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Diritto del Lavoro

Prescrizione Fondo Garanzia INPS: la notifica decide

La Corte di Cassazione chiarisce la differenza tra decadenza e prescrizione Fondo Garanzia INPS. Mentre per la decadenza vale il termine di 300 giorni per l’esaurimento del procedimento amministrativo, la prescrizione annuale, che riprende a decorrere dopo tale periodo, si interrompe solo con la notifica del ricorso giudiziale all’ente, non con il mero deposito. Un ricorso notificato oltre l’anno dalla fine della sospensione è prescritto.

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Estinzione del giudizio: chi paga le spese legali?

Un’ordinanza chiarisce le conseguenze dell’estinzione del giudizio per rinuncia. Anche senza accettazione, la parte che rinuncia può essere condannata alle spese legali in base al principio di soccombenza virtuale, se il suo ricorso era verosimilmente infondato.

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Blocco stipendi PA: non si applica al privato

Una lavoratrice di un Comune, assunta con contratto di diritto privato del settore edile, si è vista negare gli aumenti contrattuali a causa delle norme sul blocco stipendi pubblico impiego. La Corte di Cassazione ha accolto il suo ricorso, stabilendo che il blocco della contrattazione collettiva previsto per il settore pubblico (art. 9, c. 17, D.L. 78/2010) non si applica ai rapporti di lavoro regolati da CCNL privati, anche se il datore di lavoro è un ente pubblico. La Corte ha distinto tale blocco da quello, più generale e temporalmente limitato, relativo al trattamento economico individuale.

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Diritto all'assunzione: quando la P.A. può negarlo?

La Corte di Cassazione ha stabilito che il diritto all’assunzione di un candidato vincitore di un concorso pubblico non è assoluto. Se una nuova legge (ius superveniens) modifica l’organizzazione dell’amministrazione, eliminando la necessità del posto messo a concorso, la P.A. ha il potere-dovere di non procedere all’assunzione. Nel caso specifico, il trasferimento delle funzioni sanitarie dal Ministero della Giustizia al Servizio Sanitario Nazionale ha legittimamente impedito l’assunzione di un’infermiera vincitrice di concorso, senza che ciò comporti un risarcimento del danno.

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Contrattazione integrativa: i limiti del ricorso

Una docente impugna il diniego di trasferimento basato sulla presunta errata applicazione della contrattazione integrativa. La Corte di Cassazione dichiara il ricorso inammissibile, chiarendo che non può interpretare direttamente la contrattazione integrativa, a meno che non si lamenti un contrasto con norme di legge imperative o con la contrattazione nazionale.

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Incarico dirigenziale sanità: no all'automatismo

Un dirigente medico ha citato in giudizio un’azienda sanitaria per non aver ricevuto un incarico professionale dopo cinque anni di servizio. Sebbene i tribunali di merito gli avessero dato ragione, la Corte di Cassazione ha ribaltato la decisione. La Suprema Corte ha chiarito che l’ottenimento di un incarico dirigenziale sanità non è un diritto automatico, ma è subordinato a tre condizioni essenziali: la reale disponibilità di posti, la copertura finanziaria e il superamento di una procedura di selezione. Poiché il medico non ha dimostrato la sussistenza di tali presupposti, la sua richiesta di risarcimento è stata respinta.

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Estinzione del giudizio: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione ha dichiarato l’estinzione del giudizio in un caso di diritto del lavoro. La decisione è scaturita dall’inerzia del ricorrente che, dopo aver ricevuto una proposta di definizione del giudizio ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., non ha richiesto una decisione sul merito del ricorso entro il termine di quaranta giorni. Tale silenzio è stato interpretato come una rinuncia implicita all’impugnazione, portando alla chiusura del procedimento e alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese legali.

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Diritto all'assunzione: cosa succede se cambia la legge

Un vincitore di un concorso pubblico per un ruolo sanitario presso il Ministero della Giustizia si è visto negare l’impiego. La Corte di Cassazione ha confermato che il suo diritto all’assunzione è stato annullato da una legge successiva che ha trasferito le funzioni sanitarie dal Ministero al Servizio Sanitario Nazionale. Questo cambiamento organizzativo ha reso l’assunzione giuridicamente impossibile, anche dopo la fine di un precedente blocco delle assunzioni.

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Cessione ramo d'azienda: doppio stipendio legittimo?

La Corte di Cassazione ha stabilito che, in caso di cessione ramo d’azienda dichiarata illegittima, il lavoratore ha diritto alla retribuzione completa dal datore di lavoro originario (cedente) dal momento in cui offre la propria prestazione. La somma percepita dal datore di lavoro di fatto (cessionario) non può essere detratta, poiché si originano due rapporti di lavoro distinti: uno ‘de iure’ con il cedente e uno ‘de facto’ con il cessionario. La Corte ha rigettato il ricorso dell’azienda, confermando il principio della non detraibilità delle somme percepite altrove.

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Estinzione del giudizio: silenzio dopo la proposta

Un decreto della Corte di Cassazione chiarisce le conseguenze dell’inerzia della parte ricorrente di fronte alla proposta di definizione del giudizio. A seguito del mancato riscontro entro 40 giorni, il ricorso di un ente previdenziale è stato considerato rinunciato, portando all’estinzione del giudizio. La Corte ha compensato le spese legali a causa della novità della questione giuridica trattata.

