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Diritto del Lavoro

Contratto P.A. nullo: no al CCNL senza forma scritta

Un contratto di lavoro con la Pubblica Amministrazione, stipulato per un progetto specifico ma di fatto utilizzato per coprire carenze strutturali, è stato ritenuto illegittimo. La Corte di Cassazione ha stabilito che, nonostante la riqualificazione del rapporto come parasubordinato, un contratto P.A. nullo non dà diritto all’applicazione del trattamento economico previsto da un Accordo Collettivo Nazionale (ACN). La Suprema Corte ha sottolineato che per l’applicazione dell’ACN è indispensabile l’esistenza di una convenzione formale, stipulata secondo procedure specifiche, respingendo la richiesta di differenze retributive del lavoratore.

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Buoni pasto: obbligo o facoltà per l'ente pubblico?

Due dipendenti pubblici hanno citato in giudizio il loro Comune per ottenere l’equivalente economico dei buoni pasto non corrisposti. Dopo una vittoria in primo grado e una sconfitta in appello, il caso è giunto in Cassazione. La Suprema Corte, riconoscendo l’importanza della questione per l’uniforme interpretazione del diritto, ha rinviato la decisione a un’udienza pubblica. L’obiettivo è chiarire se l’istituzione della mensa o la fornitura dei buoni pasto sia un obbligo o una mera facoltà per gli enti locali, in base all’interpretazione del CCNL di settore.

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Estinzione del processo: cosa accade se si rinuncia?

Una società di trasporti ha presentato ricorso in Cassazione contro una decisione della Corte d’Appello. Successivamente, la stessa società ha rinunciato al ricorso. La Suprema Corte, prendendo atto della rinuncia, ha dichiarato l’estinzione del processo, condannando la parte rinunciante al pagamento di tutte le spese legali sostenute dalla controparte.

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Diritto alla mensa gratuita: i limiti secondo la Legge

La Corte di Cassazione ha stabilito i contorni del diritto alla mensa gratuita per il personale scolastico. Un gruppo di insegnanti aveva richiesto un pasto ‘completo’, ma la loro domanda è stata respinta. La Corte ha chiarito che il servizio mensa ha una funzione assistenziale e non retributiva. Spetta al lavoratore dimostrare che il pasto fornito è inadeguato a garantire il benessere psico-fisico, non essendo sufficiente lamentare la mancanza di una portata.

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Demansionamento: quando la prova spetta al lavoratore

La Corte di Cassazione ha confermato la decisione dei giudici di merito, rigettando il ricorso di un lavoratore che chiedeva un risarcimento per demansionamento, straining e perdita di chance. La Corte ha ribadito che l’onere di provare concretamente il demansionamento spetta al dipendente, non essendo sufficienti affermazioni generiche. Anche la contestazione sul calcolo del TFR per il periodo estero è stata respinta, in quanto basata su una specifica e accettata previsione contrattuale.

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Revoca incarico dirigenziale: non è demansionamento

Un dirigente amministrativo di un’azienda sanitaria, a cui era stato conferito un incarico dirigenziale in via temporanea, ha citato in giudizio l’ente dopo la revoca di tale incarico, sostenendo di aver subito un demansionamento illegittimo. La Corte di Cassazione, confermando le decisioni dei gradi precedenti, ha respinto il ricorso. La Corte ha chiarito che la revoca di un incarico dirigenziale temporaneo, conferito in attesa delle procedure formali di assegnazione, non costituisce demansionamento se il dipendente viene riassegnato a mansioni riconducibili alla sua categoria contrattuale di appartenenza. L’incarico temporaneo non crea un diritto alla prosecuzione o alla formalizzazione dello stesso.

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Vizio di ultra petita: la Cassazione annulla la sentenza

La Corte di Cassazione ha annullato una sentenza della Corte d’Appello per vizio di ultra petita. Il giudice di secondo grado aveva annullato alcune cartelle esattoriali non incluse nella domanda originale del contribuente. La Cassazione ha ribadito che il giudice deve pronunciarsi solo sulle domande formulate dalle parti, accogliendo il ricorso dell’Agente della Riscossione su questo punto e cassando la decisione impugnata.

