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Diritto del Lavoro

Obbligazioni contributive: no al giudicato per anni

La Corte di Cassazione ha stabilito che, in materia di obbligazioni contributive, ogni annualità costituisce un rapporto giuridico autonomo. Di conseguenza, una sentenza favorevole a un’azienda per un determinato periodo non produce effetti di giudicato per i periodi d’imposta successivi. Il caso riguardava una società del settore energetico che riteneva di poter estendere un precedente esonero dal versamento dei contributi di maternità, ma la Corte ha rigettato il ricorso, confermando la debenza dei contributi per i nuovi periodi contestati dall’ente previdenziale.

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Appalto illecito: le conseguenze sulla retribuzione

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha confermato che in caso di appalto illecito si costituisce un rapporto di lavoro a tempo indeterminato con l’utilizzatore finale. Di conseguenza, il lavoratore ha diritto alla reintegrazione nel posto di lavoro e al pagamento di tutte le retribuzioni dal momento del licenziamento fino alla riammissione effettiva, escludendo l’applicazione dei regimi indennitari più favorevoli previsti per la semplice conversione dei contratti a termine.

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Lavoro familiare: la prova spetta a chi lo afferma

La Corte di Cassazione chiarisce che, in caso di disconoscimento di un rapporto di lavoro familiare da parte dell’INPS, l’onere di provare la sussistenza della subordinazione e dell’onerosità spetta a chi afferma l’esistenza del rapporto. La semplice assenza di convivenza non inverte tale onere, né le buste paga da sole costituiscono prova sufficiente del pagamento. L’ordinanza analizza il principio dell’onere probatorio nel contesto del potere di autotutela dell’ente previdenziale, respingendo il ricorso di un datore di lavoro agricolo contro il disconoscimento del rapporto con il proprio figlio.

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Prova della subordinazione: onere e limiti in Cassazione

Un autotrasportatore ha richiesto il riconoscimento di un rapporto di lavoro subordinato con una società di logistica, sostenendo che i contratti con altre entità fossero simulati. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, confermando le decisioni dei gradi inferiori. La Corte ha ritenuto inammissibile la richiesta di una nuova valutazione delle prove, come i dischi del cronotachigrafo, ribadendo che la prova della subordinazione spetta al lavoratore e che il giudizio di Cassazione non può riesaminare i fatti.

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Contributo integrativo veterinari: il no della Cassazione

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 23921/2025, ha stabilito che il contributo integrativo veterinari non è dovuto dalle Aziende Sanitarie Locali sui corrispettivi per le prestazioni istituzionali rese dai propri medici veterinari dipendenti. La Corte ha chiarito che tale contributo si applica solo ai compensi derivanti da attività libero-professionale, escludendo quelli percepiti dall’ente pubblico. Viene inoltre negato il valore di giudicato esterno a una precedente sentenza relativa a diverse annualità contributive.

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Onere della prova: lavoratore agricolo e INPS

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un lavoratore agricolo contro la cancellazione dall’elenco di categoria disposta dall’ente previdenziale. Viene ribadito che, in caso di disconoscimento a seguito di ispezione, l’onere della prova sull’effettiva esistenza del rapporto di lavoro subordinato spetta interamente al lavoratore. La valutazione delle prove testimoniali e documentali, inoltre, è prerogativa dei giudici di merito e non può essere riesaminata in sede di legittimità.

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Soglia reddituale e spese legali: sì all'aumento

Un pensionato è stato condannato a pagare le spese legali dopo aver perso una causa contro un ente previdenziale, poiché il suo reddito superava di poco il limite per l’esenzione. La Corte di Cassazione ha ribaltato la decisione, stabilendo che la soglia reddituale per l’esenzione dalle spese nelle controversie di previdenza deve essere aumentata per ogni familiare convivente. Questa decisione estende una tutela fondamentale, basata su principi di solidarietà sociale, per evitare che l’onere finanziario di una causa ricada sull’intero nucleo familiare.

