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Diritto del Lavoro

Licenziamento autoferrotranvieri: vige R.D. 148/1931

La Corte di Cassazione ha annullato il licenziamento di un dipendente di un’azienda di trasporto pubblico, stabilendo la persistente validità della procedura disciplinare speciale prevista dal R.D. n. 148/1931. La Corte d’Appello aveva erroneamente ritenuto tale normativa abrogata. La Cassazione ha chiarito che l’omissione della procedura, in particolare il mancato coinvolgimento del Consiglio di Disciplina, determina la nullità del provvedimento espulsivo. La sentenza sottolinea come la normativa speciale, più garantista per il lavoratore, prevalga sulla disciplina generale. Il caso riguarda un licenziamento autoferrotranvieri per presunto abuso di permessi.

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Assegno ad personam: è riassorbibile? La Cassazione

Un dipendente pubblico, trasferito da un Ministero a un Ente Locale, ha perso il ricorso volto a mantenere inalterata la sua precedente e più alta retribuzione. La Corte di Cassazione ha confermato che la differenza economica, corrisposta tramite un assegno ad personam, è soggetta al principio del riassorbimento. Questo significa che l’assegno viene progressivamente ridotto dagli futuri aumenti di stipendio, al fine di garantire la parità di trattamento con gli altri dipendenti dell’ente di destinazione.

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Estinzione del giudizio: la rinuncia al ricorso

La Corte di Cassazione dichiara l’estinzione del giudizio di legittimità. La società ricorrente, dopo aver ricevuto la proposta di definizione del giudizio, non ha chiesto una decisione entro 40 giorni, configurando una rinuncia tacita al ricorso e venendo di conseguenza condannata al pagamento delle spese legali a favore della controparte.

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Indennità di trasferta: onere della prova del rientro

La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso di un gruppo di lavoratori, negando il loro diritto all’indennità di trasferta per pasto serale e pernottamento. La Corte ha stabilito che, una volta che l’azienda fornisce prove sufficienti a dimostrare la possibilità per i dipendenti di rientrare alla propria abitazione entro un orario stabilito (le 21:00 in questo caso), spetta ai lavoratori l’onere di provare specificamente le singole giornate in cui ciò non è stato possibile. I lavoratori non hanno fornito tale prova, rendendo legittimo il diniego dell’indennità.

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Inquadramento addetto stampa: onere della prova

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un addetto stampa di un ente comunale che chiedeva l’inquadramento in una categoria superiore (da C a D). La Corte ha stabilito che l’onere della prova per dimostrare lo svolgimento di mansioni più complesse, come la ricerca e l’elaborazione di notizie, spetta esclusivamente al lavoratore. Il semplice atto di redigere e inviare comunicati stampa, anche se in possesso della qualifica di giornalista pubblicista, non è sufficiente a giustificare l’inquadramento addetto stampa a un livello superiore.

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Rimborso albo professionale: no al dipendente pubblico

La Corte di Cassazione ha negato il diritto al rimborso della quota di iscrizione all’albo professionale a un’assistente sociale impiegata presso il Ministero della Giustizia. La Corte ha stabilito che, a differenza degli avvocati pubblici, l’iscrizione all’albo per l’assistente sociale è un requisito generale per l’esercizio della professione e non deriva da un vincolo di esclusività assoluta con l’ente, dato che la legge permette di svolgere altri incarichi previa autorizzazione. Di conseguenza, l’onere economico dell’iscrizione resta a carico del professionista.

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Estinzione giudizio Cassazione per inerzia: il caso

Un recente decreto della Corte di Cassazione chiarisce le conseguenze dell’inerzia del ricorrente di fronte alla proposta di definizione del giudizio. A seguito di un ricorso presentato da un ente previdenziale, la Corte ha proposto una definizione semplificata. La mancata richiesta di una decisione nel merito da parte dell’ente entro il termine di 40 giorni ha portato la Corte a dichiarare l’estinzione del giudizio, applicando l’art. 380-bis c.p.c. Le spese legali sono state compensate tra le parti per la novità della questione originaria.

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Violazione del giudicato: la Cassazione si pronuncia

Una docente universitaria, dopo aver ottenuto una sentenza definitiva che stabiliva il suo trattamento retributivo, si è vista applicare dall’ateneo una normativa successiva meno favorevole. La Corte di Cassazione ha accolto il suo ricorso, ribadendo che un giudicato formatosi tra le parti non può essere messo in discussione. La Corte d’appello aveva commesso una violazione del giudicato nel rimettere in discussione l’applicabilità di una legge che la precedente sentenza definitiva aveva già escluso per quel rapporto di lavoro.

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Lavoro straordinario: quando è retribuito nel pubblico?

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di alcuni dipendenti di un’azienda sanitaria che chiedevano il pagamento di ore extra. La Corte chiarisce che il lavoro straordinario, per essere retribuito, deve essere autorizzato dal datore di lavoro. Inoltre, un precedente giudicato che dichiara illegittimo un regolamento aziendale non garantisce automaticamente il diritto al pagamento se le parti del giudizio sono diverse e se la sentenza non si pronuncia sulle singole posizioni lavorative.

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Retribuzione collaboratori linguistici: la Cassazione

La Corte di Cassazione si è pronunciata sul caso di un ex lettore di madrelingua, ora collaboratore linguistico, che richiedeva un trattamento economico pari a quello di un ricercatore a tempo definito. Il ricorso è stato rigettato. La Corte ha stabilito che la corretta interpretazione della normativa non prevede un aggancio permanente della retribuzione collaboratori linguistici a quella dei ricercatori. Invece, la legge garantisce la conservazione del trattamento economico più favorevole maturato in precedenza attraverso un ‘assegno ad personam’, che congela la differenza retributiva al momento del passaggio alla nuova qualifica, escludendo futuri adeguamenti automatici.

