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Diritto del Lavoro

Mansioni superiori: CCNL e diritto alla retribuzione
La Corte di Cassazione ha stabilito che, per valutare il diritto alle differenze retributive per mansioni superiori, i giudici devono considerare l'evoluzione dei Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro (CCNL) applicabili nel periodo in contestazione. Nel caso specifico di una dipendente di un ente pubblico, la Corte ha cassato la sentenza d'appello perché non aveva applicato il nuovo CCNL del 2006-2009, che ridefiniva i criteri di inquadramento. Ha invece confermato il diritto a percepire l'indennità di ente, considerandola una componente fissa della retribuzione.
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Riduzione trattamento accessorio: illegittimo il taglio
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 17508/2024, ha dichiarato illegittimo il taglio forfettario del 30% operato da un'Azienda Sanitaria sulla retribuzione accessoria di un dirigente medico. La Corte ha stabilito che la riduzione delle risorse per il trattamento accessorio, prevista dalla normativa sul contenimento della spesa pubblica, non può tradursi in un taglio lineare sulla busta paga individuale. Deve, invece, seguire un preciso procedimento che prevede la cristallizzazione dei fondi al valore del 2010 e la loro successiva riduzione proporzionale alla diminuzione del personale. La sentenza d'appello è stata cassata con rinvio per un corretto ricalcolo delle somme dovute al lavoratore.
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Riduzione trattamento accessorio: illegittimo il taglio
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 17506/2024, ha dichiarato illegittimo il taglio forfettario del 30% sul trattamento accessorio di alcuni dirigenti medici operato da un'Azienda Sanitaria Locale. La Corte ha stabilito che la riduzione dei fondi per la retribuzione variabile, prevista dal D.L. 78/2010, non può essere arbitraria ma deve essere strettamente proporzionale alla diminuzione del personale in servizio rispetto all'anno 2010. Qualsiasi taglio percentuale generalizzato che non rispetti questo criterio viola i diritti soggettivi dei lavoratori. La sentenza della Corte d'Appello è stata cassata con rinvio per un nuovo calcolo basato su questo principio.
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Rinuncia al ricorso: estinzione del processo
A seguito della rinuncia al ricorso da parte di una lavoratrice, accettata dall'azienda dopo un accordo transattivo, la Cassazione ha dichiarato estinto il processo del lavoro. La decisione chiarisce che, in questi casi, le spese legali sono regolate dall'accordo privato e non è dovuto il raddoppio del contributo unificato.
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Prescrizione Lavoro Carcerario: Quando Inizia a Correre?
La Corte di Cassazione ha stabilito che la prescrizione dei crediti retributivi per il lavoro svolto in carcere non decorre dalla fine di ogni singolo incarico, ma dalla cessazione definitiva dell'intero rapporto lavorativo del detenuto. La decisione si fonda sulla natura unitaria del rapporto e sullo stato di soggezione psicologica ('metus') del lavoratore detenuto, che impedisce il libero esercizio dei propri diritti. La Corte ha considerato le interruzioni tra gli incarichi come mere sospensioni di un unico rapporto di lavoro, posticipando così l'inizio del termine di prescrizione a tutela del lavoratore.
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Lavoro carcerario: da quando decorre la prescrizione?
Un ex detenuto ha lavorato in diverse mansioni durante la detenzione, chiedendo poi un adeguamento retributivo. Il Ministero della Giustizia ha eccepito la prescrizione per i crediti più datati. La Corte di Cassazione ha stabilito che il rapporto di lavoro carcerario è da considerarsi unico e continuativo, nonostante le interruzioni. Pertanto, la prescrizione dei crediti retributivi decorre solo dalla cessazione definitiva del rapporto di lavoro complessivo, non dalla fine di ogni singolo incarico, a causa dello stato di soggezione ('metus') in cui si trova il detenuto.
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Lavoro carcerario e prescrizione: quando inizia?
