successione. Di conseguenza, le somme trasferite dai conti prima del decesso dei genitori non possono essere reclamate con questo strumento, poiché non rientravano più nel loro patrimonio. Il ricorso dell'erede è stato quindi rigettato.
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Predicato nobiliare: i requisiti per la cognomizzazione
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 8955/2024, ha chiarito i presupposti per la cognomizzazione del predicato nobiliare. Il caso riguardava la richiesta di alcuni discendenti di una nobile casata di aggiungere al proprio cognome il predicato marchesale. Dopo il rigetto nei primi due gradi di giudizio, la Suprema Corte ha accolto il ricorso, stabilendo che sono necessari solo due requisiti: l'esistenza del titolo nobiliare in data anteriore al 28 ottobre 1922 e il suo riconoscimento prima dell'entrata in vigore della Costituzione. La Corte ha ritenuto errata la decisione dei giudici di merito che richiedevano anche l'anteriorità del riconoscimento al 1922, cassando la sentenza e decidendo nel merito a favore dei ricorrenti.
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Usucapione tra coniugi: è possibile? La Cassazione
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 8931/2024, ha stabilito che l'usucapione tra coniugi non può maturare durante il matrimonio. La legge, infatti, prevede una causa di sospensione dei termini necessari per l'acquisto della proprietà per usucapione, a tutela del rapporto coniugale. Il caso riguardava una moglie che, a seguito del fallimento del marito, rivendicava la metà dei beni immobili aziendali e della casa familiare, sostenendo di averli posseduti ininterrottamente. La Corte ha respinto il ricorso, confermando che il termine per l'usucapione non decorre tra i coniugi.
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Spese di lite in procedimenti provvisori: la Cassazione
La Corte di Cassazione ha stabilito che nei procedimenti provvisori e urgenti a tutela dei minori, la condanna al pagamento delle spese di lite non deve essere emessa contestualmente al provvedimento interinale, ma va rinviata alla decisione finale. Analizzando il ricorso di una madre, la Corte ha annullato la statuizione sulle spese imposta dalla Corte d'Appello, ribadendo che tali decisioni accessorie devono seguire l'esito complessivo della causa principale, poiché il provvedimento provvisorio è destinato ad essere assorbito da quello definitivo.
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Società di fatto tra coniugi: liquidazione e recesso
La Corte di Cassazione interviene sul caso di una società di fatto tra coniugi per la gestione di una farmacia. La sentenza chiarisce che l'allontanamento di un socio dall'attività non determina automaticamente lo scioglimento della società, ma configura un recesso. Di conseguenza, la liquidazione della sua quota deve essere calcolata al momento della manifestazione formale della volontà di recedere (come la notifica di un atto di citazione) e non al momento dell'abbandono fisico. La Corte ha cassato la decisione precedente per aver confuso lo scioglimento della società con il recesso del singolo socio, incorrendo nel vizio di extra petizione.
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Difensore d’ufficio: sì al compenso dallo Stato
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 26807/2025, ha stabilito che lo Stato deve anticipare il compenso al difensore d'ufficio nominato per un genitore insolvente nei procedimenti previsti dalla legge sull'adozione. La decisione si fonda su una pronuncia della Corte Costituzionale che ha dichiarato l'illegittimità della norma che escludeva tale possibilità, equiparando la tutela a quella già prevista nel processo penale.
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Ricognizione di debito: prova e oneri in eredità
In una causa di divisione ereditaria, un erede sosteneva di aver estinto un debito verso il defunto padre, debito formalizzato da una sua dichiarazione scritta. La Corte di Cassazione ha confermato la decisione di merito, stabilendo che la ricognizione di debito inverte l'onere della prova, ponendolo a carico del debitore. La testimonianza generica del coniuge dell'erede è stata ritenuta insufficiente a dimostrare l'avvenuto pagamento. La Corte ha inoltre ribadito che le spese funerarie e di successione sono pesi ereditari da ripartire tra tutti i coeredi.
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Prelievo ex art. 725 c.c.: priorità all’erede non donatario
La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha chiarito l'applicazione del prelievo ex art. 725 c.c. in una divisione ereditaria. Quando un erede ha ricevuto donazioni, l'erede non donatario ha diritto di prelevare in via prioritaria i beni residui in natura per ristabilire non solo l'uguaglianza quantitativa, ma anche quella qualitativa, prima della divisione finale del patrimonio residuo.
