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Diritto del Lavoro

Decadenza prestazioni previdenziali: i termini stretti
La Corte di Cassazione ha confermato il rigetto della domanda di un lavoratore contro l'INPS per il pagamento del TFR dal Fondo di Garanzia. La decisione si fonda sulla tardività dell'azione giudiziaria, evidenziando la perentorietà del termine di un anno per la decadenza prestazioni previdenziali, che decorre una volta esaurita la fase amministrativa.
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Premio speciale unitario: la Cassazione chiarisce i criteri
Una cooperativa di facchinaggio ha contestato la richiesta di INAIL di calcolare i premi assicurativi sulla base della retribuzione effettiva anziché secondo il regime del premio speciale unitario. La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, stabilendo che la normativa speciale (art. 42 T.U. 1124/1965) non è stata abrogata dalla successiva legge generale (d.lgs. 423/2001), in applicazione del principio lex specialis derogat legi generali. Pertanto, il calcolo deve continuare a basarsi sul sistema speciale e non su un criterio ibrido.
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Premio speciale unitario: la Cassazione fa chiarezza
Una cooperativa di facchinaggio si oppone alla richiesta di un ente previdenziale di integrare i contributi assicurativi basandoli sulla retribuzione effettiva. La Corte di Cassazione accoglie il ricorso della cooperativa, stabilendo che il regime del premio speciale unitario, previsto da una norma speciale per difficoltà di accertamento della paga, non è stato abrogato dalla successiva legislazione generale che lega i contributi alla retribuzione. Viene affermato il principio per cui la legge speciale precedente prevale su quella generale successiva.
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Forma dell’appello: errore che costa il processo
Una società sanzionata per lavoro irregolare vede annullata la condanna per un errore procedurale della controparte. La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile l'appello dell'ente pubblico perché, pur essendo stato depositato nei termini, è stato notificato in ritardo a causa dell'errata scelta della forma dell'appello (ricorso invece di atto di citazione). La decisione sottolinea l'importanza cruciale del rispetto delle forme e dei termini processuali.
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Licenziamento disciplinare: la valutazione dei fatti
Un istituto di credito ha impugnato la decisione della Corte d'Appello che annullava il licenziamento disciplinare di un direttore di filiale. Il dipendente era accusato di varie condotte, tra cui l'emissione di carte di credito all'insaputa di una cliente e la creazione di accrediti fittizi. La Cassazione ha accolto il ricorso della banca, stabilendo che la valutazione degli addebiti non può essere frammentaria. I giudici devono considerare l'impatto complessivo delle condotte sul vincolo fiduciario, essenziale nel settore bancario, anche in assenza di un danno economico diretto, annullando la decisione precedente e rinviando il caso a una nuova Corte d'Appello.
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Indennità di preavviso preponente: non spetta mai
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 23057/2024, ha stabilito un principio cruciale nel contratto di agenzia: l'indennità di preavviso preponente non è dovuta, neanche in caso di recesso per giusta causa a causa di un grave inadempimento dell'agente. La Corte ha chiarito che nessuna norma prevede tale diritto per il mandante, il cui unico vantaggio è poter interrompere il rapporto immediatamente senza versare l'indennità di fine rapporto. La sentenza ha anche accolto le ragioni dell'agente riguardo a una richiesta di provvigioni, cassando la decisione d'appello per non aver considerato le istanze istruttorie volte a ottenere la documentazione necessaria dalla società preponente.
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Licenziamento per note spese: la Cassazione decide
La Corte di Cassazione si è pronunciata su un caso di licenziamento per note spese errate. Una lavoratrice era stata licenziata per aver presentato rimborsi spese con dati non corretti, ottenendo somme non dovute. I giudici di merito avevano qualificato la condotta come grave negligenza, non come dolo, ritenendo il licenziamento una sanzione sproporzionata e concedendo alla lavoratrice un'indennità risarcitoria. La Cassazione ha confermato questa decisione, rigettando sia il ricorso della dipendente, che invocava la buona fede, sia quello dell'azienda, che sosteneva la sussistenza della giusta causa. La sentenza ribadisce che la valutazione sulla gravità della condotta e sulla proporzionalità della sanzione spetta ai giudici di merito e non è sindacabile in sede di legittimità se adeguatamente motivata.
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Licenziamento disciplinare: opinione o insubordinazione?
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di una società aerea contro la sentenza che annullava il licenziamento disciplinare di un quadro. Il dipendente era stato licenziato per aver espresso, durante una riunione, l'opinione che una gara d'appalto fosse già decisa. I giudici di merito avevano qualificato il fatto come espressione di un'opinione personale, disciplinarmente irrilevante. La Cassazione ha ribadito di non poter riesaminare nel merito la valutazione dei fatti, prerogativa esclusiva dei giudici dei gradi inferiori, confermando così l'illegittimità del licenziamento.
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Compensazione spese legali: quando è legittima?
Un cittadino ha citato in giudizio un ente previdenziale per ottenere un documento. Sebbene la richiesta fosse fondata, i giudici hanno disposto la compensazione spese legali poiché l'ente aveva adempiuto prima del deposito formale del ricorso e il cittadino non aveva tentato la via amministrativa. La Corte di Cassazione ha confermato la decisione, ritenendo che l'incertezza giurisprudenziale e la mancata ricerca di una soluzione stragiudiziale costituiscano "gravi ed eccezionali ragioni" che giustificano la deroga al principio della soccombenza.