Un lavoratore detenuto ha citato in giudizio l'Amministrazione Penitenziaria per differenze retributive. L'Amministrazione ha eccepito la prescrizione dei crediti. La Corte di Cassazione ha stabilito che, nel contesto del lavoro carcerario, il termine di prescrizione per i crediti di lavoro non decorre dalla cessazione di ogni singolo incarico, ma dal momento in cui cessa definitivamente l'intero rapporto lavorativo all'interno del sistema penitenziario. Questa decisione si fonda sulla condizione di soggezione ('metus') in cui si trova il detenuto, che non gli consente di far valere liberamente i propri diritti durante la detenzione.
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Impugnazione licenziamento: a chi notificare?
Un lavoratore, licenziato prima di una cessione d'azienda, ha tentato la conciliazione solo con la nuova società. La Cassazione ha respinto il ricorso, stabilendo che l'impugnazione del licenziamento deve essere rivolta all'originario datore di lavoro (cedente) per interrompere la decadenza. La richiesta al solo cessionario non è sufficiente.
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Mansioni superiori infermiere: il diploma non basta
Un infermiere che svolgeva servizio in ambulanza ha richiesto il riconoscimento delle mansioni superiori e l'inquadramento nella categoria D. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, stabilendo che per le mansioni superiori infermiere non è sufficiente il possesso del titolo professionale, ma è necessario dimostrare l'esercizio concreto di attività caratterizzate da autonomia, capacità organizzative, di coordinamento e gestionali. Le attività del ricorrente, sebbene importanti, sono state qualificate come prevalentemente esecutive e non rispondenti ai requisiti della categoria superiore.
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Licenziamento disciplinare pubblico impiego: la Cassazione
Un dipendente comunale, inizialmente sospeso per il rilascio di documenti falsi, è stato licenziato a seguito della riapertura del procedimento disciplinare dopo una sentenza penale di patteggiamento. Il lavoratore ha impugnato il licenziamento disciplinare pubblico impiego, sostenendo la tardività della riapertura e la violazione del principio del 'ne bis in idem'. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, affermando che il termine per la riapertura decorre dalla conoscenza completa della sentenza penale da parte dell'amministrazione e che la sanzione finale sostituisce quella provvisoria, senza violare il divieto di doppia sanzione.
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Prescrizione incentivo all’esodo: la decisione
La Corte di Cassazione ha stabilito che l'incentivo all'esodo ha natura retributiva e, di conseguenza, il diritto a richiederne il corretto calcolo si prescrive in cinque anni, non in dieci. Un ex dipendente pubblico aveva richiesto l'inclusione della tredicesima mensilità nella base di calcolo dell'incentivo, ma la sua domanda è stata respinta perché presentata oltre il termine di prescrizione quinquennale. La Corte ha confermato la decisione, sottolineando che tutte le somme corrisposte in occasione della cessazione del rapporto di lavoro sono soggette a tale termine breve.
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Eccezione di nullità tardiva: quando è inammissibile
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un Ente Locale contro una propria dipendente. La motivazione si fonda sul principio della preclusione processuale: l'eccezione di nullità tardiva della procedura selettiva, sollevata dall'ente solo in corso di appello e basata su fatti non allegati in primo grado, non può essere esaminata. Anche se la nullità è rilevabile d'ufficio, i fatti su cui si basa devono essere stati introdotti ritualmente e tempestivamente nel processo.
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Lavoro autonomo subordinato: risarcimento pieno
Una collaborazione giornalistica ultra-decennale, formalmente inquadrata come lavoro autonomo, è stata riqualificata come rapporto di lavoro subordinato. La Corte di Cassazione ha stabilito un principio cruciale: in caso di riqualificazione di un lavoro autonomo subordinato, al lavoratore spetta il risarcimento integrale del danno (retribuzioni perse) e non la più limitata indennità forfettaria prevista per altre forme di contratti illegittimi, rafforzando così la tutela contro l'uso improprio di tali contratti.
