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Diritto del Lavoro

Indennità aggiuntiva: sì per il personale distaccato
Un ex dipendente di un'amministrazione autonoma statale, assegnato temporaneamente a un ente pubblico economico, ha diritto all'indennità aggiuntiva di fine servizio per quel periodo. La Cassazione ha stabilito che, non essendoci stato un trasferimento definitivo, il rapporto di lavoro ai fini previdenziali è rimasto con l'amministrazione di origine, rendendo valido il servizio prestato presso l'ente esterno.
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Autorizzazione preventiva assunzione: contratto nullo
Un medico si è visto sospendere un incarico presso un'Azienda Sanitaria Provinciale prima ancora di iniziare. La Corte di Cassazione ha confermato la nullità del contratto a causa della mancata autorizzazione preventiva assunzione da parte della Regione, un requisito imposto da una legge per il controllo della spesa pubblica. Di conseguenza, è stata negata qualsiasi richiesta di adempimento o risarcimento danni, poiché un contratto nullo non produce alcun effetto giuridico.
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Indennità aggiuntiva: sì al servizio presso altro ente
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 14140/2024, ha stabilito che un dipendente pubblico, inserito in un ruolo provvisorio e assegnato a un altro ente senza un trasferimento definitivo, ha diritto al calcolo dell'indennità aggiuntiva di fine servizio anche per il periodo lavorato presso tale ente. Il rapporto di lavoro con l'amministrazione di origine, infatti, non si interrompe. Il ricorso del Fondo di Previdenza è stato rigettato, confermando il diritto del lavoratore a percepire l'intera indennità.
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Retribuzione di posizione: no diritto senza graduazione
Una dirigente medico ha citato in giudizio un'azienda sanitaria locale per la riduzione della sua retribuzione di posizione variabile a seguito di una fusione aziendale. La Corte di Cassazione ha respinto il suo ricorso, stabilendo che il diritto a tale emolumento sorge solo dopo che il datore di lavoro ha completato la necessaria 'graduazione delle funzioni'. In assenza di tale adempimento, il dirigente può richiedere solo il risarcimento del danno per perdita di chance, non il pagamento diretto della somma.
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Indennità agente unico: quando non può essere tolta
Un'azienda di servizi postali aveva interrotto l'erogazione della cosiddetta 'indennità agente unico' a un dipendente che svolgeva sia mansioni di autista sia di addetto alla consegna. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso dell'azienda, stabilendo che, poiché il lavoratore ha continuato a svolgere le medesime mansioni, l'indennità è diventata parte integrante e irriducibile della sua retribuzione, anche a seguito di nuovi accordi collettivi che non hanno modificato l'organizzazione del lavoro.
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Iscrizione lavoratori agricoli: la prova spetta a te
La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di una lavoratrice per l'iscrizione lavoratori agricoli, stabilendo che, in caso di contestazione da parte dell'INPS, l'onere di provare l'effettiva esistenza del rapporto di lavoro subordinato spetta interamente al lavoratore. Le norme sulla motivazione degli atti amministrativi (L. 241/90) non si applicano, poiché gli atti previdenziali hanno natura meramente ricognitiva di un diritto che sorge dalla legge.
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Obbligo di assunzione: no se manca l’impegno
Un lavoratore ha citato in giudizio una nuova società appaltatrice per non essere stato assunto dopo un cambio di appalto. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando le decisioni dei gradi precedenti. I giudici hanno stabilito che non esisteva alcun obbligo di assunzione, né per l'applicazione di un CCNL né per un impegno contrattuale specifico da parte della nuova azienda. L'inammissibilità è stata dichiarata in base alla regola della "doppia conforme", che limita il ricorso quando le sentenze di primo grado e appello sono identiche nella valutazione dei fatti.
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Rinuncia al ricorso: estinzione del processo in Cassazione
Una lavoratrice aveva impugnato in Cassazione una sentenza sfavorevole in materia di contratti a termine con un'azienda sanitaria locale. Prima della discussione, la ricorrente ha presentato una formale rinuncia al ricorso. La Corte di Cassazione, verificata la ritualità dell'atto, ha dichiarato l'estinzione del giudizio. A causa dei diversi esiti nei gradi di merito precedenti, le spese legali sono state interamente compensate tra le parti.
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Estinzione del giudizio: la rinuncia chiude la causa
La Corte di Cassazione ha dichiarato l'estinzione del giudizio in una causa intentata da un gruppo di professionisti del settore sanitario contro un'azienda sanitaria pubblica per il pagamento di alcune quote retributive. Dopo aver perso nei primi due gradi di giudizio, i ricorrenti hanno rinunciato al ricorso in Cassazione. Tale rinuncia è stata accettata dalla controparte, portando alla chiusura del processo senza una decisione nel merito e senza statuizioni sulle spese legali.
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Onere della prova: la Cassazione su mansioni identiche
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 14135/2024, ha dichiarato inammissibili i ricorsi di alcuni dirigenti medici che chiedevano un adeguamento retributivo basato sulla presunta identità di mansioni con colleghi meglio pagati. La decisione sottolinea che l'onere della prova spetta al lavoratore, il quale deve fornire allegazioni specifiche e dettagliate, non potendo fare affidamento sul principio di non contestazione a fronte di affermazioni generiche.
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Cessazione materia del contendere: le conseguenze
Un'azienda sanitaria pubblica, dopo aver impugnato una sentenza sfavorevole, raggiunge un accordo transattivo con i propri dipendenti. La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 14091/2024, dichiara la cessazione della materia del contendere, specificando che tale pronuncia prevale sulla semplice rinuncia al ricorso. Questa decisione comporta la caducazione della sentenza impugnata, impedendone il passaggio in giudicato, e esclude l'obbligo del raddoppio del contributo unificato.