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Riscatto laurea: notifica a vecchio indirizzo è nulla

Un lavoratore ha richiesto il riscatto degli anni di laurea nel 1981. Nel 1993, l’ente previdenziale ha inviato la comunicazione con l’importo da versare al suo vecchio indirizzo, nonostante fosse a conoscenza della nuova residenza tramite i modelli contributivi del datore di lavoro. La Corte di Cassazione ha stabilito che la notifica era nulla. Di conseguenza, il termine di 60 giorni per il pagamento non è mai iniziato a decorrere e il lavoratore ha conservato il diritto di procedere al riscatto laurea alle condizioni economiche più vantaggiose dell’epoca della domanda originale.

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Trasferimento ramo d'azienda: quando è legittimo?

Una giornalista ha contestato la legittimità della cessione del suo contratto di lavoro, avvenuta nell’ambito di un trasferimento ramo d’azienda da una grande casa editrice a una nuova società. La Corte di Cassazione ha confermato le sentenze dei gradi precedenti, ritenendo l’operazione valida. Il punto cruciale è stato il riconoscimento che l’unità trasferita, dedicata ai servizi grafici, possedeva una sufficiente e preesistente autonomia organizzativa e funzionale per essere qualificata come un vero e proprio ramo d’azienda, legittimando così il passaggio dei lavoratori ad essa collegati.

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Diritto di precedenza: obblighi del datore di lavoro

Un lavoratore ha perso il diritto di precedenza per una nuova assunzione perché non ha manifestato per iscritto il suo interesse. La Corte di Cassazione ha confermato che, in assenza di un esplicito obbligo derivante da un accordo sindacale, il datore di lavoro non è tenuto a informare il lavoratore di nuove opportunità. L’onere di attivarsi ricade interamente sul lavoratore. La Corte ha inoltre ribadito che l’interpretazione degli accordi sindacali aziendali spetta ai giudici di merito.

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Cessione ramo d'azienda: l'autonomia è requisito chiave

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha stabilito un principio fondamentale in materia di cessione ramo d’azienda. Ha accolto il ricorso di un gruppo di lavoratori, affermando che un trasferimento è illegittimo se il ramo ceduto non possiede una propria autonomia funzionale, preesistente alla cessione stessa. Se la nuova entità, per operare, deve stipulare contratti di servizio con la società cedente, significa che tale autonomia manca, rendendo l’operazione un’artificiosa frammentazione aziendale e inefficace il trasferimento automatico dei contratti di lavoro.

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Trasferimento d'azienda: continuità e tutela lavoratore

In un caso di successione di affitti d’azienda, una lavoratrice si è vista negare la continuità del rapporto di lavoro dal nuovo affittuario. La Corte d’Appello aveva respinto la sua richiesta per una presunta ‘frattura’ nel trasferimento, data l’assenza di un atto formale di retrocessione dal primo al secondo affitto. La Corte di Cassazione ha ribaltato tale decisione, stabilendo che nel trasferimento d’azienda prevale la continuità sostanziale dell’attività economica. La tutela del lavoratore, garantita dall’art. 2112 c.c., non può essere elusa da formalismi giuridici, poiché la scadenza di un contratto di affitto costituisce di per sé una retrocessione di fatto, garantendo la prosecuzione del rapporto di lavoro con il nuovo gestore.

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Reperibilità notturna: quando è orario di lavoro?

Una cooperativa sociale si opponeva a una richiesta di contributi da parte dell’ente previdenziale per mancata retribuzione di straordinario notturno. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 23845/2025, ha stabilito che la reperibilità notturna con obbligo di permanenza in azienda è a tutti gli effetti ‘orario di lavoro’ secondo la normativa europea. Tuttavia, non deve essere automaticamente retribuita come straordinario. La retribuzione, anche se prevista da CCNL come indennità, deve rispettare i principi costituzionali di proporzionalità e sufficienza. La Corte ha quindi cassato la sentenza precedente, rinviando il caso al giudice di merito per una nuova valutazione sulla congruità della retribuzione.

