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Diritto del Lavoro

Cambio appalto: no assunzione se licenziati

Un lavoratore, licenziato dalla società uscente il giorno stesso del cambio appalto, perde il diritto all’assunzione presso la nuova azienda. La Cassazione chiarisce che il presupposto per il passaggio è un rapporto di lavoro in essere. La tardiva contestazione del licenziamento non ha rilevanza nel giudizio per l’assunzione.

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Motivazione apparente: quando il ricorso è infondato

Una società ha impugnato un avviso di addebito per contributi non versati. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, chiarendo i rigidi criteri per contestare una sentenza per motivazione apparente e vizi procedurali. La Corte ha ritenuto le argomentazioni del ricorrente generiche e non sufficientemente provate, confermando così la decisione della Corte d’Appello.

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Frazionamento del credito e giudicato: i limiti

La Corte di Cassazione affronta il tema del frazionamento del credito e del giudicato in un caso di risarcimento per perdita di chance richiesto da dipendenti universitari. L’ordinanza chiarisce che una nuova azione è ammissibile se la precedente domanda di danno, formulata come subordinata, non è stata esaminata nel merito. Al contrario, se la domanda era stata rigettata, il giudicato preclude ogni ulteriore richiesta, anche se relativa a voci di danno differenti ma riconducibili alla stessa causa.

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Qualifica superiore: quando spetta al lavoratore

Un lavoratore, formalmente classificato a un livello inferiore, ha ottenuto il riconoscimento di una qualifica superiore. L’azienda ha contestato la decisione, sostenendo che le mansioni svolte non rientravano nei criteri previsti, in particolare perché l’attività si svolgeva interamente all’interno di una stazione e non sulla ‘linea piena’. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso dell’azienda, stabilendo che, ai fini del CCNL di settore, la distinzione rilevante non è il luogo fisico esatto (dentro o fuori i ‘picchetti di manovra’), ma il contesto operativo: operare in una ‘stazione’ o ‘scalo’ giustifica la qualifica superiore rispetto a un semplice ‘impianto di servizio’, confermando così il diritto del lavoratore.

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Anzianità di servizio e precari: la Cassazione decide

Una ricercatrice, stabilizzata dopo anni di contratti a termine, si è vista negare la progressione di carriera basata sull’anzianità di servizio maturata. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 20076/2025, ha accolto il suo ricorso. Ha stabilito che, in base al principio europeo di non discriminazione, l’anzianità di servizio pregressa deve essere pienamente riconosciuta. La mancata valutazione da parte del datore di lavoro non può essere un ostacolo; anzi, l’azienda è tenuta ad attivarla una volta maturati i requisiti.

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Licenziamento disciplinare: quando è illegittimo?

Un apprendista viene licenziato per scarso rendimento senza aver ricevuto una formale contestazione degli addebiti. Il Tribunale di Venezia ha dichiarato il licenziamento disciplinare illegittimo per violazione delle garanzie procedurali. Tuttavia, data la dimensione ridotta dell’azienda (meno di 15 dipendenti), ha condannato il datore di lavoro al pagamento di un’indennità risarcitoria di 12 mensilità, escludendo la reintegrazione nel posto di lavoro.

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Contestazione generica: Cassazione e onere della prova

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un contribuente contro un avviso di addebito per contributi previdenziali. La decisione si fonda sul principio che una contestazione generica, priva di specifiche argomentazioni sui fatti contestati dall’ente, è processualmente irrilevante. L’ordinanza sottolinea come spetti al contribuente l’onere di provare in modo dettagliato le proprie ragioni, soprattutto in materia di sgravi contributivi.

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Estinzione processo per rinuncia: guida alle spese

Una società di trasporti aveva impugnato una sentenza della Corte d’Appello, ma ha successivamente rinunciato al ricorso. La Corte di Cassazione, preso atto della rinuncia, ha dichiarato l’estinzione del processo per rinuncia. Di conseguenza, ha condannato la società ricorrente a pagare tutte le spese legali sostenute dalla controparte, liquidate in € 2.500,00 per compensi e € 200,00 per esborsi, oltre accessori, con distrazione a favore del legale avversario.

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Obbligo di repêchage: reintegra se violato

Una società di logistica licenzia una dirigente per riorganizzazione aziendale. Tuttavia, la Corte di Cassazione conferma l’illegittimità del licenziamento perché l’azienda non ha rispettato l’obbligo di repêchage, ovvero non ha offerto alla lavoratrice una posizione lavorativa inferiore resasi disponibile prima del recesso. Tale violazione, secondo la Corte, equivale all’insussistenza del fatto e comporta il diritto alla reintegrazione nel posto di lavoro.

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Lavoro straordinario pubblico impiego: come si prova?

Un lavoratore del settore forestale, dipendente di un’agenzia pubblica con contratto privatistico, ha richiesto il pagamento di ore extra. La Corte di Cassazione ha confermato il suo diritto, stabilendo che per il compenso del lavoro straordinario pubblico impiego è sufficiente dimostrare il consenso, anche implicito, del datore di lavoro. La prova può essere fornita anche tramite testimoni, superando la mancanza di sistemi di timbratura automatica.