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Estinzione giudizio Cassazione: cosa accade?

Il decreto analizza un caso di estinzione del giudizio di Cassazione. A seguito di una proposta di definizione del giudizio ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., la parte ricorrente non ha richiesto la decisione del ricorso entro il termine di 40 giorni. La Corte ha quindi dichiarato l’estinzione del giudizio, assimilando l’inerzia a una rinuncia, e ha condannato la parte ricorrente al pagamento delle spese processuali.

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Rinuncia al ricorso: estinzione e spese compensate

La Corte di Cassazione ha dichiarato estinto un giudizio a seguito della rinuncia al ricorso presentata da un gruppo di lavoratrici del settore universitario. Il caso riguardava il riconoscimento di differenze retributive. Nonostante la mancata accettazione della rinuncia da parte delle controparti, la Corte ha disposto la compensazione delle spese legali, valutando il comportamento processuale dei ricorrenti che ha evitato ulteriori attività giudiziarie.

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Estinzione del giudizio: la Cassazione decide

Un ente previdenziale professionale ha impugnato una sentenza della Corte d’Appello. In Cassazione, è stata formulata una proposta di definizione del giudizio ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c. Poiché l’ente non ha chiesto la decisione sul ricorso entro 40 giorni, la Corte Suprema ha dichiarato l’estinzione del giudizio, assimilando l’inerzia a una rinuncia. Le spese non sono state liquidate a causa della tardività del controricorso.

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Rilevanza nomofilattica: rinvio a pubblica udienza

Un cittadino ha proposto ricorso contro una precedente ordinanza della Corte di Cassazione. Data l’incertezza giurisprudenziale e la rilevanza nomofilattica della questione processuale sollevata, la Corte ha emesso un’ordinanza interlocutoria. Con questa, ha deciso di rinviare il caso a una pubblica udienza per una discussione più approfondita, anziché decidere in camera di consiglio.

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Sospensione procedimento disciplinare: quando è lecita?

La Corte di Cassazione ha confermato la legittimità della sospensione del procedimento disciplinare a carico di un’infermiera, in attesa della conclusione di un processo penale per gli stessi fatti. La sentenza chiarisce che, nonostante il principio di autonomia tra i due procedimenti, la Pubblica Amministrazione ha la facoltà discrezionale di sospendere l’azione disciplinare in casi di particolare complessità, senza che ciò violi le norme vigenti.

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Errore percettivo: quando revocare una sentenza Cassazione

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha dichiarato inammissibile un ricorso per revocazione, chiarendo la distinzione fondamentale tra l’errore percettivo, che giustifica la revocazione, e l’errore di valutazione o di giudizio. Il caso nasce da una controversia di lavoro in cui la ricorrente lamentava una errata percezione dei fatti da parte della Corte. Tuttavia, i giudici hanno stabilito che le censure sollevate non riguardavano una svista materiale su fatti incontestabili, bensì un dissenso sull’interpretazione e valutazione delle prove e delle argomentazioni giuridiche, non rientrando quindi nell’ambito dell’art. 395 n. 4 c.p.c. La Corte ha ribadito che la revocazione non è un ulteriore grado di giudizio per riesaminare il merito della decisione.

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Licenziamento autoferrotranvieri: procedura e nullità

La Corte di Cassazione ha dichiarato nullo il licenziamento di un conducente di autobus (un caso di licenziamento autoferrotranvieri) perché l’azienda non ha seguito la procedura disciplinare speciale prevista dalla legge. Tale procedura impone, su richiesta del lavoratore, la decisione da parte di un Consiglio di disciplina. La violazione di questa norma imperativa comporta la nullità del licenziamento e il conseguente diritto del lavoratore alla reintegrazione nel posto di lavoro, annullando la precedente decisione della Corte d’Appello che aveva solo riconosciuto un’indennità risarcitoria.

