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Diritto del Lavoro

Estinzione del giudizio: la Cassazione decide
Un docente aveva presentato ricorso in Cassazione contro il Ministero dell'Istruzione riguardo a una questione di assegnazione di sede. Successivamente, il docente ha formalizzato la rinuncia al proprio ricorso. La Corte di Cassazione, preso atto della rinuncia, ha dichiarato l'estinzione del giudizio, disponendo la compensazione delle spese legali tra le parti. La decisione chiarisce che, in caso di estinzione per rinuncia, non è dovuto il versamento dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato.
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Rinuncia al ricorso: effetti e spese legali
Una docente rinuncia al ricorso in Cassazione contro il Ministero dell'Istruzione per sopraggiunta carenza di interesse, avendo raggiunto l'età pensionabile. La Corte Suprema dichiara l'estinzione del processo, compensa le spese legali tra le parti e chiarisce che la rinuncia al ricorso non comporta il pagamento del doppio contributo unificato, misura sanzionatoria prevista solo per i casi di rigetto o inammissibilità dell'impugnazione.
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Licenziamento giusta causa: social e reintegro
La Corte di Cassazione ha confermato il licenziamento per giusta causa di un lavoratore che, subito dopo aver ottenuto un ordine di reintegrazione, aveva pubblicato contenuti diffamatori contro l'azienda sul proprio profilo social. La Corte ha stabilito che il rapporto di lavoro si considera legalmente ripristinato dal momento dell'ordine del giudice, rendendo il lavoratore immediatamente soggetto agli obblighi di lealtà. La condotta del dipendente è stata ritenuta una grave violazione del rapporto fiduciario, tale da giustificare il recesso immediato.
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Errore materiale: quando non si può correggere la sentenza
Un gruppo di ricorrenti ha richiesto la correzione di un'ordinanza della Corte di Cassazione, sostenendo un errore materiale nel calcolo delle spese legali liquidate a favore della controparte, una grande società. La Corte ha dichiarato l'istanza inammissibile, chiarendo che la contestazione non riguardava un vero errore materiale, bensì l'esercizio del potere discrezionale del giudice nella quantificazione delle spese, che non è sindacabile tramite la procedura di correzione.
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Mancata rotazione CIGS: il risarcimento del danno
Una società farmaceutica non ha applicato i criteri di rotazione durante un periodo di Cassa Integrazione (CIGS) per un suo informatore scientifico. La Corte di Cassazione ha confermato la decisione di merito che riconosceva un risarcimento parziale. Il caso chiarisce un principio fondamentale: il danno da mancata rotazione CIGS non corrisponde all'intera retribuzione persa, ma solo alla differenza retributiva per i periodi in cui il lavoratore avrebbe dovuto effettivamente lavorare se la rotazione fosse stata applicata, evitando così un ingiusto arricchimento.
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Indennità ferie non godute: onere della prova del datore
Un ex dirigente di un ente pubblico ha richiesto il pagamento per le ferie non godute al termine del rapporto di lavoro. La Corte di Cassazione, ribaltando la decisione d'appello, ha stabilito che l'onere di provare di aver messo il lavoratore in condizione di fruire delle ferie spetta sempre al datore di lavoro, anche quando il dipendente è un dirigente con autonomia organizzativa. La mancata prova di un invito formale a godere delle ferie e dell'avvertimento della loro perdita comporta il diritto del lavoratore a ricevere l'indennità ferie non godute.
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Concorso di colpa: la banca risponde per i controlli?
In un caso di danno patrimoniale causato da un dipendente, la Corte di Cassazione ha stabilito un importante principio sul concorso di colpa. La Corte ha annullato la sentenza d'appello che escludeva la responsabilità della banca, affermando che spetta all'istituto di credito, e non al lavoratore, dimostrare di aver adottato adeguate misure di controllo interno per prevenire l'illecito. La mancanza di tali prove può configurare un concorso di colpa della banca, riducendo l'obbligo risarcitorio del dipendente.
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Inquadramento giornalistico: la parola alla Cassazione
Un dipendente di una nota società televisiva, assunto come programmista-regista, ha richiesto l'inquadramento giornalistico come redattore. La Corte di Cassazione ha confermato la decisione della Corte d'Appello, stabilendo che, ai fini del corretto inquadramento, contano le mansioni effettivamente svolte e non il nome formale del contratto. Se l'attività comporta una mediazione intellettuale, un'elaborazione critica e una finalità informativa, si configura un inquadramento giornalistico, anche se svolta al di fuori di una testata tradizionale. La Corte ha inoltre precisato i criteri per la determinazione della giusta retribuzione in caso di nullità del contratto per mancata iscrizione all'Albo.
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Appalto fittizio: condanna per eterodirezione
Il Tribunale di Brescia ha confermato le sanzioni amministrative a un'azienda per appalto fittizio. La sentenza ha stabilito che l'impresa esercitava un controllo diretto (eterodirezione) sui lavoratori di due cooperative, fornendo mezzi e direttive, configurando così una somministrazione illecita di manodopera anziché un genuino contratto di appalto di servizi. La decisione si è basata sulle testimonianze che hanno provato la mancanza di autonomia organizzativa e di rischio d'impresa da parte delle cooperative.
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Riserva di ricorso: inammissibile se non notificata
Una lavoratrice ha impugnato in Cassazione due sentenze d'appello, una non definitiva e una definitiva, relative a differenze retributive e a un licenziamento. La Corte Suprema ha dichiarato il ricorso inammissibile, soffermandosi su un vizio procedurale cruciale: la riserva di ricorso contro la sentenza non definitiva era stata solo depositata telematicamente, ma non notificata alla controparte, rendendola inefficace. Sebbene l'impugnazione immediata fosse risultata tempestiva, i motivi di ricorso sono stati comunque rigettati per difetti di specificità e autosufficienza.
