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Diritto del Lavoro

Spese di lite: chi paga se la vittoria è parziale?

Un lavoratore impugna due sanzioni disciplinari, ottenendo l’annullamento della più grave. Nonostante la vittoria parziale, la Corte d’Appello lo condanna a pagare parte delle spese di lite della controparte. La Corte di Cassazione interviene, ribaltando la decisione e affermando un principio fondamentale: la parte parzialmente vittoriosa non può mai essere condannata a pagare le spese legali dell’avversario. Il giudice può al massimo compensare le spese, facendo sì che ogni parte sostenga i propri costi.

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Estinzione del giudizio: silenzio dopo la proposta

La Corte di Cassazione ha dichiarato l’estinzione del giudizio tra una società di trasporti e un lavoratore. La decisione è stata presa perché la società ricorrente, dopo aver ricevuto una proposta di definizione dalla Corte, non ha chiesto una decisione sul ricorso entro il termine di 40 giorni, comportando una rinuncia presunta e la conseguente estinzione del giudizio.

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Gestione Separata ingegneri: quando è obbligatoria?

Un ingegnere, già iscritto a un fondo pensione come lavoratore dipendente, contestava l’iscrizione d’ufficio alla Gestione Separata INPS per i redditi da libera professione. La Cassazione ha stabilito che l’iscrizione è obbligatoria, in quanto il sistema previdenziale si basa su un principio di complementarità e non di alternatività. Ha inoltre corretto la decorrenza della prescrizione, annullando la decisione di merito.

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Cessione ramo d'azienda: i requisiti di autonomia

La Corte di Cassazione ha confermato l’illegittimità di una cessione ramo d’azienda nel settore bancario. Il ramo, dedicato al recupero crediti, è stato ritenuto privo di autonomia funzionale e preesistenza, poiché dipendeva interamente dalla banca cedente per sistemi informatici e commesse, non potendo operare autonomamente sul mercato. La sentenza ribadisce che la semplice cessione di personale non integra una valida operazione.

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Minimi tariffari: Cassazione e spese legali nel lavoro

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 20677/2025, ha rigettato il ricorso di un’azienda ristoratrice contro una sentenza di licenziamento illegittimo. Ha però accolto il ricorso incidentale del lavoratore, stabilendo un principio cruciale sulle spese legali: il giudice non può liquidare compensi inferiori ai minimi tariffari previsti. La Corte ha chiarito che il valore della controversia determina lo scaglione applicabile e che i minimi sono inderogabili, cassando la sentenza d’appello su questo specifico punto.

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Cessione ramo d'azienda: il diritto del lavoratore

La Corte di Cassazione conferma il diritto di alcuni lavoratori, inizialmente esclusi, a passare alle dipendenze della società acquirente in una cessione ramo d’azienda. La sentenza stabilisce che il criterio decisivo è il nesso funzionale e inscindibile tra le mansioni svolte dal lavoratore e il ramo ceduto, a prescindere dalla loro inclusione formale nell’accordo di cessione. Viene respinto il ricorso dell’azienda, che non è riuscita a provare l’estraneità dei lavoratori al ramo trasferito.

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Estinzione giudizio per inattività: silenzio in Cassazione

La Corte di Cassazione dichiara l’estinzione del giudizio per inattività di una società ricorrente. Dopo aver ricevuto una proposta di definizione, la società non ha richiesto una decisione entro 40 giorni, portando alla presunzione di rinuncia al ricorso e alla condanna al pagamento delle spese legali in favore della controparte.

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Mansioni superiori: diritto alla retribuzione integrale

Una dipendente pubblica ha svolto per anni mansioni superiori a quelle della sua qualifica. La Cassazione ha stabilito il suo diritto alla piena retribuzione corrispondente a tali compiti, annullando la decisione di merito che aveva erroneamente qualificato l’incarico e omesso di quantificare le somme dovute. La Corte ha ribadito che, in caso di svolgimento di fatto di mansioni superiori, il lavoratore ha diritto a una retribuzione proporzionata, anche in assenza di un formale concorso, a meno che l’incarico non sia stato conferito all’insaputa dell’ente.

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Rinuncia agli atti: chi paga le spese legali?

Una società di trasporti, dopo aver impugnato una sentenza d’appello, ha effettuato una rinuncia agli atti del giudizio di Cassazione. I lavoratori resistenti hanno accettato la rinuncia, chiedendo però la condanna alle spese. La Corte di Cassazione ha dichiarato estinto il giudizio e, applicando il principio della soccombenza virtuale, ha condannato la società ricorrente al pagamento delle spese legali, ritenendo che, sulla base di precedenti consolidati, il suo ricorso sarebbe stato comunque rigettato.

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Rapporto di lavoro nullo: no al CCNL giornalisti

La Corte di Cassazione ha stabilito che un rapporto di lavoro con la Pubblica Amministrazione, instaurato senza pubblico concorso, è da considerarsi un rapporto di lavoro nullo. Di conseguenza, il lavoratore ha diritto alla retribuzione per l’attività svolta (art. 2126 c.c.), ma non può pretendere l’applicazione di un contratto collettivo di diritto privato, come quello dei giornalisti, né le relative indennità specifiche. La retribuzione deve essere commisurata a quella prevista dalla contrattazione del pubblico impiego.

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Interesse ad agire e performance: la Cassazione decide

Un dipendente pubblico ha impugnato la sua valutazione della performance, pur essendo positiva, chiedendone una migliore. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha rigettato il ricorso. Ha chiarito che, sebbene esista un interesse ad agire di natura morale, non sussiste un diritto soggettivo tutelabile per ottenere la revisione di una valutazione già positiva se da ciò non derivano conseguenze economiche o di carriera concrete.

