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Diritto del Lavoro

Diploma magistrale linguistico: sì all’insegnamento
Due insegnanti con un diploma sperimentale linguistico hanno richiesto l'inclusione nelle graduatorie scolastiche. La Corte d'Appello aveva negato tale diritto, differenziando il loro titolo da quello magistrale tradizionale. La Corte di Cassazione ha ribaltato la decisione, affermando la piena equiparazione del diploma magistrale linguistico, riconoscendolo come titolo abilitante all'insegnamento in virtù della volontà del legislatore e dell'evoluzione del sistema scolastico.
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Lettore di scambio: no alla conversione del contratto
Una lettrice universitaria ha richiesto la conversione dei suoi contratti a termine in un unico rapporto a tempo indeterminato, sostenendo di essere una "collaboratrice esperta linguistica" soggetta al diritto privato. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando che la figura del "lettore di scambio" rientra nell'ambito dell'impiego pubblico. Di conseguenza, non si applicano le norme privatistiche che sanzionano l'abuso dei contratti a termine con la conversione del rapporto.
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Interesse ad impugnare: quando il vincitore non può ricorrere
Un istituto previdenziale, pur risultando pienamente vittorioso in una causa contro un ex dipendente, ha presentato ricorso in Cassazione per un errore contenuto nella motivazione della sentenza d'appello. La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile per carenza di interesse ad impugnare, stabilendo che la vittoria totale nel merito esclude la possibilità di contestare la decisione, anche se la sua motivazione contiene delle imprecisioni che non arrecano un pregiudizio concreto alla parte vincente.
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Ritenuta contributiva tardiva: quando è illegittima?
Un'università ha impugnato una sentenza che considerava illegittima la sua ritenuta contributiva tardiva sullo stipendio di una collaboratrice linguistica. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, affermando che il datore di lavoro che paga i contributi in ritardo perde il diritto di trattenere la quota a carico del dipendente. Il credito salariale del lavoratore si espande per includere tale quota, che deve essere pagata per intero. La Corte ha anche escluso l'applicazione di una decurtazione prevista per i dipendenti pubblici, data la natura privatistica del contratto della collaboratrice.
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Lavoro subordinato università: no alla conversione
Una docente di lingua ha richiesto la conversione della sua serie di contratti a termine con un'università in un unico rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando le decisioni dei gradi precedenti. La Corte ha stabilito che la valutazione sulla natura subordinata del rapporto è una questione di fatto insindacabile in sede di legittimità e che la continuità delle mansioni con precedenti incarichi non era decisiva, data la diversa natura giuridica di questi ultimi (collaborazione di diritto pubblico).
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Cessazione materia del contendere: no al doppio contributo
La Corte di Cassazione ha dichiarato la cessazione della materia del contendere in un caso relativo alla mobilità di un'insegnante. Avendo la ricorrente ottenuto il trasferimento desiderato durante il processo, è venuto meno il suo interesse a proseguire. La Corte ha stabilito che, in caso di accordo tra le parti sull'estinzione del giudizio, non è dovuto il versamento del doppio contributo unificato, sanzione prevista solo per i ricorsi respinti, inammissibili o improcedibili.
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Contratti a termine: ricorso inammissibile se vago
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un gruppo di lavoratori della scuola con contratti a termine. I ricorrenti chiedevano il risarcimento del danno per la reiterazione dei contratti e il riconoscimento di differenze retributive. La Corte ha confermato le decisioni dei gradi precedenti, sottolineando che le domande erano state formulate in modo generico e non sufficientemente dettagliato, impedendo ai giudici di valutarne la fondatezza. La sentenza ribadisce l'importanza cruciale della specificità e completezza degli atti processuali, soprattutto in materia di contratti a termine.
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Riconoscimento anzianità: no se il ricorso è generico
Un gruppo di dipendenti pubblici, trasferiti da enti locali al Ministero dell'Istruzione, ha richiesto il pieno riconoscimento anzianità di servizio. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando le decisioni dei gradi inferiori. La motivazione principale risiede nella genericità e nella mancanza di allegazioni specifiche nel ricorso iniziale, che non dettagliava per ogni singolo lavoratore il danno economico subito.
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Anzianità di servizio: la Cassazione sul CCNL
La Corte di Cassazione ha confermato il diritto di una dipendente comunale al riconoscimento della sua anzianità di servizio, maturata prima della riforma contrattuale, ai fini della progressione economica. La decisione si basa sull'interpretazione delle tabelle di corrispondenza del CCNL Enti Locali del 1999, che equiparavano la vecchia qualifica della lavoratrice alla nuova categoria C. La Corte ha ritenuto che tale equiparazione fosse sufficiente a validare l'intero periodo di servizio per il calcolo dell'anzianità. Inoltre, ha dichiarato inammissibile il motivo di ricorso del Comune relativo alla tardiva produzione di documenti, poiché non era stata sollevata una tempestiva eccezione durante il processo di merito.
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Ritenuta contributiva: quando il datore non può farla
Un'università ha perso in Cassazione una causa contro una collaboratrice esperta linguistica. La Corte ha stabilito che se il datore di lavoro paga in ritardo i contributi all'ente previdenziale, non può più effettuare la ritenuta contributiva sulla busta paga della lavoratrice. In tal caso, la quota contributiva a carico del dipendente diventa parte integrante della sua retribuzione. È stata inoltre dichiarata illegittima una decurtazione del 2,5% applicata al suo stipendio, in quanto non assimilabile a una dipendente pubblica.
