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Diritto del Lavoro

Lavoro subordinato cooperativa: la Cassazione decide

Una società cooperativa ha impugnato una decisione che classificava il rapporto di lavoro con i propri soci come subordinato, con conseguente obbligo contributivo. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, confermando che, al di là del contratto formale, la presenza di indici concreti come l’assenza di rischio d’impresa, l’eterodirezione e l’inserimento stabile nell’organizzazione aziendale, qualificano il rapporto come lavoro subordinato in cooperativa.

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Prescrizione contributi: il dies a quo è decisivo

La Cassazione ha annullato una sentenza d’appello sulla prescrizione contributi di un professionista. La Corte ha stabilito che il termine di prescrizione non era maturato, poiché un D.P.C.M. aveva differito la scadenza di pagamento. Un atto interruttivo notificato prima di tale scadenza differita ha impedito l’inizio del decorso della prescrizione, rendendo irrilevante la questione del doloso occultamento del debito.

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Incremento retributivo pediatri: ACN prevale su AIR

Un pediatra di libera scelta ha agito in giudizio per ottenere un incremento retributivo previsto dall’Accordo Collettivo Nazionale (ACN). L’Azienda Sanitaria sosteneva che tali fondi fossero destinati a iniziative regionali. La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso del medico, stabilendo che la contrattazione nazionale prevale su quella decentrata. L’incremento retributivo pediatri è un diritto soggettivo del professionista e non può essere modificato o disapplicato da accordi regionali o atti unilaterali dell’amministrazione.

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Esenzione spese legali: la Cassazione chiarisce

Una cittadina, pur avendo presentato la dichiarazione di basso reddito, era stata condannata a pagare i costi di un procedimento previdenziale. La Corte di Cassazione ha annullato tale decisione, ribadendo che la presentazione di detta dichiarazione garantisce l’esenzione dalle spese legali, come previsto dalla legge, senza che rilevi l’anno di riferimento del reddito rispetto alla data della pronuncia.

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Mezzi istruttori: limiti e inammissibilità in appello

Un ex dirigente, licenziato per motivi disciplinari, ha visto il suo ricorso respinto in tutti i gradi di giudizio. La Corte di Cassazione ha dichiarato l’appello inammissibile, sottolineando i rigidi limiti alla produzione di nuovi mezzi istruttori nel processo del lavoro. La decisione evidenzia che il ricorso per cassazione deve confrontarsi specificamente con le motivazioni della sentenza d’appello, non potendosi limitare a una generica doglianza sulla mancata ammissione di prove, pena l’inammissibilità per difetto di specificità e autosufficienza.

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Requisito reddituale assegno familiare: onere della prova

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un cittadino straniero per il riconoscimento dell’assegno per il nucleo familiare. La decisione sottolinea che il richiedente ha l’onere di provare il requisito reddituale dell’intero nucleo familiare, inclusi i membri residenti all’estero. La mancata dimostrazione di tale reddito complessivo, considerato un elemento costitutivo del diritto, ha portato alla conferma delle sentenze di merito che avevano negato il beneficio.

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Massimale pensionabile spettacolo: la Cassazione decide

Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha stabilito un principio chiave per le pensioni dei lavoratori dello spettacolo. Contrariamente a quanto deciso dalla Corte d’Appello, il “massimale pensionabile” giornaliero si applica anche alla “quota B” della pensione, ovvero quella maturata dopo il 31 dicembre 1992. La Suprema Corte ha ritenuto che tale limite non sia stato abrogato dalle riforme successive e rimanga un elemento essenziale per garantire l’equilibrio e la sostenibilità del sistema previdenziale di categoria.

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Assegno Nucleo Familiare: prova del reddito essenziale

Un cittadino straniero si è visto negare l’assegno nucleo familiare perché non ha fornito prova adeguata del reddito complessivo della sua famiglia, i cui membri risiedevano in parte all’estero. La Corte di Cassazione ha confermato la decisione, sottolineando che l’onere di dimostrare tutti i requisiti, incluso quello reddituale, spetta interamente al richiedente. La mancanza di questa prova è stata decisiva per il rigetto della domanda.

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Assegno familiare: la prova del reddito è decisiva

La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso di un cittadino straniero per l’ottenimento dell’assegno per il nucleo familiare. La decisione si fonda sulla mancata e completa prova del reddito dell’intero nucleo familiare, inclusi i componenti residenti all’estero. La Suprema Corte ha sottolineato che la dimostrazione del requisito reddituale è un elemento costitutivo del diritto e non una mera condizione per l’erogazione, confermando così le sentenze dei gradi precedenti.

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Assegno nucleo familiare: onere della prova del reddito

La richiesta di un lavoratore straniero per l’assegno nucleo familiare è stata definitivamente respinta. La Corte di Cassazione ha confermato che il richiedente ha l’onere della prova di dimostrare il reddito complessivo di tutto il nucleo familiare, inclusi i membri residenti all’estero. La mancata fornitura di tale prova impedisce il riconoscimento del diritto, poiché il requisito reddituale è un elemento costitutivo della prestazione.

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Test audiometrico non professionale non è giusta causa

La Corte di Cassazione ha stabilito che l’esecuzione di un test audiometrico non professionale da parte del figlio non laureato di un agente non costituisce giusta causa per il recesso dal contratto di agenzia. La Corte ha ritenuto tale test un’attività meramente esplorativa e promozionale, distinta da quella sanitaria riservata ai tecnici audioprotesisti, confermando la decisione della Corte d’Appello che aveva condannato la società preponente al pagamento di cospicue indennità all’agente.

