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Diritto del Lavoro

Perdita di chance: onere della prova nel pubblico impiego
Un gruppo di dipendenti pubblici ha citato in giudizio il proprio Ministero per la mancata attivazione di procedure di progressione di carriera, chiedendo un risarcimento per perdita di chance. La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 15308/2024, ha dichiarato il ricorso inammissibile, ribadendo che spetta al lavoratore dimostrare, anche tramite presunzioni, la sussistenza di una probabilità concreta e non meramente ipotetica di successo. L'esistenza di un danno risarcibile deve essere provata prima di poterne chiedere una valutazione equitativa.
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Incaricato di pubblico servizio: la qualifica si prova
La Corte di Cassazione ha stabilito che la qualifica di 'incaricato di pubblico servizio' per un lavoratore, come un operatore ecologico, non può essere presunta ma deve essere rigorosamente provata. Nel caso specifico, un'azienda di servizi pubblici aveva interrotto il rapporto di lavoro durante il periodo di prova di un dipendente a causa di una sua interdizione dai pubblici uffici, sostenendo che le sue mansioni rientrassero in tale qualifica. La Suprema Corte ha cassato la decisione di merito, evidenziando che non era stata fornita alcuna prova concreta, basata su fonti normative o contrattuali, che le mansioni del lavoratore andassero oltre compiti meramente manuali ed esecutivi. Pertanto, la qualifica di incaricato di pubblico servizio richiede un accertamento specifico delle attività svolte.
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Perdita di chance: onere della prova del dipendente
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 15301/2024, ha dichiarato inammissibile il ricorso di alcuni dipendenti del Ministero della Giustizia. I lavoratori chiedevano un risarcimento per la perdita di chance di progressione di carriera, a causa della mancata attivazione delle procedure selettive previste dal contratto collettivo. La Corte ha ribadito che, per ottenere il risarcimento, non basta dimostrare l'inadempimento dell'amministrazione, ma è necessario che il dipendente provi, anche tramite presunzioni, di avere avuto una concreta e probabile possibilità di successo se la selezione si fosse svolta. In assenza di tale prova, la domanda di risarcimento non può essere accolta.
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Ricorso inammissibile: quando l’appello è nullo
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un'azienda sanzionata con oltre 33.000 euro per lavoro irregolare. La decisione si fonda su vizi procedurali, tra cui la richiesta di un riesame dei fatti già confermati da due corti inferiori (principio della "doppia conforme") e l'introduzione di nuove eccezioni non sollevate nei precedenti gradi di giudizio. La sentenza sottolinea che la Corte di Cassazione non è un terzo grado di merito, ma un giudice di legittimità.
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Pensione indiretta: no al diritto senza contributi
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 15294/2024, ha stabilito che il diritto alla pensione indiretta per i superstiti di un lavoratore autonomo è subordinato all'effettivo versamento dei contributi da parte del defunto. A differenza dei lavoratori dipendenti, per gli autonomi non opera il principio di automaticità delle prestazioni. Pertanto, la vedova di un professionista non può ottenere la pensione se la posizione contributiva del coniuge non era regolare al momento del decesso. I superstiti possono comunque sanare l'omissione versando i contributi dovuti, ma solo dopo tale adempimento maturerà il diritto alla prestazione.
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Ricorso per cassazione: limiti alla prova del lavoro
Un lavoratore si rivolge alla Corte di Cassazione dopo che il tribunale ha respinto la sua richiesta di ammissione al passivo fallimentare per un presunto rapporto di lavoro subordinato. La Corte Suprema respinge l'appello, sottolineando che il ricorso per cassazione non può essere utilizzato per una nuova valutazione delle prove o per contestare le decisioni discrezionali del giudice di merito sulla gestione dei testimoni, a meno che non vengano dedotte specifiche violazioni procedurali. La decisione del tribunale viene quindi confermata.
