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Diritto del Lavoro

Estinzione del giudizio: la guida completa al caso

La Corte di Cassazione ha dichiarato l’estinzione del giudizio in un caso tra una società di trasporti e un ex dipendente. La decisione è stata presa perché la società ricorrente non ha dato seguito alla proposta di definizione del giudizio entro il termine di quaranta giorni, comportamento che la legge interpreta come una rinuncia al ricorso. Di conseguenza, la società è stata condannata a pagare le spese legali alla controparte.

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Pausa lavoro discontinuo: la Cassazione fa chiarezza

La Corte di Cassazione ha confermato il diritto alla pausa per gli autisti di ambulanza, anche se la loro attività può essere considerata lavoro discontinuo. Con l’ordinanza n. 21878 del 2025, la Corte ha stabilito che la deroga al diritto alla pausa, previsto dal D.Lgs. 66/2003, è possibile solo tramite contratti collettivi o specifici decreti ministeriali. In assenza di tali deroghe, il diritto alla sosta per recuperare le energie psicofisiche rimane intatto. La Corte ha inoltre precisato che la fornitura di buoni pasto è irrilevante ai fini del riconoscimento di questo diritto.

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Inquadramento professionale: Bando vincola il vincitore

Una lavoratrice pubblica, vincitrice di un concorso, ha contestato il suo inquadramento professionale sostenendo che il bando fosse errato rispetto alla normativa regionale. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, affermando che il bando, una volta non impugnato nei termini, diventa vincolante. L’accettazione della posizione tramite la firma del contratto individuale preclude la possibilità di rivendicare un inquadramento superiore, poiché ciò avrebbe richiesto una procedura di selezione diversa.

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Estinzione del giudizio: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione ha dichiarato l’estinzione del giudizio di legittimità a seguito della mancata risposta della parte ricorrente alla proposta di definizione del giudizio. In applicazione dell’art. 380-bis c.p.c., il silenzio protratto per oltre quaranta giorni è stato equiparato a una rinuncia al ricorso, con conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.

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Licenziamento oggettivo: la Cassazione fa chiarezza

Una dirigente licenziata a seguito di una riorganizzazione aziendale fallita ha impugnato il provvedimento. La Corte di Cassazione ha confermato la legittimità del licenziamento oggettivo, chiarendo che è sufficiente la prova di effettive ragioni economiche e organizzative che hanno portato alla soppressione del posto. La Corte ha inoltre ribadito che il motivo ritorsivo deve essere l’unica e determinante causa del recesso e ha dichiarato inammissibile la domanda relativa all’indennità per vizi procedurali nel ricorso.

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Monetizzazione ferie non godute: onere della prova

Un dirigente medico si vede negare la monetizzazione delle ferie non godute al momento della pensione. La Corte di Cassazione ribalta la decisione dei giudici di merito, stabilendo che spetta al datore di lavoro, e non al lavoratore, l’onere di provare di averlo messo nelle condizioni di fruire del riposo. La sentenza sottolinea l’importanza dell’invito formale e della verifica che le esigenze di servizio non impediscano il godimento delle ferie, riaffermando il diritto al riposo come fondamentale.

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Retribuzione dirigente scolastico estero: la Cassazione

Un dirigente scolastico che lavorava all’estero ha citato in giudizio il Ministero dell’Istruzione per ottenere il pagamento della parte variabile della sua retribuzione di posizione. Mentre la Corte d’Appello aveva dato ragione al dirigente, la Corte di Cassazione ha ribaltato la decisione. La Suprema Corte ha stabilito che il contratto collettivo nazionale di lavoro (CCNL) all’epoca dei fatti escludeva legittimamente tale componente variabile per il personale in servizio all’estero, in virtù di una specifica previsione normativa. Questa sentenza definisce l’ambito della retribuzione del dirigente scolastico estero sotto il precedente regime contrattuale.

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Interesse ad agire: quando è valido un ricorso?

Un ex dipendente di una società ferroviaria ha citato in giudizio l’azienda per ottenere un inquadramento professionale superiore relativo al suo passato impiego. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso della società, confermando il diritto del lavoratore. La decisione chiarisce il concetto di “interesse ad agire”, specificando che esso esiste ogni volta che una parte necessita dell’intervento del giudice per ottenere un risultato utile e giuridicamente riconosciuto, anche in assenza di una pretesa economica diretta.

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Obbligo di repechage: onere della prova e spese legali

La Cassazione chiarisce l’obbligo di repechage nel licenziamento. In questo caso, una dipendente di un’agenzia di viaggi è stata licenziata per chiusura di filiale. La Corte ha respinto il ricorso sul licenziamento, ritenendo non provata la possibilità di ricollocamento, ma ha accolto il motivo relativo alle spese legali, stabilendo che non sono dovute alla parte rimasta assente (contumace) nel giudizio.

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Litisconsorzio necessario: INPS in cause retributive

Una lavoratrice ha citato in giudizio un ente pubblico per l’applicazione di un contratto collettivo errato, chiedendo differenze retributive, il ricalcolo dei contributi e il risarcimento danni. La Corte di Cassazione ha confermato la decisione di merito, stabilendo la nullità del procedimento di primo grado per la mancata partecipazione dell’INPS. La Suprema Corte ha chiarito che in casi di litisconsorzio necessario, dove le domande retributive e contributive sono connesse, l’ente previdenziale deve essere obbligatoriamente parte del giudizio sin dall’inizio.