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Comodato familiare: sfratto dopo la morte del coniuge
La Corte d'Appello di Ancona conferma la sentenza di primo grado che ordinava il rilascio di un immobile occupato senza titolo dalla nuora e dalla madre di quest'ultima. Il caso analizza i limiti del diritto di abitazione del coniuge superstite e la natura del comodato familiare, stabilendo che, in assenza di proprietà del coniuge deceduto, i proprietari (suoceri) hanno diritto a rientrare in possesso del bene. La Corte ha respinto la richiesta di trasformazione del contratto in comodato familiare, poiché l'appellante non ha fornito prove sufficienti a dimostrare tale intenzione da parte dei proprietari.
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Azione revocatoria: la prova della frode del terzo
Un marito, garante per una cifra milionaria, trasferisce l'unico immobile di sua proprietà alla moglie nell'ambito di un accordo di separazione. I creditori agiscono con un'azione revocatoria, ma la loro domanda viene respinta. La Corte di Cassazione conferma la decisione, stabilendo che non è stata fornita prova sufficiente della consapevolezza della moglie riguardo all'intento fraudolento del marito. La sentenza chiarisce i limiti del sindacato di legittimità sulla valutazione delle prove presuntive da parte del giudice di merito.
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Accordo di divisione nullo senza beni specificati
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 8675/2024, ha dichiarato la nullità di un accordo di divisione ereditaria tra due fratelli perché i beni immobili oggetto della divisione non erano stati sufficientemente individuati e determinati nella scrittura privata. Di conseguenza, è stata annullata la sentenza di merito che aveva disposto la divisione sulla base di tale accordo invalido, rinviando il caso alla Corte d'Appello per una nuova valutazione.
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Azione di riduzione: obbligo del beneficio d’inventario
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 8666/2024, ha chiarito un punto cruciale in materia di successioni. Quando un erede legittimario agisce per far dichiarare che una vendita del defunto a un terzo era in realtà una donazione (simulazione), al fine di recuperare la propria quota di eredità lesa (azione di riduzione), deve obbligatoriamente aver accettato l'eredità con beneficio d'inventario. Il caso riguardava due sorelle che contestavano vendite immobiliari fatte dal padre al fratello e alla cognata, sostenendo che fossero donazioni mascherate. La Suprema Corte ha accolto il ricorso dei convenuti, cassando la sentenza d'appello e stabilendo che l'azione di simulazione, se finalizzata alla riduzione verso un non coerede, non può prescindere da tale adempimento preventivo.
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Lesione quota di legittima: la Cassazione decide
Un erede ha citato in giudizio la sorella e la madre, lamentando una lesione della quota di legittima a causa di quattro testamenti redatti dal padre defunto. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando le decisioni dei gradi precedenti. Basandosi sulla consulenza tecnica d'ufficio (CTU), la Corte ha stabilito che non vi era stata alcuna lesione della quota di legittima spettante al ricorrente. L'ordinanza ha inoltre affrontato importanti questioni procedurali, come l'ultrattività del mandato dell'avvocato in caso di morte della parte e i criteri per la sospensione del processo in pendenza di un'altra causa.
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Divisione ereditaria: calcolo quote e spese legali
Un gruppo di eredi ha contestato la divisione del patrimonio materno, impugnando sia un testamento che favoriva il padre sia una successiva vendita immobiliare. La Corte di Cassazione ha confermato la decisione d'appello, chiarendo il metodo corretto per il calcolo delle quote in una successione mista (testamentaria e legittima). Ha stabilito che i beni ricevuti tramite testamento non sono soggetti a collazione e ha ribadito che il principio di soccombenza per le spese legali si applica all'esito finale dell'intera causa, fornendo importanti indicazioni sulla gestione della divisione ereditaria.
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Divisione beni: la non contestazione vale anche pre-2009
In una causa di divisione immobiliare tra ex coniugi, la Cassazione stabilisce che il principio di non contestazione si applica anche ai giudizi antecedenti alla riforma del 2009. Se una parte afferma di aver usato fondi propri per l'acquisto e la controparte non nega specificamente, il fatto si considera provato. Viene inoltre sancito l'obbligo di aggiornare la stima del valore dell'immobile se è trascorso un lungo periodo dalla perizia iniziale, accogliendo il ricorso della ex moglie e cassando con rinvio la sentenza d'appello.
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Trasferimento immobile separazione: rischio fallimento
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di una moglie separata contro la decisione che rendeva inefficace il trasferimento immobiliare ricevuto dall'ex coniuge, poi fallito. L'atto, avvenuto in sede di separazione consensuale, è stato qualificato come gratuito perché non è stata fornita prova della sua natura onerosa, ovvero come sostituzione del mantenimento o come transazione di liti potenziali. La Suprema Corte ha confermato l'inefficacia dell'atto verso i creditori del fallimento.
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