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Diritto del Lavoro

Clausola sociale: obblighi per chi subentra in appalto

La Corte di Cassazione ha stabilito che la società subentrante in un appalto di trasporto pubblico è tenuta a rispettare gli accordi aziendali preesistenti se una clausola sociale nel bando di gara lo prevede. La Corte ha ritenuto illegittima la disdetta unilaterale di tali accordi, confermando il diritto dei lavoratori alle differenze retributive, poiché la clausola sociale e il capitolato d’appalto creano un obbligo contrattuale vincolante per l’azienda, anche per un periodo di tempo definito.

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Lavoro subordinato: quando il rapporto è tale?

Un datore di lavoro ricorre in Cassazione contro la decisione della Corte d’Appello che aveva riconosciuto la natura di lavoro subordinato a un suo collaboratore. La Suprema Corte dichiara il ricorso inammissibile, ribadendo che la valutazione delle prove e degli indici di subordinazione (continuità, inserimento nell’organizzazione aziendale) spetta al giudice di merito e non può essere riesaminata in sede di legittimità.

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Risoluzione contratto a progetto: serve forma scritta?

Un collaboratore si è opposto alla risoluzione verbale del suo contratto a progetto. La Corte di Cassazione ha stabilito che, così come la stipula, anche la risoluzione consensuale del contratto a progetto richiede obbligatoriamente la forma scritta per essere valida (ad substantiam), a tutela della certezza dei rapporti giuridici. Qualsiasi accordo verbale di cessazione è pertanto nullo.

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Spese di lite: i limiti al sindacato della Cassazione

Un professionista legale ricorre in Cassazione contro una sentenza che lo condannava alla restituzione di somme percepite a titolo di spese di lite. La Corte Suprema rigetta il ricorso, chiarendo i limiti del proprio sindacato sulla liquidazione delle spese dei gradi di merito e ribadendo i rigorosi requisiti di specificità dei motivi di ricorso.

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Coltivatore diretto: i requisiti per l'iscrizione INPS

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di una lavoratrice contro la sua iscrizione d’ufficio alla gestione dei coltivatori diretti dell’INPS. L’ordinanza ribadisce i criteri di abitualità e prevalenza dell’attività agricola, sia in termini di tempo che di reddito, come requisiti fondamentali per la qualifica di coltivatore diretto. La Corte ha chiarito che il ricorso per cassazione non può essere utilizzato per ottenere una nuova valutazione dei fatti già accertati dal giudice di merito, confermando la decisione della Corte d’Appello che aveva ritenuto sussistenti le condizioni per l’iscrizione sulla base delle prove documentali e ispettive.

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Notifica PEC: valida anche senza firma digitale p7m

Un imprenditore si opponeva a un pignoramento sostenendo di non aver mai ricevuto gli avvisi di addebito. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando l’inammissibilità dell’opposizione. La sentenza chiarisce che una notifica PEC è valida anche se l’allegato è un semplice PDF senza firma digitale (p7m), poiché il sistema PEC garantisce di per sé l’autenticità. Inoltre, ha ribadito che nel rito del lavoro il giudice d’appello può acquisire nuove prove se ritenute indispensabili.

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Sanzioni disciplinari: quando inizia il termine?

Una dirigente scolastica ha ricevuto sanzioni disciplinari per inadempienze gestionali e contabili. Il suo ricorso in Cassazione, basato sulla presunta tardività della contestazione e sul valore probatorio degli atti ispettivi, è stato respinto. La Corte ha chiarito che, nel contesto delle sanzioni disciplinari, il termine per avviare il procedimento decorre non dalla mera segnalazione di criticità, ma dal momento in cui l’amministrazione acquisisce una conoscenza certa e dettagliata dei fatti, coincidente in questo caso con il deposito della relazione ispettiva finale. La sentenza ribadisce l’inammissibilità in sede di legittimità di una nuova valutazione dei fatti.

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Valore indeterminabile: il calcolo delle spese legali

In una causa per l’esenzione dal ticket sanitario, la Corte di Cassazione ha stabilito che la controversia è di valore indeterminabile. Di conseguenza, ha annullato la liquidazione delle spese legali effettuata dal tribunale, ritenuta inferiore ai minimi tariffari. La Corte ha precisato che per questo tipo di cause si deve fare riferimento allo scaglione da 26.001 a 52.000 euro, rinviando al giudice di merito per una nuova e corretta determinazione dei compensi professionali.

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Obbligo contributivo: quando scatta per i professionisti

Un professionista ha contestato il suo obbligo di versare i contributi alla cassa di categoria per un’attività di consulenza, sostenendo non fosse esclusiva della sua professione. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, confermando che l’obbligo contributivo per i professionisti sorge quando l’attività, anche se non legalmente riservata, è oggettivamente riconducibile alla professione per le competenze tecniche impiegate. La Corte ha inoltre dichiarato inammissibili i motivi di ricorso basati su questioni di fatto non sollevate nei gradi di merito precedenti.

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Obbligo contributivo datoriale: la Cassazione decide

Una società committente è stata ritenuta responsabile in solido per l’omesso versamento dei contributi previdenziali di una ditta appaltatrice. La Corte di Cassazione ha confermato la decisione, dichiarando inammissibile il ricorso dell’azienda. L’ordinanza chiarisce il valore probatorio del verbale ispettivo dell’ente previdenziale e i requisiti per contestare le prove informatiche, rafforzando il principio dell’obbligo contributivo datoriale in regime di appalto.

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Conflitto di giudicati: quale sentenza prevale?

