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Diritto del Lavoro

Stipendio personale estero: no alla trattenuta IIS

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso del Ministero dell’Istruzione, confermando l’illegittimità della trattenuta dell’Indennità Integrativa Speciale (IIS) sullo stipendio del personale estero. La decisione si fonda sull’evoluzione dei contratti collettivi: la norma che permetteva la trattenuta, presente nel CCNL del 2003, non è stata rinnovata in quelli successivi. Pertanto, lo stipendio personale estero non può subire riduzioni non esplicitamente previste dalla contrattazione vigente.

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Estinzione del giudizio di cassazione: guida al caso

La Corte di Cassazione ha decretato l’estinzione del giudizio di cassazione poiché la parte ricorrente, dopo aver ricevuto una proposta di definizione, non ha chiesto una decisione entro 40 giorni. Tale silenzio è equiparato dalla legge a una rinuncia al ricorso, con conseguente condanna al pagamento delle spese legali a favore della controparte.

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Cessione ramo d'azienda: l'autonomia è essenziale

La Corte di Cassazione conferma l’illegittimità di una cessione ramo d’azienda nel settore del recupero crediti. La sentenza stabilisce che il trasferimento è inefficace se il ramo ceduto non possiede una preesistente e reale autonomia funzionale, ma si configura come un mero spostamento di personale dipendente dalle strutture della società cedente.

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Pagamento diretto CIGS: serve una nuova domanda all'INPS?

Una lavoratrice, a cui era stata concessa la Cassa Integrazione Guadagni Straordinaria (CIGS), non ha mai ricevuto il pagamento dal suo datore di lavoro, successivamente fallito. La Corte d’Appello aveva respinto la sua richiesta di pagamento diretto CIGS da parte dell’INPS, ritenendola improponibile per mancanza di una specifica domanda amministrativa. La Corte di Cassazione ha ribaltato questa decisione, stabilendo che la domanda originaria presentata dal datore di lavoro è sufficiente per fondare il diritto del lavoratore a richiedere il pagamento direttamente all’INPS, senza necessità di un nuovo e autonomo iter amministrativo.

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Estinzione giudizio Cassazione: silenzio e rinuncia

Un decreto della Corte di Cassazione chiarisce le conseguenze dell’inerzia processuale. Una società di trasporti ha proposto ricorso, ma non ha dato seguito alla proposta di definizione agevolata del giudizio. La Corte ha interpretato tale silenzio come una rinuncia al ricorso, dichiarando l’estinzione del giudizio e condannando la società al pagamento delle spese legali. La decisione si fonda sull’applicazione degli articoli 380-bis e 391 del codice di procedura civile.

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Correzione errore materiale: l'intervento d'ufficio

La Corte di Cassazione, con un’ordinanza, ha disposto d’ufficio la correzione di un errore materiale presente in una sua precedente sentenza. Il caso originario riguardava il rigetto del ricorso di un lavoratore contro un’azienda. L’errore consisteva nella citazione errata di un articolo di legge (art. 19 anziché art. 18). L’ordinanza chiarisce che tale svista costituisce un mero errore materiale e ne ordina la rettifica, senza incidere sulla decisione di merito e senza pronuncia sulle spese, data la natura officiosa del procedimento.

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Estinzione del processo: accordo e rinuncia al ricorso

Un gruppo di lavoratori aveva presentato ricorso in Cassazione contro una società a seguito di una sentenza sfavorevole della Corte d’Appello in una causa per indennità contrattuali. Nelle more del giudizio, le parti hanno raggiunto un accordo transattivo. Di conseguenza, i lavoratori hanno rinunciato al ricorso con l’accettazione della società. La Corte di Cassazione, preso atto dell’accordo, ha dichiarato l’estinzione del processo. Ha inoltre stabilito che non vi fosse luogo a provvedere sulle spese, come previsto in caso di estinzione per rinuncia, e ha escluso l’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, poiché tale sanzione si applica solo in caso di rigetto o inammissibilità del ricorso, non di estinzione.

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Mansioni superiori avvocato: quando spetta la paga?

Una dipendente pubblica, inquadrata come collaboratore amministrativo, ha svolto di fatto mansioni di avvocato per un’Azienda Sanitaria Locale, chiedendo il riconoscimento delle relative differenze retributive. Sia il Tribunale che la Corte d’Appello hanno respinto la sua domanda. La Corte di Cassazione ha confermato tali decisioni, dichiarando il ricorso inammissibile. Secondo la Suprema Corte, per ottenere il riconoscimento di mansioni superiori avvocato non è sufficiente dimostrare di aver svolto l’attività legale, ma è necessario provare l’esercizio di compiti di livello dirigenziale, con autonomia e responsabilità gestionali, prova che nel caso di specie non è stata fornita.

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Demansionamento dirigente: quando la qualifica non basta

Un ex manager di banca ha citato in giudizio la sua ex azienda per demansionamento, sostenendo che i suoi nuovi incarichi fossero inferiori al suo precedente ruolo di vicedirettore generale. La Corte di Cassazione ha respinto il suo ricorso, confermando le decisioni dei tribunali inferiori. Il punto cruciale della decisione è che, nonostante il titolo, il lavoratore non era un dirigente apicale poiché non aveva potere decisionale strategico finale. Di conseguenza, i successivi ruoli dirigenziali sono stati considerati equivalenti, escludendo la richiesta di demansionamento dirigente.

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Demansionamento pubblico impiego: quando è legittimo?

