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Diritto del Lavoro

Trasferimento ramo d'azienda: quando scatta l'obbligo

La Corte di Cassazione conferma che in un cambio appalto, la cessione di beni materiali essenziali e di rilevante valore economico dalla vecchia alla nuova impresa configura un trasferimento ramo d’azienda. Questo obbliga la società subentrante ad assumere il lavoratore alle medesime condizioni. La Corte ha rigettato il ricorso dell’azienda, chiarendo che la continuità operativa garantita dai beni trasferiti è decisiva per l’applicazione dell’art. 2112 c.c., anche se l’attività è a tempo determinato.

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CCNL: la data di stipula vince sulla decorrenza

Un tecnico universitario, promosso di categoria, si è visto negare il ricalcolo di un’indennità sulla base del nuovo inquadramento. La Corte di Cassazione, riformando la decisione d’appello, ha stabilito un principio fondamentale sull’efficacia del CCNL: per determinare i diritti già acquisiti dai lavoratori al momento del rinnovo contrattuale, la data rilevante è quella della sottoscrizione (stipula) del contratto, non la sua data di decorrenza economica, anche se retroattiva. La Corte ha chiarito che gli effetti giuridici del CCNL, inclusa la cristallizzazione delle posizioni maturate, decorrono dalla sua entrata in vigore, che coincide con la stipula.

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Estinzione giudizio Cassazione: il silenzio costa caro

La Corte di Cassazione ha dichiarato l’estinzione di un giudizio di legittimità a causa del mancato seguito dato dalla parte ricorrente alla proposta di definizione del ricorso. Trascorsi 40 giorni senza una richiesta di decisione, il ricorso è stato considerato rinunciato, con conseguente condanna alle spese. Questo caso evidenzia l’importanza del rispetto dei termini processuali per evitare l’estinzione giudizio Cassazione.

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Società di fatto: onere della prova a carico di chi la allega

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un lavoratore che chiedeva il riconoscimento di un rapporto di lavoro con una società di fatto. La Corte ha ribadito che l’onere della prova dell’esistenza di una società di fatto incombe su chi la invoca, anche quando si tratta di un terzo estraneo alla compagine sociale. Nel caso specifico, il lavoratore non è riuscito a dimostrare gli elementi costitutivi della società, come un fondo comune e la partecipazione agli utili e alle perdite.

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Onere probatorio: il giudice deve ordinare i documenti

Una società aerea ha impugnato una decisione che trasformava un contratto a termine in indeterminato. La Corte d’Appello aveva respinto le sue difese per la mancata produzione di documenti. La Cassazione ha annullato tale decisione, affermando che nel rito del lavoro il giudice ha il dovere di ordinare l’acquisizione degli atti indispensabili, chiarendo così i contorni dell’onere probatorio e rinviando la causa per un nuovo esame.

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Estinzione del giudizio per inerzia: analisi decreto

Un decreto della Corte di Cassazione dichiara l’estinzione del giudizio d’appello a causa dell’inerzia della parte ricorrente. La società, dopo aver ricevuto una proposta di definizione del giudizio, non ha chiesto la decisione del ricorso entro il termine di quaranta giorni, portando alla presunzione di rinuncia e alla condanna al pagamento delle spese processuali in favore delle controparti.

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Rifiuto proroga missione: no al licenziamento

La Corte di Cassazione ha confermato l’illegittimità del licenziamento di un lavoratore in somministrazione che aveva rifiutato la proroga della sua missione. La decisione si basa sull’interpretazione del CCNL di settore, che non prevede sanzioni disciplinari per un singolo rifiuto, ma solo per la “reiterazione del rifiuto non giustificato”. Il rifiuto della proroga missione, pertanto, non costituisce una giusta causa di licenziamento.

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Indennità speciale edilizia: quando spetta di diritto

Un gruppo di dipendenti comunali, assunti con contratti di diritto privato, ha rivendicato il diritto all’indennità speciale edilizia prevista dal CCNL di settore, sospesa dall’ente. Le corti di merito avevano respinto la richiesta, subordinando il diritto a un formale atto di incarico da parte del Comune. La Corte di Cassazione ha ribaltato la decisione, affermando che nei rapporti di lavoro privatistici ciò che conta è l’esercizio di fatto delle mansioni direttive. La natura privata del contratto impedisce all’ente pubblico di limitare unilateralmente, con atti amministrativi, i diritti nascenti dalla contrattazione collettiva. Il caso è stato rinviato alla Corte d’Appello per una nuova valutazione basata su questo principio.

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Errore revocatorio: quando non è ammesso in Cassazione

Un lavoratore ha chiesto la revocazione di un’ordinanza della Cassazione per un presunto errore revocatorio, sostenendo che la Corte avesse ignorato la mancanza di un attestato del legale della banca. La Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, specificando che non si trattava di un errore di fatto, ma di una questione sollevata tardivamente e che implicava una valutazione giuridica, non una mera svista materiale.

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Prescrizione contributi Gestione Separata: la Cassazione

La Corte di Cassazione ha stabilito che, in tema di prescrizione dei contributi dovuti alla Gestione Separata, il termine quinquennale decorre non dalla scadenza originaria, ma dalla data prorogata da un DPCM. Un professionista aveva ottenuto in appello l’annullamento di una richiesta di pagamento, ritenuta prescritta. La Suprema Corte ha accolto il ricorso dell’ente previdenziale, chiarendo che il differimento del termine di versamento sposta anche il ‘dies a quo’ della prescrizione. La richiesta dell’ente, avvenuta prima della nuova scadenza quinquennale, era quindi valida.