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Mansioni superiori: diritto alla retribuzione
La Corte di Cassazione ha confermato il diritto di un dipendente pubblico a ricevere una retribuzione adeguata per lo svolgimento di mansioni superiori, anche in assenza di un incarico formale. L'ordinanza stabilisce che l'effettivo espletamento di funzioni dirigenziali prevale sulla mancanza di procedure formali, garantendo al lavoratore il compenso proporzionato al lavoro svolto, in base all'art. 36 della Costituzione.
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Lavoro agricolo stagionale: i limiti ai contratti a termine
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 15277/2024, ha chiarito i rigidi confini del lavoro agricolo stagionale per la stipula di contratti a termine. Il caso riguardava un lavoratore impiegato per decenni da un ente pubblico agricolo con contratti a tempo determinato. La Corte ha stabilito che un ente pubblico non è un imprenditore agricolo e che la deroga per stagionalità si applica solo ad attività strettamente legate a una stagione, con l'onere della prova a carico del datore di lavoro.
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Obbligo retributivo cessione illegittima: la Cassazione
Con l'ordinanza n. 15276/2024, la Corte di Cassazione ha confermato l'obbligo retributivo di un'azienda cedente nei confronti dei lavoratori in caso di cessione di ramo d'azienda dichiarata illegittima. Anche se i dipendenti hanno lavorato per la società cessionaria, il rapporto giuridico con il datore di lavoro originario non si è mai interrotto. La Corte ha stabilito che le somme dovute hanno natura di retribuzione e non di risarcimento, rigettando sia il ricorso principale dell'azienda che quello incidentale dei lavoratori.
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Mansioni superiori: diritto alla retribuzione garantito
Un dipendente di un ente sanitario pubblico ha svolto mansioni superiori rispetto alla sua qualifica senza un incarico formale. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso dell'ente, confermando il diritto del lavoratore a ricevere la retribuzione adeguata alle mansioni effettivamente svolte. La Corte ha chiarito che l'assenza di un provvedimento formale di nomina è irrilevante ai fini del riconoscimento economico.
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Giudicato sulla giurisdizione: quando si forma?
In una controversia tra un ex dipendente e un ente previdenziale, la Corte di Cassazione ha stabilito un importante principio sul giudicato sulla giurisdizione. L'ordinanza chiarisce che se un giudice di primo grado, nel decidere parzialmente una causa, rinvia esplicitamente l'esame della questione di giurisdizione a una fase successiva, non si forma alcun giudicato implicito su tale punto. Di conseguenza, il giudice d'appello è libero di esaminare e decidere sulla giurisdizione, confermando in questo caso la competenza del giudice ordinario.
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Contratti a termine agricoltura: i limiti per gli enti
La Corte di Cassazione interviene sul tema dei contratti a termine in agricoltura, stabilendo principi chiari per gli enti pubblici non economici. Un lavoratore, impiegato per quasi trent'anni con contratti a tempo determinato reiterati da un ente di sviluppo agricolo, aveva denunciato l'abuso di tale pratica. La Suprema Corte ha cassato la sentenza d'appello, affermando che l'ente pubblico non è un imprenditore agricolo e non può beneficiare delle deroghe previste per il settore. La nozione di stagionalità va interpretata in senso restrittivo, escludendo mansioni continuative come la manutenzione. L'onere di provare la natura esclusivamente stagionale del rapporto grava sul datore di lavoro.
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Mansioni superiori: diritto alla retribuzione
Un dipendente di un'azienda sanitaria pubblica ha svolto per anni mansioni dirigenziali senza un formale incarico. La Corte di Cassazione ha confermato il suo diritto a ricevere la retribuzione corrispondente a tali mansioni superiori, rigettando il ricorso dell'ente. La sentenza ribadisce che lo svolgimento di fatto di compiti più elevati garantisce il diritto a una retribuzione proporzionata, in base ai principi costituzionali, indipendentemente dalla formalità dell'assegnazione.
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Onere della prova: chi deve dimostrare cosa nel lavoro?