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Anzianità di servizio: vale anche il tempo determinato
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 17445/2024, ha stabilito che l'anzianità di servizio maturata durante i contratti a tempo determinato deve essere considerata ai fini del calcolo delle indennità di esclusività e di posizione per i dirigenti del Servizio Sanitario Nazionale. La Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso di un'Azienda Sanitaria, ribadendo il principio di non discriminazione tra lavoratori a tempo determinato e indeterminato, in linea con la normativa europea. La decisione sottolinea come l'esperienza professionale complessiva, e non solo quella maturata con contratto a tempo indeterminato, sia il criterio corretto per il calcolo di tali emolumenti.
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Rapporto di lavoro full time: prova e accordo tacito
Una lavoratrice assunta senza un contratto part-time scritto rivendica un rapporto di lavoro full time. La Cassazione conferma la presunzione di tempo pieno, ma chiarisce che una prassi consolidata di sospensione del lavoro (lavoro solo nei giorni di apertura di un locale), supportata da un accordo sindacale, costituisce una clausola tacita del contratto. Il datore di lavoro non può modificare unilateralmente tale clausola, riducendo le giornate garantite, senza un nuovo consenso del lavoratore.
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Contratto part time nullo e rapporto full time
La Cassazione chiarisce le conseguenze di un contratto part time nullo per assenza di forma scritta. Sebbene il rapporto si presuma full time, il giudice può riconoscere un accordo tacito tra le parti per la sospensione della prestazione lavorativa. In questo caso, i lavoratori, dipendenti di una discoteca, si vedono riconosciuto il diritto a una garanzia minima di giornate retribuite, pattuita tacitamente e non modificabile unilateralmente dall'azienda.
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Liquidazione spese legali: il valore indeterminabile
Una lavoratrice impugna con successo una sanzione disciplinare minima, ma le vengono liquidate spese legali irrisorie. La Corte di Cassazione interviene, stabilendo che per la liquidazione spese legali il valore di tali cause è indeterminabile, poiché ledono lo status professionale del dipendente, e non può essere ancorato al mero valore economico della sanzione. Di conseguenza, le spese devono essere ricalcolate secondo i parametri corretti.
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Valutazione probatoria: i limiti del ricorso Cassazione
Una lavoratrice ha impugnato in Cassazione la sentenza che negava l'esistenza di un rapporto di lavoro subordinato con una pizzeria. Il suo ricorso, basato su una presunta errata valutazione probatoria da parte dei giudici di merito, è stato dichiarato inammissibile. La Suprema Corte ha ribadito che il suo ruolo non è quello di un terzo grado di giudizio per riesaminare i fatti, ma solo di verificare la corretta applicazione della legge, confermando l'insindacabilità della valutazione delle prove, se congruamente motivata.
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Licenziamento lavoro festivo: Cassazione annulla
La Corte di Cassazione ha annullato una sentenza d'appello che legittimava il licenziamento di una lavoratrice per essersi rifiutata di lavorare durante una festività. Il caso verteva sull'interpretazione di un accordo di conciliazione che, secondo il datore di lavoro, includeva l'obbligo di lavorare nei festivi. La Suprema Corte ha stabilito che la rinuncia al riposo festivo deve essere esplicita e non può essere desunta da una generica disponibilità. Pertanto, il licenziamento per lavoro festivo non specificamente pattuito è stato ritenuto illegittimo.
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Errore materiale: correzione della condanna alle spese
Una società era stata erroneamente condannata a pagare le spese legali a un ente previdenziale, nonostante quest'ultimo non avesse svolto alcuna attività difensiva nel processo. La Corte di Cassazione, riconoscendo l'evidente contraddizione tra la motivazione e la decisione finale, ha accolto l'istanza di correzione per errore materiale, annullando la condanna al pagamento delle spese.
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