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Risarcimento del danno: la stabilizzazione non sana l'abuso

La Corte di Cassazione ha confermato il diritto al risarcimento del danno per una lavoratrice a causa dell’abusivo ricorso a contratti a termine da parte di un’Agenzia Regionale. La Corte ha stabilito che la successiva assunzione a tempo indeterminato (stabilizzazione) non elimina il diritto al risarcimento se non è direttamente finalizzata a sanare l’abuso pregresso. È stato inoltre ribadito il principio di non discriminazione, che impone il riconoscimento dell’anzianità di servizio maturata durante il periodo di precariato.

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Danno da demansionamento: onere della prova del lavoratore

La Corte di Cassazione rigetta il ricorso di una lavoratrice per danno da demansionamento, chiarendo che il pregiudizio non è mai automatico (in re ipsa). La sentenza sottolinea che il lavoratore ha l’onere di allegare e provare in modo specifico e non generico il danno professionale, biologico o morale subito, altrimenti la domanda di risarcimento non può essere accolta.

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Estinzione del giudizio: silenzio dopo proposta 380-bis

Una società di trasporti ha presentato ricorso in Cassazione. A seguito della proposta di definizione del giudizio formulata ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., la società non ha chiesto la decisione del ricorso entro il termine di 40 giorni. La Corte di Cassazione ha quindi dichiarato l’estinzione del giudizio per tacita rinuncia, condannando la ricorrente al pagamento delle spese processuali in favore delle controparti.

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Abuso contratti a termine: docenti e risarcimento

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 20274/2025, ha stabilito che la reiterazione di contratti a termine per i docenti di religione per oltre tre anni scolastici, senza un concorso, costituisce un abuso contratti a termine. Sebbene non dia diritto alla conversione del rapporto in tempo indeterminato, l’abuso fonda il diritto del docente a ottenere un risarcimento del danno, annullando la precedente decisione della Corte d’Appello che aveva ritenuto legittima tale pratica.

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Riqualificazione personale giustizia: la Cassazione frena

Due dipendenti del Ministero della Giustizia avevano ottenuto in primo e secondo grado il diritto alla riqualificazione in un’area funzionale superiore. La Corte di Cassazione, accogliendo il ricorso del Ministero, ha ribaltato la decisione. L’ordinanza chiarisce che la normativa sulla riqualificazione personale giustizia ha natura programmatica e non crea un diritto soggettivo automatico all’inquadramento superiore, il quale resta subordinato all’espletamento di specifiche procedure selettive e alla disponibilità di risorse.

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Esenzione spese legali: Cassazione chiarisce i limiti

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso di una cittadina contro un ente previdenziale, annullando la condanna al pagamento delle spese legali inflitta dalla Corte d’Appello. Nonostante la soccombenza nel merito della causa, relativa alla restituzione di indennità percepite, la Suprema Corte ha riconosciuto il diritto all’esenzione spese legali in base ai requisiti di reddito previsti dalla legge, cassando la sentenza precedente e dichiarando la ricorrente esente da ogni onere processuale.

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Rinuncia al ricorso: estinzione del giudizio di Cassazione

Un gruppo di dipendenti pubblici ha citato in giudizio il proprio datore di lavoro, un Ministero, per ottenere un inquadramento superiore. Dopo aver perso in primo e secondo grado, hanno presentato ricorso alla Corte di Cassazione. Successivamente, hanno deciso di effettuare una rinuncia al ricorso. La Suprema Corte, prendendo atto della rinuncia, ha dichiarato l’estinzione del giudizio, rendendo definitiva la sentenza d’appello e decidendo per la compensazione delle spese legali tra le parti.

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Obbligo contributivo: onere della prova del datore

Una società ha contestato la richiesta di contributi da parte dell’ente previdenziale su indennità di trasferta erogate ai dipendenti. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, stabilendo che nelle controversie sull’obbligo contributivo, il giudice deve valutare l’esistenza effettiva del debito e non solo la legittimità formale dell’atto di accertamento. La Corte ha confermato che l’onere di provare il diritto a esenzioni contributive spetta interamente al datore di lavoro, il quale non ha fornito prove sufficienti.

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Risarcimento buoni pasto: sì al danno per equivalente

Un dirigente medico si è visto negare il diritto alla mensa e ai buoni pasto sostitutivi. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 20621/2025, ha stabilito un principio fondamentale: quando il datore di lavoro nega illegittimamente una prestazione contrattuale come il buono pasto, il lavoratore ha diritto a richiedere direttamente il risarcimento del danno per equivalente, ovvero una somma di denaro pari al valore del beneficio non goduto, anche se il rapporto di lavoro è ancora in corso. La Corte ha chiarito che la richiesta di risarcimento è legittima e non va confusa con una richiesta di ‘monetizzazione’ del buono pasto, rappresentando invece il giusto ristoro per l’inadempimento del datore.

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Trattamento di fine servizio: quando è unico?

Una dipendente pubblica, trasferita tra diversi enti senza interruzione, ha richiesto la riliquidazione del suo trattamento di fine servizio (TFS) calcolato sull’intera carriera. L’ente previdenziale sosteneva la definitività di un acconto versato anni prima e la prescrizione del diritto. La Corte di Cassazione ha dato ragione alla lavoratrice, stabilendo che in caso di continuità del rapporto di lavoro, il TFS è unico e il diritto a richiederlo si prescrive solo dalla cessazione definitiva del servizio, non da pagamenti intermedi.

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