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Diritto della ex-moglie all’assegno di mantenimento

Nel caso esaminato, il ricorrente si duole che la Corte di appello abbia ritenuto sussistere il diritto della ex-moglie di ricevere l’assegno di mantenimento, senza una prova positiva dell’impossibilità di quest’ultima di procurarsi i mezzi adeguati per vivere autonomamente, per ragioni oggettive, avendo escluso la effettiva attitudine lavorativa della ex-moglie con un richiamo al fatto notorio, di cui però non vi sarebbe riscontro, all’età e alla mancanza di titolo di studio.

Pubblicato il 22 August 2022 in Diritto di Famiglia, Giurisprudenza Civile

Nel caso esaminato, il ricorrente si duole che la Corte di appello abbia ritenuto sussistere il diritto della ex-moglie di ricevere l’assegno di mantenimento, senza una prova positiva dell’impossibilità di quest’ultima di procurarsi i mezzi adeguati per vivere autonomamente, per ragioni oggettive, avendo escluso la effettiva attitudine lavorativa della ex-moglie con un richiamo al fatto notorio, di cui però non vi sarebbe riscontro, all’età e alla mancanza di titolo di studio.

Va osservato che, in tema di separazione personale dei coniugi, l’attitudine al lavoro proficuo dei medesimi, quale potenziale capacità di guadagno, costituisce elemento valutabile ai fini della determinazione della misura dell’assegno di mantenimento da parte del giudice, qualora venga riscontrata in termini di effettiva possibilità di svolgimento di un’attività lavorativa retribuita, in considerazione di ogni concreto fattore individuale e ambientale e con esclusione di mere valutazioni astratte e ipotetiche (Cass., n. 5817 del 2018).

In materia di separazione dei coniugi, grava sul richiedente l’assegno di mantenimento, ove risulti accertata in fatto la sua capacità di lavorare, l’onere della dimostrazione di essersi inutilmente attivato e proposto sul mercato per reperire un’occupazione retribuita confacente alle proprie attitudini professionali, poiché il riconoscimento dell’assegno a causa della mancanza di adeguati redditi propri, previsto dall’articolo 156 c.c., pur essendo espressione del dovere solidaristico di assistenza materiale, non può estendersi fino a comprendere ciò che, secondo il canone dell’ordinaria diligenza, l’istante sia in grado di procurarsi da solo (Cass., n. 20866 del 2021).

E’ stato altresì rilevato che, in tema di separazione personale dei coniugi, l’attitudine al lavoro proficuo dei medesimi, quale potenziale capacità di guadagno, costituisce elemento valutabile ai fini della determinazione della misura dell’assegno di mantenimento da parte del giudice, dovendosi verificare la effettiva possibilità di svolgimento di un’attività lavorativa retribuita, in considerazione di ogni concreto fattore individuale ed ambientale, senza limitare l’accertamento al solo mancato svolgimento di un attività lavorativa e con esclusione di mere valutazioni astratte e ipotetiche (Cass., n. 24049 del 2021).

Ora, nel caso concreto, la sentenza impugnata, dopo aver escluso in fatto sia il lavoro in nero ascritto alla donna, sia la convivenza con altro uomo (ritenute in primo grado), ha negato con un giudizio di merito, che la donna avesse una concreta possibilità di reperire occasioni di lavoro basandosi su una pluralità di fattori (età, inesperienza lavorativa, l’attuale e notoria situazione del mercato del lavoro in Calabria, caratterizzata da elevata percentuale di disoccupati e dalla larga diffusione del precariato negli impieghi).

Pertanto, la Corte d’appello ha ritenuto che la ex-moglie avesse assolto l’onere della prova su di lei incombente circa la sussistenza di una situazione di concreta impossibilità di svolgere attività lavorativa retribuita, alla luce dei vari elementi probatori acquisiti.

Corte di Cassazione, ordinanza n. 18820 del 10 giugno 2022

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