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Rinuncia al ricorso: conseguenze e inammissibilità

Un docente impugna in Cassazione una sanzione disciplinare per attività professionale non autorizzata. Successivamente, presenta una rinuncia al ricorso. La Corte Suprema, pur rilevando la mancanza di notifica formale della rinuncia, dichiara il ricorso inammissibile per sopravvenuta carenza di interesse, compensando le spese di lite.

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Estinzione del processo: rinuncia e spese legali

La Corte di Cassazione ha dichiarato l’estinzione del processo a seguito della rinuncia al ricorso da parte di una società di trasporti. La decisione si fonda sulla comunicazione di tale rinuncia alla controparte, come previsto dalla procedura civile. Conseguentemente, la società ricorrente è stata condannata a rimborsare integralmente le spese legali sostenute dalla controparte nel giudizio di legittimità, confermando il principio che chi rinuncia all’azione legale deve farsi carico dei costi derivanti.

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Indennità di disoccupazione: quando si perde il diritto?

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha stabilito che il diritto all’indennità di disoccupazione cessa nel momento in cui il lavoratore matura i requisiti per la pensione di vecchiaia, a prescindere dalla data di effettiva erogazione del trattamento pensionistico. Di conseguenza, le somme percepite dopo tale momento sono considerate indebite e l’ente previdenziale ha il diritto di recuperarle, anche mediante trattenute dirette sulla pensione, nel limite di un quinto dell’importo.

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Pensione lavoratori spettacolo: il massimale resta

L’istituto previdenziale ha impugnato una sentenza della Corte d’Appello che aveva disapplicato il massimale di retribuzione per il calcolo della “quota B” della pensione lavoratori spettacolo. La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, affermando che lo specifico limite di retribuzione giornaliera pensionabile non è stato abrogato e resta in vigore, in quanto parte di un sistema complessivamente più favorevole per questa categoria di lavoratori.

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Rinuncia agli atti: processo estinto in Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato l’estinzione del processo a seguito di una rinuncia agli atti. Le parti, una società e un lavoratore, hanno concordato di abbandonare il ricorso contro una sentenza della Corte d’Appello, portando alla chiusura definitiva del procedimento in corso.

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Conflitto di giurisdizione: quando è inammissibile?

Un dipendente pubblico, dopo aver visto respinta dal TAR la sua azione contro il silenzio dell’amministrazione su una richiesta di pagamento, si è rivolto al giudice ordinario chiedendo direttamente la condanna al pagamento. Quest’ultimo ha sollevato un conflitto di giurisdizione. La Corte di Cassazione ha dichiarato il conflitto inammissibile, chiarendo che non si trattava di una riproposizione della stessa causa, ma di una domanda nuova e autonoma con un ‘petitum’ diverso. Pertanto, il secondo giudice avrebbe dovuto decidere sulla propria giurisdizione invece di sollevare il conflitto.

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Buoni pasto enti locali: obbligo o discrezionalità?

Un dipendente comunale ha citato in giudizio l’ente per il mancato pagamento dei buoni pasto. Dopo una vittoria in primo grado, la Corte d’Appello ha respinto la domanda. Il caso è giunto in Cassazione, che ha ritenuto la questione di fondamentale importanza per l’interpretazione del contratto collettivo nazionale. Pertanto, con ordinanza interlocutoria, ha rinviato la decisione a una pubblica udienza per definire se l’erogazione dei buoni pasto enti locali sia un obbligo o una facoltà discrezionale dell’amministrazione.

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Abuso contratti a termine: risarcimento per docenti

La Corte di Cassazione ha stabilito che la reiterazione di contratti a tempo determinato per i docenti di religione, protratta per oltre un triennio, costituisce un abuso. Sebbene non sia prevista la conversione del rapporto in tempo indeterminato, i docenti hanno diritto al risarcimento del danno per l’illegittimo utilizzo della contrattazione a termine da parte del Ministero dell’Istruzione. La Corte ha cassato la precedente sentenza d’appello, che aveva negato tale diritto, e ha rinviato il caso per una nuova valutazione del risarcimento dovuto.

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Licenziamento disciplinare: minacce al collega?

Un caso di licenziamento disciplinare in cui un lavoratore è stato licenziato per aver minacciato un collega più giovane, incitandolo a ridurre la produttività. La Corte di Cassazione ha confermato la legittimità del recesso, chiarendo che tale condotta lede il vincolo fiduciario e interferisce con l’organizzazione aziendale, anche se non esplicitamente prevista come causa di licenziamento dal contratto collettivo. La sentenza sottolinea l’ampia discrezionalità del giudice nel valutare la gravità dei fatti.

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Buoni pasto enti locali: è un diritto o una facoltà?

Un dipendente pubblico ha richiesto il pagamento di buoni pasto arretrati a un Comune. La Corte d’Appello ha respinto la domanda, sostenendo che l’erogazione non è un diritto soggettivo ma una facoltà dell’ente, condizionata dalle risorse finanziarie. La Corte di Cassazione, con ordinanza interlocutoria, ha ritenuto la questione di principio e ha rinviato il caso a una pubblica udienza per decidere se i buoni pasto enti locali siano un obbligo e su chi gravi l’onere di provare la disponibilità dei fondi.

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