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Diritto del Lavoro

Indennizzi Covid-19: no al cumulo per agricoli
La Cassazione ha negato a una lavoratrice agricola il cumulo degli indennizzi Covid-19 specifici per il suo settore con quelli previsti per gli altri lavoratori stagionali, affermando che il legislatore ha creato due regimi di tutela distinti e non sovrapponibili.
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Cancellazione elenchi agricoli: decadenza e conseguenze
La Corte di Cassazione ha stabilito un principio fondamentale in materia di indennità di disoccupazione agricola. Una lavoratrice, dopo essere stata cancellata dagli elenchi dei lavoratori agricoli, si era opposta alla richiesta di restituzione delle indennità percepite. La Corte ha chiarito che la mancata impugnazione del provvedimento di cancellazione entro il termine di decadenza rende definitiva la cancellazione stessa. Di conseguenza, non è più possibile contestare la richiesta di restituzione, poiché l'iscrizione negli elenchi è un presupposto essenziale per il diritto alla prestazione. L'illegittimità della cancellazione non può essere accertata in via incidentale nel giudizio di opposizione alla restituzione.
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Fondo garanzia INPS: TFR e concordato preventivo
Una lavoratrice ha richiesto al Fondo di Garanzia INPS il pagamento del suo TFR dopo che la sua azienda è entrata in concordato preventivo. La lavoratrice aveva accettato una riduzione dell'importo e la degradazione del credito a chirografario. La Corte di Cassazione ha stabilito che, sebbene l'accettazione non elimini il diritto alla prestazione, il Fondo garanzia INPS è tenuto a pagare solo l'importo del TFR come definito e quantificato nel decreto di omologa del concordato, anche se decurtato, e non l'intero ammontare originario.
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Indennità sostitutiva: quando spetta al lavoratore?
Un lavoratore, dopo aver ottenuto una sentenza che ordinava la sua reintegrazione, ha optato per l'indennità sostitutiva della reintegrazione. Di fronte al mancato pagamento da parte dell'azienda, ha avviato una nuova causa. La Corte di Cassazione ha confermato il suo diritto, respingendo le eccezioni dell'azienda relative all'abusivo frazionamento del credito e alla carenza di interesse ad agire. La Corte ha chiarito che il diritto all'indennità sorge solo dopo la prima sentenza ed è distinto dal risarcimento iniziale, legittimando un'azione giudiziaria separata per ottenerla.
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Mansioni superiori: come si contano i dipendenti?
La Corte di Cassazione ha confermato la decisione della Corte d'Appello che riconosceva il diritto di un dipendente bancario all'inquadramento superiore per mansioni di coordinamento. La sentenza chiarisce che nel calcolo del numero di dipendenti coordinati, necessario per la promozione, devono essere inclusi anche i lavoratori temporaneamente assenti o 'prestati' da altre unità operative. La Corte ha inoltre ribadito gli ampi poteri istruttori del giudice d'appello nel rito del lavoro, che può ammettere nuove prove se indispensabili per la decisione.
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Condotta antisindacale: limiti al datore di lavoro
La Corte di Cassazione ha stabilito che imporre ai dipendenti procedure complesse e vincolanti prima e durante uno sciopero costituisce condotta antisindacale. Tali misure, infatti, limitano indebitamente il diritto costituzionale allo sciopero. La sentenza chiarisce che la perdita economica derivante dall'astensione dal lavoro è una conseguenza fisiologica e lecita dello sciopero, distinta dal danno alla capacità produttiva dell'azienda, che è invece illecito.
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Servizi sussidiari: esclusione dal R.D. 148/1931
La Corte di Cassazione ha stabilito che la normativa speciale per i dipendenti del settore trasporti (R.D. 148/1931) non si applica ai lavoratori che svolgono servizi sussidiari. Nel caso esaminato, un addetto alla gestione della sosta tariffaria è stato legittimamente licenziato secondo le norme comuni, poiché la sua attività era considerata economicamente distinta e di natura imprenditoriale rispetto al servizio di trasporto pubblico principale.
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Condotta antisindacale: proposta non trattabile è illegittima
La Corte di Cassazione ha confermato che la presentazione di una proposta contrattuale definita come 'non trattabile' da parte di un'azienda durante le negoziazioni sindacali costituisce condotta antisindacale. Sebbene non esista un obbligo generale di contrattare, un precedente accordo può imporre alle parti di negoziare secondo i principi di correttezza e buona fede. Chiudere ogni possibilità di dialogo viola questo dovere e lede le prerogative sindacali.
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Disdetta contratto collettivo: illegittima se anticipata
Una società ha sostituito un contratto collettivo nazionale (CCNL) con un altro prima della sua scadenza, basandosi su un accordo con altri sindacati. Un sindacato, escluso dal nuovo patto, ha agito in giudizio per condotta antisindacale. La Corte di Cassazione ha confermato le decisioni dei gradi inferiori, stabilendo che la disdetta contratto collettivo unilaterale prima della sua naturale scadenza è un atto illegittimo. Questa azione lede il ruolo del sindacato firmatario del contratto originario, configurando un comportamento antisindacale, indipendentemente dalla stipula di nuovi accordi con altre organizzazioni.
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Lavoro carcerario e prescrizione: la guida completa
La Corte di Cassazione ha stabilito che il rapporto di lavoro carcerario deve essere considerato unitario e continuo, non una serie di contratti separati. Di conseguenza, la prescrizione dei crediti retributivi di un detenuto non inizia alla fine di ogni singolo incarico, ma solo al termine definitivo del rapporto di lavoro. Questa decisione tutela il lavoratore detenuto, riconoscendo il suo stato di soggezione che impedisce interruzioni volontarie del rapporto.