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Ricorso per cassazione: i motivi di inammissibilità

Un datore di lavoro, condannato in primo e secondo grado al pagamento di differenze retributive a una ex dipendente, ha presentato ricorso per cassazione. La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile e infondato su tutti i fronti. La decisione evidenzia l’importanza del rispetto dei requisiti formali e procedurali, come l’onere di produrre i contratti collettivi invocati e il divieto di censurare il merito in presenza di una ‘doppia conforme’. Inoltre, chiarisce che contestare i calcoli del credito equivale ad ammettere l’esistenza del debito, rendendo inefficace l’eccezione di prescrizione presuntiva.

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Qualifica superiore: quando il ricorso è inammissibile

Un lavoratore ha richiesto il riconoscimento di una qualifica superiore, sostenendo di svolgere mansioni di livello più elevato. La Corte d’Appello ha respinto la domanda e la Corte di Cassazione ha dichiarato il successivo ricorso inammissibile. La Suprema Corte ha ribadito che non può riesaminare nel merito le prove, ma solo verificare la corretta applicazione delle norme. Il ricorso è stato respinto perché, di fatto, chiedeva una nuova valutazione delle testimonianze e dei documenti, compito che spetta esclusivamente ai giudici di merito.

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Onere di allegazione: ricorso inammissibile se vago

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di alcune lavoratrici che chiedevano differenze retributive per ore di lavoro straordinario. La decisione si fonda sulla carenza dell’onere di allegazione, in quanto il ricorso originario era vago e non specificava in modo dettagliato i fatti costitutivi della pretesa, una lacuna che le prove documentali non potevano sanare. La Suprema Corte ha ribadito l’importanza della precisione e della completezza degli atti introduttivi del giudizio.

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Assegno ad personam negato: il caso del pubblico impiego

Un ex dipendente del Ministero della Difesa, divenuto insegnante presso il Ministero dell’Istruzione dopo dieci anni di contratti a termine, si è visto negare l’assegno ad personam. La Corte di Cassazione ha stabilito che il lungo periodo di precariato interrompe la continuità del rapporto di lavoro, requisito essenziale per qualificare il trasferimento come un “passaggio di carriera” e ottenere così il mantenimento del trattamento economico precedente. La decisione sottolinea che le dimissioni e la successiva riassunzione non equivalgono a una procedura di mobilità diretta.

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Estinzione del giudizio: la Cassazione decide

Una società di trasporti ha presentato ricorso in Cassazione contro una sentenza della Corte d’Appello. A seguito della proposta di definizione del giudizio da parte della Suprema Corte, la società non ha chiesto una decisione entro il termine previsto. Di conseguenza, la Corte ha dichiarato l’estinzione del giudizio, assimilando l’inattività a una rinuncia al ricorso e condannando la società al pagamento delle spese legali.

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Onere della prova DVR: chi prova l'inadeguatezza?

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha rigettato il ricorso di un lavoratore che chiedeva la conversione del contratto a termine per la presunta mancata predisposizione di un Documento di Valutazione dei Rischi (DVR) specifico per una delle sedi di lavoro. La Corte ha chiarito che, una volta che il datore di lavoro produce in giudizio il DVR, l’onere della prova DVR si sposta sul lavoratore, il quale deve allegare e dimostrare gli elementi specifici che rendono tale documento inadeguato. In assenza di tale prova, il ricorso è stato dichiarato inammissibile per difetto di autosufficienza.

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Estinzione del giudizio: la guida al 380-bis c.p.c.

Una società agricola ha presentato ricorso in Cassazione contro una sentenza della Corte d’Appello. A seguito della proposta di definizione del giudizio formulata ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., la società non ha richiesto un’udienza di discussione entro il termine di 40 giorni. Di conseguenza, la Corte di Cassazione ha dichiarato l’estinzione del giudizio, assimilando il silenzio della parte a una rinuncia al ricorso e condannandola al pagamento delle spese legali.

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Lavori socialmente utili: onere della prova del lavoratore

Un lavoratore impiegato per anni in un progetto di lavori socialmente utili per un ente comunale ha richiesto il riconoscimento di un rapporto di lavoro subordinato. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando le decisioni dei gradi precedenti. La Corte ha ribadito che l’onere della prova grava sul lavoratore, il quale deve dimostrare una radicale difformità tra le mansioni effettivamente svolte e quelle previste dal progetto, non essendo sufficiente la mera durata del rapporto.

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Estinzione del giudizio per rinuncia: il caso Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato l’estinzione del giudizio in un caso civile a seguito della rinuncia presunta al ricorso. La parte ricorrente, una società di trasporti, non ha chiesto la decisione del ricorso entro il termine di quaranta giorni dalla comunicazione della proposta di definizione del giudizio, come previsto dall’art. 380-bis c.p.c. Di conseguenza, il ricorso è stato considerato rinunciato e il procedimento estinto, con condanna della società al pagamento delle spese legali a favore della controparte.

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Diritto di critica socio lavoratore: limiti e sanzioni

Un lavoratore, anche membro di una società cooperativa, ha ricevuto una sanzione disciplinare per delle lettere inviate all’azienda. Sostenendo di aver esercitato il suo diritto di critica socio lavoratore, ha impugnato la sanzione. La Corte di Cassazione ha rigettato il suo ricorso, confermando la legittimità della sanzione poiché le comunicazioni erano riconducibili al suo doppio ruolo di socio e dipendente, giustificando così l’azione disciplinare.

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