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Diritto del Lavoro

Buoni pasto: quando l’azienda può revocarli?
Un gruppo di lavoratori ha citato in giudizio il nuovo datore di lavoro per aver interrotto l'erogazione dei buoni pasto. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, stabilendo che i buoni pasto non costituiscono retribuzione, bensì un'agevolazione di carattere assistenziale. Pertanto, non sono protetti dal principio di irriducibilità della retribuzione e l'azienda ha potuto legittimamente recedere dall'accordo aziendale che ne prevedeva la corresponsione.
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Rinvio alle Sezioni Unite: il caso è sospeso
La Corte di Cassazione, con ordinanza interlocutoria, ha disposto il rinvio alle Sezioni Unite di una causa tra un professionista e il suo ente previdenziale. La decisione è stata sospesa poiché le questioni giuridiche sollevate sono già all'esame delle Sezioni Unite in altri procedimenti, rendendo necessario attendere il loro verdetto per garantire uniformità di giudizio.
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Validità titolo scuola paritaria: la Cassazione decide
La Corte di Cassazione ha confermato l'esclusione di un lavoratore dalle graduatorie del personale scolastico, nonostante fosse in possesso di un diploma di una scuola con status di 'paritaria' riconosciuto retroattivamente. La decisione si fonda sulla distinzione tra lo status astratto dell'istituto e il suo potere concreto di rilasciare specifici titoli. Si è stabilito che la validità del titolo di una scuola paritaria dipende dal rispetto delle norme vigenti al momento del suo rilascio. In questo caso, l'istituto non era autorizzato a gestire il corso triennale in questione a causa di un regime transitorio, rendendo il diploma non valido ai fini dell'inserimento in graduatoria.
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Buoni pasto: non sono retribuzione per la Cassazione
La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha respinto il ricorso di un gruppo di lavoratori contro la decisione del loro datore di lavoro di interrompere l'erogazione dei buoni pasto. La Corte ha ribadito un principio consolidato: i buoni pasto non hanno natura retributiva, ma rappresentano un'agevolazione di carattere assistenziale. Di conseguenza, non sono protetti dal principio di irriducibilità della retribuzione e la loro erogazione può essere interrotta se basata su accordi collettivi da cui il datore può recedere.
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Riconoscimento scuola paritaria: validità del titolo
La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un lavoratore del settore scolastico, escluso dalle graduatorie per l'invalidità del suo diploma. Sebbene l'istituto che ha rilasciato il titolo avesse ottenuto un riconoscimento scuola paritaria retroattivo, la Corte ha stabilito che tale riconoscimento non può sanare la violazione delle norme sull'ordinamento didattico. Nello specifico, l'istituto non poteva validamente attivare un corso triennale in un anno in cui la normativa prevedeva la sua soppressione, rendendo il titolo privo di valore legale.
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Limite 24 mesi somministrazione: sì alla conversione
Un lavoratore impiegato tramite agenzia per oltre 37 mesi presso la stessa azienda ha chiesto la costituzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato. La Corte di Cassazione ha confermato che il limite 24 mesi somministrazione si applica. Il superamento di tale soglia comporta la nullità dei contratti e conferisce al lavoratore il diritto di essere assunto a tempo indeterminato dall'azienda utilizzatrice, e non solo dall'agenzia.
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Nullità relativa CTU: quando il ricorso è inammissibile
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di una cittadina contro un ente previdenziale. La ricorrente lamentava di non aver ricevuto la bozza della CTU, ma la Corte ha ribadito che la nullità relativa CTU deve essere eccepita nella prima difesa utile, cosa non avvenuta. Anche il secondo motivo, un errore materiale nella sentenza, è stato ritenuto inammissibile.
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Accertamento requisito sanitario: i limiti del giudice
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza in esame, ha chiarito i limiti del giudizio di opposizione ex art. 445-bis c.p.c. in materia di invalidità civile. La Corte ha stabilito che in tale sede il giudice deve limitarsi all'accertamento del requisito sanitario, senza poter condannare l'ente previdenziale al pagamento della prestazione. La sentenza di primo grado, che aveva sia accertato il requisito sia condannato l'ente, è stata cassata in parte qua, confermando la netta separazione tra la fase di verifica sanitaria e quella successiva di valutazione degli altri requisiti socio-economici.
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Liquidazione spese legali: calcolo per cause riunite
Un cittadino ha contestato la liquidazione forfettaria delle spese legali dopo la riunione di due distinti ricorsi previdenziali. La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, stabilendo che la riunione di più cause non ne pregiudica l'autonomia. Pertanto, la liquidazione spese legali deve avvenire separatamente per ciascun procedimento, rispettando i minimi tabellari. La decisione del tribunale, che aveva liquidato un importo inferiore alla somma dei minimi, è stata annullata con rinvio.
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Contratti a termine fondazioni liriche: la Cassazione
La Corte di Cassazione si è pronunciata sul caso di una lavoratrice assunta da un ente lirico con una serie di contratti a termine. La Corte ha stabilito che, anche nei periodi in cui la legge italiana non prevedeva un limite massimo di durata per i contratti a termine fondazioni liriche, questi devono comunque rispondere a esigenze effettivamente temporanee e provvisorie per non violare la normativa europea contro l'abuso. La sentenza della Corte d'Appello, che aveva considerato legittimi i contratti in quanto acausali e senza limiti di durata, è stata annullata con rinvio per una nuova valutazione basata su questo principio.