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Indennità di turno: quando è valida con orario spezzato

La Corte di Cassazione ha esaminato un caso relativo al diritto all’indennità di turno per alcuni agenti di polizia municipale con un orario di servizio spezzato. L’ente comunale sosteneva che l’interruzione del servizio facesse venir meno il diritto all’indennità. La Suprema Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso del Comune, confermando che per il diritto all’indennità di turno è sufficiente che il servizio sia organizzato su un arco temporale complessivo di almeno 10 ore, anche se non continuative. Ha inoltre rigettato le richieste dei lavoratori per un risarcimento automatico legato al lavoro svolto oltre il sesto giorno consecutivo.

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Giudicato esterno: la Cassazione tutela il lettore

L’erede di una lettrice universitaria ha citato in giudizio l’ateneo per il mancato adeguamento della retribuzione per gli anni successivi al 2008, nonostante una precedente sentenza passata in giudicato avesse stabilito il corretto trattamento economico e l’inapplicabilità di una nuova legge. La Corte di Cassazione, accogliendo il ricorso, ha affermato che il precedente giudicato esterno è vincolante e non può essere ignorato, annullando la decisione di merito che aveva erroneamente applicato la nuova normativa al rapporto di durata.

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Conflitto di interessi medico: Cassazione inflessibile

La Corte di Cassazione ha confermato la sanzione disciplinare di un mese di sospensione a un medico dirigente per detenzione di quote in una società privata. La sentenza sottolinea che, in materia di conflitto di interessi medico, la mera potenzialità del contrasto è sufficiente a integrare la violazione, essendo l’obiettivo della norma quello di prevenire, e non solo reprimere, tali situazioni. La Corte ha inoltre dichiarato inammissibili i motivi di ricorso del medico, ribadendo importanti principi processuali sull’onere dell’appello incidentale e sulla valutazione della buona fede e proporzionalità della sanzione.

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Vittime del dovere: la prescrizione dei benefici

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 19410/2025, si è pronunciata sulla prescrizione dei benefici per le vittime del dovere. Ha confermato che la richiesta di riconoscimento dello status è imprescrittibile. Tuttavia, ha stabilito che il diritto a percepire la speciale elargizione una tantum si prescrive in dieci anni, con decorrenza non dal riconoscimento dello status, ma dalla data di entrata in vigore della normativa che ha esteso il beneficio (D.P.R. 243/2006). La Corte ha quindi accolto il ricorso del Ministero su questo specifico punto, rinviando alla Corte d’Appello per una nuova valutazione.

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Riconoscimento anzianità precari: sì alla carriera

Una ricercatrice, assunta a tempo indeterminato dopo anni di contratti a termine, si è vista negare la progressione di carriera basata sull’anzianità pre-ruolo. La Corte di Cassazione ha stabilito che il principio di non discriminazione impone il pieno riconoscimento dell’anzianità dei precari. Il datore di lavoro pubblico non può negare la progressione stipendiale adducendo la mancata valutazione della performance, ma ha l’obbligo di attivarla considerando l’intero periodo di servizio.

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Licenziamento autoferrotranvieri: procedura nulla

Un autista di mezzi pubblici è stato licenziato per presunte irregolarità. La Corte di Cassazione ha annullato il licenziamento perché l’azienda non ha rispettato la procedura disciplinare speciale prevista per il licenziamento autoferrotranvieri, che impone la decisione da parte di un organo terzo, il Consiglio di Disciplina. La violazione di questa procedura imperativa ha comportato la nullità del licenziamento e il diritto del lavoratore alla reintegrazione nel posto di lavoro.

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Violazione del giudicato: la Cassazione fa chiarezza

Una lettrice universitaria, dopo aver ottenuto una sentenza definitiva che le riconosceva determinate differenze retributive e stabiliva l’inapplicabilità di una norma specifica, ha avviato un nuovo giudizio per il periodo successivo. La Corte d’Appello ha erroneamente ignorato la precedente decisione. La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso della lavoratrice per violazione del giudicato, affermando che una sentenza passata in giudicato ha forza di legge tra le parti e non può essere disattesa in giudizi successivi che riguardano lo stesso rapporto di durata, a meno di sopravvenienze che ne mutino la natura.

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Violazione del giudicato: la Cassazione fa chiarezza

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha ribadito la forza vincolante del giudicato nei rapporti di durata. In un caso riguardante le differenze retributive di una lettrice universitaria, è stato stabilito che una precedente sentenza passata in giudicato, che aveva fissato il trattamento economico equiparandolo a quello di un ricercatore confermato, estende i suoi effetti anche ai periodi futuri. La Corte ha cassato la decisione d’appello che, erroneamente, aveva ritenuto applicabile una legge successiva (ius superveniens) già esclusa nel precedente giudizio, affermando la non ritrattabilità di questioni già decise in via definitiva.

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Registrazione occulta lavoratore: quando è legittima?

Un dipendente ha effettuato una registrazione occulta di una conversazione tra colleghi, utilizzandola due anni dopo in una causa contro l’azienda. A seguito di ciò, è stato sanzionato. La Corte di Cassazione ha confermato la legittimità della sanzione disciplinare, stabilendo che la registrazione occulta del lavoratore, per essere giustificata dal diritto di difesa, deve avere un legame di pertinenza e necessità diretto con una controversia specifica, imminente o già in corso, e non può avere una finalità meramente esplorativa. In questo caso, la mancanza di tale nesso ha reso la registrazione una violazione dei doveri di lealtà e correttezza.

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