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Diritto del Lavoro

Buoni pasto enti locali: obbligo o discrezionalità?

Un dipendente comunale ha citato in giudizio l’ente per il mancato pagamento dei buoni pasto. Dopo una vittoria in primo grado, la Corte d’Appello ha respinto la domanda. Il caso è giunto in Cassazione, che ha ritenuto la questione di fondamentale importanza per l’interpretazione del contratto collettivo nazionale. Pertanto, con ordinanza interlocutoria, ha rinviato la decisione a una pubblica udienza per definire se l’erogazione dei buoni pasto enti locali sia un obbligo o una facoltà discrezionale dell’amministrazione.

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Abuso contratti a termine: risarcimento per docenti

La Corte di Cassazione ha stabilito che la reiterazione di contratti a tempo determinato per i docenti di religione, protratta per oltre un triennio, costituisce un abuso. Sebbene non sia prevista la conversione del rapporto in tempo indeterminato, i docenti hanno diritto al risarcimento del danno per l’illegittimo utilizzo della contrattazione a termine da parte del Ministero dell’Istruzione. La Corte ha cassato la precedente sentenza d’appello, che aveva negato tale diritto, e ha rinviato il caso per una nuova valutazione del risarcimento dovuto.

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Licenziamento disciplinare: minacce al collega?

Un caso di licenziamento disciplinare in cui un lavoratore è stato licenziato per aver minacciato un collega più giovane, incitandolo a ridurre la produttività. La Corte di Cassazione ha confermato la legittimità del recesso, chiarendo che tale condotta lede il vincolo fiduciario e interferisce con l’organizzazione aziendale, anche se non esplicitamente prevista come causa di licenziamento dal contratto collettivo. La sentenza sottolinea l’ampia discrezionalità del giudice nel valutare la gravità dei fatti.

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Buoni pasto enti locali: è un diritto o una facoltà?

Un dipendente pubblico ha richiesto il pagamento di buoni pasto arretrati a un Comune. La Corte d’Appello ha respinto la domanda, sostenendo che l’erogazione non è un diritto soggettivo ma una facoltà dell’ente, condizionata dalle risorse finanziarie. La Corte di Cassazione, con ordinanza interlocutoria, ha ritenuto la questione di principio e ha rinviato il caso a una pubblica udienza per decidere se i buoni pasto enti locali siano un obbligo e su chi gravi l’onere di provare la disponibilità dei fondi.

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Notifica avviso di addebito: quando è valida?

La Corte di Cassazione ha stabilito che la notifica di un avviso di addebito I.N.P.S. tramite raccomandata con ‘invio diretto’ è valida secondo le regole del servizio postale ordinario. Non è necessaria la seconda raccomandata informativa (C.A.D.) prevista per gli atti giudiziari. Di conseguenza, l’opposizione presentata da un contribuente è stata respinta perché tardiva, essendo il termine decorso dalla perfezione della notifica per compiuta giacenza.

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Recesso per giusta causa: la Cassazione decide

Un agente, a cui era stato intimato il recesso per giusta causa a seguito di ammanchi di merce, ha impugnato la decisione. La Corte d’Appello ha confermato la legittimità del recesso, condannando l’agente al risarcimento. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso finale dell’agente, dichiarando inammissibili le sue nuove argomentazioni legali in quanto non sollevate nei precedenti gradi di giudizio. La sentenza ribadisce che i motivi di ricorso in Cassazione devono vertere su questioni già dibattute.

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Mansioni superiori: diritto alla retribuzione

Un dipendente di un’azienda sanitaria ha svolto per anni mansioni superiori a quelle del suo inquadramento formale. La Corte di Cassazione ha stabilito il suo diritto a percepire le differenze retributive, chiarendo che tale diritto sussiste anche in caso di assegnazione di fatto, non formalizzata. La differenza economica va calcolata confrontando i trattamenti economici iniziali delle due categorie (quella di appartenenza e quella superiore), a prescindere dalla retribuzione effettivamente percepita dal lavoratore.

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Cessione ramo d'azienda: doppio stipendio legittimo

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 20314/2025, ha stabilito che in caso di cessione di ramo d’azienda dichiarata illegittima, il lavoratore ha diritto alla retribuzione sia dal datore di lavoro originario (cedente) che da quello di fatto (cessionario). La Corte ha chiarito che si configurano due rapporti di lavoro distinti: uno ‘de iure’ ripristinato con il cedente e uno ‘de facto’ proseguito con il cessionario. Di conseguenza, la retribuzione versata da quest’ultimo non può essere detratta da quella dovuta dal cedente, poiché non si applica il principio della ‘compensatio lucri cum damno’.

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Rimborso iscrizione albo: no per biologi pubblici

La Corte di Cassazione ha stabilito che un’Azienda Sanitaria Locale non è tenuta a rimborsare le spese di iscrizione all’albo professionale a una propria dirigente biologa, anche se operante in regime di esclusività. Secondo la Corte, l’iscrizione è un requisito essenziale per l’esercizio della professione in sé, e non una spesa sostenuta nel solo interesse del datore di lavoro pubblico. La sentenza ribalta le decisioni dei gradi di merito che avevano invece concesso il rimborso.

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Giudice ausiliare: la Cassazione fa chiarezza

Una società contesta un debito per contributi previdenziali, sostenendo in Cassazione la nullità della sentenza d’appello a causa della presenza di un giudice ausiliare nel collegio. La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, confermando la validità della decisione. Basandosi su una pronuncia della Corte Costituzionale, ha ribadito il principio di ‘temporanea tollerabilità costituzionale’ della figura del giudice ausiliare, a determinate condizioni. Gli altri motivi, relativi a prove e sanzioni, sono stati giudicati inammissibili.

