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Diritto del Lavoro

Indennità sostitutiva dirigente medico: la Cassazione

Un dirigente medico ha svolto per anni funzioni di direttore di struttura complessa senza contratto formale. La Corte di Cassazione, ribaltando le decisioni di merito, ha stabilito che in questi casi non si configura lo svolgimento di mansioni superiori e non spetta la retribuzione piena del ruolo superiore. Al lavoratore è dovuta esclusivamente l’indennità sostitutiva dirigente medico, come previsto dal contratto collettivo nazionale. La pronuncia chiarisce che la durata prolungata dell’incarico non modifica questo principio.

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Incentivo all'esodo: calcolo e regole contrattuali

Un Fondo Edile ha citato in giudizio i suoi ex amministratori per la restituzione di un incentivo all’esodo e di altre somme indebitamente percepite. La Corte di Cassazione ha rigettato i ricorsi, stabilendo che il calcolo dell’incentivo all’esodo deve basarsi esclusivamente sulle specifiche previsioni del regolamento aziendale, che ha natura di contratto, e non sulle norme generali del Trattamento di Fine Rapporto (TFR). La sentenza sottolinea anche l’importanza del principio di autosufficienza del ricorso, dichiarando inammissibili i motivi non supportati dalla documentazione necessaria.

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Riassunzione tardiva: le regole nel rito del lavoro

La Corte di Cassazione conferma che una riassunzione tardiva di una causa di lavoro, dopo un rinvio dalla stessa Corte, porta all’estinzione del giudizio. Il caso riguardava una lavoratrice che aveva ripreso il processo con un atto di citazione depositato oltre il termine perentorio di tre mesi, anziché con il ricorso richiesto dal rito del lavoro. La Corte ha ribadito che la forma dell’atto e il rispetto del termine, che decorre dal deposito della decisione di Cassazione, sono requisiti inderogabili.

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Cessione di ramo d'azienda: quando è legittima?

La Corte di Cassazione ha confermato la legittimità di una cessione di ramo d’azienda nel settore editoriale, respingendo il ricorso di una giornalista. La sentenza stabilisce che per valutare la validità del trasferimento, è necessario un esame complessivo degli elementi, non isolato. L’autonomia funzionale del ramo ceduto sussiste se questo mantiene la capacità di operare sul mercato con i beni trasferiti (personale, marchi, archivi), anche in caso di cambio del direttore e della linea editoriale.

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Indennità mansioni superiori: calcolo e assorbimento

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di due dipendenti scolastici che, svolgendo funzioni superiori di DSGA, chiedevano un’indennità non decurtata. La Corte ha confermato che, secondo la normativa vigente (L. 228/2012), l’indennità per mansioni superiori si calcola come differenza tra il trattamento iniziale del DSGA e l’intera retribuzione del dipendente incaricato, inclusa la ‘posizione economica’ maturata. Questo meccanismo può portare a una riduzione o azzeramento dell’indennità per i lavoratori con maggiore anzianità, un principio ritenuto legittimo.

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Accordo quadro non vincolante: la Cassazione decide

Un ex dipendente ha citato in giudizio un’autorità pubblica per danni, a seguito dell’interruzione di un piano di pensionamento anticipato basato su un accordo quadro. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando le decisioni dei gradi inferiori. Il punto cruciale è che l’accordo quadro non vincolante non ha generato un’obbligazione giuridicamente vincolante per l’ente, escludendo così una violazione del contratto o dei doveri di buona fede.

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Indennità di condotta: non spetta per attività accessorie

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un macchinista che chiedeva il riconoscimento dell’indennità di condotta anche per le attività accessorie svolte prima e dopo la guida del treno. La Corte ha stabilito che, in base al Contratto Collettivo, l’indennità di condotta spetta esclusivamente per il tempo dedicato alla guida effettiva, poiché le attività complementari sono normate e retribuite separatamente come ‘lavoro’, ma non come ‘condotta’.

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Estinzione del giudizio: la Cassazione decide

Una società di trasporti ha impugnato una sentenza della Corte d’Appello. La Cassazione, ricevuta una proposta di definizione agevolata, non ha reagito nel termine di 40 giorni. Di conseguenza, il suo ricorso è stato considerato rinunciato, portando all’estinzione del giudizio e alla condanna al pagamento delle spese legali.

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Ferie forzate: quando il datore può imporle?

Un lavoratore con un notevole accumulo di ferie non godute viene posto in ferie forzate per un intero anno dal datore di lavoro. Il lavoratore si oppone con un ricorso d’urgenza chiedendo la sospensione del provvedimento. Il Tribunale del Lavoro rigetta la richiesta cautelare, stabilendo che il potenziale danno è di natura prettamente economica e risarcibile, mancando quindi il presupposto del ‘periculum in mora’ (pericolo di un danno irreparabile nel ritardo).

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Congedo dottorato: diritto allo studio vince

Un’ordinanza del Tribunale del Lavoro ha stabilito che il diritto di un dipendente pubblico al congedo dottorato prevale sulle esigenze organizzative dell’amministrazione, a meno che queste non siano di eccezionale gravità. Il giudice ha accolto la richiesta di una lavoratrice, a cui era stato negato il permesso per frequentare un dottorato di ricerca, ritenendo che le difficoltà gestionali addotte dall’ente non fossero sufficienti a comprimere il diritto allo studio legalmente riconosciuto.