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Requisito reddituale assegno familiare: onere prova

La Corte di Cassazione conferma il diniego dell’assegno per il nucleo familiare a un lavoratore per il mancato assolvimento dell’onere della prova. Il caso evidenzia come il requisito reddituale familiare sia un elemento costitutivo del diritto, la cui dimostrazione, anche per i familiari residenti all’estero, spetta interamente al richiedente. La mancata allegazione e prova di tale requisito rende il ricorso inammissibile, senza possibilità di sanatoria in sede di legittimità.

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Assegno nucleo familiare: prova del reddito essenziale

La richiesta di un cittadino straniero per l’assegno nucleo familiare è stata respinta per non aver fornito prova sufficiente del reddito totale del suo nucleo familiare, compresi i membri residenti all’estero. La Corte di Cassazione ha confermato le decisioni dei gradi inferiori, sottolineando che la dimostrazione del requisito reddituale è una condizione obbligatoria per ottenere il beneficio e un onere che ricade interamente sul richiedente.

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Promessa di riassunzione: come si calcola il danno?

Un giornalista, licenziato dalla società cessionaria di un ramo d’azienda, si è visto negare il rientro nell’azienda cedente, nonostante una specifica clausola contrattuale. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 24016/2025, ha chiarito i criteri per il calcolo del risarcimento del danno derivante dalla violazione di una promessa di riassunzione. Pur respingendo la richiesta di costituzione coattiva del rapporto di lavoro, ha accolto il ricorso del lavoratore sul punto del ‘dies ad quem’ (termine finale) per il risarcimento, stabilendo che la data di conferimento dell’incarico al CTU, scelta dalla Corte d’Appello, era un limite temporale immotivato. La Corte ha rinviato il caso per una nuova determinazione del periodo risarcibile, confermando che il danno deve coprire l’intero pregiudizio patrimoniale subito dal lavoratore a causa dell’inadempimento.

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Modifica domanda processo del lavoro: i limiti

Un’ordinanza della Cassazione chiarisce i rigidi limiti alla modifica della domanda nel processo del lavoro. Il caso riguarda un agente che ha perso la causa per violazione del patto di esclusiva, non solo per non aver provato il suo diritto, ma anche per aver tentato una modifica inammissibile della domanda iniziale. La Corte ha ribadito che qualsiasi cambiamento sostanziale dei fatti a fondamento della richiesta è precluso dopo gli atti introduttivi, salvo gravi motivi autorizzati dal giudice. Questo principio sulla modifica domanda processo del lavoro è stato decisivo per confermare la sentenza di rigetto.

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Omesso controllo: la responsabilità del superiore

Un responsabile di reparto è stato ritenuto corresponsabile per il 20% del danno causato da un suo sottoposto, che aveva sottratto ingenti somme alla banca datrice di lavoro. La Corte di Cassazione ha confermato la condanna, sottolineando la rilevanza dell’omesso controllo da parte del superiore. L’ordinanza chiarisce anche importanti aspetti procedurali, come la natura confessoria delle dichiarazioni rese agli ispettori interni e la tardività del disconoscimento di copie documentali non contestate tempestivamente.

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Domanda riconvenzionale e eccezione: la Cassazione chiarisce

Un lavoratore ricorre in Cassazione per il riconoscimento di mansioni superiori e contro la condanna alla restituzione di somme. La Corte rigetta la richiesta sulle mansioni, ma accoglie quella sulla restituzione. La decisione si fonda sulla distinzione tra domanda riconvenzionale ed eccezione: una volta che la richiesta di restituzione viene qualificata come mera eccezione e tale qualifica non viene appellata, essa non può più portare a una condanna, ma solo neutralizzare la pretesa avversaria, per effetto del giudicato interno.

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Qualificazione rapporto di lavoro: socio e dipendente

Una cooperativa agricola ha contestato la decisione che riconosceva un rapporto di lavoro subordinato a un suo socio. La Cassazione ha respinto il ricorso, stabilendo che la qualificazione rapporto di lavoro dipende dalle modalità concrete di svolgimento della prestazione. È stato confermato che un rapporto associativo può coesistere con uno subordinato, e il versamento di contributi da dipendente è un forte indizio a favore di quest’ultimo.

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Obbligo di fedeltà: giusta causa e risarcimento

Un lavoratore si dimette per giusta causa a causa di stipendi non pagati. Contemporaneamente, l’azienda scopre che egli violava l’obbligo di fedeltà, lavorando per una società concorrente di cui era socio. La Corte di Cassazione ha stabilito che i due inadempimenti sono distinti: le dimissioni sono legittime, ma il lavoratore deve comunque risarcire il danno all’azienda per la sua condotta sleale. Il risarcimento è stato calcolato come una percentuale della retribuzione percepita nel periodo della violazione.

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Risarcimento danni banca per condotta del dipendente

Un ex dipendente di un istituto di credito è stato condannato a risarcire i danni causati alla banca a seguito della sua condotta infedele nella gestione degli investimenti dei clienti. La Corte di Cassazione ha stabilito che la scelta della banca di concludere accordi transattivi con i clienti danneggiati non interrompe il nesso causale tra la condotta del lavoratore e il danno subito. La Corte ha ritenuto tale scelta ‘non irragionevole’, confermando così la richiesta di risarcimento danni banca nei confronti del suo ex dipendente.

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