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Correzione errore materiale: la Cassazione chiarisce

La Corte di Cassazione, con un’ordinanza specifica, ha disposto la rettifica di alcuni errori di battitura contenuti in un suo precedente provvedimento. Il caso riguardava un contenzioso di lavoro. La Corte ha chiarito che la procedura di correzione errore materiale ha natura amministrativa e non contenziosa, pertanto non prevede la condanna al pagamento delle spese processuali, in quanto non vi è una parte soccombente nel merito della procedura di correzione stessa.

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Compensazione spese: quando è giustificata? La Cassazione

Una dipendente pubblica impugna la decisione di compensazione delle spese legali emessa dalla Corte d’Appello, nonostante l’esito a lei favorevole nel merito della causa sulla ricostruzione di carriera. La Corte di Cassazione rigetta il ricorso, stabilendo che la compensazione spese era giustificata dall’evoluzione della giurisprudenza sulla questione principale, che si è consolidata solo nel corso del giudizio, creando un’incertezza tale da legittimare la decisione del giudice di merito.

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Abuso contratti a termine: la stabilizzazione non sana

La Corte di Cassazione ha stabilito che la stabilizzazione di un lavoratore pubblico, avvenuta tramite una procedura concorsuale, non sana il precedente abuso di contratti a termine. L’assunzione a tempo indeterminato derivante dal superamento di una selezione basata sul merito non elimina il diritto del lavoratore a ricevere un’indennità risarcitoria per l’illegittima reiterazione dei rapporti di lavoro precari. L’ente pubblico è stato quindi condannato a risarcire il danno, poiché la stabilizzazione non è stata considerata una misura sanzionatoria diretta per l’abuso commesso.

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Equo premio inventore: no a interessi maggiorati

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 19724/2025, interviene su un caso riguardante la determinazione dell’equo premio per un inventore dipendente. La Corte ha stabilito che la nuova normativa sugli interessi legali maggiorati (art. 1284, comma 4, c.c.) non si applica retroattivamente ai procedimenti arbitrali per la quantificazione del premio iniziati prima dell’entrata in vigore della legge nel dicembre 2014. La Suprema Corte ha chiarito che il procedimento arbitrale per la liquidazione del compenso è autonomo rispetto a quello per l’accertamento del diritto, e la sua data di inizio è dirimente per l’applicazione della legge. Di conseguenza, è stata cassata la decisione d’appello che aveva applicato tali interessi maggiorati.

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Estinzione giudizio Cassazione: il silenzio vale resa

La Corte di Cassazione ha dichiarato l’estinzione del giudizio tra un cittadino e l’istituto previdenziale. La causa è la mancata risposta del ricorrente alla proposta di definizione del ricorso entro 40 giorni, un silenzio che la legge interpreta come rinuncia. Le spese sono state compensate perché l’orientamento giurisprudenziale citato nella proposta si è consolidato dopo la presentazione del ricorso, giustificando la decisione iniziale di impugnare.

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Contratto collettivo integrativo: Cassazione inammissibile

L’appello di una docente riguardante la mobilità per l’anno scolastico 2016/2017 è stato dichiarato inammissibile. La Corte di Cassazione ha stabilito che non può reinterpretare direttamente un contratto collettivo integrativo. Un ricorso di questo tipo è valido solo se denuncia la violazione di specifiche norme sull’interpretazione dei contratti o un conflitto con leggi di rango superiore, cosa che non è avvenuta nel caso di specie. La decisione dei giudici di merito è stata quindi confermata.

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Conciliazione giudiziale: limiti e interpretazione

Una ex lettrice universitaria ricorre in Cassazione per differenze retributive relative agli anni 1992-1993, sostenendo che una precedente conciliazione giudiziale non coprisse tale periodo. La Suprema Corte dichiara il ricorso inammissibile, affermando che l’interpretazione del verbale di conciliazione giudiziale è un accertamento di fatto riservato al giudice di merito. La Corte ribadisce che la conciliazione, analogamente alla sentenza, copre non solo il dedotto ma anche il deducibile, chiudendo così l’intera controversia originaria.

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Obblighi di comunicazione Inarcassa: il dovere esiste

La Corte di Cassazione chiarisce che gli obblighi di comunicazione Inarcassa per ingegneri e architetti iscritti all’albo professionale sono inderogabili, anche in assenza totale di reddito professionale. L’ordinanza in esame ha ribaltato una decisione di merito, affermando che l’obbligo di presentare la dichiarazione annuale, anche se negativa, è un dovere autonomo e sanzionabile, funzionale ai controlli dell’ente previdenziale.

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Decadenza impugnazione elenchi agricoli e prova

Una lavoratrice agricola si è vista negare la reiscrizione negli elenchi annuali e ha impugnato la richiesta di restituzione dell’indennità di disoccupazione. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la decisione della Corte d’Appello sulla base della decadenza per l’impugnazione degli elenchi agricoli. Il punto cruciale è stata la valutazione della prova documentale prodotta dall’ente previdenziale, ritenuta sufficiente a dimostrare la pubblicazione degli elenchi e, di conseguenza, il decorso del termine per l’impugnazione.

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Doppia conforme: ricorso inammissibile in Cassazione

Un lavoratore si è visto dichiarare inammissibile il ricorso in Cassazione volto a far riconoscere un rapporto di lavoro subordinato. La decisione si fonda sul principio della “doppia conforme”, secondo cui se Tribunale e Corte d’Appello giungono alla stessa conclusione sui fatti, non è possibile contestare la motivazione in Cassazione. La Corte ha inoltre ribadito che la valutazione delle prove spetta esclusivamente ai giudici di merito.

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