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Indebito previdenziale: quando non si pagano le spese

Una pensionata si è opposta alla richiesta di restituzione di un indebito previdenziale di circa 4.700 euro, sorto per superamento dei limiti di reddito per l’integrazione al minimo. La Corte di Cassazione ha confermato che la somma era dovuta, respingendo la tesi della comunicazione poco chiara da parte dell’ente. Tuttavia, ha accolto il motivo relativo alle spese legali, annullando la condanna al pagamento e stabilendo l’esonero per la pensionata, come previsto da una specifica norma processuale.

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Estinzione del giudizio: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione ha dichiarato l’estinzione del giudizio in un caso tra un’azienda di trasporti e un suo ex dipendente. La decisione è stata presa perché la società ricorrente non ha chiesto la prosecuzione del processo entro 40 giorni dalla ricezione della proposta di definizione accelerata, come previsto dalla legge. Tale silenzio è stato interpretato come una rinuncia al ricorso, con conseguente condanna della società al pagamento delle spese legali.

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Estinzione del giudizio: la guida completa

La Corte di Cassazione ha dichiarato l’estinzione del giudizio in un caso tra una società e un suo ex dipendente. La decisione è scaturita dalla mancata risposta della società ricorrente alla proposta di definizione del giudizio formulata dalla Corte, interpretata come una rinuncia al ricorso. Di conseguenza, la società è stata condannata al pagamento delle spese processuali.

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Estinzione ricorso Cassazione: il silenzio costa caro

Una società cooperativa ha impugnato una sentenza della Corte d’Appello. La Corte di Cassazione, in base alla procedura semplificata, ha comunicato una proposta di definizione del giudizio. La società non ha dato seguito alla proposta entro il termine di 40 giorni, non chiedendo una decisione sul ricorso. Di conseguenza, la Corte ha dichiarato l’estinzione del ricorso per Cassazione, condannando la società ricorrente al pagamento di tutte le spese legali sostenute dalla controparte.

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Sospensione cautelare: quando è legittima?

Un lavoratore, indagato in un procedimento penale, veniva sottoposto a sospensione cautelare dal proprio datore di lavoro. La Corte di Cassazione ha confermato la legittimità della misura, specificando che la sospensione cautelare prevista dal contratto collettivo non è una sanzione disciplinare, ma un provvedimento provvisorio e autonomo. La sua validità è legata all’esito del procedimento penale e non richiede le garanzie procedurali tipiche delle sanzioni disciplinari.

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Spese processuali: quando non si pagano in appello

Una pensionata ha richiesto la riliquidazione della propria pensione. Dopo aver vinto in primo grado, la Corte d’Appello ha riformato la sentenza, condannandola anche al pagamento delle spese processuali di entrambi i gradi. La Corte di Cassazione ha confermato la decisione nel merito ma ha annullato la condanna alle spese, accogliendo il motivo di ricorso relativo all’esenzione per basso reddito, dimostrato da un’autocertificazione. La sentenza chiarisce l’importanza della dichiarazione reddituale per evitare il pagamento delle spese processuali in caso di sconfitta.

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Contraddittorio processo cartolare: la Cassazione decide

Una lavoratrice si è vista rigettare l’appello dopo che la controparte si è costituita in giudizio il giorno stesso dell’udienza virtuale, senza che le fosse data la possibilità di replica. La Corte di Cassazione ha annullato la decisione per violazione del principio del contraddittorio nel processo cartolare, stabilendo che il giudice deve sempre garantire il diritto di difesa, anche concedendo nuovi termini per le repliche.

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Vizio di nullità della sentenza: la Cassazione decide

Un ente previdenziale si oppone a una sentenza di primo grado che annullava parzialmente un avviso di addebito. La Corte d’Appello, però, commette un errore e dichiara inefficace la parte dell’avviso che invece era dovuta. La Corte di Cassazione ha rilevato il vizio di nullità della sentenza per violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, cassando la decisione e rinviando il caso a un nuovo giudizio.

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Qualifica dirigenziale: contano le mansioni, non la forma

La Corte di Cassazione ha stabilito che per il riconoscimento della qualifica dirigenziale contano le mansioni effettivamente svolte e non il riconoscimento formale da parte del datore di lavoro. In un caso riguardante un dipendente di un istituto bancario, la Corte ha confermato il suo diritto alla qualifica superiore e alle relative differenze retributive, basandosi sulla natura e complessità delle sue responsabilità. È stato inoltre chiarito che il termine di prescrizione per tali rivendicazioni non decorre in costanza di rapporto se la qualifica rivendicata non è assistita da stabilità reale.

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Soccombenza virtuale e rinuncia: le spese legali

Una società di trasporti ha rinunciato al proprio ricorso in Cassazione contro alcuni ex dipendenti. La Corte ha dichiarato estinto il giudizio ma ha condannato la società a pagare le spese legali applicando il principio della soccombenza virtuale, poiché avrebbe probabilmente perso la causa. La decisione chiarisce che la rinuncia agli atti non esonera dal pagamento delle spese di lite.

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