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Clausola sociale: obblighi per l'azienda subentrante

Una società di trasporti, subentrando in un appalto di TPL, ha disdetto unilateralmente gli accordi di secondo livello. La Corte di Cassazione, confermando la decisione d’appello, ha stabilito che la clausola sociale e le specifiche del capitolato d’appalto obbligavano l’azienda a mantenere tali accordi per due anni, rendendo illegittima la disdetta e dovuto il pagamento delle differenze retributive al lavoratore.

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Rinnovo tacito incarico: no se la norma lo esclude

Un medico ha continuato a svolgere l’incarico di responsabile di branca dopo la sua scadenza formale, basandosi su una presunta proroga. La Corte di Cassazione ha negato il suo diritto al compenso, stabilendo che in assenza di una previsione normativa o contrattuale, il rinnovo tacito incarico non è applicabile ai rapporti di lavoro autonomo con la pubblica amministrazione. La prestazione di fatto, in questo contesto, non genera il diritto alla retribuzione, poiché la tutela specifica è riservata solo al lavoro subordinato.

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Rinnovo tacito incarico: no per medici specialisti

La Corte di Cassazione ha negato il diritto alla retribuzione a tre medici specialisti che avevano continuato a svolgere le loro funzioni di responsabili di branca dopo la scadenza del loro incarico. La Corte ha stabilito che una modifica del contratto collettivo nazionale aveva eliminato la possibilità di un rinnovo tacito incarico, rendendo di fatto la prosecuzione dell’attività priva di fondamento contrattuale. Inoltre, è stato chiarito che il principio della retribuzione per la prestazione di fatto (art. 2126 c.c.) non è applicabile ai rapporti di lavoro autonomo dei medici convenzionati.

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Compenso medicina di gruppo: chi prova il tetto spesa?

Due medici convenzionati hanno citato in giudizio un’Azienda Sanitaria Locale per la riduzione del loro compenso per la medicina di gruppo. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha stabilito un principio fondamentale sull’onere della prova: se l’ASL riduce il compenso a causa del superamento di un tetto di spesa, spetta alla stessa ASL dimostrare non solo il superamento, ma anche l’impossibilità di compensare tale maggiore spesa con risparmi su altre voci di bilancio, come previsto dall’Accordo Collettivo Nazionale. La Corte ha quindi cassato la sentenza d’appello, rinviando la causa per un nuovo esame basato su questo principio.

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Contratto a progetto nullo: la guida della Cassazione

La Corte di Cassazione conferma la decisione dei giudici di merito che avevano dichiarato la nullità di un contratto a progetto, convertendolo in un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato. L’ordinanza analizza gli indici della subordinazione e chiarisce un punto fondamentale sul risarcimento del danno: l’indennità di disoccupazione (NASpI) percepita dal lavoratore non può essere detratta dalle somme dovute dal datore di lavoro. La Corte ha rigettato il ricorso dell’azienda, condannandola al pagamento delle spese legali.

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Differenze retributive: i limiti del potere del giudice

Un lavoratore marittimo ha agito in giudizio per ottenere il pagamento di cospicue differenze retributive. Dopo una vittoria in primo grado, la Corte d’Appello ha drasticamente ridotto l’importo. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso del lavoratore, chiarendo che l’interpretazione della domanda giudiziale da parte del giudice di merito non costituisce omessa pronuncia, ma rientra nei suoi poteri. La Corte ha ribadito di non poter riesaminare le valutazioni di fatto, come i calcoli contabili.

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Rifiuto prestazione lavorativa: quando è legittimo?

La Corte di Cassazione si è pronunciata sul caso di una dottoressa licenziata dopo un prolungato rifiuto della prestazione lavorativa. La lavoratrice, dopo aver denunciato illeciti, si era opposta a un trasferimento ritenuto ritorsivo. I giudici hanno ritenuto il rifiuto contrario a buona fede e sproporzionato, confermando la legittimità del licenziamento, poiché la tutela per il whistleblower non giustifica un’inadempienza contrattuale assoluta e protratta nel tempo.

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