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Rivalutazione pensione: principio del versato
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 29679/2025, interviene sul tema della rivalutazione pensione per un professionista. Pur confermando che la rivalutazione dei redditi debba partire dal 1980, la Corte ha stabilito un principio cruciale: la pensione deve essere calcolata solo sui redditi per i quali i contributi sono stati "effettivamente versati". Se sono stati pagati contributi inferiori, anche a causa di una richiesta errata da parte dell'ente previdenziale, il professionista non ha automaticamente diritto alla pensione calcolata sull'importo maggiore. Il caso è stato rinviato alla Corte d'Appello per verificare se l'errore nel versamento fosse scusabile da parte del professionista.
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Status Vittima del Dovere: Imprescrittibile e Globale
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 29683/2025, ha confermato che il riconoscimento dello status vittima del dovere non è soggetto a prescrizione. Questo status è un presupposto per ottenere i relativi benefici, inclusa l'assistenza psicologica. La Corte ha rigettato il ricorso del Ministero, chiarendo che la richiesta per il riconoscimento dello status, che comprende tutti i diritti correlati, deve essere indirizzata all'amministrazione competente e non alle singole aziende sanitarie locali.
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Riliquidazione pensione: la Cassazione dice no
Un professionista ha richiesto la riliquidazione della sua pensione, contestando i criteri di calcolo della quota retributiva e l'applicazione di un coefficiente di neutralizzazione. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, stabilendo che le riforme adottate dalla Cassa di previdenza privatizzata sono legittime. La Corte ha sottolineato che la necessità di garantire l'equilibrio finanziario a lungo termine dell'ente prevale sull'applicazione assoluta del principio pro-rata, e che i regolamenti interni della Cassa hanno natura negoziale, limitando il sindacato della Corte alla sola violazione delle norme di interpretazione contrattuale.
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Contribuzione dovuta: appello inammissibile
Un lavoratore si è visto negare la pensione anticipata per carenza di contributi. A seguito di un accertamento fiscale che ha rivelato un reddito maggiore, l'ente previdenziale ha richiesto un'integrazione tramite una cartella esattoriale non opposta. La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso del lavoratore, sottolineando che la mancata opposizione alla cartella ha reso la maggiore contribuzione dovuta definitiva e non più contestabile, confermando così le decisioni dei gradi precedenti.
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Buoni pasto: quando l’azienda può revocarli?
Un gruppo di lavoratori ha citato in giudizio il nuovo datore di lavoro per aver interrotto l'erogazione dei buoni pasto. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, stabilendo che i buoni pasto non costituiscono retribuzione, bensì un'agevolazione di carattere assistenziale. Pertanto, non sono protetti dal principio di irriducibilità della retribuzione e l'azienda ha potuto legittimamente recedere dall'accordo aziendale che ne prevedeva la corresponsione.
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Rinvio alle Sezioni Unite: il caso è sospeso
La Corte di Cassazione, con ordinanza interlocutoria, ha disposto il rinvio alle Sezioni Unite di una causa tra un professionista e il suo ente previdenziale. La decisione è stata sospesa poiché le questioni giuridiche sollevate sono già all'esame delle Sezioni Unite in altri procedimenti, rendendo necessario attendere il loro verdetto per garantire uniformità di giudizio.
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Validità titolo scuola paritaria: la Cassazione decide
La Corte di Cassazione ha confermato l'esclusione di un lavoratore dalle graduatorie del personale scolastico, nonostante fosse in possesso di un diploma di una scuola con status di 'paritaria' riconosciuto retroattivamente. La decisione si fonda sulla distinzione tra lo status astratto dell'istituto e il suo potere concreto di rilasciare specifici titoli. Si è stabilito che la validità del titolo di una scuola paritaria dipende dal rispetto delle norme vigenti al momento del suo rilascio. In questo caso, l'istituto non era autorizzato a gestire il corso triennale in questione a causa di un regime transitorio, rendendo il diploma non valido ai fini dell'inserimento in graduatoria.
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Buoni pasto: non sono retribuzione per la Cassazione
La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha respinto il ricorso di un gruppo di lavoratori contro la decisione del loro datore di lavoro di interrompere l'erogazione dei buoni pasto. La Corte ha ribadito un principio consolidato: i buoni pasto non hanno natura retributiva, ma rappresentano un'agevolazione di carattere assistenziale. Di conseguenza, non sono protetti dal principio di irriducibilità della retribuzione e la loro erogazione può essere interrotta se basata su accordi collettivi da cui il datore può recedere.
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Riconoscimento scuola paritaria: validità del titolo
La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un lavoratore del settore scolastico, escluso dalle graduatorie per l'invalidità del suo diploma. Sebbene l'istituto che ha rilasciato il titolo avesse ottenuto un riconoscimento scuola paritaria retroattivo, la Corte ha stabilito che tale riconoscimento non può sanare la violazione delle norme sull'ordinamento didattico. Nello specifico, l'istituto non poteva validamente attivare un corso triennale in un anno in cui la normativa prevedeva la sua soppressione, rendendo il titolo privo di valore legale.
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Limite 24 mesi somministrazione: sì alla conversione
Un lavoratore impiegato tramite agenzia per oltre 37 mesi presso la stessa azienda ha chiesto la costituzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato. La Corte di Cassazione ha confermato che il limite 24 mesi somministrazione si applica. Il superamento di tale soglia comporta la nullità dei contratti e conferisce al lavoratore il diritto di essere assunto a tempo indeterminato dall'azienda utilizzatrice, e non solo dall'agenzia.
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