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Diritto del Lavoro

Valutazione della prova: i limiti del giudice di merito
Un lavoratore ha fatto ricorso per il riconoscimento di un rapporto di lavoro pregresso non formalizzato. La sua domanda è stata respinta in primo e secondo grado. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ribadendo che la valutazione della prova è di competenza esclusiva del giudice di merito e non può essere riesaminata in sede di legittimità, soprattutto se i documenti sono stati prodotti tardivamente.
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Interpretazione contratto: limiti della Cassazione
Un gruppo di lavoratori ha agito contro un'azienda sanitaria per salari non pagati. La Cassazione ha dichiarato inammissibile il loro ricorso, confermando che l'interpretazione del contratto di cessione crediti spetta al giudice di merito e non può essere riesaminata se non per vizi logici o violazione di canoni legali, non per una mera diversa interpretazione.
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Compensazione spese legali: quando è illegittima?
Un gruppo di lavoratori ha citato in giudizio la propria azienda per ottenere il pagamento di alcune indennità. Le loro richieste sono state parzialmente accolte, ma la Corte d'Appello ha deciso per la compensazione delle spese legali, citando la soccombenza reciproca e la natura controversa delle questioni. La Corte di Cassazione ha annullato questa decisione, stabilendo che l'accoglimento parziale di una domanda non costituisce soccombenza reciproca e che la 'controvertibilità' non è una ragione valida per la compensazione spese legali secondo l'attuale normativa.
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Autoliquidazione premi INAIL: no al rimborso
Una società di servizi portuali ha richiesto il rimborso di premi assicurativi versati in eccesso tra il 2007 e il 2014, a causa di un errore nella base di calcolo. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ribadendo che gli errori commessi dal datore di lavoro nell'autoliquidazione premi INAIL non danno diritto alla restituzione per gli anni passati. La Corte ha inoltre giudicato inammissibili le argomentazioni basate su fatti nuovi, non sollevati nei precedenti gradi di giudizio.
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Compensazione spese legali: quando è giustificata?
Una lavoratrice ha ottenuto una condanna al pagamento di una somma di denaro ma ha visto respinte le sue principali domande, come il riconoscimento del lavoro subordinato. A causa di questa vittoria parziale, la Corte d'Appello ha disposto la compensazione delle spese legali tra le parti. La Corte di Cassazione ha confermato tale decisione, specificando che il rigetto di domande significative giustifica la compensazione, anche se la controparte è rimasta assente dal giudizio. La chiave è la valutazione complessiva dell'esito della lite, non il mero accoglimento di una singola richiesta.
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Obbligo di repêchage: i limiti secondo la Cassazione
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 17036/2024, ha chiarito i limiti dell'obbligo di repêchage a carico del datore di lavoro. Nel caso esaminato, due autisti licenziati per giustificato motivo oggettivo a seguito della perdita di un appalto non sono stati ricollocati in mansioni inferiori (addetti mensa) perché privi del bagaglio professionale necessario. La Corte ha stabilito che l'obbligo di repêchage non si estende fino a imporre al datore di lavoro di fornire una specifica e nuova formazione per rendere il lavoratore idoneo a mansioni diverse e inferiori. Il licenziamento è stato quindi ritenuto legittimo, confermando che la ricollocazione è possibile solo per posizioni compatibili con le competenze già possedute dal dipendente al momento del recesso.
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Licenziamento per recidiva: quando è legittimo?
La Corte di Cassazione ha confermato la legittimità di un licenziamento per recidiva di un lavoratore, nonostante l'ultima sanzione disciplinare fosse meno grave delle precedenti. La decisione si basa sulla valutazione complessiva della condotta del dipendente, sulla gravità del reiterato inadempimento e sulla conseguente rottura del vincolo fiduciario, ritenendo che la scelta di una sanzione più lieve in un'occasione non precluda il successivo licenziamento di fronte a una nuova infrazione.
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Correzione errore materiale: l’avvocato errato in atto
Un ente previdenziale ha richiesto la correzione di un errore materiale in una precedente ordinanza della Corte di Cassazione, poiché il nome del proprio avvocato era stato indicato in modo errato. La Corte, dopo aver verificato gli atti di causa e constatato l'effettiva svista, ha accolto la richiesta. La decisione sottolinea l'importanza della procedura di correzione errore materiale per garantire l'accuratezza formale dei provvedimenti giudiziari.
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Indennità per lavoro in turni: come si calcola?
La Cassazione ha stabilito che l'indennità per lavoro in turni, pur confermata in cifra fissa, deve essere ricalcolata sul minimo tabellare aggiornato da ogni rinnovo contrattuale. Rigettato il ricorso di un'azienda che voleva 'congelare' l'importo al valore del 2007, confermando il diritto dei lavoratori a percepire le differenze retributive dovute.
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Licenziamento disciplinare: Telepass come prova?
La Corte di Cassazione ha confermato la legittimità di un licenziamento disciplinare inflitto a un dipendente di una società autostradale. La sua prolungata inattività durante un turno di lavoro è stata provata tramite i dati del Telepass installato sul veicolo aziendale. La Corte ha stabilito che l'uso di tali dati non viola le norme sul controllo a distanza dei lavoratori, poiché il Telepass è primariamente uno strumento per il pagamento del pedaggio e non un dispositivo installato per la sorveglianza.