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Principio di specificità: ricorso inammissibile
Un'azienda ricorre in Cassazione contro una sentenza della Corte d'Appello in materia di lavoro, contestando la competenza territoriale. La Corte Suprema dichiara il ricorso inammissibile per violazione del principio di specificità, poiché l'azienda non ha dimostrato di aver appellato tutte le motivazioni (`rationes decidendi`) della sentenza di primo grado che fondavano la competenza del giudice.
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Indennità di cessazione: il fisso va calcolato
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 23043/2024, ha stabilito un principio fondamentale per l'indennità di cessazione rapporto di agenzia. La Corte ha chiarito che nel calcolo dell'indennità massima deve essere incluso anche il 'fisso provvigionale' o 'minimo garantito' percepito dall'agente, e non solo le provvigioni maturate sul fatturato. Questa decisione si basa su un'interpretazione ampia del concetto di 'retribuzioni riscosse', in linea con la normativa europea, volta a garantire un'equa compensazione all'agente per la perdita dei vantaggi derivanti dal contratto.
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Pensione di anzianità: no con lavoro intermittente
La Corte di Cassazione ha stabilito che un contratto di lavoro intermittente, anche durante i periodi di non attività, costituisce un rapporto di lavoro subordinato. Tale condizione impedisce l'accesso alla pensione di anzianità, che richiede la totale cessazione dell'attività lavorativa. Di conseguenza, la Corte ha confermato la revoca della pensione precedentemente concessa a un lavoratore e ha ritenuto legittima la richiesta di restituzione delle somme indebitamente percepite, data l'omessa dichiarazione del rapporto di lavoro da parte dell'interessato.
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Aggravamento infortunio: nuova causa e revisione
Un lavoratore, vittima di un infortunio nel 1975, ha sviluppato una patologia epatica a causa delle trasfusioni ricevute. La Cassazione ha stabilito che questo aggravamento infortunio non è soggetto al termine di 10 anni, ma va valutato come un nuovo danno (concausa sopravvenuta) ai fini della revisione della rendita, applicando l'art. 80 del T.U. 1124/1965.
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Giudicato INAIL: impossibile rettificare i premi
Una società terminalista portuale ha richiesto la restituzione di premi INAIL versati in eccesso a causa di un'errata classificazione del personale. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, confermando l'effetto vincolante di una precedente sentenza (giudicato esterno) per il periodo passato e attribuendo alla società la responsabilità per i pagamenti successivi, dovuti alla mancata e tempestiva correzione delle proprie dichiarazioni contributive.
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Estinzione del giudizio: accordo e rinuncia in Cassazione
Un'ordinanza della Corte di Cassazione dichiara l'estinzione del giudizio in una controversia di lavoro. A seguito di un ricorso principale del lavoratore e di un ricorso incidentale dell'azienda, le parti hanno raggiunto un accordo transattivo, rinunciando reciprocamente alle proprie pretese. La Corte, applicando l'art. 390 c.p.c., ha formalizzato la fine del processo senza pronunciarsi nel merito e senza disporre sulle spese.
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Onere prova contratto a termine: la Cassazione decide
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un'azienda contro la conversione di un contratto a termine in uno a tempo indeterminato. La sentenza ribadisce che l'onere della prova contratto a termine grava interamente sul datore di lavoro, il quale deve dimostrare con elementi specifici e concreti, e non con prove testimoniali generiche, le ragioni che giustificano l'apposizione del termine. La Corte ha confermato la decisione di merito che aveva ritenuto le prove dell'azienda tautologiche e insufficienti.
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Licenziamento disciplinare: la Cassazione si pronuncia
La Corte di Cassazione ha confermato la legittimità di un licenziamento disciplinare inflitto a un dipendente di un'azienda di servizi postali. Il lavoratore era stato licenziato per non aver registrato la consegna di una raccomandata e, soprattutto, per aver esercitato pressioni su una cliente affinché firmasse una dichiarazione non veritiera per coprire l'errore. La Corte ha ritenuto tale comportamento una violazione talmente grave del vincolo fiduciario da costituire giusta causa di recesso, respingendo il ricorso del dipendente e confermando le sentenze dei gradi precedenti.
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Assegno sociale: spetta anche con rinuncia al mantenimento
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 22833/2024, ha stabilito che la rinuncia all'assegno di mantenimento in sede di separazione consensuale non preclude il diritto a percepire l'assegno sociale. Il requisito fondamentale è lo stato di bisogno effettivo, basato sui redditi realmente percepiti e non su quelli potenziali a cui si è rinunciato. La Corte ha cassato la decisione dei giudici di merito che avevano negato il beneficio, affermando che la legge non richiede che lo stato di bisogno sia 'incolpevole'.
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Disoccupazione soci cooperative: no ai contributi pre-2013
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 22797/2024, ha stabilito che per i soci lavoratori di cooperative rientranti nel d.P.R. 602/1970, l'assicurazione contro la disoccupazione è stata estesa solo a partire dal 1° gennaio 2013. Pertanto, i contributi versati prima di tale data non possono essere utilizzati per maturare il diritto all'indennità. La Corte ha accolto il ricorso dell'ente previdenziale, riformando la decisione di merito che aveva riconosciuto il diritto dei lavoratori. Si afferma così il principio della non retroattività della tutela per la disoccupazione soci cooperative, introdotta dalla legge n. 92 del 2012.
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Giudicato esterno: effetti sul licenziamento
La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un'azienda contro il licenziamento di una dipendente. La decisione si fonda sull'esistenza di un giudicato esterno, formatosi in un altro processo tra le stesse parti, che aveva già accertato in via definitiva la natura a tempo indeterminato del rapporto di lavoro. Tale giudicato esterno ha risolto la controversia, rendendo illegittimo il recesso basato sulla presunta scadenza del termine.
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