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Selezioni interne pubblico impiego: le regole giuste
Una dipendente pubblica impugnava l'esito di una procedura selettiva interna per un ruolo di coordinamento, lamentando la mancata predeterminazione dei criteri di valutazione. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, chiarendo un principio fondamentale: le selezioni interne pubblico impiego, finalizzate a progressioni di carriera, sono disciplinate esclusivamente dalla contrattazione collettiva e non dalle norme generali previste per i concorsi pubblici di assunzione.
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Compenso pubblico impiego e impegno di spesa
Un professionista si è visto negare il pagamento per un progetto svolto per un Comune. La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 9631/2024, ha rigettato il ricorso, stabilendo che il compenso nel pubblico impiego per prestazioni aggiuntive non è dovuto in assenza di un preventivo e valido impegno di spesa e senza la prova che l'attività sia stata svolta al di fuori dell'orario di lavoro ordinario.
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Eccezione di inadempimento: quando si applica?
La Corte di Cassazione conferma che l'eccezione di inadempimento è un principio generale applicabile anche ai contratti di lavoro a progetto. Se un lavoratore non prova di aver adempiuto alle proprie obbligazioni, il datore di lavoro può legittimamente rifiutare il pagamento. Il ricorso del lavoratore è stato respinto, consolidando l'onere della prova a suo carico.
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Benefici vittime criminalità: estraneità e valutazione
La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso del Ministero dell'Interno contro la decisione della Corte d'Appello che aveva ripristinato i benefici per le vittime di criminalità in favore degli eredi di una persona deceduta. La Suprema Corte ha stabilito che la valutazione sull'estraneità della vittima ad ambienti delinquenziali costituisce un accertamento di fatto, riservato ai giudici di merito e non sindacabile in sede di legittimità se adeguatamente motivato.
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Compenso pubblico impiego: no a pagamenti extra
Un dipendente pubblico ha citato in giudizio un Comune per ottenere un compenso extra relativo a un progetto. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, stabilendo che senza un valido e preventivo 'impegno di spesa' e senza la prova di aver svolto prestazioni aggiuntive rispetto ai normali doveri d'ufficio, non è dovuto alcun pagamento. La decisione sottolinea come un accordo di compenso pubblico impiego, se basato su una copertura finanziaria solo preventivata ma non effettiva, abbia carattere meramente programmatico e non dia diritto al corrispettivo.
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Vizio del consenso: annullata la conciliazione
Un gruppo di lavoratrici ha firmato accordi di conciliazione con una nuova società, rinunciando ai diritti derivanti da un trasferimento d'azienda, sotto la presunta minaccia di non assunzione. La Corte d'Appello ha annullato tali accordi per vizio del consenso. La Corte di Cassazione ha confermato la decisione, dichiarando inammissibile il ricorso dell'azienda in quanto mirava a una rivalutazione dei fatti, non consentita in sede di legittimità. La Corte ha ribadito che un accordo in sede protetta è comunque annullabile se il consenso è viziato.
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Compensazione spese legali per novità della questione
Un collaboratore scolastico ha ottenuto il riconoscimento del servizio pre-ruolo, ma la Corte d'Appello ha disposto la compensazione spese legali a causa della novità della questione. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso del lavoratore, confermando la decisione sulle spese. La Suprema Corte ha chiarito che la valutazione della novità della questione va fatta con riferimento allo stato della giurisprudenza al momento della decisione impugnata, non a posteriori. Poiché la sentenza d'appello precedeva un'importante pronuncia chiarificatrice della stessa Cassazione, la motivazione sulla compensazione era da considerarsi congrua e legittima.
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Risarcimento mancata assunzione: limiti e colpa
Un lavoratore ha agito in giudizio per ottenere il risarcimento del danno da mancata assunzione da parte di un ente pubblico. La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 9613/2024, ha dichiarato inammissibile il ricorso del lavoratore, confermando la decisione di merito che aveva ridotto l'ammontare del risarcimento per il suo concorso di colpa, derivante dalle dimissioni volontarie da un altro impiego. La Corte ha ribadito che la valutazione del concorso di colpa è un giudizio di fatto non sindacabile in sede di legittimità e ha confermato la competenza esclusiva dell'Ufficio del Lavoro nell'individuazione dei soggetti da avviare all'impiego.
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Conciliazione trasferimento azienda: quando è nulla?
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 9555/2024, ha rigettato il ricorso di una società, confermando la nullità di alcuni accordi di conciliazione stipulati in occasione di un trasferimento d'azienda. La Corte ha ritenuto inammissibili diversi motivi di ricorso per vizi procedurali e ha ribadito che l'interpretazione dei fatti e dei contratti spetta al giudice di merito. La decisione della Corte d'Appello, che aveva ravvisato la nullità degli accordi per assenza di assistenza sindacale, vizio del consenso e mancanza di causa, è stata quindi confermata, stabilendo la responsabilità solidale delle due società coinvolte nel trasferimento.
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TFR pubblico impiego: diritto alla liquidazione immediata
La Corte di Cassazione ha stabilito che un dipendente pubblico ha diritto alla liquidazione immediata del TFR maturato durante un contratto a tempo determinato, anche qualora questo sia seguito, senza interruzioni, da un'assunzione a tempo indeterminato presso lo stesso ente. La sentenza chiarisce che il presupposto per il diritto al TFR pubblico impiego è la cessazione giuridica del singolo rapporto di lavoro, non la continuità dell'iscrizione previdenziale.
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