La Cassazione chiarisce che in un apparente conflitto di giudicati, prevale la sentenza costitutiva che per prima ha modificato la realtà giuridica, anche se temporalmente anteriore. Il caso riguarda una dipendente pubblica retrocessa a seguito dell’annullamento di una graduatoria. Un successivo giudicato, che confermava la validità della stessa graduatoria ormai annullata, è stato ritenuto inefficace perché pronunciato su un “bene della vita” non più esistente. L’Amministrazione ha agito correttamente applicando gli effetti della prima sentenza a tutti gli interessati.

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Liquidazione spese legali: Cassazione e minimi tariffari

La Corte di Cassazione ha annullato una sentenza di merito che aveva disposto una liquidazione delle spese legali inferiore ai minimi tariffari in una causa previdenziale. Il provvedimento chiarisce che il giudice non può liquidare un importo onnicomprensivo per diverse fasi processuali, come l’accertamento tecnico preventivo e il giudizio di opposizione, e deve rispettare i parametri minimi stabiliti dal D.M. 55/2014, calcolando il valore della causa sulla base di dieci annualità della prestazione richiesta. La Corte ha rinviato il caso al Tribunale per una corretta rideterminazione delle spese.

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Compenso medicina di gruppo: decide la Cassazione

Un gruppo di medici ha contestato la riduzione del proprio compenso forfettario per la medicina di gruppo da 7 a 5 euro per assistito, applicata da un’Azienda Sanitaria Locale (ASL) a seguito del superamento di un tetto di spesa (plafond). La Corte di Cassazione ha confermato che la riduzione opera automaticamente al superamento del plafond, ma ha accolto il ricorso dei medici su un punto cruciale: l’onere della prova. Ha stabilito che spetta all’ASL, e non ai medici, dimostrare l’indisponibilità di fondi derivanti dalla sottoutilizzazione di altri servizi, previsti da un meccanismo di compensazione, che avrebbero potuto reintegrare il compenso medicina di gruppo. La sentenza è stata quindi cassata con rinvio.

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Licenziamento per giusta causa: la Cassazione decide

Un responsabile amministrativo e finanziario viene licenziato per gravi negligenze nella gestione fiscale che hanno causato un danno economico all’azienda. La Corte di Cassazione ha confermato la legittimità del licenziamento per giusta causa, ritenendo la contestazione disciplinare tempestiva e la condotta del lavoratore una violazione irreparabile del vincolo fiduciario.

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Compenso quota variabile medico: quando è dovuto?

Una specialista ambulatoriale richiedeva un compenso a quota variabile per consulenze ospedaliere. La Corte di Cassazione, riformando la decisione d’appello, ha stabilito che tale compenso non è automatico. Per ottenere il pagamento extra, l’attività deve rientrare in specifici programmi e obiettivi aziendali, non essendo sufficiente che la prestazione sia semplicemente elencata nel nomenclatore tariffario. La Corte ha chiarito che le consulenze possono rientrare nei normali doveri istituzionali, già coperti dalla retribuzione oraria.

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Contratto a termine pubblico impiego: è valido?

La Corte di Cassazione ha confermato la legittimità di un contratto a termine pubblico impiego per un agente di polizia locale. Anche se assunto per potenziare la sicurezza stradale, l’agente è stato adibito a mansioni di polizia ambientale. La Corte ha ritenuto tali compiti rientranti nelle funzioni istituzionali della polizia locale, validando così il contratto. È stata inoltre confermata la legittimità della proroga, la cui scadenza era legata all’esaurimento dei fondi regionali specifici, respingendo il ricorso del lavoratore.

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Riorganizzazione aziendale: quando non è demansionamento

Un dirigente di un consorzio, dopo la fusione di quest’ultimo in un’entità regionale più grande, vedeva revocato il suo ruolo di Direttore. La Cassazione ha respinto il suo ricorso per demansionamento, chiarendo che una legittima riorganizzazione aziendale che porta all’estinzione dell’ente originario può causare la perdita di una posizione apicale specifica, senza che ciò costituisca un illecito, a condizione che al lavoratore vengano conservate la qualifica e le funzioni dirigenziali all’interno della nuova struttura.

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Errore di Fatto Revocatorio: Quando è Inammissibile?

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile un ricorso per revocazione basato su un presunto errore di fatto revocatorio. Il ricorrente contestava la condanna alle spese legali, sostenendo che l’amministrazione si fosse difesa da sola. Tuttavia, la Corte ha stabilito che, non avendo sollevato questo specifico motivo nel ricorso originario, l’errore non può essere considerato un ‘errore di fatto revocatorio’ ai sensi di legge, ma al massimo un errore di giudizio, non emendabile con questo strumento.

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Rinnovo tacito incarico: quando non è dovuto il compenso

Una specialista medica ha continuato a svolgere le sue funzioni di responsabile di branca anche dopo la scadenza formale del suo incarico. Un nuovo accordo collettivo aveva però abolito la possibilità di un rinnovo tacito incarico. La Corte di Cassazione ha confermato la decisione di merito, negando il diritto della dottoressa a percepire l’indennità specifica. La Corte ha stabilito che, in assenza di un titolo contrattuale valido, non sorge alcun diritto alla remunerazione, poiché il rapporto di lavoro autonomo convenzionato non gode della tutela prevista per il lavoro di fatto subordinato.

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Maggiorazione di stipendio: quando non spetta al dirigente

La Corte di Cassazione ha stabilito che la maggiorazione di stipendio, legata a specifici incarichi dirigenziali nel settore sanitario, non viene automaticamente mantenuta in caso di riorganizzazione aziendale e assegnazione a un nuovo ruolo. Il diritto del dirigente è a un nuovo incarico di “pari valore economico”, ma questo non include maggiorazioni connesse a funzioni non più svolte. La sentenza chiarisce che tali bonus sono strettamente funzionali e non parte del trattamento economico fondamentale da garantire.

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