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Controllo investigativo dipendenti: i limiti del datore
Un lavoratore è stato licenziato dopo un'indagine privata. La Cassazione ha stabilito che il controllo investigativo dipendenti non può riguardare l'adempimento della prestazione lavorativa, ma solo la scoperta di illeciti. La sentenza d'appello è stata annullata con rinvio per una nuova valutazione.
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Ratio decidendi: appello inammissibile se non impugnata
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un Comune contro l'annullamento del licenziamento di un dipendente. La decisione della Corte d'Appello si fondava su una duplice e autonoma ratio decidendi: la genericità della contestazione disciplinare e il difetto di prova dei fatti addebitati. Il Comune, nel suo ricorso, ha censurato solo il primo punto, omettendo di contestare la seconda motivazione. Secondo la Cassazione, la mancata impugnazione di anche una sola delle ragioni autonome, di per sé sufficiente a sorreggere la decisione, rende l'intero ricorso inammissibile per carenza di interesse.
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Quadro RR e prescrizione: la Cassazione decide
Un professionista ha omesso la compilazione del Quadro RR nella dichiarazione dei redditi. La Corte di Cassazione, con l'ordinanza in esame, ha stabilito che tale omissione non comporta automaticamente la sospensione della prescrizione dei contributi previdenziali. Per sospendere i termini, l'INPS deve dimostrare l'occultamento doloso del debito da parte del contribuente, che non può essere presunto. La sentenza d'appello è stata quindi annullata con rinvio.
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Dichiarazione non veritiera: licenziamento o decadenza?
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 16994/2024, ha stabilito che una dichiarazione non veritiera resa da un lavoratore al momento dell'assunzione non comporta automaticamente la decadenza dal posto di lavoro. Se la falsità non riguarda un requisito essenziale che avrebbe impedito l'assunzione, il datore di lavoro deve avviare un procedimento disciplinare. Nel caso specifico, un'agenzia regionale aveva licenziato un operaio per aver taciuto condanne penali, ma la Corte ha confermato l'illegittimità del recesso perché non era stato rispettato il termine di 120 giorni previsto per la procedura disciplinare, riqualificando l'atto da decadenza a licenziamento.
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Rapporto di lavoro subordinato: prova e limiti
Una lavoratrice chiedeva il riconoscimento di un rapporto di lavoro subordinato dopo anni di contratti di collaborazione con una PA. La Cassazione ha respinto il ricorso, sottolineando che la prova della subordinazione deve essere rigorosa e non può basarsi sulla sola presenza quotidiana o sulla necessità di coordinamento. È necessario dimostrare l'esercizio concreto del potere direttivo da parte del datore di lavoro, la cui valutazione spetta ai giudici di merito e non è sindacabile in sede di legittimità se non per vizi specifici.
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Clausola risolutiva espressa: la buona fede prevale
Un lavoratore, dopo aver stipulato una transazione con il datore di lavoro, ha tollerato un lieve ritardo nel pagamento di una rata, accettando le successive. Dopo essere stato licenziato per altre ragioni, ha tentato di invocare la clausola risolutiva espressa prevista nell'accordo. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, stabilendo che il comportamento del lavoratore costituiva una rinuncia tacita all'uso della clausola, in applicazione del principio di buona fede e correttezza contrattuale. Il licenziamento è stato inoltre ritenuto legittimo.
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Notifica all’estero: requisiti per il Fondo Garanzia
Un lavoratore richiedeva il TFR al Fondo di Garanzia INPS a causa dell'insolvenza del datore di lavoro. La Cassazione ha stabilito che l'accesso al Fondo non è possibile se la notifica all'estero dell'atto esecutivo al legale rappresentante della società è nulla. La notifica è nulla se, dopo aver scoperto il trasferimento all'estero, non si compiono ricerche diligenti, come la consultazione degli uffici consolari, per trovare il nuovo indirizzo. La sentenza della Corte d'Appello è stata quindi annullata.
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Fondo di Garanzia INPS: onere esecuzione forzata
La Cassazione ha respinto il ricorso di un lavoratore contro l'INPS per il pagamento del TFR dal Fondo di Garanzia INPS. La Corte ha stabilito che il semplice tentativo di pignoramento, fallito per assenza del debitore, non soddisfa il requisito della previa esecuzione forzata. È necessaria una diligenza attiva del lavoratore nel sollecitare l'ufficiale giudiziario a proseguire l'azione, anche con la forza pubblica.
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Contributo di solidarietà illegittimo: la Cassa rinuncia
Una Cassa di previdenza aveva imposto un contributo di solidarietà su una pensione già maturata. Sia il Tribunale che la Corte d'Appello hanno dichiarato illegittimo tale prelievo. In Cassazione, la Cassa ha ritirato il ricorso, riconoscendo l'orientamento giurisprudenziale consolidato contro questa pratica. Il processo è stato dichiarato estinto.
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Giurisdizione Pubblico Impiego: Unico Giudice per Diritto
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 16936/2024, ha stabilito un principio fondamentale sulla giurisdizione nel pubblico impiego. In caso di inadempimento continuo del datore di lavoro pubblico, che si estende a cavallo della data spartiacque del 30 giugno 1998, la competenza spetta interamente al giudice ordinario. Questa decisione mira a evitare la frammentazione del giudizio tra giurisdizione ordinaria e amministrativa, garantendo una tutela unitaria al lavoratore. Nel caso specifico, pur accogliendo il motivo sulla giurisdizione, la Corte ha respinto nel merito la richiesta di un'indennità di rischio per mancanza di una valida contrattazione decentrata.
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