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Diritto del Lavoro

Mansioni superiori: ricorso inammissibile, le regole

Un dipendente di un ente locale ha ottenuto in Appello il riconoscimento del diritto a differenze retributive per lo svolgimento di mansioni superiori. La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibili sia il ricorso principale del lavoratore, relativo ai criteri di calcolo delle somme, sia quello incidentale dell’ente, che contestava lo svolgimento stesso delle mansioni superiori. L’inammissibilità è derivata principalmente dal mancato rispetto del principio di autosufficienza del ricorso, che impone una specifica indicazione degli atti e dei documenti su cui si fonda l’impugnazione.

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Estinzione giudizio Cassazione: analisi del decreto

Il decreto analizza un caso di estinzione giudizio Cassazione. Un cittadino ha impugnato una sentenza della Corte d’Appello. La Cassazione, applicando l’art. 380-bis c.p.c., ha proposto una definizione del giudizio. A causa della mancata richiesta di decisione da parte del ricorrente entro 40 giorni, il ricorso è stato considerato rinunciato e il giudizio dichiarato estinto, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese legali.

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Trattamento economico lettori: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione si è pronunciata sul trattamento economico dei lettori universitari, stabilendo i criteri per il calcolo della retribuzione equiparata a quella dei ricercatori. L’ordinanza chiarisce la natura riassorbibile dell’assegno ‘ad personam’ e i parametri di calcolo per i periodi antecedenti al 1987, accogliendo anche la richiesta di considerare l’impegno orario effettivamente svolto dal lavoratore.

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Differenze retributive: l'onere della prova del lavoratore

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 18886/2025, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un lavoratore che chiedeva le differenze retributive. Nonostante fosse stata riconosciuta la natura subordinata del suo rapporto di lavoro, mascherato da contratti di collaborazione, la Corte ha sottolineato che il lavoratore non aveva fornito prove sufficientemente precise e attendibili sulla quantità e qualità del lavoro svolto, onere indispensabile per accogliere la richiesta economica.

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Estinzione del giudizio: il silenzio vale rinuncia

La Corte di Cassazione ha dichiarato l’estinzione del giudizio a carico di una società di trasporti. La causa è stata la sua inerzia nel non richiedere una decisione sul ricorso entro 40 giorni dalla proposta della Corte, come previsto dalla legge. Tale silenzio è stato interpretato come una rinuncia all’impugnazione, con conseguente condanna al pagamento delle spese legali.

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Obbligo di repêchage: il rifiuto legittima il licenziamento

La Corte di Cassazione ha stabilito che il licenziamento per giustificato motivo oggettivo è legittimo se il lavoratore rifiuta una posizione alternativa con mansioni e retribuzione inferiori, offerta dal datore di lavoro in adempimento dell’obbligo di repêchage. La sentenza sottolinea che la conservazione del posto di lavoro prevale sulla tutela della professionalità e del livello retributivo acquisiti, secondo il principio del “male minore”.

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Contrasto dispositivo-motivazione: Cassazione chiarisce

Una lavoratrice ottiene un risarcimento, ma la sentenza di primo grado indica 5 mensilità in motivazione e 4 nel dispositivo. La Cassazione, ribaltando l’appello, chiarisce che il contrasto dispositivo-motivazione nel rito del lavoro non causa nullità se la volontà del giudice emerge chiaramente dalla motivazione letta contestualmente, la quale deve quindi prevalere.

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Sanzione disciplinare: no alla legge più favorevole

Un dipendente pubblico, sanzionato per aver svolto attività extra-lavorative non autorizzate, ha invocato l’applicazione di una legge successiva più favorevole. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, stabilendo che la sanzione disciplinare non ha natura penale, ma contrattuale. Pertanto, non si applica il principio della retroattività della legge più mite. La Corte ha inoltre confermato che l’onere di provare l’esistenza dell’autorizzazione grava sul dipendente.

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Sanzione disciplinare: inammissibile il ricorso vago

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di una lavoratrice contro una sanzione disciplinare di sospensione. La Corte ha ritenuto i motivi del ricorso proceduralmente errati, in quanto mescolavano vizi di natura diversa e non affrontavano specificamente le motivazioni della Corte d’Appello, confermando che il valore di una causa su una sanzione disciplinare è indeterminabile.

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Rinuncia alla domanda nel rinvio: no presunzioni

In un caso riguardante un contratto a tempo determinato, la Corte di Cassazione ha stabilito un principio fondamentale sul giudizio di rinvio. Una lavoratrice, dopo aver ottenuto la conversione del contratto, si è vista negare il diritto dalla Corte d’Appello in sede di rinvio, la quale ha ritenuto che la sua domanda sulla nullità del termine fosse stata abbandonata. La Suprema Corte ha annullato questa decisione, chiarendo che la rinuncia alla domanda deve essere inequivocabile e non può essere desunta dalla semplice discussione su aspetti consequenziali, come l’entità del risarcimento. La causa è stata rinviata per un nuovo esame.

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Estinzione giudizio Cassazione: analisi del decreto

La Corte di Cassazione ha dichiarato l’estinzione del giudizio Cassazione poiché la società ricorrente non ha richiesto la decisione del ricorso entro 40 giorni dalla proposta di definizione semplificata. La mancata attivazione, equiparata a una rinuncia, ha comportato la condanna alle spese.