Una lavoratrice ha citato in giudizio il suo datore di lavoro per differenze retributive, sostenendo di aver lavorato a tempo pieno e di meritare un inquadramento superiore. I tribunali hanno respinto la sua richiesta, affermando che l'onere della prova per le ore aggiuntive e le mansioni superiori spetta al dipendente. La Corte di Cassazione ha confermato questa decisione, dichiarando il ricorso inammissibile perché la lavoratrice non ha fornito prove sufficienti e ha tentato di modificare inammissibilmente la sua domanda legale nel corso del processo.
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Contratti a termine agricoltura: limiti per enti pubblici
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 15254/2024, ha stabilito che un ente pubblico non economico operante nel settore agricolo non può essere considerato un imprenditore agricolo. Di conseguenza, non può avvalersi delle deroghe previste per i contratti a termine agricoltura, specialmente se le mansioni svolte dal lavoratore, come la manutenzione, si protraggono per tutto l'anno e non hanno carattere puramente stagionale. La Corte ha cassato la sentenza d'appello che aveva legittimato la reiterazione di tali contratti, ribadendo che l'onere di provare la natura esclusivamente stagionale del rapporto grava sul datore di lavoro.
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Riliquidazione pensione: conta la qualifica finale
La Corte di Cassazione ha stabilito che, ai fini della riliquidazione pensione complementare, si deve considerare la qualifica lavorativa detenuta al momento della cessazione del servizio. Il diritto a ottenere il calcolo corretto della pensione è imprescrittibile e non è soggetto alla prescrizione decennale. La controversia nasceva dalla richiesta di alcuni ex dipendenti di applicare l'aliquota dell'85% (per i Quadri) anziché dell'82% (per i Funzionari), come correttamente riconosciuto dalla Corte, respingendo il ricorso del Fondo Pensione.
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Responsabilità solidale appalti: anche per società pubbliche
Una società a partecipazione pubblica, committente in un contratto di appalto, è stata ritenuta responsabile per il mancato pagamento del TFR ai dipendenti della ditta appaltatrice. La Corte di Cassazione ha confermato che la disciplina sulla responsabilità solidale appalti si estende anche a tali società, in quanto considerate soggetti privati, e che l'obbligazione copre l'intero TFR maturato, poiché il diritto sorge al momento della cessazione del rapporto di lavoro.
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Decadenza diritti lavoratore: basta la conciliazione
Un lavoratore edile si è visto negare differenze retributive perché, secondo i giudici di merito, aveva agito tardi. La Cassazione ha ribaltato la decisione, stabilendo che per interrompere la decadenza dei diritti del lavoratore, prevista dal CCNL, è sufficiente la richiesta di conciliazione entro sei mesi dalla fine del rapporto, non essendo necessario avviare subito una causa.
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Mansioni superiori scuola: la corretta retribuzione
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 15198/2024, ha stabilito il corretto metodo di calcolo della retribuzione per il personale scolastico che svolge mansioni superiori. In particolare, ha chiarito che l'indennità differenziale per un assistente amministrativo che assume le funzioni di DSGA va calcolata sottraendo dal trattamento iniziale del DSGA l'intera retribuzione dell'assistente, inclusa la posizione economica. Tuttavia, quest'ultima deve essere comunque corrisposta in aggiunta allo stipendio e all'indennità, poiché non viene assorbita da essa. La Corte ha rigettato il ricorso del Ministero, che erroneamente ometteva il pagamento della posizione economica, considerandola inclusa nell'indennità.
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Pensione complementare: estinzione del giudizio
Una controversia sul ricalcolo di una pensione complementare tra ex dipendenti e un fondo di previdenza giunge in Cassazione. A seguito della rinuncia reciproca al ricorso principale e a quello incidentale, la Suprema Corte ha dichiarato l'estinzione del giudizio per cessazione della materia del contendere, compensando le spese legali tra le parti.
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