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Decadenza dalla nomina: cosa succede se non si inizia

La Corte di Cassazione ha confermato la decadenza dalla nomina di un docente che non aveva preso servizio entro i termini stabiliti a causa di un impegno formativo all’estero. La Corte ha stabilito che un impegno preesistente non costituisce un ‘giustificato motivo’ sufficiente a ottenere un rinvio e che l’aspettativa non può essere richiesta prima dell’effettiva instaurazione del rapporto di lavoro. Viene ribadita la natura privatistica della gestione del rapporto di impiego pubblico dopo la sua costituzione e la rigidità delle scadenze per l’assunzione in servizio, poste a tutela dell’efficienza amministrativa.

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Mobilità pubblico impiego: limiti di anzianità e spesa

Una lavoratrice del settore universitario, esclusa da una procedura di mobilità pubblico impiego a causa di un’anzianità di servizio e un trattamento economico superiori ai limiti fissati dal bando, ha impugnato il provvedimento. Dopo due sentenze sfavorevoli, la Corte di Cassazione, con un’ordinanza interlocutoria, non ha deciso il merito della questione, ma ha sollevato un dubbio fondamentale: se le norme sulla mobilità pubblica si applichino al suo contratto di lavoro, qualificato dalla legge come di diritto privato. La causa è stata rinviata per discutere questo punto cruciale.

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Cessione ramo d'azienda: il doppio stipendio è lecito

La Corte di Cassazione ha confermato che, in caso di cessione di ramo d’azienda dichiarata illegittima, il lavoratore ha diritto a percepire sia la retribuzione dal datore di lavoro originario (cedente) sia quella dall’azienda che lo ha acquisito (cessionaria). La sentenza stabilisce che si vengono a creare due rapporti di lavoro paralleli e distinti: uno ‘de iure’ con il cedente, ripristinato giudizialmente, e uno ‘de facto’ con il cessionario, per il quale il lavoratore ha effettivamente prestato servizio. Di conseguenza, la retribuzione versata dal cessionario non può essere detratta da quella dovuta dal cedente, poiché non si tratta di un risarcimento del danno ma del corrispettivo per due obbligazioni distinte.

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Ricostruzione carriera: prova onere del docente

Una docente, dopo anni di contratti a termine e successiva assunzione a tempo indeterminato, ha fatto ricorso per ottenere la piena ricostruzione della carriera, lamentando una discriminazione. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. Il punto centrale della decisione è la mancanza di allegazioni e prove specifiche da parte della ricorrente riguardo al presunto trattamento discriminatorio nella ricostruzione carriera. La docente non ha dimostrato in modo concreto come il calcolo della sua anzianità di servizio fosse pregiudizievole rispetto a quello di un collega assunto a tempo indeterminato fin dall’inizio.

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Tetto stipendiale dirigenti: la Cassazione decide

Un dirigente di un ente pubblico ha contestato la riduzione del suo compenso a causa del tetto stipendiale imposto per legge. La Corte di Cassazione ha stabilito che il tetto stipendiale si applica a tutti i rapporti di lavoro, anche a quelli sorti prima dell’entrata in vigore della legge, respingendo il ricorso del dirigente e accogliendo quello dell’ente. La Corte ha chiarito che la normativa successiva ha un effetto sostitutivo e abrogativo sulla disciplina precedente, estendendo il limite retributivo a tutti i destinatari a partire dalla sua decorrenza.

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Giudicato amministrativo: limiti all'efficacia erga omnes

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di alcuni dipendenti pubblici che chiedevano la retrodatazione del loro inquadramento basandosi su una sentenza amministrativa a cui non avevano preso parte. La Corte ha chiarito che l’efficacia ‘erga omnes’ (verso tutti) del giudicato amministrativo si limita all’effetto di annullamento dell’atto (effetto caducatorio), ma non si estende agli obblighi successivi della Pubblica Amministrazione (obbligo conformativo), che valgono solo tra le parti del giudizio originale.

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