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Retribuzione lavoro pubblico: sì a tutti i diritti
La Corte di Cassazione ha stabilito che un lavoratore del settore pubblico, il cui rapporto di lavoro subordinato era mascherato da un contratto di collaborazione poi dichiarato nullo, ha diritto alla piena retribuzione prevista dal contratto collettivo nazionale. L'ordinanza chiarisce che il diritto non si limita a un "minimo costituzionale", ma include tutte le voci retributive per il periodo in cui la prestazione è stata effettivamente svolta, in applicazione dell'art. 2126 del Codice Civile. L'appello dell'Azienda Sanitaria è stato dichiarato inammissibile.
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Somministrazione illegittima: danno e prescrizione
Un ente pubblico ha utilizzato una serie di contratti di somministrazione a termine (somministrazione illegittima) per impiegare lavoratrici per anni sulle stesse mansioni. La Corte di Cassazione ha confermato l'illegittimità di tale pratica, riconoscendo il diritto delle lavoratrici a un risarcimento forfettario ("danno comunitario") senza necessità di provare un danno specifico. Tuttavia, ha chiarito che il termine di prescrizione per i crediti retributivi (come i premi di produzione) decorre in costanza di rapporto e non dalla sua cessazione, accogliendo parzialmente su questo punto il ricorso dell'ente e rinviando la causa per un nuovo esame.
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Estinzione del giudizio: quando la rinuncia chiude il caso
Un gruppo di dipendenti del settore sanitario, dopo aver perso nei primi due gradi di giudizio una causa contro l'ente pubblico datore di lavoro per il pagamento di indennità specifiche, ha presentato ricorso in Cassazione. Prima della decisione finale, i ricorrenti hanno formalizzato la rinuncia agli atti. Di conseguenza, la Corte Suprema ha dichiarato l'estinzione del giudizio, chiudendo definitivamente il procedimento senza una pronuncia nel merito. La Corte ha inoltre specificato che, data la rinuncia, non era dovuto alcun ulteriore versamento a titolo di contributo unificato.
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Indennità turni spezzati: spetta solo se eccezionale
La Corte di Cassazione ha stabilito che l'indennità turni spezzati non è dovuta per orari di lavoro regolarmente articolati su turni divisi, ma solo quando un lavoratore, normalmente impiegato su turni continui, viene chiamato eccezionalmente a svolgere una prestazione lavorativa frazionata per esigenze di servizio. La Corte ha cassato la sentenza d'appello che aveva riconosciuto l'indennità a lavoratori part-time basandosi sul principio di non discriminazione, senza verificare il requisito fondamentale dell'eccezionalità della modifica dell'orario.
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Cessazione materia del contendere: effetti sul giudizio
Un'azienda sanitaria ha impugnato una sentenza d'appello sfavorevole. Durante il giudizio in Cassazione, ha raggiunto un accordo transattivo con i propri dipendenti. La Suprema Corte ha quindi dichiarato la cessazione della materia del contendere, specificando che tale pronuncia prevale sulla semplice rinuncia al ricorso e comporta la caducazione della sentenza impugnata, a differenza della rinuncia che l'avrebbe resa definitiva. Le spese sono state compensate tra le parti.
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Stabilizzazione precari: no diritto senza autorizzazione
La richiesta di una fisioterapista per la stabilizzazione del proprio rapporto di lavoro precario è stata respinta. Nonostante l'inserimento in una lista di personale da stabilizzare e la ricezione di un telegramma per la scelta della sede, la Cassazione ha stabilito che la mancanza della specifica autorizzazione del Commissario ad acta, nominato per il risanamento dei conti della sanità regionale, è un elemento decisivo e ostativo. La Corte ha ribadito che la procedura di stabilizzazione precari non costituisce un diritto incondizionato all'assunzione.
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Estinzione del processo: la rinuncia in Cassazione
Una società aveva presentato ricorso in Cassazione contro una sentenza della Corte d'Appello. Successivamente, la stessa società ha rinunciato al ricorso e la controparte ha accettato tale rinuncia. La Corte di Cassazione, preso atto dell'accordo, ha dichiarato l'estinzione del processo, chiudendo definitivamente la questione senza una decisione nel merito e senza pronunciarsi sulle spese legali.
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Ricorso inammissibile: l’importanza dei fatti
La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile a causa della mancata esposizione sommaria dei fatti di causa, come richiesto dall'art. 366 c.p.c. Il caso riguardava una richiesta di restituzione di somme indebitamente percepite da parte di un'amministrazione pubblica. La Corte ha ribadito che, per consentire una corretta valutazione, il ricorso deve essere autosufficiente e descrivere in modo chiaro e sintetico l'intera vicenda processuale, senza costringere i giudici a consultare altri atti.
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Retribuzione feriale: quali indennità includere?
La Corte di Cassazione ha stabilito che la retribuzione feriale deve includere tutte le indennità intrinsecamente collegate alle mansioni, come l'indennità di utilizzo professionale e quella di assenza da residenza per un macchinista. Accogliendo il ricorso di un lavoratore contro una società di trasporti, la Corte ha affermato che escludere tali voci potrebbe dissuadere dal godere delle ferie, violando i principi del diritto dell'Unione Europea. La paga durante le ferie deve essere paragonabile a quella percepita durante i periodi di lavoro.
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