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Inquadramento bando di concorso: la parola alla Cassazione

L’ordinanza esamina il caso di alcuni dipendenti pubblici che, assunti tramite concorso, hanno richiesto un inquadramento superiore sostenendo l’illegittimità del bando. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, stabilendo che, in assenza di impugnazione del bando, i diritti del lavoratore si consolidano sulla base delle qualifiche previste dal bando stesso, inteso come offerta al pubblico accettata con la firma del contratto. Il corretto inquadramento da bando di concorso prevale sulle contestazioni successive.

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Socio d'opera: quando il rapporto cela un lavoro?

Un lavoratore ha agito in giudizio sostenendo che il suo ruolo di socio d’opera in una società gestita dal fratello mascherasse in realtà un rapporto di lavoro subordinato per quasi quarant’anni. Sia il Tribunale che la Corte d’Appello avevano respinto la sua richiesta per mancanza di prove sulla subordinazione. La Corte di Cassazione ha confermato tali decisioni, dichiarando inammissibile il ricorso del lavoratore. La Corte ha stabilito che la valutazione sulla natura del rapporto è una questione di fatto non riesaminabile in sede di legittimità e che il ricorso mancava dei requisiti di specificità necessari, non riuscendo a dimostrare la simulazione del contratto sociale.

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Scorrimento graduatorie: nessun diritto all'assunzione

La Corte di Cassazione ha stabilito che un candidato risultato idoneo in un concorso pubblico non vanta un diritto soggettivo automatico all’assunzione tramite lo scorrimento graduatorie. La Pubblica Amministrazione conserva un potere discrezionale nella scelta delle modalità di copertura dei posti vacanti, privilegiando spesso la mobilità. Anche l’eventuale illegittimità di nomine alternative non genera automaticamente il diritto al posto per l’idoneo, né un automatico diritto al risarcimento del danno, che richiede una prova rigorosa del nesso causale.

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Estinzione del processo: la rinuncia all'impugnazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato l’estinzione del processo in un caso di diritto del lavoro a seguito della rinuncia al ricorso principale da parte di un lavoratore. Le controparti, una società di logistica e una società di servizi, hanno aderito alla rinuncia, rendendo di fatto superata ogni ulteriore valutazione. Di conseguenza, il giudizio di legittimità si è concluso con la compensazione delle spese tra le parti, come previsto per i casi di estinzione del processo.

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Conflitto di giudicati: quando prevale la sentenza?

Una lavoratrice, promossa e poi retrocessa a seguito di un giudizio che annullava la graduatoria, si è vista dare ragione in appello sulla base di una seconda sentenza, a lei favorevole ma successiva. La Corte di Cassazione ha ribaltato la decisione, chiarendo che non sussiste un vero conflitto di giudicati. La prima sentenza, essendo ‘costitutiva’ (cioè in grado di modificare la realtà giuridica), ha annullato definitivamente la graduatoria. La seconda sentenza, intervenuta quando la graduatoria non esisteva più, è stata resa ‘inutilmente’ e non può quindi prevalere. Il principio ‘vince l’ultima sentenza’ non si applica in questi casi.

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Lavoro straordinario: basta il consenso implicito

Una infermiera ha richiesto il pagamento per anni di lavoro straordinario svolto senza autorizzazione formale. La Corte di Cassazione ha accolto il suo ricorso, stabilendo che per il diritto al compenso non è necessaria un’autorizzazione esplicita, ma è sufficiente il consenso implicito del datore di lavoro. Tale consenso può essere desunto da elementi come la consapevolezza della prestazione, la sua durata nel tempo e la carenza di personale, che la corte di merito dovrà ora rivalutare.

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Assegno di sede docenti: sì alla parità di trattamento

Una docente precaria all’estero chiedeva lo stesso assegno di sede dei colleghi di ruolo. La Cassazione ha accolto il ricorso, stabilendo che non esistono ragioni oggettive per una disparità di trattamento economico e che l’indennità spetta in egual misura, cassando la decisione della Corte d’Appello.

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Estinzione del giudizio: silenzio dopo la proposta

La Corte di Cassazione ha dichiarato l’estinzione del giudizio a carico di una società di trasporti. La società, dopo aver presentato ricorso, non ha dato seguito alla proposta di definizione del giudizio entro il termine di 40 giorni. Questo silenzio è stato interpretato come una rinuncia al ricorso, portando alla conclusione anticipata del processo e alla condanna della società al pagamento delle spese legali a favore dei lavoratori.

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Assunzioni società pubbliche: nullità senza concorso

La Corte di Cassazione conferma la nullità dei contratti di lavoro stipulati da una società a partecipazione pubblica senza l’espletamento di procedure concorsuali selettive. Due lavoratrici, assunte tramite chiamata diretta, avevano richiesto il riconoscimento del loro rapporto di lavoro. I giudici hanno stabilito che la violazione delle norme imperative sul reclutamento nelle società pubbliche, imposte per garantire trasparenza e imparzialità, determina una nullità insanabile del contratto fin dall’origine. La decisione ribadisce che le norme sulle assunzioni in società pubbliche sono inderogabili.

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Premio aziendale: quando è parte della retribuzione?

La Corte di Cassazione ha stabilito che un premio aziendale erogato in modo continuativo e fisso a un lavoratore deve essere considerato parte integrante della retribuzione. Di conseguenza, va incluso nel calcolo del TFR e dell’indennità di preavviso. La Corte ha rigettato il ricorso del datore di lavoro, che sosteneva la natura liberale e non obbligatoria del compenso, confermando che la continuità e la prevedibilità dell’erogazione sono elementi chiave per qualificarla come retributiva.

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