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Progressione di carriera: vale come assunzione?

Una lavoratrice, trasferita e promossa, si è vista contestare la promozione dalla società. La Corte di Cassazione ha annullato la decisione d’appello, stabilendo due principi chiave: la progressione di carriera non è una nuova assunzione e non è soggetta alle regole del reclutamento pubblico. Inoltre, una precedente sentenza che validava il contratto era vincolante (giudicato) e non poteva essere ignorata.

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Contributo di solidarietà: la Cassazione lo boccia

La Corte di Cassazione ha confermato l’illegittimità del contributo di solidarietà imposto da una cassa di previdenza privata sulla pensione di un suo iscritto. Secondo la Corte, un simile prelievo, essendo una prestazione patrimoniale, richiede una base legale specifica (riserva di legge) che non può essere sostituita da un regolamento interno dell’ente. La decisione ha inoltre ribadito che il termine per richiedere il rimborso delle somme indebitamente trattenute è di dieci anni.

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Grave insubordinazione: l'insulto giustifica il licenziamento

La Corte di Cassazione ha confermato la legittimità di un licenziamento per giusta causa inflitto a una lavoratrice per grave insubordinazione. Il caso riguardava un singolo episodio in cui la dipendente aveva rivolto un epiteto offensivo al proprio superiore. La Corte ha stabilito che un atto di tale gravità, avvenuto in un contesto di dissenso lavorativo e davanti a terzi, è sufficiente a ledere irrimediabilmente il vincolo fiduciario, rendendo superflua la valutazione di altri elementi come la reiterazione della condotta.

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Indennità supplementare: vince il contratto individuale

La Corte di Cassazione ha confermato la decisione della Corte d’Appello, stabilendo che una generica “indennità supplementare” prevista nel contratto individuale di un lavoratore, senza ulteriori specificazioni, deve essere interpretata come un trattamento di maggior favore e non come un superminimo assorbibile. L’azienda che sosteneva una diversa natura dell’emolumento non ha fornito prove sufficienti a superare l’interpretazione letterale del contratto. La Corte ha ribadito che l’onere di dimostrare un intento diverso o un errore ricade sul datore di lavoro.

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Inquadramento superiore: le mansioni prevalgono

La Corte di Cassazione conferma il diritto di un lavoratore all’inquadramento superiore, stabilendo che la valutazione deve basarsi sulle mansioni concretamente svolte e non sulla denominazione o complessità della struttura aziendale. La sentenza rigetta l’appello di una società che distingueva tra diverse tipologie di sale operative senza un supporto normativo o contrattuale. Viene inoltre ribadito che la prescrizione dei crediti retributivi decorre dalla fine del rapporto di lavoro, a causa della ridotta stabilità introdotta dalle recenti riforme.

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Licenziamento disciplinare: quando va annullato?

Un lavoratore, licenziato per aver reso una testimonianza in tribunale ritenuta contrastante con precedenti dichiarazioni, ha visto la sua causa arrivare in Cassazione. La Suprema Corte ha annullato la decisione della Corte d’Appello, stabilendo che il giudice di merito ha l’obbligo di verificare se il contratto collettivo applicabile preveda sanzioni conservative per la condotta contestata. La mancata valutazione della proporzionalità della sanzione rende illegittimo il licenziamento disciplinare.

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Estinzione del giudizio per inerzia del ricorrente

La Corte di Cassazione dichiara l’estinzione del giudizio d’appello poiché il ricorrente non ha risposto alla proposta di definizione del giudizio entro il termine di 40 giorni, come previsto dall’art. 380-bis c.p.c. Tale silenzio viene equiparato a una rinuncia al ricorso, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese legali a favore della controparte.

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Contributi previdenziali: redditi da S.a.s. inclusi

La Corte di Cassazione ha stabilito che un lavoratore autonomo, iscritto alla gestione commercianti, deve versare i contributi previdenziali sulla totalità dei redditi d’impresa, includendo anche quelli derivanti dalla partecipazione come socio accomandante in una S.a.s., anche se non svolge attività lavorativa in tale società. La decisione si fonda sul principio di trasparenza fiscale applicabile alle società di persone, che qualifica tali proventi come reddito d’impresa per il socio.

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Onere della prova: Cassazione su lavoro subordinato

Un lavoratore agricolo ha richiesto la trasformazione del suo contratto a termine in uno a tempo indeterminato, ma sia la Corte d’Appello che la Cassazione hanno respinto la domanda. La Suprema Corte ha ribadito un principio fondamentale: l’onere della prova sulla natura e durata del rapporto di lavoro grava interamente sul lavoratore. Poiché le prove non erano sufficienti, il ricorso è stato rigettato, confermando che la valutazione del merito non può essere riesaminata in sede di legittimità.

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Estinzione del giudizio: la rinuncia al ricorso

Una società di trasporti aveva impugnato una sentenza della Corte d’Appello. La Corte di Cassazione, dopo aver formulato una proposta di definizione del giudizio, ha dichiarato l’estinzione del giudizio stesso. La decisione è stata presa perché la società ricorrente non ha chiesto una decisione sul ricorso entro il termine di 40 giorni, un’inerzia che la legge interpreta come una rinuncia. Di conseguenza, la società è stata condannata a pagare le spese legali.

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