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Mansioni superiori: il diritto alla retribuzione nel pubblico
La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un dipendente di un ente pubblico di ricerca che chiedeva il riconoscimento di mansioni superiori. La Corte ha stabilito che, per ottenere la relativa retribuzione, il lavoratore deve dimostrare di aver svolto in modo prevalente e continuativo la totalità dei compiti caratterizzanti la qualifica superiore, non solo una parte di essi. La prova fornita è stata ritenuta insufficiente e generica.
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Errore di fatto: la Cassazione revoca la sua decisione
La Corte di Cassazione ha revocato una propria precedente ordinanza a causa di un palese errore di fatto. La Corte aveva erroneamente ritenuto che un ricorrente non avesse specificato dove aveva riproposto una certa domanda in appello. Riconosciuto l'errore, ha accolto il ricorso per revocazione, ha cassato la sentenza d'appello per omessa pronuncia sulla richiesta di cumulo giuridico delle sanzioni e ha rinviato il caso alla Corte d'Appello per una nuova valutazione.
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Terzo elemento salariale: no se mai percepito
Un gruppo di lavoratori del settore trasporti, assunti con contratto di formazione, ha rivendicato il diritto al "terzo elemento salariale", una voce retributiva soppressa da un accordo collettivo del 1997 ma mantenuta per i soli dipendenti già a tempo indeterminato. I lavoratori sostenevano che il loro periodo di formazione dovesse essere considerato ai fini dell'anzianità, garantendo loro il diritto a tale emolumento. Dopo due sentenze favorevoli nei primi gradi di giudizio, la Corte di Cassazione ha ribaltato la decisione. Ha stabilito che, non avendo i lavoratori mai percepito tale somma prima della sua abolizione, non potevano vantare un diritto acquisito. Di conseguenza, la clausola del contratto collettivo che li escludeva dal beneficio è stata giudicata legittima, respingendo le loro domande.
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Domanda di restituzione: quando si può agire in giudizio
Un lavoratore aveva ricevuto una cospicua somma in esecuzione di una sentenza d'appello, successivamente annullata dalla Corte di Cassazione. La società datrice di lavoro ha quindi avviato una nuova causa per ottenere la restituzione delle somme. La Suprema Corte ha confermato la legittimità di questa azione, stabilendo che la mancata pronuncia sulla domanda di restituzione nel precedente giudizio non impedisce di agire in un procedimento separato, in quanto non si forma un giudicato sul punto.
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Stabilizzazione nullo: no a risarcimento senza fondi
La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un gruppo di lavoratori la cui stabilizzazione era stata annullata in autotutela da un consorzio pubblico. La Corte ha stabilito che la procedura di assunzione, avvenuta senza la necessaria copertura finanziaria, era affetta da un vizio genetico che la rendeva nulla fin dall'inizio. Di conseguenza, nessun contratto di lavoro valido è mai sorto. La sentenza esclude il diritto dei lavoratori a qualsiasi forma di risarcimento per la mancata stabilizzazione, confermando che l'annullamento di un atto illegittimo non genera responsabilità per l'ente. L'unico diritto riconosciuto è la retribuzione per il lavoro effettivamente prestato.
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Perdita di chance: onere della prova del dipendente
Un gruppo di dipendenti pubblici ha citato in giudizio il Ministero di appartenenza per ottenere un risarcimento danni da perdita di chance, a causa della mancata conclusione delle procedure per la progressione di carriera. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la decisione della Corte d'Appello. È stato ribadito che spetta al lavoratore l'onere di provare l'esistenza di una probabilità concreta ed elevata di successo, prova che nel caso di specie non è stata fornita. La norma contrattuale che prevedeva le procedure è stata inoltre considerata di natura meramente programmatica, non tale da creare un diritto soggettivo alla progressione.
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Indennità ferie docenti: sì al pagamento senza richiesta
Un docente a tempo determinato ha richiesto il pagamento delle ferie non godute. La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 15415/2024, ha stabilito che il diritto all'indennità ferie docenti non si perde automaticamente se il lavoratore non ne chiede la fruizione. Spetta al datore di lavoro dimostrare di aver invitato formalmente il docente a godere delle ferie, avvisandolo della loro perdita in caso contrario. La decisione allinea la normativa nazionale al diritto dell'Unione Europea, ponendo l'onere della prova a carico dell'amministrazione scolastica.
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Appalto non genuino: quando è illecito? Cassazione
La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un'Azienda Sanitaria, confermando la qualifica di appalto non genuino per un contratto di servizi con una cooperativa sociale. La decisione si fonda sulla mancanza di autonomia organizzativa e di assunzione del rischio d'impresa da parte della cooperativa, elementi essenziali per un appalto legittimo. La Corte ribadisce che il suo ruolo non è rivalutare i fatti, ma verificare la corretta applicazione della legge.
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Appalto non genuino: quando è illecito? Analisi Cass.
Una lavoratrice ha citato in giudizio un'azienda sanitaria, sostenendo che il contratto di servizio con il suo datore di lavoro, una cooperativa sociale, fosse un appalto non genuino. La Corte di Cassazione ha confermato le decisioni dei tribunali inferiori, stabilendo che la cooperativa non possedeva un'organizzazione autonoma né si assumeva il rischio d'impresa, configurando così una fornitura illecita di manodopera. Il ricorso è stato respinto perché mirava a una rivalutazione dei fatti, non a contestare un errore di diritto.
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Appalto non genuino: quando è somministrazione?
La Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un'Azienda Sanitaria, confermando la condanna per un appalto non genuino. Il contratto con una cooperativa era una mera somministrazione di manodopera, mancando l'autonoma organizzazione del fornitore. La lavoratrice ha diritto alle differenze retributive.
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