Un giornalista, licenziato dalla società cessionaria di un ramo d’azienda, si è visto negare il rientro nell’azienda cedente, nonostante una specifica clausola contrattuale. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 24016/2025, ha chiarito i criteri per il calcolo del risarcimento del danno derivante dalla violazione di una promessa di riassunzione. Pur respingendo la richiesta di costituzione coattiva del rapporto di lavoro, ha accolto il ricorso del lavoratore sul punto del ‘dies ad quem’ (termine finale) per il risarcimento, stabilendo che la data di conferimento dell’incarico al CTU, scelta dalla Corte d’Appello, era un limite temporale immotivato. La Corte ha rinviato il caso per una nuova determinazione del periodo risarcibile, confermando che il danno deve coprire l’intero pregiudizio patrimoniale subito dal lavoratore a causa dell’inadempimento.
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