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Estinzione del processo: rinuncia e spese legali

Una società di trasporti aveva impugnato una sentenza della Corte d’Appello. Tuttavia, davanti alla Corte di Cassazione, la stessa società ha presentato una rinuncia al ricorso. Di conseguenza, la Suprema Corte ha dichiarato l’estinzione del processo, ponendo fine alla causa. La società rinunciante è stata condannata a rimborsare integralmente le spese legali sostenute dalla controparte, un ex dipendente, nel giudizio di legittimità.

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Impresa familiare: quando è lavoro subordinato?

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha stabilito che la qualificazione di un rapporto di lavoro dipende dalle sue concrete modalità di svolgimento e non dalla denominazione formale data dalle parti, anche se contenuta in un atto pubblico. Nel caso specifico, nonostante l’esistenza di un atto notarile che costituiva una impresa familiare, la Corte ha confermato la natura subordinata del rapporto di lavoro basandosi su prove testimoniali che dimostravano la presenza di eterodirezione, orario fisso e mancanza di autonomia del prestatore di lavoro. Il ricorso del datore di lavoro è stato quindi respinto.

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Sanzione disciplinare docente: chi è competente?

Un docente ha impugnato una sanzione disciplinare di sospensione di due giorni irrogata dal dirigente scolastico, sostenendone l’incompetenza. La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, stabilendo un principio fondamentale: per una sanzione disciplinare docente, la competenza a procedere non si valuta sulla base della sanzione concretamente inflitta, ma sulla base della sanzione massima prevista dalla legge per quella tipologia di infrazione. Poiché per i docenti la sospensione può arrivare fino a un mese, la competenza spetta all’Ufficio per i Procedimenti Disciplinari (UPD) e non al dirigente scolastico.

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Manleva cessione azienda: debiti pregressi occulti

La Corte di Cassazione conferma che, in una cessione d’azienda, la società venditrice deve tenere indenne l’acquirente dai debiti di lavoro pregressi e non esposti in bilancio. Il caso riguardava il pagamento di ore di straordinario convertite in permessi non goduti dai lavoratori prima del trasferimento. L’attivazione della clausola di manleva cessione azienda è stata ritenuta corretta, in quanto i debiti, seppur maturati prima, si sono manifestati economicamente dopo la cessione, obbligando l’acquirente al pagamento. La Suprema Corte ha rigettato il ricorso della società venditrice, confermando la sua responsabilità finale.

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Stipendio personale estero: no alla trattenuta IIS

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso del Ministero dell’Istruzione, confermando l’illegittimità della trattenuta dell’Indennità Integrativa Speciale (IIS) sullo stipendio del personale estero. La decisione si fonda sull’evoluzione dei contratti collettivi: la norma che permetteva la trattenuta, presente nel CCNL del 2003, non è stata rinnovata in quelli successivi. Pertanto, lo stipendio personale estero non può subire riduzioni non esplicitamente previste dalla contrattazione vigente.

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Estinzione del giudizio di cassazione: guida al caso

La Corte di Cassazione ha decretato l’estinzione del giudizio di cassazione poiché la parte ricorrente, dopo aver ricevuto una proposta di definizione, non ha chiesto una decisione entro 40 giorni. Tale silenzio è equiparato dalla legge a una rinuncia al ricorso, con conseguente condanna al pagamento delle spese legali a favore della controparte.

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Cessione ramo d'azienda: l'autonomia è essenziale

La Corte di Cassazione conferma l’illegittimità di una cessione ramo d’azienda nel settore del recupero crediti. La sentenza stabilisce che il trasferimento è inefficace se il ramo ceduto non possiede una preesistente e reale autonomia funzionale, ma si configura come un mero spostamento di personale dipendente dalle strutture della società cedente.

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Pagamento diretto CIGS: serve una nuova domanda all'INPS?

Una lavoratrice, a cui era stata concessa la Cassa Integrazione Guadagni Straordinaria (CIGS), non ha mai ricevuto il pagamento dal suo datore di lavoro, successivamente fallito. La Corte d’Appello aveva respinto la sua richiesta di pagamento diretto CIGS da parte dell’INPS, ritenendola improponibile per mancanza di una specifica domanda amministrativa. La Corte di Cassazione ha ribaltato questa decisione, stabilendo che la domanda originaria presentata dal datore di lavoro è sufficiente per fondare il diritto del lavoratore a richiedere il pagamento direttamente all’INPS, senza necessità di un nuovo e autonomo iter amministrativo.

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Estinzione giudizio Cassazione: silenzio e rinuncia

Un decreto della Corte di Cassazione chiarisce le conseguenze dell’inerzia processuale. Una società di trasporti ha proposto ricorso, ma non ha dato seguito alla proposta di definizione agevolata del giudizio. La Corte ha interpretato tale silenzio come una rinuncia al ricorso, dichiarando l’estinzione del giudizio e condannando la società al pagamento delle spese legali. La decisione si fonda sull’applicazione degli articoli 380-bis e 391 del codice di procedura civile.

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