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di una dirigente pubblica che lamentava un demansionamento a seguito di una riorganizzazione amministrativa. La decisione si fonda su due pilastri: la domanda di risarcimento era già stata di fatto esaminata in un precedente giudizio amministrativo (TAR), creando un giudicato, e la lavoratrice non ha fornito prove sufficienti del presunto svuotamento delle sue funzioni. La sentenza chiarisce che il demansionamento pubblico impiego non sussiste automaticamente in caso di riorganizzazione legittima.

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Gestione Separata INPS: obbligo per professionisti

Un professionista, anche lavoratore dipendente, ha contestato l’obbligo di iscrizione alla Gestione Separata INPS per i redditi da libera professione. La Corte di Cassazione ha confermato l’obbligo, specificando che il versamento del solo contributo integrativo alla cassa professionale non è sufficiente a esonerare. Tuttavia, ha accolto il motivo di ricorso relativo alla prescrizione dei contributi per alcune annualità, rinviando la causa alla Corte d’Appello per una nuova valutazione su questo specifico punto.

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Estinzione del processo: cosa accade se si rinuncia?

Una società di trasporti ha presentato ricorso in Cassazione contro una sentenza della Corte d’Appello. Successivamente, la stessa società ha rinunciato al ricorso. La Corte di Cassazione, prendendo atto della rinuncia, ha dichiarato l’estinzione del processo, condannando la società ricorrente al pagamento di tutte le spese legali sostenute dalla controparte.

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Estinzione del giudizio in Cassazione: il caso

Un ente previdenziale ha proposto ricorso in Cassazione contro una sentenza della Corte d’Appello. A seguito della comunicazione della proposta di definizione del giudizio ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., l’ente non ha richiesto la fissazione dell’udienza entro il termine di quaranta giorni. La Suprema Corte ha pertanto dichiarato l’estinzione del giudizio, interpretando il silenzio della parte come una rinuncia implicita al ricorso.

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Responsabilità disciplinare: leggere email basta?

Una società sanzionava una dipendente ritenendola a conoscenza, tramite email, di illeciti commessi da colleghi. La Corte di Cassazione ha confermato l’annullamento della sanzione, stabilendo che la mera ricezione di comunicazioni non è sufficiente a fondare la responsabilità disciplinare. È necessario per il datore di lavoro provare l’effettiva consapevolezza del contenuto da parte del lavoratore, escludendo così una forma di responsabilità oggettiva.

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Rinuncia al ricorso: il caso si estingue in Cassazione

Una docente, idonea in un concorso del 2004, aveva fatto ricorso per ottenere l’assunzione a tempo indeterminato tramite scorrimento della graduatoria. Dopo il rigetto nei primi due gradi di giudizio, ha proposto ricorso in Cassazione. Tuttavia, essendo stata nel frattempo assunta, ha presentato una formale rinuncia al ricorso. La Corte di Cassazione, accertata la validità della rinuncia, ha dichiarato l’estinzione del giudizio, compensando le spese legali tra le parti.

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Frazionamento del credito: il danno va chiesto subito

La Corte di Cassazione ha stabilito che una lavoratrice, che aveva già ottenuto una sentenza per licenziamento illegittimo, non poteva avviare una nuova causa per chiedere il risarcimento del danno da perdita di chance pensionistica. Tale richiesta, derivando dallo stesso fatto (il licenziamento), andava presentata nel primo giudizio, in applicazione del principio contro il frazionamento del credito.

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Contribuzione volontaria: quando è vietata la prosecuzione?

La richiesta di pensione di un lavoratore è stata respinta a causa della sovrapposizione tra la sua contribuzione volontaria e una preesistente iscrizione obbligatoria a un altro fondo previdenziale (Gestione Separata). La Corte di Cassazione ha confermato le decisioni dei giudici di merito, rigettando il ricorso e ribadendo il divieto di cumulare le due forme di contribuzione per gli stessi periodi.

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Compensi avvocati pubblici: il limite invalicabile

La Corte di Cassazione ha chiarito i limiti ai compensi degli avvocati pubblici. Un legale dipendente di un ente locale chiedeva retribuzioni aggiuntive per cause vinte con spese compensate. La Corte ha stabilito che i compensi professionali non possono superare il ‘trattamento economico complessivo’ annuo, inteso come retribuzione base esclusi i compensi stessi, respingendo l’interpretazione del legale che avrebbe portato a un raddoppio del tetto massimo.

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Rinuncia al ricorso e spese legali: la Cassazione

Una società di trasporti, dopo aver perso in appello una causa sulla retribuzione feriale di un dipendente, ha presentato ricorso in Cassazione. Successivamente, ha effettuato una rinuncia al ricorso. La Suprema Corte ha dichiarato estinto il processo e, in base al principio della soccombenza virtuale, ha condannato la società a pagare le spese legali, ritenendo che il suo ricorso sarebbe stato comunque respinto.

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Licenziamento giusta causa: pause e mansioni mobili

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di una società di trasporti contro la decisione che annullava il licenziamento per giusta causa di un dipendente. Il lavoratore, con mansioni di corriere, era stato accusato di fare pause personali durante l’orario di lavoro. I giudici hanno ritenuto che la natura itinerante del suo lavoro giustificasse pause frammentate e che la condotta, in ogni caso, non fosse così grave da motivare il licenziamento, ma al massimo una sanzione conservativa. L’inammissibilità è derivata anche dal fatto che l’azienda non ha impugnato tutte le motivazioni autonome della sentenza d’appello.

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