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Litisconsorzio necessario INPS: Quando è Obbligatorio?
Un lavoratore ha citato in giudizio due datori di lavoro per differenze retributive. I datori di lavoro hanno sostenuto che l'ente previdenziale (INPS) avrebbe dovuto essere parte della causa (litisconsorzio necessario INPS). La Corte di Cassazione ha chiarito che l'INPS è un litisconsorte necessario solo quando il lavoratore richiede esplicitamente la regolarizzazione dei contributi previdenziali, non quando la domanda si limita al pagamento delle differenze salariali. Di conseguenza, il ricorso dei datori di lavoro è stato respinto.
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Pensione di reversibilità: convivenza e assegno
Un'ordinanza della Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso della seconda moglie riguardo la ripartizione della pensione di reversibilità. La Corte ha confermato la decisione di merito che attribuiva 2/3 della pensione all'ex coniuge, forte di un matrimonio di 28 anni, e 1/3 alla vedova, il cui matrimonio era durato solo sei mesi, seppur preceduto da convivenza. I motivi del ricorso, relativi alla durata della convivenza e alla natura di un assegno divorzile, sono stati respinti per difetto di specificità e perché miravano a un riesame del merito non consentito in sede di legittimità.
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Jus postulandi: ricorso nullo senza Avvocatura di Stato
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile un ricorso presentato dall'Agente della Riscossione a causa di un difetto di 'jus postulandi'. L'ente aveva conferito mandato a un avvocato del libero foro anziché avvalersi, come previsto da un protocollo specifico, dell'Avvocatura Generale dello Stato. Questa violazione procedurale ha reso invalida la procura e, di conseguenza, l'intero ricorso, a prescindere dalle questioni di merito relative alla prescrizione dei crediti contributivi.
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Licenziamento disciplinare: la riammissione non salva
Un dipendente pubblico, il cui procedimento disciplinare era stato sospeso a causa di un'accusa penale, è stato riammesso in servizio e ha ottenuto un contratto a tempo indeterminato. Tuttavia, dopo la condanna penale definitiva, il procedimento è stato riaperto e si è concluso con il licenziamento. La Corte di Cassazione ha confermato la legittimità del licenziamento disciplinare, chiarendo che la sospensione e la successiva riapertura del procedimento erano conformi alla legge e che la riammissione in servizio non costituiva una rinuncia al potere sanzionatorio da parte dell'amministrazione.
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Prova del credito: il concordato non basta nel fallimento
La Corte di Cassazione ha stabilito che l'inclusione di un credito nell'elenco di un concordato preventivo non costituisce prova del credito sufficiente in un successivo fallimento. Una lavoratrice si è vista rigettare la richiesta di ammissione al passivo per competenze di fine rapporto, poiché non adeguatamente provata. La Corte ha chiarito che la verifica nel concordato ha natura amministrativa e non sostituisce l'onere della prova nel procedimento fallimentare, dove il giudice può sollevare eccezioni anche d'ufficio.
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Ripartizione cognitoria: Lavoro e Fallimento, il caso
Un lavoratore ha chiesto il riconoscimento del suo rapporto di lavoro con una società italiana, poi fallita. La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 13530/2024, ha stabilito che quando l'accertamento del rapporto è finalizzato solo a ottenere un pagamento, la competenza spetta esclusivamente al giudice fallimentare. Questa decisione chiarisce i confini della ripartizione cognitoria tra le due giurisdizioni.
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Pensione in deroga: quali contributi sono validi?
La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso di una lavoratrice che chiedeva il riconoscimento del diritto alla pensione in deroga. La Corte ha stabilito che, ai fini della deroga prevista dalla legge 503/92, sono validi solo i contributi derivanti da un effettivo rapporto di lavoro subordinato. Vengono quindi esclusi dal conteggio gli anni coperti da contribuzione volontaria o figurativa, come quella per maternità al di fuori di un rapporto di lavoro. La decisione si basa su un'interpretazione restrittiva della nozione di "lavoratore occupato", fondamentale per accedere al beneficio.
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Improcedibilità ricorso cassazione: termini perentori
Un lavoratore ha impugnato l'esclusione dei propri crediti da lavoro dallo stato passivo di una società fallita. La Corte di Cassazione ha dichiarato l'improcedibilità del ricorso cassazione in quanto depositato oltre il termine perentorio di legge. La decisione chiarisce che la sospensione feriale dei termini non si applica alle controversie di lavoro nell'ambito delle procedure fallimentari.
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Accordo Collettivo: legittima la scelta tra bonus
Un'azienda di trasporti ha modificato la struttura retributiva con un nuovo accordo collettivo, offrendo ai dipendenti la scelta tra mantenere un assegno personale o aderire a nuove indennità legate alla presenza. Una lavoratrice ha impugnato l'accordo, ma la Cassazione ha respinto il ricorso, ritenendo l'opzione legittima. La Corte ha stabilito che un accordo collettivo può modificare trattamenti preesistenti e che la rinuncia a un superminimo individuale è una scelta disponibile per il lavoratore.
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Improcedibilità ricorso cassazione: termini e sanzioni
La Corte di Cassazione dichiara l'improcedibilità di un ricorso presentato da un lavoratore contro un fallimento. La decisione si fonda sul deposito tardivo dell'atto, evidenziando che la sospensione feriale dei termini non si applica alle controversie di lavoro per l'ammissione al passivo fallimentare. Questo principio ha portato a severe sanzioni per l'abuso del processo.
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